Capitolo 9
Il viaggio di ritorno non fu spensierato come il primo, erano partiti con la voglia di scoprire un posto che non conoscevano e rilassarsi, per staccare la spina dalla vita di città e dai loro impegni. Invece tutto era stato ribaltato, le aspettative erano state distrutte e si erano trovati davanti a qualcosa più grande di loro.
Valerio si era offerto di guidare per tutto il tragitto, era il miglior modo per distrarsi e imporsi di non divagare troppo con la mente. Tutto quello che era venuto fuori dal loro breve soggiorno a Resia lo aveva scosso nel profondo ed era difficile non rimuginarci in ogni momento.
Agnese stava semi sdraiata sul sedile del passeggero, che aveva reclinato un po' all'indietro per stare più comoda. Teneva il ciondolo stretto tra le dita e lo guardava, ripensando alle parole che Jerome aveva detto durante il pranzo.
"Il simbolo che avete sulla collana sparirà."
Si era sempre chiesta se quello che vedeva nel ciondolo avesse un significato, ma mai avrebbe immaginato che anche quel regalo fosse avvolto dal mistero che aleggiava sulla sua famiglia.
«Tu hai paura del rito del sigillo, Vale?»
Lui strinse il volante a quella domanda, era strano parlare di quelle cose come se fossero normali, come se rappresentassero la quotidianità. Come poteva rispondere? Non aveva idea di cosa sarebbe successo, né cosa significasse esporsi a una cosa del genere. No, non aveva paura, ma solo una grande incertezza.
«Non credo di essere spaventato, penso solo a come sia possibile tutto questo. Ciò che ha detto Evius, però, mi ha fatto pensare, non ti ha dato l'impressione che lui capisse davvero cosa stessimo provando?»
Agnese cercò di rifletterci un po' su, richiamando alla mente il momento in cui il compagno di Jerome aveva preso la parola per tranquillizzarli.
«In effetti sì, l'ho notato anche io. E mi ha saputo confortare questa cosa. Forse anche lui ha scoperto tutto per caso, potremmo parlargli quando ritorneremo.»
«Secondo te cosa ci dirà la mamma?» Valerio pose la domanda che tutti e due volevano fare. Era difficile tirare fuori l'argomento senza portare con sé un carico di tristezza e malinconia.
«Non lo so, Vale. Sarà strano parlare di queste cose con lei, nemmeno papà sa nulla di questa storia. Spero non rovini il loro rapporto.» Agnese si fece piccola piccola, stringendosi le gambe al petto con le braccia.
«Non farti questi brutti pensieri, qualunque discussione nascerà dopo questa confessione, sono sicuro che riusciranno a chiarire.» Valerio notò il cartello autostradale che indicava "Torino".
Gli si strinse lo stomaco a pensare che ormai erano quasi arrivati e che avrebbero affrontato Demetria. L'avevano chiamata quella mattina, per avvertirla, e lei aveva risposto che si sarebbe fatta trovare a casa insieme ad Adriano.
«Hai ragione. Il nonno è riuscito ad accettarlo, no? Lo farà anche papà, lui ama tantissimo la mamma.»
Calò il silenzio nell'abitacolo, reso ancora più accentuato dal motore ibrido dell'automobile che non lasciava passare il minimo suono. I due fratelli non dissero più una parola finché non arrivarono nei pressi della loro abitazione.
Agnese guardò con intensità la statua di Piazza Statuto, chiedendosi se l'interesse di sua nonna per quel monumento non celasse qualche altro mistero. Ormai guardava ogni cosa sotto una nuova luce, convinta che tutto ciò che la circondasse, nascondesse qualcosa e che lei era una povera vittima ignara di tutto. Avrebbe voluto avere Anita vicino, per quanto la compagnia di Jerome non le dispiacesse. Avrebbe dovuto essere lei a stare accanto ai suoi nipoti per spiegare loro quel mondo tanto indefinibile. Chiuse gli occhi e prese un bel respiro, mentre Valerio si apprestava a far manovra per parcheggiare l'auto.
«Sei pronta?» le chiese il fratello, spegnendo il motore.
