Capitolo IV: Domenica 9 agosto 2015
Capitolo IV: Domenica 9 agosto 2015
Il mattino seguente, Nives si svegliò tra le braccia di Richard, un pochino anchilosata per la posizione. Si stiracchiò cercando di fare più piano possibile per non svegliare il suo uomo, poi si alzò per andare in bagno. Qui si rinfrescò, pensando divertita che comunque tra poco sarebbe andata nuovamente in fiamme: quando stavano insieme, lei e Richard facevano l'amore quasi sempre sia sera che mattina, ed era davvero assai raro che saltassero. Finora erano stati molto fortunati, perché lei non aveva mai avuto il ciclo durante i loro incontri; era inevitabile che, prima o poi, sarebbero incappati in quel fastidio, ma anche stavolta lo avrebbe evitato, visto che lo aveva appena avuto.
Tornò in camera; Richard l'aveva pregata di svegliarlo se lei lo precedeva, perché non voleva perdere neppure un istante con lei, così sollevò lentamente le tapparelle in modo da non far rumore. La luce crescente lo colpì mentre giaceva di schiena, ancora addormentato, il viso girato verso il centro del letto, ovvero dove si era trovata lei fino a qualche minuto prima.
Percependo il cambiamento di luminosità, Richard emerse dal sonno ed aprì lentamente gli occhi; li sbatté un paio di volte, poi girò lo sguardo intorno e, individuata Nives vicino alla finestra, le rivolse un sorriso, mentre con gli occhi divorava la sua amabile figura nuda. Sotto il suo sguardo ardente, Nives si sentì rimescolare il sangue nelle vene e le mancò il respiro.
"Buongiorno, amore mio", lo salutò sottovoce, ricambiando il sorriso.
"Con te, è sempre un magnifico giorno", ribatté lui, tendendole un braccio. Nives terminò di sollevare la tapparella e tornò a letto, dove scivolò accanto a Richard, che la prese subito tra le braccia per baciarla.
Occorse oltre un'ora, prima che si alzassero per far colazione, anche stavolta a base dei croissant fatti dall'amico pasticciere di Nives, nella variante alla marmellata di albicocche, accompagnati da schiumoso cappuccino.
"Stamattina voglio portarti in un posto speciale", annunciò Nives mentre mangiavano. "Molto bello esteticamente ma anche spiritualmente. E pure più fresco di qua", aggiunse: la morsa del caldo africano non accennava ad allentarsi.
"Volentieri", annuì Richard. "A che ora ci aspettano i tuoi amici?"
Quel giorno erano attesi a pranzo da Francesca e Livio, i genitori della figlioccia seienne di Nives, dove avrebbero incontrato anche la famiglia dell'altro figlioccio.
"A mezzogiorno e mezzo", rispose la donna. "Abitano appena a dieci minuti da qui."
"Non vedo l'ora di conoscerli tutti", affermò l'attore, ed era vero: lui era il padrino di suo nipote Abe e non aveva avuto il piacere di ripetere l'esperienza, mentre Nives aveva un maschietto e una femminuccia, Michele e Marina.
"E loro non vedono l'ora di conoscere te", sorrise Nives. "Il più eccitato di tutti è Silvano, il fratello maggiore di Michele, perché Thorin è il suo eroe preferito e non gli sembra vero di poter conoscere il suo interprete."
"Sono onorato", affermò Richard, colpito. "Poi da casa dei tuoi amici partiremo direttamente per l'Elba?"
"Sì, esatto. Caricheremo subito i bagagli in macchina così poi non dobbiamo più passare da qui."
Lei aveva preparato la valigia – un grande trolley rosa comprato apposta per il lungo viaggio e soggiorno alle Hawaii di tre anni prima – già il giovedì e ora doveva metterci soltanto il beauty case con i suoi cosmetici. Anche il trolley di Richard era piuttosto voluminoso, ma l'Opel Corsa blu di Nives, anche se piccolina, una volta ribaltato il sedile posteriore offriva un bagagliaio molto ampio.
"Vorrei portare qualcosa ai tuoi amici", dichiarò Richard.
"Ero già d'accordo per una torta gelato", rispose Nives con un sorriso. "Quando torneremo dalla gita, prima di andare a casa loro passeremo da Gigi a ritirarla. Puoi offrirla tu, se credi."
"Sì, mi farebbe piacere."
Mentre finivano di mangiare, Richard le pose una domanda che gli frullava in testa da qualche minuto. "Volevo chiederti una cosa: continuerai a guardare Hannibal?"
Nives gli aveva detto d'aver visto anche la seconda puntata in cui lui compariva, messa in onda la settimana prima, e gli aveva nuovamente espresso la propria ammirazione per la sua interpretazione, ma la sera prima erano stati occupati con altre cose che guardare la tv.
"Sicuramente sì", rispose lei, intenerita dal suo tono titubante. "La nuova puntata sarà certamente già disponibile in streaming, ma oggi non riuscirò a vederla. Lo farò nei prossimi giorni... e potremmo guardarla insieme."
Richard s'illuminò: giusto, lei non poteva vedere la serie in diretta, visto che la trasmettevano negli Stati Uniti, e quindi la vedeva sempre in differita via streaming.
"D'accordo", accettò, poi corrugò la fronte. "Ehm, è la puntata della scena d'amore tra Francis e Reba... sei sicura di volerla guardare assieme a me?"
Nives non ci aveva pensato.
"Oh..." fece, pensierosa, ma fu solo un attimo e poi ridacchiò. "Certo che sì! Ti vedrò a letto con un'altra per finta, ma poi tu verrai a letto con me per davvero... e dovrai pagar pegno", concluse in tono malizioso. Richard si sentì sollevato, poi anche lui fece un sorriso malizioso.
