Capitolo II: sabato 8 agosto 2015

Capitolo II: sabato 8 agosto 2015

Richard si svegliò e si trovò solo nel letto di Nives. Un po' deluso, si alzò e s'infilò i boxer; non appena aprì la porta, sentì un delizioso aroma di caffè e dolci provenire dalla cucina, così si affrettò a recarvisi. Trovò Nives davanti ai fornelli, con indosso soltanto gli slip e una canottiera color lavanda dalle spalline sottili.

Sentendolo arrivare, la donna si girò a mezzo e gli sorrise:

"Ben svegliato, amore mio."

"Grazie", rispose lui, avvicinandosi e abbracciandola da dietro. "Lo sai che non mi piace svegliarmi da solo" aggiunse in tono di blando rimprovero, sfiorandole il collo con le labbra. Lei gettò la testa all'indietro e sospirò. "Lo so, ma volevo prepararti una bella colazione all'italiana..."

"Il profumo del caffè è ottimo", concesse l'attore. "Ti ringrazio, è un bel pensiero... ma fra trovare la colazione pronta e te tra le braccia quando mi sveglio, preferisco la seconda", continuò, baciandola nuovamente sul collo.

Sentendo la sua barba accarezzarle la pelle, Nives rabbrividì e chiuse gli occhi per un istante, già avvertendo i primi segni di eccitazione. Richard vide i suoi capezzoli premere sotto l'aderente stoffa della canottiera di microfibra e sorrise soddisfatto.

"Sei tremendo!" esclamò Nives ridendo, rivolgendogli l'accusa che lui aveva mosso a lei la sera prima. Si scostò, sfuggendogli, e si avvicinò al forno, dove stavano riscaldandosi dei fragranti croissant presi il giorno prima nella sua pasticceria di fiducia; li controllò, poi tornò a girarsi verso Richard che era rimasto fermo dove si trovava.

"Sei una gioia per gli occhi..." affermò, piegando di lato la testa ed ammirandolo da capo a piedi. "Intendi far colazione così?"

"Se per te va bene..." sogghignò l'inglese, incrociando le braccia sul petto in una posa che metteva in risalto i bicipiti e i pettorali. Nives sentì la bocca inaridirsi: era davvero una gioia per gli occhi, una vera statua greca. Con la differenza che non era di freddo marmo, ma di calda carne...

Si distolse a forza dalla contemplazione; girandosi, prese due grandi tazze dall'armadietto e le riempì per metà di latte, poi le mise dentro al microonde per scaldarne il contenuto. Infine tolse i croissant dal forno, li posò su un vassoio e lo passò a Richard.

"Portali in tavola, per favore", lo istruì. "Io penso al cappuccino."

Quando il latte fu caldo a sufficienza, usò un piccolo frullatore a immersione per renderlo schiumoso, poi vi versò il caffè della moka e lo portò in tavola.

"Buono", commentò Richard, dopo il primo boccone al cornetto.

"Aspetta di arrivare al ripieno", lo esortò lei con un sorrisino. Al terzo boccone, l'attore capì a cosa aveva alluso: la farcitura era crema al cioccolato fondente, assolutamente deliziosa.

"Ricetta segreta del mio pasticciere preferito", gli rivelò lei. "La stessa che usa per i cioccolatini che volevo portarti a Londra, ma che ho sostituito con la donazione a Just Give."

"Caspita, mi spiace non aver avuto l'opportunità di assaggiarli", dichiarò Richard. "Non che mi dispiaccia che tu abbia preferito una donazione", aggiunse in fretta, "ma sono sicuro che i cioccolatini del tuo amico siano strepitosi quanto questa crema e mi piacerebbe assaggiarli."

Il sorriso di Nives si ampliò.

"Sapevo che l'avresti detto... e mi sono procurata una confezione", accennò con la testa. "Sono in frigo."

Richard fece il suo irresistibile sorrisetto.

"Sei una donna davvero incredibile", mormorò, allungando un piede ad accarezzarle la caviglia sotto il tavolo.

"Ed è per questo che mi ami", ribatté lei con un sorriso sfrontato. Il piede di Richard le risalì il polpaccio, carezzevole.

"Lo puoi ben dire", replicò, mentre il suo sorriso si allargava. Ipnotizzata, Nives pensò che sembrava lo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, perché si sentiva completamente soggiogata... stregatta da lui.

Frattanto il piede che la stava accarezzando saliva pericolosamente tra le sue gambe. Si sentì rimescolare.

"Tu... tu non hai idea di che effetto mi fai", ansimò, abbassando una mano a fermarlo.

"Certo che ce l'ho", bisbigliò lui. "Lo stesso che tu fai a me..."

Nives prese un respiro, poi le sovvenne un modo per fargliela pagare. Aprì il suo croissant, intinse l'indice nella crema al cioccolato, poi si alzò e, con un sorrisetto davvero molto birichino, si sedette sulle ginocchia di Richard.

"Ma che..." cominciò l'attore, sorpreso.

"Sssshhhh..." lo zittì dolcemente lei. Gli applicò il cioccolato sul labbro inferiore, poi si chinò in fretta e vi passò la lingua, leccando via la crema.

"Aaahhh..." sospirò, soddisfatta. Lui l'afferrò per la vita.

"Sei una terribile monella!" dichiarò a bassa voce. Le prese la mano e si portò alla bocca il suo indice, che aveva ancora tracce di cioccolato, e lo pulì con la lingua. Non contento, rammentando dove lei era particolarmente sensibile, cambiò dito e prese tra le labbra l'anulare, succhiandolo dolcemente; Nives fremette.

"Senti chi parla... discolaccio!" boccheggiò. Richard le passò un braccio sotto le ginocchia e l'altro dietro le spalle, poi si alzò e la portò in camera, dove trascorsero un bel po' di tempo, amandosi col corpo quanto con l'anima.

OOO

"Non mi hai ancora detto com'è baciarmi con la barba", osservò Richard dopo che Nives era tornata dal bagno, dove aveva fatto la doccia prima di cominciare a prepararsi per andare a pranzo da suo padre.

Lei sorrise, ripensando alla sensazione della sua morbida barba sulla propria pelle, non soltanto sulle labbra ma su tutto il corpo, che lui aveva abbondantemente ricoperto di baci.

"Molto gradevole", rispose sottovoce. "Però continuo a preferirti senza", concluse.

"Me la taglio subito", dichiarò lui.

"Non è necessario..."

"L'avevo già previsto", la rassicurò Richard. "Del resto, fa caldo e preferisco star senza."

"Beh, se la metti così..."

Mentre Nives si vestiva, l'inglese estrasse il beautycase dal trolley e poi si diresse in bagno, dove fece a sua volta la doccia. Si asciugò ed indossò un paio di boxer puliti, poi preparò la schiuma da barba col pennello – amava usare il sistema antico, migliore sotto ogni punto di vista di quello moderno con la schiuma delle bombolette e i rasoi usa e getta – e poi chiamò Nives. La donna, già vestita, comparve sulla soglia del bagno con aria interrogativa, ma come lo vide col rasoio a mano libera comprese: si ricordava ancora che gli aveva detto che trovava sexy un uomo che si radeva così. Gli sorrise e si posò con la spalla allo stipite: a differenza che a Milano, stavolta sarebbe rimasta a guardare.

"È molto difficile radersi col rasoio a mano libera?" gli domandò, curiosa.

"Ci vuole una certa pratica", rispose Richard tra una passata e l'altra. "All'inizio mi sono tagliuzzato e graffiato parecchie volte, ma col tempo mi sono abituato a questa tecnica", fece una pausa mentre si tagliava i baffi. "Era un pezzo che non me la facevo così, prima di incontrarti", proseguì, "ma da quando mi hai detto che lo trovi sexy, ho ricominciato..." le rivelò, lanciandole un'occhiata sorniona. "Almeno quando ho tempo di farlo: tra un aereo e l'altro, mi accontento del rasoio elettrico."

Quando finì, si risciacquò e poi si applicò la lozione dopobarba al profumo di sandalo che tanto piaceva a Nives. Infine si voltò verso di lei, che lo sorprese gettandogli gettandosi tra le sue braccia e strofinandogli il naso alla base del collo.

"Mmmmhh, che buon profumo..." gli mormorò contro la pelle. Lui la strinse a sé e le accarezzò la schiena.

"Lieto che ti piaccia", bisbigliò di rimando, poi chinò la testa e la baciò gentilmente sulle labbra. Lei sospirò di contentezza: quello era il più bel posto del mondo, tra le braccia di Richard...

Richard andò a vestirsi, mentre lei si spazzolava i capelli e li raccoglieva in una coda di cavallo che poi intrecciò, come faceva sempre col caldo. Quell'estate la temperatura era particolarmente elevata, ma fortunatamente sia il suo appartamento che quello di suo padre erano dotati di climatizzatori.

Mentre cominciava a truccarsi, Richard si affacciò alla porta del bagno e rimase ad osservarla; nello specchio, i loro occhi s'incontrarono e si sorrisero amorosamente. Anche lei non aveva dimenticato che lui aveva dichiarato di trovare sexy una donna che si trucca.

"Vorrei portare qualcosa a tuo padre", disse Richard. "Potremmo fermarci lungo la strada a prendere una bottiglia di vino, o un dessert?"

Lei ci pensò su un attimo, poi annuì:

"Papà ha preparato un dolce alla frutta: possiamo passare a prendere un vino adatto. Conosco un'ottima enoteca, proprio di strada."

Poco dopo erano pronti; scesero in garage, dove presero l'auto di Nives. Richard era nervoso: aveva conosciuto altre volte i genitori della propria ragazza del momento – non che ne avesse avute molte – ma stavolta era diverso, perché Nives era la donna della sua vita, perciò fare bella impressione a suo padre era più importante che mai e ci teneva davvero moltissimo a fare bella figura. Si era perfino preparato qualche frase in italiano.