"Ti assicuro che sarà per me un grande piacere..." dichiarò, poi tornò serio e le prese una mano. "So che per te è uno sforzo guardare quella serie, visto il genere, e che lo fai soltanto per me. Per questo ti amo anche di più, mia dolce ragazza italiana", concluse, l'ultima frase in italiano, mentre le baciava le dita. Nives gli sorrise amorosamente.
"E io amo te, mio bel ragazzo britannico", rispose, anche lei in italiano.
OOO
Mezz'ora dopo avevano caricato in auto i loro bagagli ed erano partiti. Dopo pochi minuti, Nives indicò davanti a loro:
"Quello è il monte Summano, luogo sacro fin dall'antichità più remota. Come tutte le montagne con due punte, era dedicato alla Dea Madre; infatti sono stati ritrovati reperti archeologici di statuine che la raffigurano. Inoltre, non a caso i Paleocristiani hanno consacrato il monte alla Madonna, come hanno fatto quasi ovunque abbiano trovato luoghi di culto dedicati alla Grande Madre."
"Molto interessante!" dichiarò Richard. "Tu sei una sua seguace, vero? Della Dea Madre, voglio dire."
Nives si tese: era la prima volta che parlavano della sua religiosità, che da una decina di anni era passata dal cristianesimo di nascita ad una spiritualità che lei sentiva più consona, dedicata ad una figura femminile. Sapeva che lui era un cristiano credente, sebbene non praticante, ed era stata riluttante ad affrontare il discorso, temendo di suscitare disagio o, peggio, rifiuto; ma lui aveva intuito correttamente e non voleva certo mentirgli negando.
"Sì, è così", ammise quindi, attendendo una reazione; Richard si limitò ad annuire. "L'avevo intuito da certi tuoi discorsi. In Inghilterra il Neopaganesimo da qualche anno è religione riconosciuta ufficialmente, lo sai?"
Lei ci rimase di stucco: certo che lo sapeva, ma non si era aspettata che lo sapesse lui, o che comunque ne parlasse con tanta tranquillità. Aveva imparato a proprie spese che la religione, come la politica, è un argomento molto spinoso, per certe persone.
"Non... ti turba l'idea che io segua questa religione?" indagò. Lui le lanciò un'occhiata sinceramente sorpresa.
"No, perché mai?" domandò.
Nives stirò le labbra in un sorriso amaro. "Purtroppo, ho riscontrato che spesso la gente si scandalizza o addirittura ti dà addosso, se dichiari apertamente una cosa del genere... Nonostante la nostra costituzione tuteli la libertà di culto, non è così nella pratica e nella mentalità comune."
Richard le sfiorò la spalla in una carezza rassicurante.
"Dovresti sapere che io non ho una mentalità comune", osservò in tono di lieve rimprovero. Nives sospirò, dispiaciuta di aver dubitato di lui.
"Hai ragione", rispose, vergognosa. "Come sai, generalmente non m'interessa l'opinione che hanno di me gli altri, ma faccio eccezione per le persone a cui tengo... tu, mio padre, i tuoi genitori..."
"Se tali persone tengono a te tanto quanto tu tieni a loro, la loro opinione sarà comunque sempre positiva", affermò Richard in tono sicuro.
"Sì, dovrebbe esser così", annuì lei. "Ma purtroppo non sempre lo è."
L'attore aprì bocca per protestare vivacemente, poi la richiuse, riconoscendo che Nives aveva ragione: nel loro caso specifico le cose stavano esattamente così, ma purtroppo non era vero per tutti.
"Per quanto mi riguarda, potresti essere atea, musulmana, buddista, wiccan o quant'altro e non m'importerebbe", disse allora. "Quel che m'importa è che sei una persona onesta, leale e buona. Bella dentro e fuori", dichiarò con decisione. "E soprattutto, m'importa che tu mi ami, e su questo non ho alcun dubbio", concluse in tono più basso.
Nives svoltò su una strada piuttosto erta e si fermò su un lato, poi si girò a guardare Richard.
"E non dubitarne mai", disse con voce piccola, commossa. Lui le prese una mano tra le sue e la strinse.
"Non lo farò", disse. "Così come tu non devi dubitare mai che io amo te, Nives."
Le venne un groppo in gola.
"Questo non posso promettertelo", mormorò, fuggendo il suo sguardo amorevolmente inquisitore. "Forse un giorno ne sarò capace, ma non adesso, non ancora..."
"Lo so", bisbigliò Richard. "Per questo non mi stanco mai di ripeterti che ti amo."
L'attirò vicino e la baciò teneramente sulle labbra; Nives si sentì gonfiare il cuore per l'emozione e l'amore immenso che provava per lui.
Quando il momento di commozione fu passato, ripresero la strada; dopo una decina di minuti, Nives svoltò in una stradina che saliva ripida con molte curve. Giunsero vicino ad una fattoria, dove si fermarono accanto all'imbocco di una mulattiera che si addentrava nel bosco e scesero dall'auto per proseguire a piedi. Occorse circa un quarto d'ora, poi arrivarono ad una radura di forma ovale posta di fianco al sentiero, interamente contornata da immensi faggi dalla corteccia bianca; un tracciato appena accennato conduceva tra due alberi simili ad un portale d'ingresso, e fu da lì che Nives fece passare Richard, come se entrassero in una cattedrale verde. Guardandosi attorno, l'attore rimase senza fiato.
"È assolutamente spettacolare", disse sottovoce, quasi temesse di disturbare gli spiriti del luogo.
"Lo è", confermò Nives, avanzando nella radura punteggiata di sole. "Attento a dove metti i piedi, il terreno è molto irregolare."
Richard la seguì fino ad arrivare nel mezzo dello spiazzo ovale.