Anche Nives era nervosa; era sicurissima che Richard sarebbe piaciuto a suo padre, ma non poteva fare a meno di considerare la possibilità che non fosse così e questo la faceva stare sulle spine.

Si fermarono presso l'enoteca di cui Nives era cliente da anni; i due fratelli che la gestivano e la commessa sapevano di lei e Richard, come aveva scoperto poche settimane dopo l'annuncio ufficiale della loro storia, a dicembre dell'anno prima.

Valeria, la commessa, la salutò con un sorriso, poi sollevò lo sguardo su Richard e rimase imbambolata.

"Cercavo un vino da dessert", si affrettò a dire Nives, cercando di distrarla. "Per una crostata di frutta..."

"Ah..." fece Valeria, sbattendo le palpebre e cercando di riaversi, ma gli stupefacenti occhi azzurri dell'attore britannico non l'aiutavano di certo. "Suggerirei un vino rosso dolce, come un Brachetto d'Acqui..."

"Ottima idea", convenne Nives, voltandosi verso Richard per tradurre. Lui annuì per indicare d'essere d'accordo.

"Due bottiglie", disse. "Così tuo padre può tenerne una per un'altra occasione."

Valeria gli sorrise, intimidita; parlava un po' d'inglese e aveva capito.

"Lo volete fermo o spumante?" domandò poi in quella lingua, cercando di ritrovare la propria professionalità.

"Spumante", decise Nives. "È più originale."

"Sicuramente", confermò l'altra. "La consumate a pranzo?" al cenno di conferma di Nives, proseguì. "Allora te ne do una già fredda da frigo, così non stressi il vino mettendolo in freezer per raggiungere in fretta la temperatura di servizio."

"Grazie, gentilissima."

Valeria andò a prendere le bottiglie, poi, mentre le avvolgeva nella carta velina per poi riporle nel sacchetto, si rivolse sottovoce a Nives.

"Se posso permettermi, di persona è ancora più bello", dichiarò ammirata, accennando all'attore, che stava osservando le bottiglie di whisky esposte sullo scaffale a fianco della cassa.

"Sono d'accordo", sorrise Nives.

Incoraggiata, la donna commentò, sempre sottovoce per non farsi sentire da Richard. "Sono felice per te... e anche un po' invidiosa, lo ammetto. Amo mio marito, ma... beh, Richard Armitage è Richard Armitage..."

Nives non sapeva cosa rispondere, così si limitò ad annuire, sorridendo con una traccia d'imbarazzo. Battendo lo scontrino, Valeria le domandò:

"Sarebbe troppo di disturbo, se vi chiedessi una foto insieme, noi tre? Altrimenti se lo racconto in giro, non mi crederanno..."

Colta di sorpresa, Nives esitò un istante: continuava a dimenticare il livello di notorietà riflessa che subiva a causa della sua storia con Richard Armitage.

"Glielo chiedo", rispose quindi. Richard accettò senza problemi, sempre cortese come nel suo carattere; Valeria prese lo smartphone e scattò un selfie, poi ringraziò entrambi. L'attore pagò il vino ed infine lui e Nives uscirono, risalendo in macchina.

"È sempre emozionante, per me, quando mi riconoscono per strada... o, come in questo caso, in un negozio", dichiarò Richard.

"Non ti dà fastidio?" indagò Nives, ingranando la marcia.

"Non quando sono discreti come la signora del negozio", affermò lui. "Qualche volta mi sono imbattuto in fan esaltati, e una volta ho anche avuto paura: una tizia mi ha stalkerizzato per giorni prima che la polizia la beccasse."

"Questa non la sapevo... quando è successo?" domandò Nives, allarmata.

"L'altr'anno a New York... Questa tizia aveva scoperto dov'è situato il mio appartamento e mi aspettava ogni giorno davanti al portone, poi mi seguiva a distanza. Non ha mai fatto niente di pericoloso, ma era molto sgradevole essere pedinato e osservato in continuazione. Così ho fatto denuncia e la polizia è intervenuta."

Nives rabbrividì.

"Che cosa odiosa", commentò a bassa voce. "Penso faccia parte del prezzo da pagare per la notorietà, vero...?"

"Sì, è così, purtroppo", confermò lui. "L'altra faccia della medaglia... ma cerco di non lamentarmi: dopotutto sono io che ho voluto fare l'attore, non mi è certo stato ordinato, per cui adesso sarebbe molto ipocrita da parte mia lagnarmi, no?"

"Eppure c'è chi lo fa", osservò Nives, riferendosi a qualche suo collega. Richard si strinse nelle spalle.

"Costoro dovrebbero farsi un esame di coscienza", affermò, lapidario. "O cambiare mestiere..."

Poco dopo erano arrivati; Nives parcheggiò nel cortile privato del piccolo condominio da quattro appartamenti dove viveva Luigi Nardini, poi scesero dall'auto e si avviarono al portoncino d'ingresso. Da una finestra dell'appartamento sotto a quello dove abitava Luigi si affacciò una donna anziana, che vedendo Nives le sorrise.

"Ciao cara, come va?"

"Bene, grazie Lorena, anche lei?"

"Sì, tutto bene, grazie."

Lorena guardò senza riconoscerlo il bell'uomo che accompagnava Nives, ma non fece domande, limitandosi a un sorridente cenno di saluto che lui ricambiò con uguale cortesia. Non era usuale che Nives arrivasse con un uomo, ma molto discretamente la vicina si tenne la propria curiosità.

Nives suonò il campanello, tre brevi tocchi che segnalavano convenzionalmente che si trattava di lei, così suo padre non aveva neppure bisogno di chiedere chi fosse. Infatti dopo qualche istante la serratura scattò ed il portone si aprì.

Salirono al primo piano e trovarono la porta socchiusa; entrarono.

"Eccoci qua!" annunciò Nives, mentre Richard chiudeva la porta dietro di loro.

"Arrivo!" disse suo padre dal cucinotto, da cui proveniva un delizioso aroma.

Luigi comparve sulla porta della cucina e sorrise alla figlia, poi sollevò lo sguardo sul suo accompagnatore; Nives gli aveva detto che Richard era alto, ma constatarlo di persona era un'altra faccenda: oltre che alto, era anche imponente, con due spalle ampie e braccia muscolose che spuntavano dalle maniche corte della tshirt bianca che indossava. Richard ricambiò apertamente lo sguardo del padre di Nives, cercando di apparire franco e schietto e sicuro di sé, ma in realtà aveva lo stomaco contratto.

Luigi si avvicinò ed abbracciò la figlia, poi si scostò e lei si affrettò a fare le presentazioni.

"Papà, questo è Richard", disse in italiano. "Richard, ti presento mio padre, Luigi."

I due uomini si tesero la mano nello stesso momento.

"Felice d'incontrarla, signor Nardini", disse Richard in perfetto italiano, solo leggermente accentato. Luigi rimase sorpreso nel sentirsi apostrofare nella propria lingua.

"Piacere mio, Riccardo", replicò comunque. "Credevo che non parlassi italiano..."

Quella risposta già esulava dall'ancora scarsa conoscenza dell'idioma locale di Richard, che quindi guardò Nives in cerca d'aiuto; lei tradusse ed allora rispose in inglese:

"Oh no, magari lo parlassi... però sto cercando d'imparare almeno qualcosa."

"Capisco", annuì Luigi, dopo che la figlia ebbe tradotto. "Nives mi ha detto che ti piace molto la pasta e quindi ho pensato di preparare la mia preferita, l'amatriciana."

Nives tradusse, spiegando amatriciana con pancetta in salsa piccante di pomodoro.

"Dal profumo sono sicuro che è ottima", dichiarò Richard, con soddisfazione del cuoco; poi gli porse il sacchetto con le bottiglie. "Una per il dolce e una per la cantina", disse.

Luigi ringraziò sentitamente per il pensiero; Nives prese la bottiglia già fredda ed andò a metterla in frigo.

"Vuoi servire l'aperitivo?" chiese Luigi alla figlia. "C'è una bottiglia di prosecco in frigo: puoi fare degli spritz bianchi, o se preferisci macchiarli con un po' di Campari..."

"Ma certo, me ne occupo io", gli assicurò Nives. "Vuoi accomodarti in salotto, intanto che preparo l'aperitivo?" domandò a Richard, indicandogli i divani dall'altra parte della sala. Lui annuì e poco dopo la donna lo raggiunse con un vassoio, sopra il quale c'era una piccola terrina con salatini misti e tre bicchieri con il tipico aperitivo veneziano, lo spritz bianco, ovvero semplice prosecco tagliato con acqua. Date le temperature decisamente canicolari di quella giornata estiva, aveva preferito evitare di aggiungere grado alcolico con il Campari ed aveva abbondato col ghiaccio.

"Fa caldissimo anche in Inghilterra", le rivelò Richard prendendo il bicchiere. "Credo sia l'estate più torrida degli ultimi vent'anni."

"Sì, l'ho sentito dire", confermò Nives, sedendosi accanto a lui sul divano. "Meno male che hanno inventato i climatizzatori", commentò poi, accennando all'apparecchio installato in un angolo della stanza. Luigi non teneva temperature esageratamente basse, come lei del resto, ma giusto quel che serviva per star bene.

"Farei un monumento all'inventore", scherzò l'attore.

Il padre di Nives arrivò in quel momento e si sedette sull'altro divano di fronte a loro; Richard sollevò il bicchiere in un brindisi.

"Al nostro incontro", disse. "Sono davvero contento di conoscerla, signor Nardini: Nives mi ha parlato tanto di lei."

Quando Nives finì di tradurre, l'uomo più anziano scosse la testa.

"Il signor lasciamolo perdere: mi chiamo Luigi", affermò sorridendo. Richard annuì.