"Sai cos'è la silvoterapia?" domandò lei. Richard si voltò a guardarla con un lampo divertito negli occhi azzurri.
"Sì che lo so", rispose. "Detto in parole semplici, consiste nell'abbracciare un albero per trarne benefici psicofisici."
Nives rise di contentezza.
"D'accordo, decisamente non sei di mentalità comune!" esclamò; accennò ad un faggio, in fondo a sinistra, che si sviluppava in due tronchi indipendenti. "Quello è il mio albero..."
Si avvicinarono e Richard ne accarezzò la corteccia liscia, sollevando lo sguardo fino alla chioma, molto in alto sopra di loro.
"È bellissimo", affermò. "Salve, amico albero, sono colui che ama infinitamente la tua amica umana Nives..."
Nives si sentì chiudere la gola per la commozione; senza parlare, si avvicinò a Richard e lo abbracciò, posandogli la testa sul petto. Lui la circondò con le braccia e la strinse a sé, baciandole i capelli; Nives s'immaginò con lui in quella radura, la notte di Beltane, la festa dell'amore, mentre si congiungevano simboleggiando l'unione tra il dio e la dea, tra cielo e terra... Dubitava che avrebbe mai avuto il coraggio di farlo: il timore di venir sorpresi da estranei mentre facevano l'amore glielo avrebbe impedito, anche se era molto improbabile che di notte qualcuno si sarebbe aggirato per il bosco; ma sarebbe stato magnifico poterlo fare. E non solo a Beltane...
Fecero il giro della radura, guardando e toccando questo o quell'albero.
"È veramente un posto magico", disse Richard alla fine e Nives gli sorrise, felice che gli fosse piaciuto. Poi guardò l'ora sul telefonino.
"È ora di tornare o rischiamo di arrivare in ritardo", disse.
"Una cosa che odio", dichiarò Richard e Nives annuì, concordando. "Però un minuto ce l'abbiamo, no?"
"Beh, sì..." rispose lei, poi s'interruppe perché lui la prese tra le braccia e le posò la bocca sulla bocca in un bacio profondo e colmo di tenerezza.
"Ora possiamo andare", le disse alla fine con un piccolo sorriso. "Anche se rimarrei volentieri qui, tu ed io da soli... ma ci vorrebbe un plaid, per quello che ho in mente..."
Nives boccheggiò: era la stessa fantasia che aveva avuto lei.
"Piacerebbe anche a me, ma non ne avrei il coraggio... avrei troppa paura che ci scoprissero", confessò con una smorfia dispiaciuta. "Ma mi piacerebbe davvero, davvero tanto far l'amore con te in mezzo alla natura", concluse con un sospiro.
"Mai dire mai", mormorò Richard mentre si avviavano.
Tornarono alla macchina e ridiscesero in pianura, dove si diressero alla gelateria di Gigi per prendere la torta gelato e poi alla casa degli amici di Nives. Arrivarono puntuali, scoprendo di essere stati comunque preceduti dagli altri amici quando Nives vide la loro auto parcheggiata di fronte al condominio dove abitavano Francesca e Livio.
Suonarono al campanello e venne loro subito aperto, così salirono al primo piano, dove trovarono la porta socchiusa.
"Siamo arrivati!" disse Nives ad alta voce, spingendola. "Permesso..."
"Avanti, avanti!" la invitò Livio, venendo loro incontro con un gran sorriso. Milanese da parte di madre e siciliano da parte di padre, era moro con una carnagione olivastra che pareva perennemente abbronzata; era un bell'uomo dal carattere dolce ma solido, che con la moglie aveva affrontato coraggiosamente l'arrivo di una figlia grande prematura – appena ventisei settimane di gravidanza – con tutti i problemi che ne erano conseguiti, cui si erano aggiunti gravi problemi economici dovuti al licenziamento proditorio di Francesca appena uscita dal periodo di maternità e dall'impossibilità per lei di trovare un altro lavoro con una figlia in quelle condizioni prima e la crisi economica poi. Ogni tanto, Nives dava loro una mano con cinquanta, cento euro, perché potessero arrivare a fine mese; Francesca le raccomandava di tenere il conto perché, quando avessero potuto, le avrebbero restituito fino all'ultimo centesimo, ma lei non se ne preoccupava, considerandoli regali per la sua adorata figlioccia. Marina, pur essendo una grande prematura, aveva miracolosamente evitato la maggior parte dei gravi problemi che affliggevano i bambini come lei; l'unica cosa che le rimaneva era il perenne attaccamento alla madre, fisico e psicologico, che il pediatra e la neuropsichiatra avevano raccomandato di non recidere finché non fosse stata la bambina stessa a decidere di farlo, il che sarebbe arrivato coi suoi tempi e non con quelli supposti da qualsiasi adulto, compresi i medici. Marina era un vero miracolo vivente ed era adorabile, ed infatti tutti l'adoravano, dai genitori, ai nonni, agli zii, ai cugini – tutti più grandi di lei – finanche agli operatori sanitari di ogni ordine e grado con cui aveva a che fare, compresa naturalmente la sua madrina.
Livio abbracciò affettuosamente Nives, cui voleva bene come a una sorella, ricambiato; poi guardò Richard, che lo sovrastava di una ventina di centimetri.
"Ciao, io sono Livio", si presentò in inglese, con la massima semplicità. Richard gli strinse la mano che gli porgeva, trovandolo istantaneamente simpatico.
"Richard, piacere", contraccambiò.
Sopraggiunse Francesca, una donna florida con corti capelli bruni e grandi occhi scuri; anche lei abbracciò Nives con evidente affetto.
"Ben arrivati", disse loro con un sorriso. "Ciao, sono Francesca."