"Va bene, volentieri", accettò, sollevando di nuovo il calice. Brindarono e bevvero un sorso.

"Nives mi ha detto che sei un appassionato di Formula Uno", proseguì poi Richard. "Piace molto anche a me, anche se ho poco tempo per seguirla. E sebbene io sia inglese, che tu ci creda o no sono un tifoso della Ferrari. I miei miti sono Villeneuve – Gilles ovviamente – e Schumacher, ma anche Barrichello e Alonzo mi sono simpatici..."

"Ah, bene!" esclamò Luigi con entusiasmo. "Ti dirò, non sopporto Raikkonen: anche se è bravo lo trovo di un'antipatia unica..."

Proseguirono a chiacchierare di Formula Uno e poi anche di Motomondiale, dove Richard ammise che, sebbene gli piacesse molto Valentino Rossi – per cui Nives stravedeva – il suo preferito era l'inglese Cal Crutchlow.

Il timer della cucina suonò.

"Vado a scolare la pasta", annunciò Luigi alzandosi. "Nives, pensi tu al vino?"

"Certamente!"

Nives portò in tavola una bottiglia di Montepulciano d'Abruzzo, un rosso secco e corposo adatto a pulire la bocca dal gusto vagamente dolce della pancetta accuratamente sgrassata usata da Luigi per l'amatriciana; sorpreso, Richard constatò che era fresco di frigo.

"Ma il rosso non andrebbe servito a temperatura ambiente?" domandò.

"Certo", rispose lei con un sorriso divertito. "Tuttavia, se la temperatura dell'ambiente è 25 gradi come qui in casa, o 35 come fuori, berresti vin brûlé, o quasi!"

Richard rise. "Hai ragione, non ci avevo pensato!"

Anche Nives rise e proseguì l'improvvisata lezione. "In realtà, il vino rosso va servito tra i 16 e i 18 gradi, 20 se è un vino molto importante e maturo. Alcuni rossi giovani vanno serviti addirittura quasi freddi come un bianco."

"Ed ecco che ho imparato altre cose sul vino..."

"Se divento noiosa, fermami subito, per favore", lo esortò lei, preoccupata di esagerare.

Sopraggiunse Luigi con una zuppiera colma di bucatini, che posò accanto al posto di Nives.

"Prego, servitevi", li invitò, sedendosi a capotavola.

Nives si riempì il piatto, poi fece cenno a Richard di fare altrettanto.

"Abbonda", gli raccomandò. "Così dai soddisfazione al cuoco."

"Volentieri", la rassicurò lui. "Non sarà certo un problema, sembra delizioso!"

"Per essere perfetto ci vorrebbe il pecorino romano", osservò Luigi, dopo la debita traduzione di Nives. "In mancanza, usiamo il solito grana padano..."

Stavolta Nives ebbe qualche difficoltà a spiegare, dato che i nomi di quei formaggi tipici non erano traducibili, così li descrisse come formaggio romano stagionato di pecora e formaggio veneto stagionato di vacca, spiegandogli la differenza di sapore. Tuttavia, scoprì che sia pecorino che grana si traducono pari pari in inglese, sebbene Richard conoscesse soltanto il secondo.

La pietanza ebbe il successo che meritava, al punto che Richard chiese ed ottenne il bis; anche il vino fu molto apprezzato.

Quando ebbero finito, chiacchierarono ancora, poi Luigi si alzò.

"E ora, il dolce", annunciò.

"Noi pensiamo a sparecchiare", gli disse Nives, imitandolo; lei e Richard portarono via i piatti e i bicchieri, sostituendoli con piattini da dolce e calici da spumante. Poi Nives recuperò la bottiglia di Brachetto dal frigo e la portò in tavola, seguita da Luigi con la torta.

"Crostata di pesche come la faceva la mamma di Nives", annunciò, posandola sul tavolo. "Ma la pasta brisé l'ho presa già pronta", ammise.

"Ci hai messo le mandorle grattugiate?" indagò Nives e l'uomo annuì per confermare. "Era il tocco speciale di mia mamma", ricordò la donna con nostalgia.

Luigi tagliò la crostata in quattro pezzi e ne mise tre nei piattini.

"Si mangia con le mani", istruì Richard. "Non formalizzarti."

Aprendo la bottiglia, Nives tradusse, aggiungendo:

"La pasta è molto croccante e usare forchetta e coltello è scomodo, e poi non siamo a una cena di gala..."

"Oh, d'accordo!" rise Richard, deliziato. "C'è qualcosa di incredibilmente soddisfacente a mangiar con le mani!"

"Sarà perché le mani sono state le prime posate degli esseri umani", commentò Luigi, al che Richard annuì con enfasi. Di colpo si accorse di essere perfettamente rilassato: Luigi aveva saputo metterlo a proprio agio. Era davvero una cara persona; del resto, per aver cresciuto una figlia stupenda come Nives, non poteva essere altrimenti, considerò.

La crostata si rivelò squisita e il Brachetto era il vino perfetto per accompagnarla.

Era semplicemente troppo caldo per il caffè tradizionale, così Nives fece una moka, ne versò il contenuto nello shaker con del ghiaccio e un po' di zucchero, poi lo agitò accuratamente, servendolo infine ben freddo.

A quel punto, Nives si rivolse al padre. "Papà, che ne dici di far vedere a Richard qualche foto di famiglia?"

Sapeva che all'attore avrebbe fatto piacere perché ne avevano parlato prima che arrivasse in Italia; Luigi fu ben lieto di accettare, così Nives andò a prendere alcuni vecchi album. Il primo era del matrimonio di Luigi e Tina, con splendide foto in bianco e nero che ritraevano due giovani sposi raggianti; il secondo documentava la vita di Nives da prima della nascita – c'era infatti una bellissima foto di Tina col pancione – fino ai dodici anni e Richard s'intenerì moltissimo nel vedere la sua amata da neonata e da bambina; il terzo album riguardava le nozze d'oro di Tina e Luigi, che erano state festeggiate sia in maniera celtica, con Nives a celebrare una cerimonia di rinnovo del legame, sia in maniera tradizionale, con un lauto pranzo e una grande tavolata di amici.

Finito di guardare le foto, Luigi si rivolse a Richard.

"Ho visto che hai interpretato un soldato delle forze speciali", esordì. "Sai che io ho lavorato come guardia giurata?" Richard annuì: Nives glielo aveva detto. "Certo non avevo armi potenti come quelle del tuo personaggio, però usavo una bella Beretta 7.65 semiautomatica e un revolver Smith & Wesson 3.57 a canna media. Vuoi vederle?"

Richard non amava armi da fuoco, ma gli occhi di Luigi brillavano ed era chiaro che l'argomento lo appassionava, così non ebbe cuore di dirgli di no ed annuì.

Mentre il padre andava a prendere le pistole, Nives guardò Richard con aria di scusa.

"Mi spiace", disse. "So che le armi non ti piacciono..."

"Non fa niente", la rassicurò l'attore inglese con un piccolo sorriso. "Va bene così, sono contento di far piacere a tuo padre facendomi mostrare le sue pistole."

"Sei dolcissimo", gli sussurrò lei, sporgendosi per dargli un rapido bacio sulle labbra.

Luigi tornò e, tutto orgoglioso, mostrò le armi che aveva usato come guardia giurata, fortunatamente senza averne mai bisogno tranne una volta, in un conflitto a fuoco per una tentata rapina ad un furgone portavalori a cui stava facendo da scorta. Ne era uscito indenne assieme ai colleghi; non così i rapinatori, di cui poi la polizia aveva trovato l'auto sporca di sangue. I malviventi però non erano mai stati presi, purtroppo.

Nives sorprese Richard quando, per mostrargli la Beretta, la prese in mano con sicurezza, la scarrellò per controllare che non avesse il colpo in canna e poi gliela porse. Notando il suo sguardo meravigliato, la donna gli sorrise e gli disse:

"Non penserai che, avendo della armi da fuoco in casa, io non abbia ritenuto opportuno imparare a usarle, vero? Non fosse altro che per non rischiare di spararmi addosso", aggiunse ridendo.

"Oh, beh", bofonchiò l'attore. "Non posso che darti ragione..."

"Non sono una gran tiratrice", gli confidò allora lei. "Né ho chissà che passione per il tirassegno, ma dato che c'erano..." concluse, facendo spallucce.

"Hai fatto bene", commentò Richard. "Se si sa usare correttamente un attrezzo pericoloso, che sia una pistola o una motosega, si minimizza il rischio di farsi male."

Erano le cinque passate quando Nives, accorgendosi che il padre era stanco, decise che era ora di congedarsi. Richard strinse la mano di Luigi, che lo contraccambiò e poi lo abbracciò.

"Mi raccomando", gli disse. "Da uomo a uomo: fai felice mia figlia."

Nives arrossì: Luigi non aveva proferito alcuna minaccia né usato un tono intimidatorio, ma l'avvertimento era chiaro.

Richard guardò Nives in attesa della traduzione, che lei gli riferì in tono chiaramente imbarazzato; ma l'attore guardò il suocero con grande serietà prima di replicare:

"Ti prometto che farò di tutto per far felice Nives, perché non c'è niente che io desideri di più al mondo."

Di nuovo la donna arrossì; guardò Richard con occhi brillanti come stelle prima di tradurre per il padre, che annuì solennemente.

"Ogni promessa è debito", rammentò all'inglese. Nives dovette lambiccarsi il cervello prima di trovare la traduzione più calzante, ovvero la parola di un uomo è il suo obbligo. Richard annuì con uguale solennità.

"Fate buone vacanze", augurò loro Luigi, abbracciando la figlia. "E salutami Raffaella e Jerry. Spero che possano tornare a trovarci presto", soggiunse, rammentando l'ultima volta che i suoi amici erano venuti, in occasione di un capodanno.

"Magari ci organizziamo in autunno", rispose Nives. "Potrei invitarli per un fine settimana lungo."