"Richard, onorato di conoscerti", rispose lui, stringendole la mano, poi le porse la scatola con la torta. "Meglio mettere in freezer", suggerì.
"Ma certo!" concordò Francesca, prendendola e riponendola.
Si avvicinò Fulvia; di qualche anno più giovane di Francesca, era più alta e ugualmente rotondetta, accompagnata dal marito.
"Buongiorno, io sono Fulvia", lo salutò. "E questo è mio marito, Massimo."
"Max", disse quest'ultimo sorridendo; era alto e robusto, ed essendo come Livio di origini miste – madre padovana e padre napoletano – anche lui era scuro di occhi e capelli.
I due uomini si strinsero la mano, mentre dietro Fulvia facevano capolino Silvano e Michele, il primo alto e magro, il secondo piccolino e paffutello, entrambi biondi e con gli occhi chiari come la madre.
"Ragazzi, venite qui", ordinò loro Fulvia. "Non siate timidi, mica vi mangia!"
I due si avvicinarono; a tredici anni e mezzo, Silvano era un misto di sfrontatezza e di insicurezza come tutti gli adolescenti della sua età, mentre il quasi decenne Michele era lievemente timido, ma attaccava subito bottone con tutti.
"Richard, ti presento i miei figli, Silvano e Michele", disse Fulvia, con giusto orgoglio materno. "Ragazzi, questo è Richard Armitage, vale a dire Thorin Scudodiquercia", completò la formula in italiano, perché nessuno dei due ragazzi era ancora in grado di parlare in inglese.
Silvano rimase imbambolato a fissare l'attore, mentre Michele scoppiò a ridere.
"Ma come fai a essere un Nano, se sei così alto?" proruppe.
Nives ridacchiò divertita e tradusse rapidamente, quindi anche Richard rise. La battuta gli era stata detta talmente tante volte da stancarlo, ma pronunciata da un bambino in maniera così fresca e spontanea era un'altra cosa.
"Magia del cinema", spiegò nel suo scarno italiano.
"Ah, chiaro!" fece Michele, annuendo con grande serietà.
Silvano invece stentava a spiccicar parola.
"Sono... sono molto contento di conoscerla, signor Thorin, ehm volevo dire Armitage", balbettò, sforzandosi nel suo miglior inglese. Si era preparato la frase, ma adesso arrossì per l'errore sul nome. Richard lo trasse d'imbarazzo ridendo come se si fosse trattato di una battuta scherzosa.
"Solo Richard, per favore", lo invitò poi, con somma emozione del ragazzino.
Nives si guardò attorno. "Ma dov'è Marina?"
La piccola si era rintanata dietro alla madre e se ne stava aggrappata alla sua gonna, fissando Richard con i suoi enormi occhi scuri. L'attore si accosciò, guardandola con un sorriso molto dolce: Nives gli aveva raccontato dei problemi della figlioccia ed ora che la vedeva si sentiva molto intenerito.
"Ciao", le disse in italiano. "Io sono Riccardo. E tu come ti chiami?"
Lei si mordicchiò un'unghia – lo faceva sempre quand'era in soggezione – poi senza guardarlo disse a bassa voce. "Marina..."
Richard non tentò di forzarla a dargli la mano o ad avvicinarsi.
"Molto piacere, Marina", si limitò a dire.
Conquistata dalla sua voce bassa e gentile, nonché dalla dolcezza del suo sorriso, la piccina si sporse maggiormente e lo guardò di sfuggita, prima di porgli una domanda. "Sei il fidanzato di zia Nives?"
"Esatto", confermò Richard sorridendo.
"Parli strano", osservò la piccola.
"Perché non sono italiano", spiegò lui pazientemente.
"Ah, capito", fece Marina, annuendo comprensiva.
Richard tornò a raddrizzarsi, sempre sorridente, e prese Nives sottobraccio.
"Bacio!" strillò Marina all'improvviso, ridendo; poi, stupita lei stessa della propria audacia, affondò il viso nella gamba della madre, il volto rosso come un pomodoro.
"Ma cosa dici?!" esclamò Francesca, tra l'imbarazzato e il divertito, accarezzandole i lunghi boccoli scuri.
"Ah, nessun problema", ridacchiò Richard. "Ogni scusa è buona per baciare Nives."
Si chinò e la baciò sulle labbra; la piccola rise e batté le mani, entusiasta.
"Bene, vogliamo procedere con l'aperitivo?" li invitò a quel punto Francesca. Lei adorava preparare stuzzichini ed anche quel giorno si era sbizzarrita con tartine, involtini e pizzette, nonché olive ascolane e quiche di ricotta e spinaci. Livio preparò del ginger ben freddo, con un goccio di vino bianco per gli adulti e liscio per Silvano, mentre i due più piccini rifiutarono la bibita. Tutti si servirono poi liberamente degli antipasti.
"Cos'hai preparato di buono?" indagò Nives, rivolta a Francesca, che era una cuoca eccellente.
"Viste le temperature proibitive, ho pensato a un piatto freddo: insalata di pasta", rispose la giovane donna. "In due tipi diversi: alle verdure e al pesce. Il condimento lo lascio a piacere per ciascuno: maionese, olio d'oliva, o salsa di soia."
Quest'ultima era abitudine di Nives, con cui condiva sia l'insalata di verdure sia quella di pasta o riso. Era gustosa, sana e soprattutto non aveva calorie, il che le era molto utile perché doveva sempre controllare il peso, essendo tendente alla pinguedine. Inoltre il suo gusto saporito le risparmiava di salare, ciò che era ottimo per la ritenzione idrica.
"Poi ci sono formaggi e insalata a volontà", aggiunse Francesca. "E per finire naturalmente la vostra torta gelato con lo spumante."
Aveva parlato in italiano, essendo il suo inglese insufficiente, così Nives tradusse per Richard, anche con l'aiuto di Fulvia e Massimo che parlavano molto bene la lingua d'Albione.
"Sembra molto appetitoso", commentò quest'ultimo. "Io ho sempre amato la cucina italiana", continuò. "Ma da quando l'ho assaggiata in Italia, al ristorante o preparata da Nives, non vado più ai ristoranti italiani all'estero: non è la stessa cosa."
"Non lo è, infatti", confermò Massimo, che era una buona forchetta come indicava chiaramente la sua stazza. "Adattano sempre ai gusti locali e così finiscono con l'uscire dal canone, per così dire."
I bambini mangiucchiarono qualche tartina, specialmente Michele che era in piena fase di crescita ed era rotondo come uno Hobbit.
Poco dopo sedettero a tavola; Michele, come al solito, insistette a voler stare accanto alla madrina, che adorava – peraltro ricambiato – e le domandò il cellulare. Lei glielo diede subito e lui cominciò a trafficarci; allo sguardo perplesso di Richard, Nives spiegò. "Devi sapere che Lele è un vero genio dell'informatica applicata: dagli qualsiasi dispositivo, smartphone o tablet, e lui lo aggiorna e ottimizza, e ti fa scoprire applicazioni che manco sapevi di avere..."
"Davvero? Allora se vuole gli affido il mio iPhone!"
Nives tradusse per Michele, che annuì. "Certo! Mi ci vorrà un po' di più perché conosco meno il sistema operativo iOS rispetto a Android, ma posso farlo."
"Ah, ecco che cominci già a parlare arabo", sogghignò Nives, poi tradusse, compreso il proprio commento; Richard rise di gusto e passò il proprio iPhone 6 a Michele.
"Prima mangiamo", lo ammonì Fulvia e il piccolo, obbediente, lasciò momentaneamente perdere i due cellulari.
Richard non aveva mai assaggiato insalata di pasta e ne rimase entusiasta, specialmente nella variante al pesce, fatta con gamberetti, polpo, seppioline e calamaretti. Per tradurre correttamente tutti gli ingredienti, perfino Nives dovette ricorrere al vocabolario, e frattanto Richard imparò alcune nuove parole in italiano.
Come vino – su consiglio di Nives che era stata preventivamente consultata – Massimo e Fulvia avevano portato un prosecco spumante, anche se Livio preferì della birra bionda perché non amava il vino, mentre Francesca, che reggeva poco l'alcol, ne prese solo un sorso. Per i bambini c'era invece aranciata e acqua; Silvano chiese ed ottenne di assaggiare il prosecco, ma dichiarò che non gli piaceva e Nives finse di guardar storto Massimo.
"Hai cominciato a fargli assaggiare il vino troppo tardi!" lo rimproverò scherzosamente. "Io avevo solo otto o nove anni quando mi miei hanno iniziato a macchiarmi l'acqua con un goccio di vino e così mi sono abituata poco per volta..."
"Ci credo che reggi l'alcol come un uomo", sghignazzò Massimo. "Non l'ho mai vista ubriaca", dichiarò poi, rivolto a Richard. "Anche se beve quanto me."
"Beh, neanche io ho mai visto te ubriaco", Nives ribatté prontamente al compare.
"No, mi fermo sempre in tempo", confermò l'altro.
"Come me", annuì lei.
"Io una volta mi sono preso una solenne sbronza col whisky", confessò Richard. "Avevo vent'anni e sono stato così tanto male, che ho giurato che non sarebbe successo mai più."
"Infatti è proprio per questo che mi sono sempre rifiutata di ubriacarmi", affermò Nives con fermezza. "Perché mai star male, dopo? Non ha senso!"
"Hai ragione", confermò Massimo. "Ti piace il whisky?" domandò a Richard, interessato. "Ne hai uno di preferito?"
"Sì, anche se in questo caso tradisco un po' il Regno Unito perché il mio preferito è irlandese..."
"Sul serio?" fece Nives, sorpresa. "Anch'io tendenzialmente preferisco i whiskey irlandesi!"
"Ma dai?" sorrise Richard, lieto di scoprire l'ennesima cosa che avevano in comune. "Io amo il Jameson", aggiunse e Nives rise.
"Caspita, era il mio preferito prima che scoprissi il Blackbush!" esclamò.
"Mai provato", ammise l'attore.
"Se lo sapevo, te lo facevo assaggiare a casa; sarà per la prossima volta..."
"Ci conto! E tu, Max? Qual è il tuo preferito?"
"Ho scoperto il whisky proprio grazie a Nives", raccontò l'altro. "Quella volta che, dopo essere stata in Scozia e averlo assaggiato, mi ha regalato per il compleanno una bottiglia di Oban. Da allora non l'ho più mollato."
"Ottima scelta", approvò Richard. "È uno degli scotch migliori..."
Chiacchierarono vivacemente per tutto il pranzo; Livio e Francesca avevano qualche difficoltà vista la loro minor conoscenza della lingua inglese, ma Nives, Fulvia e Massimo si prestarono a turno a tradurre, quando si rendeva necessario. Anche Silvano si sforzò, con il magro vocabolario che possedeva, mentre Michele e Marina parteciparono solo occasionalmente alla conversazione degli adulti e soltanto in italiano.
Mentre iniziava a sparecchiare, Francesca si rivolse a Richard.
"Scusa il mio pessimo inglese", gli disse in tono dispiaciuto.
"E tu scusa il mio pessimo italiano", ribatté lui, con la squisita cortesia che era una delle caratteristiche che Nives più amava in lui e che gli guadagnò un sorriso di grande simpatia da parte di Francesca.