"Bell'idea", approvò l'uomo.

Infine si congedarono. Mentre salivano in auto, Richard domandò:

"Che ne dici di farmi vedere un po' la tua città?"

"Non c'è molto da vedere", lo avvertì lei. "Ma un giro te lo faccio fare volentieri. In auto però: fa semplicemente troppo caldo per passeggiare..."

Era vero, anche quel giorno la canicola era pesantissima, per cui l'attore accettò senza esitare.

Nives dunque guidò attraverso il piccolo centro della sua cittadina natale, dove gli mostrò il bel duomo settecentesco in stile neoclassico, costruito su un colle che ne era interamente ricoperto; davanti ad esso c'era una statua, famigliarmente chiamata l'Omo, ovvero Uomo in lingua veneta, che un noto imprenditore locale dell'Ottocento, divenuto senatore del regno d'Italia, aveva voluto dedicare ai suoi tessitori. L'evidente parallelo con Nord e Sud balzò immediatamente all'attenzione di Richard.

"Assomiglia un po' a Nicholas Higgins", considerò, riferendosi alla statua, ritenendola somigliante a uno dei personaggi di quella miniserie della BBC.

"Vero!" ammise Nives, che non ci aveva mai pensato. "Tranne che per i baffi", aggiunse poi, ripensandoci meglio. "Ma per il resto – berretto compreso – potrebbe essere proprio Higgins", concluse sorridendo.

Svoltarono un angolo e passarono attraverso una piazza moderna e poco attraente, poi si infilarono in una stradina in fondo alla quale sorgeva una piccola chiesetta medievale.

"Santa Maria in Valle", la presentò Nives. "Infatti come vedi è situata nella valle tra due colline, quella del Castello – di cui non rimane che la cappella e la torre merlata diventata campanile, e qualche muretto – e quella dei Frati, così chiamata perché c'è una chiesa con annesso convento di frati francescani. Entrambe le colline sono dei parchi pubblici molti belli."

Salirono lungo il fianco del Colle del Castello, in cima al quale era situato l'edificio che un tempo aveva ospitato la scuola media frequentata da Nives, mentre ora era la sede delle scuole magistrali. Di lì, Nives tornò indietro, scendendo dal lato settentrionale della bassa catena collinare che terminava con l'altura del Castello.

"Ora facciamo un giro per i dintorni", annunciò Nives d'impulso. "Ti faccio vedere il paesino di mia mamma... e se vuoi, anche dov'è sepolta. Sarà un po' come presentarti a lei..." concluse, mentre un groppo le chiudeva la gola. Sua madre le mancava sempre moltissimo, anche se erano ormai trascorsi quasi tre anni dalla sua scomparsa.

"Certo che sì", accettò subito Richard.

Così, la donna lo portò nel piccolo paese confinante con la sua città, dov'era nata Tina. Dapprima lo condusse a vedere la chiesetta dove i suoi genitori si erano sposati e che Richard aveva visto nell'album fotografico, un edificio settecentesco dedicato alla Madonna che sorgeva sul luogo dove nell'antichità era situato un tempio dedicato alla dea Diana, ovvero la trasposizione romana dell'antica dea dei Veneti Reitia, come spiegò Nives a Richard; poi andarono al cimitero, dove Richard non s'accontentò di vedere la tomba di Tina attraverso le sbarre del cancello e, nonostante il termometro segnasse 37 gradi, insistette per entrare. Giunti davanti al loculo, Nives sfiorò la foto di sua madre – che le aveva scattato lei stessa un paio d'anni prima della sua morte, mentre indossava un bellissimo abito di velluto blu che Tina si era confezionata con le proprie mani – e disse:

"Ciao mamma, ti ho portato Richard..."

La voce le si incrinò mentre le lacrime cominciavano a scenderle sulle guance. Richard l'attirò contro di sé, stringendola al petto e cullandola. Anche lui aveva un nodo in gola.

"Buongiorno Tina", mormorò. "Sono felice di conoscerti..."

A quelle parole, Nives pianse ancor di più per la commozione, nel cerchio rassicurante delle braccia del suo uomo, bagnandogli la maglietta di lacrime. L'attore attese che si calmasse, continuando a cullarla e baciandole teneramente i capelli, facendole sentire la propria solidarietà ed empatia.

Alla fine lei si ritrasse, tirando su col naso; lui prese il fazzoletto di tasca e glielo porse, in modo che lei potesse asciugarsi gli occhi.

"Scusami", bisbigliò Nives. "Non volevo piangere... è che lei sarebbe stata così contenta di conoscerti e di sapere che non sono più sola... era il suo più grande cruccio e mi spiace tanto che sia morta con esso..."

"Ma lei lo sa", affermò Richard a bassa voce. "Ovunque si trovi adesso, lei lo sa, non dubitarne, ed è felice per te, per noi", si voltò verso la foto da cui la madre di Nives sorrideva e li guardava. "Ti ringrazio per aver messo al mondo questa donna stupenda che ho avuto la fortuna di incontrare e di far innamorare di me", disse, inequivocabilmente emozionato.