Come faceva sempre, Nives diede una mano alla comare – faceva lo stesso con Fulvia quando era ospite a casa sua – e poco dopo avevano messo in tavola i piattini per il dolce e i calici per il Fiordarancio, anche questo portato, sempre su suggerimento di Nives, da Massimo e Fulvia.
"Ci penso io a tagliare la torta", si offrì Richard, facendosi dare il coltello da Francesca.
"Allora io penso alla bottiglia", dichiarò Massimo, per non essere da meno.
"Non combinare guai, mi raccomando..." sghignazzò Nives.
"Non te ne scorderai mai, vero?" sbuffò Massimo, fingendo esasperazione.
Fulvia e Nives scoppiarono a ridere, e agli altri che le guardavano senza capire Fulvia spiegò. "Anni fa, abbiamo organizzato una serata in pizzeria con i fan vicentini di Star Trek che conoscevamo; Max aveva ordinato una Weizen, ma nel fervore di parlare gesticolava talmente tanto che ha sbattuto la mano contro il bicchiere ancora pieno e l'ha rovesciato. Da allora, lo prendiamo sempre in giro quando si occupa di bevande..."
"Ma povero!" esclamò Livio ridendo. Frattanto Massimo aveva aperto senza danni la bottiglia di Fiordarancio ed ora cominciò a versare lo spumante nelle coppe.
"Visto?" fece in tono trionfante. "Non è successo niente..."
Risero di nuovo tutti quanti.
Richard intanto aveva finito di tagliare la torta gelato, che era riuscito a fare esattamente in nove fette, quanti erano loro.
"Tanto, a Max toccherà mangiare anche la porzione di Michele", predisse Nives. "Il mio figlioccio non ama i dolci", spiegò poi a Richard.
"Sul serio?" trasecolò lui, guardando Michele. "Sei il primo ragazzino che mi capita di conoscere cui non piacciono i dolci... Mio nipote Abe li adora, specialmente il gelato al cioccolato, come me..."
Dopo che Nives gli ebbe tradotto, Michele si illuminò. "Il gelato sì, quello mi piace! Liquirizia e yogurt!"
Distribuite le fette di torta, Livio propose un brindisi. "A questo bellissimo gruppo di amici!"
Levarono i calici e li toccarono, poi bevvero un sorso ed attaccarono il dolce. Come previsto, Michele ne mangiò soltanto un paio di bocconi e Massimo s'incaricò del resto; anche Marina, che tendenzialmente mangiava poco, dopo un paio di forchettate lasciò perdere e della sua fetta si prese cura Livio.
"Adesso tocca a noi", disse quest'ultimo, quanto ebbero terminato il dolce; fece cenno agli altri uomini e con loro sparecchiò, poi cominciò a caricare la lavastoviglie, lasciando le tre donne a chiacchierare in pace, mentre i bambini si occupavano delle loro cose: Silvano con un videogame, Michele con i cellulari di Nives e Richard, Marina con un puzzle.
"Di cosa ti occupi, Max?" domandò Richard, curioso di conoscere meglio i migliori amici di Nives.
"Io sono in polizia", rispose l'interpellato. "Ho seguito le orme di mio padre."
"Caspita! Combatti il crimine per le strade, dunque?"
"Non più... quello l'ho fatto quand'ero più giovane. Da qualche anno mi hanno messo dietro a una scrivania. Non mi lamento, però: quand'ero di pattuglia ho preso un paio di grossi spaventi e sai, con moglie e figli piccoli preferisco evitare, così sono contento anche di un lavoro d'ufficio."
"Capisco perfettamente", approvò l'attore britannico, comprensivo. "E tu, Livio?"
"Io lavoro come operatore sociale, mi occupo di portatori di handicap."
"Un lavoro ammirevole", considerò Richard con sincerità. "L'anno scorso ho interpretato un assistente sociale e mi sono documentato molto per rendere più credibile il personaggio e dare un'interpretazione convincente."
"Nives mi ha detto che fai sempre così, coi tuoi personaggi", disse Massimo e l'attore annuì per confermare.
"Chop però è disilluso", aggiunse, riferendosi al proprio personaggio. "Beve e fuma moltissimo, abbruttendosi. Finché non incontra Urban, un bambino che vive in condizioni pessime, e decide di salvarlo, salvando se stesso. È una gran bella storia, tratta da una vicenda realmente accaduta alla fine degli Anni Novanta a Leeds. Dovrebbe uscire nelle sale cinematografiche all'inizio dell'anno prossimo, ammesso che trovi un distributore. Il titolo è Urban and the Shed Crew."
"Non mancherò di andarlo a vedere", promise Livio, interessato; anche Massimo assentì.
Poco dopo tornarono a sedersi a tavola, tranne il padrone di casa che chiese se volessero il caffè. Dissero tutti di sì.
"Silvano, non avevi qualcosa da chiedere a Richard?" domandò Fulvia, col chiaro intento di incoraggiare il figlio maggiore. Il ragazzo arrossì.
"Eh, ma non so se è il caso..." mormorò.
"Non lo saprai mai, se non domandi", osservò Fulvia, saggiamente.
Richard aveva sentito il proprio nome, ma non aveva capito cosa dicessero perché madre e figlio avevano parlato in italiano. Fulvia gli tradusse lo scambio.
"Chiedi pure, Silvano", lo spronò allora l'inglese.
"Ecco, io..." cominciò il ragazzo. "Volevo chiederti se potevi autografare un libro!" buttò fuori tutto d'un fiato.
"Ma certo, volentieri", accettò prontamente Richard. Silvano saltò in piedi come una molla e corse a frugare in una borsa, da cui trasse un libro piuttosto voluminoso, che portò in tavola e posò davanti all'attore. Era un fotolibro sul film Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato; Silvano lo aprì su una foto a tutta pagina di Thorin Scudodiquercia.
"Ecco... qui", disse, indicando un angolo e porgendogli il pennarello indelebile dalla punta sottile che aveva acquistato apposta.
Con un sorriso, Richard scrisse anche una dedica: A Silvano con amicizia, Richard Armitage. Ma non era finita, perché l'attore gli chiese inaspettatamente:
"Che ne dici se facciamo una foto insieme, così la mostri ai tuoi amici?"
Silvano rimase senza fiato, incapace perfino di rispondere se non con un emozionato cenno affermativo del capo.
"Ci penso io", disse Fulvia, tirando fuori il proprio cellulare. "Mettetevi lì", ordinò loro, indicando un punto particolarmente luminoso della stanza. I due si misero in posizione e Richard passò un braccio attorno alle spalle di Silvano. Il ragazzo gli arrivava al mento, più o meno come Nives coi tacchi da dieci centimetri che aveva indossato quella sera a teatro. Accorgendosene, la donna rise tra sé scuotendo il capo: il ragazzino sarebbe probabilmente diventato più alto di suo padre.
"Mi piacerebbe avere una foto di te e Nives", disse Fulvia, dopo lo scatto.
"Volentieri", accettò subito Richard. Silvano si allontanò, ancora stordito, mentre Nives prendeva il suo posto.
"Posso farne una pure io, di voi due?" chiese Francesca. Annuirono ed attesero che anche lei scattasse.
"Ora però ne voglio una anch'io di tutti noi", dichiarò l'attore.
"Faccio io, faccio io!" strillò Michele tutto eccitato, quando Nives ebbe tradotto per Livio e Francesca. Si avvicinarono quindi tutti, tenendo Richard e Nives al centro; usando l'iPhone di Richard, Michele scattò tre foto da tre angolazioni diverse, mostrando un certo piglio da fotografo che divertì molto gli adulti.
"E ora mi piacerebbe avere una foto coi figliocci di Nives", disse ancora l'attore. Michele si avvicinò subito, ma occorse un po' di opera di convincimento da parte della madre perché anche Marina si prestasse, tuttavia alla fine la piccola accettò e si mise accanto alla madrina, senza però guardare l'obiettivo. Quando Fulvia ebbe scattato due immagini, Richard ringraziò gentilmente i bambini, che così si sentirono altamente considerati, tanto che perfino Marina gli scoccò un gran sorriso, prima di tornare a giocare.
Frattanto Livio aveva tenuto d'occhio la moka e, notando che il caffè era pronto, si affrettò a versarlo nelle tazzine, che poi portò in tavola con un vassoio sul quale aveva messo anche lo zucchero e un bricco col latte, così ciascuno se lo sarebbe preparato come meglio preferiva.
Sorbirono il caffè, chiacchierando con piacere fino a quasi le tre e mezzo. A quel punto Nives dovette con rammarico ricordare a tutti che lei e Richard dovevano congedarsi perché dovevano partire per l'isola d'Elba.
Abbracciandola, Francesca le disse sottovoce:
"Sono così tanto contenta per te, tesoro... Richard è un uomo fantastico sotto tutti i punti di vista e tu te lo meriti tutto. Vedevo come soffrivi, prima... ti vedevo spegnerti giorno per giorno e ci stavo malissimo. Mentre da quando stai con lui, sei rifiorita e sei tornata la Nives che ho conosciuto tanti anni fa, luminosa come il sole."
Francesca era una delle pochissime persone cui Nives aveva confidato i propri pensieri suicidi di un paio d'anni prima, pensieri che soltanto l'amore ricambiato per Richard aveva definitivamente spazzato via. Neppure Fulvia ne era al corrente.
"Grazie Franca..." mormorò la donna, usando il diminutivo del nome dell'amica. "Anche se ogni tanto devo ancora darmi dei pizzicotti per rendermi conto di non star sognando..."
"Tranquilla che sei ben sveglia", la rassicurò Francesca con un sorriso colmo d'affetto.
Poi fu il turno di Fulvia di abbracciarla.
"Divertiti in vacanza", le disse sottovoce. "Goditi il tuo uomo e non pensare al resto del mondo."
Massimo la stritolò in un abbraccio da orso e anche Livio la strinse forte. Richard vide dalle espressioni di tutti e quattro gli amici di Nives che le volevano davvero molto bene e ne fu felice, perché erano come veri fratelli e sorelle per lei.
Infine fu la volta dei bambini; Michele baciò la madrina con entusiasmo, Silvano fu più restio – un atteggiamento tipico dei ragazzi della sua età – mentre Marina accettò il bacio della madrina ma non lo ricambiò, cosa che non sorprese Richard perché Nives gli aveva spiegato che baciava soltanto la madre, uno dei tanti piccoli segnali della sua diversità causata degli strascichi psicofisici del suo essere stata una neonata grande prematura.
Richard ricevette abbracci da Fulvia e Francesca, strette di mano virili da Massimo e Livio, strette di mano infantili da Silvano e Michele; non si sognò neppure di avvicinarsi troppo a Marina per non spaventarla, limitandosi a salutarla, e fu felicemente sorpreso quando lei rispose facendo ciao con la manina
Infine Nives e Richard uscirono e tornarono in auto; per evitare che durante la sosta l'abitacolo di trasformasse in un forno crematorio, la donna aveva avuto l'accortezza di parcheggiare sotto l'ombra di alcuni alberi; era stato un bene, perché uscendo dall'appartamento climatizzato, boccheggiarono per il caldo afoso di quell'ennesima giornata di canicola. Si affrettarono a salire in auto e ad accendere il condizionatore, che Nives mise al massimo per i primi minuti di viaggio, finché la temperatura non tornò accettabile, poi lo girò al minimo.
"Musica celtica", sorrise Richard, ascoltando le note provenienti dallo stereo.