Nives versò altre lacrime di commozione, abbracciandolo stretto. Non disse niente, ma pensava di essere lei quella fortunata, per lo stesso motivo: mai e poi mai avrebbe immaginato che Richard Armitage avrebbe potuto innamorarsi proprio di lei. Dubitava che sarebbe mai riuscita a capacitarsene.

Infine, si congedarono da Tina e tornarono in macchina, che per fortuna Nives aveva potuto parcheggiare all'ombra di alcuni cipressi, altrimenti si sarebbe tramutata in un forno; ciò nondimeno, dovette mettere il climatizzatore al massimo per non boccheggiare dal caldo.

Mentre tornavano verso casa di Nives, la donna fu colta da un'ispirazione.

"Ricordi che ti ho parlato del mio amico Gigi che fa un fantastico gelato al cioccolato extra?" chiese; vedendo che Richard corrugava la fronte, proseguì. "Quando fa così tanto caldo che non ho voglia di mangiare, molto spesso ceno con un gran gelato. Che ne dici se facciamo così, stasera?"

"Volentieri!" accettò l'attore con un'eccitazione fanciullesca che la fece sorridere: le era ben noto il suo debole per il gelato al cioccolato e non dubitava che sarebbe rimasto entusiasta di quello del suo amico.

"La moglie di Gigi è inglese, di Manchester", rivelò a Richard. "Si chiama Zoe."

"Davvero? Ho dei parenti, a Manchester..."

Giunti in centro città, dov'era situata la gelateria, furono tanto fortunati da trovare un parcheggio a pochi passi, in modo da doversi esporre il meno possibile all'afa serale. Non appena posero piede nel locale, la ragazza dietro al bancone le sorrise:

"Ciao Nives!"

"Ciao Sara, come va?"

"Bene, per fortuna qui fa fresco, non so proprio come facciano a lavorare dove non c'è aria condizionata..." la voce le si spense mentre, osservando l'accompagnatore di Nives, infine lo riconosceva. "Ma è...?"

"Sì, è lui", rispose in fretta Nives. "Ma è qui in incognito."

Sara si portò la mano al petto e fece un gran sorriso.

"È venuto a trovarti? Che bello!" esclamò. "Sai, leggere di te e di lui su internet è una cosa, ma vedervi insieme è tutt'altro... che emozione!" passò ad un inglese incerto. "Lieta di incontrarla, signor Armitage..."

"Piacere mio", rispose educatamente lui con un cenno del capo ed un sorriso che – ne era del tutto inconsapevole – mandò Sara in fibrillazione.

"Ehm... c'è Zoe?" intervenne Nives.

"Sì, te la chiamo", rispose la ragazza, spostandosi verso il laboratorio dove veniva prodotto il gelato. "Zoe, c'è Nives, e ha portato una persona speciale..."

Pochi istanti dopo, sulla soglia del laboratorio comparve una donna paffuta sulla cinquantina, con un caschetto di capelli biondi e lisci ed occhi azzurri. Rivolse un sorriso a Nives, sorriso che divenne una 'O' di sorpresa non appena realizzò chi fosse il suo accompagnatore.

"Santo cielo!" esclamò in inglese, uscendo in fretta da dietro il bancone. "Che onore, signor Armitage..." disse, porgendogli la mano. "Nives mi ha parlato tanto di lei... Ammetto che prima non la conoscevo", aggiunse con una buffa smorfia, "ma in seguito ho guardato alcune sue opere e mi complimento con lei."

"Grazie, è molto gentile", disse Richard, compiaciuto, stringendole la mano. "E Nives mi ha parlato molto del vostro fantastico gelato al cioccolato", le confidò ridendo. Anche Zoe rise.

"Ah, è la sua passione, infatti", gli raccontò, "Ogni volta che viene mi chiede quattro palline, una di cioccolato extra e le altre a mia scelta... faccio così anche stavolta?" domandò a Nives, gli occhi chiari che brillavano divertiti.

"Certo che sì!" rispose vivacemente Nives. Richard fece cenno che andava bene anche a lui.

"Mangiate qui o portate via?"

"Portiamo via, grazie."

Zoe preparò due coppette, mettendo in ciascuna il cioccolato extra, poi variando gli altri tipi di gelato in modo da ottenere complessivamente sette gusti diversi, che elencò ai due in attesa: lampone, mirtillo e yogurt con zenzero per una, cocco, mango e mela con cannella per l'altra. Richard si complimentò per l'originalità di alcuni gusti ed Zoe ne fu molto compiaciuta.

"Poi fatemi sapere cosa ne pensate", raccomandò loro mentre impacchettava le due coppette assieme ad alcuni biscotti.

"Senz'altro", le assicurò Nives. Richard volle pagare lui, poi si congedarono e tornarono in macchina.

La cena fu molto rinfrescante, mentre il dopocena, al contrario, si rivelò assai rovente...

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