"La mia preferita, insieme a quella nativa americana, ma Alan Parsons non lo batte nessuno! Mi auguro di poterlo andare di nuovo a vedere presto suonare dal vivo; ora che è diventato il produttore di un gruppo rock di Roma, è già stato tre volte in Italia nel giro di tre anni, magari ci ritorna tra non troppo tempo", concluse Nives.
"Lo spero per te", annuì Richard.
Poco dopo si immisero in autostrada, dove avrebbero proseguito fino all'uscita più vicina a Piombino.
"A che ora dovremmo arrivare al porto?" domandò Richard. Lei lanciò un'occhiata al navigatore:
"Alle otto e un quarto, traffico permettendo. Aggiungiamo un quarto d'ora per fare rifornimento, quindi direi le otto e mezzo. A meno che tu non voglia fermarti lungo la strada per cenare."
"Possiamo mangiare a bordo del traghetto?"
"Certamente, anche se non hanno una grande offerta, essendo un viaggio di un'ora soltanto."
"Non fa niente, con quel che abbiamo mangiato tra ieri e oggi, mi basterà un panino."
"E a me un'insalata!" rise Nives. "Devo stare attenta alla linea..."
"Ma se hai un fisico perfetto!" esclamò Richard, sorpreso.
"Perché sto attenta alla linea", reiterò la donna con un sorriso. "Adoro mangiare, ma metto su peso come niente e devo regolarmi giorno per giorno. In questo senso ho sempre la collaborazione di Raffi e di Marcella, la sua cuoca, altrimenti poi dovrei mettermi a dieta stretta per un mese e l'idea non mi alletta per nulla: meglio recuperare mezzo chilo che cinque..."
Richard ne sapeva qualcosa, di regimi alimentari obbligatori: per interpretare Porter in Strike Back, aveva dovuto allenarsi duramente per sviluppare un fisico credibile per un membro delle forze speciali, nonché seguire una dieta iperproteica; lo stesso aveva dovuto fare per interpretare Francis Dolarhyde, che era un body builder. Una dieta dimagrante non è molto diversa, dal punto di vista delle restrizioni alimentari.
"Capisco perfettamente", annuì quindi.
Il viaggio procedette tranquillamente; era una domenica pomeriggio d'agosto e il traffico sarebbe stato prevalentemente di ritorno dal mare, non verso di esso, per cui Nives contava di non trovare particolari rallentamenti nei due punti critici che avrebbero superato, ossia Bologna e Firenze. Infatti viaggiarono speditamente e raggiunsero il molo trenta minuti prima del traghetto delle 21.10, proprio quando stavano per aprire l'imbarco, così poterono approfittare della possibilità di prendere la corsa precedente a quella prenotata.
Mentre Nives manovrava espertamente per posteggiare l'auto nella stiva del battello, Richard dichiarò:
"Che tu ci creda o no, è la prima volta che salgo a bordo di un traghetto con la macchina. Le altre volte ero sempre a piedi."
"Anche per me questa tratta è stata la prima", gli raccontò lei, spegnendo il motore. "A quel tempo avevo una Volkswagen Polo 16 valvole, motore 1400 cc da 103 cavalli, assetto ribassato e ruote maggiorate, un vero mostro", rise. "Mi sono tolta lo sfizio di una macchina grintosa e sportiva: sai, non potendo permettermi la Ferrari..."
Richard scoppiò a ridere.
"Io ho sempre preferito la comodità alle prestazioni", confessò.
"Anch'io, dopo l'esperienza della Polo che, per inciso, aveva il difetto di essere troppo pompata e quindi dopo pochi anni ha iniziato ad aver problemi. Tra una cosa e l'altra ci ho speso un bel po' di soldi, finché un brutto giorno non mi ha lasciato per strada mentre stavo andando al carnevale di Venezia. Mi sono talmente arrabbiata che ho deciso di cambiarla. Volevo prendere la Golf, ma era fuori budget, così mi sono accontentata della Corsa, e devo dire che non sono affatto scontenta."
Scesero dalla macchina e Richard boccheggiò. "Santo cielo, che caldo!"
Nella stiva c'era infatti una temperatura torrida che non si era aspettato.
"È sempre così, qua sotto", disse Nives. "Suppongo che sia diverso al mattino presto, ma non lo so di sicuro perché non ho mai preso il traghetto a quell'ora. Vieni", concluse, facendogli strada verso l'uscita più vicina.
Salirono sul ponte a prendere una boccata d'aria e a godersi il crepuscolo sul mare. Quando la nave partì, rimasero ancora un poco a guardare le luci di Piombino che si allontanavano dietro di loro, poi entrarono e si recarono in sala da pranzo, dove trovarono facilmente un tavolino libero perché a quell'ora la gran parte dei viaggiatori aveva già cenato. Richard prese un panino con una birra, mentre Nives scelse una macedonia di frutta. Poi tornarono fuori a godersi il fresco e ad ammirare lo spettacolare cielo stellato visibile dal ponte superiore.
Quando il traghetto cominciò le operazioni d'attracco a Portoferraio, Nives chiamò Raffaella per avvisarla che stavano per sbarcare e che prevedeva di arrivare attorno alle 23.00.
"Benissimo!" esclamò Raffaella con entusiasmo. "Vi aspettiamo!"
Usciti da Portoferraio, trovarono le strade quasi deserte e quindi raggiunsero la Tenuta d'Altariva in perfetto orario. Si fermarono davanti al cancello d'ingresso per suonare il campanello, e qualche istante dopo venne loro aperto. Avanzarono lungo il viale fino a raggiungere il cortile davanti all'entrata, mentre i padroni di casa si affacciavano sulla soglia della villa ottocentesca, in attesa degli ospiti.
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