«Sono pronta» gli rispose, guardandolo negli occhi.
Valerio si limitò ad annuire e aprì la portiera. Scese e recuperò gli zaini dai sedili posteriori, lo stesso fece sua sorella e quando finì fece scattare la serratura della macchina per chiuderla. Agnese si affrettò a raggiungere il fratello per potergli stare vicina e percorrere con lui i pochi metri che li separavano dal palazzo condominiale.
Quando Demetria chiuse la telefonata con la figlia, quella mattina, una strana sensazione aveva iniziato a vorticarle dentro la testa. Restò seduta al tavolo della cucina per un tempo che parve interminabile: quel giorno non doveva lavorare ed era sola in casa. Il silenzio che regnava nella dimora la spaventò, facendole salire il panico e dandole la sensazione di avere una mano chiusa intorno alla gola che le rendeva difficile respirare.
Alla fine ciò che aveva cercato in modo disperato di evitare si era compiuto. I suoi genitori avevano rispettato la sua volontà in vita, ma avevano fatto in modo che i suoi figli venissero a conoscenza di quel passato che teneva nascosto. Riportò alla mente le numerose discussioni con sua madre, Anita sosteneva che Agnese e Valerio avrebbero dovuto conoscere la verità per scegliere da soli se seguire quella strada o no. Demetria si era sempre opposta e aveva imposto al genitore di effettuare l'incantesimo di blocco e di apporre il sigillo ai poteri dei suoi figli.
Ora avrebbe dovuto dire ogni cosa ai gemelli, senza omettere niente. Forse erano tornati perché avevano deciso di non ascoltare Jerome e volevano solo sapere da lei la verità. Quel pensiero la rianimò, non doveva dare per scontato che Agnese e Valerio avessero accettato quella realtà e che si sarebbero allontanati da lei. Decise che non doveva più commettere nessuno sbaglio: si alzò mossa da una nuova energia e andò in camera da letto a recuperare la fotografia che teneva nascosta. Poi prese il cellulare e mandò un messaggio ad Adriano chiedendogli di anticipare il rientro.
Quella sera Demetria avrebbe dato un taglio netto con tutta quella storia, e avrebbe ricominciato con la sua famiglia accanto. Era la cosa migliore da fare: ne era sicura.
Passò il resto della giornata prima a riordinare casa, poi uscendo a fare la spesa per comprare tutto quello che le serviva per cucinare una cena speciale. Prese gli ingredienti necessari per la torta salata che i suoi figli e suo marito adoravano e al ritorno passò in pasticceria per ordinare un dolce guarnito con il gelato; sarebbe stato adatto a rinfrescare quella sera d'estate.
Ritornò a casa e iniziò a preparare, con uno sguardo sempre rivolto all'orologio. Aveva ricevuto un messaggio da parte di Agnese, stando ai suoi calcoli sarebbero arrivati intorno alle otto di sera. Mentre infornava la torta salata, la porta d'ingresso fece scattare la serratura e Adriano varcò la soglia rientrando.
«Tesoro, eccomi! Sono tornato prima come mi avevi chiesto, ma che combini?» Adriano lasciò la giacca e le chiavi all'ingresso e si avvicinò in cucina.
Sul tavolo c'erano gli ingredienti che Demetria aveva appena usato, non poté non notare quanto sua moglie fosse bella nonostante i capelli in disordine e un look più casalingo. Non si sarebbe mai stancato di guardarla e amarla.
«Ciao, amore, bentornato! Sto preparando la cena, i ragazzi rientrano in serata» annunciò Demetria con il sorriso.
«Ecco perché mi hai chiesto di tornare prima. Come mai hanno anticipato il ritorno?»
Demetria ci mise qualche secondo a rispondere, si era abbassata verso il forno per controllare la torta salata e il sorriso le morì sulle labbra. Non doveva farsi prendere dal panico, Adriano avrebbe capito.
«Lo scoprirai appena saranno con noi» rispose, cercando di tenere un tono di voce tranquillo.
Adriano assottigliò lo sguardo, come se gli sfuggisse qualcosa.
«Sto dimenticando qualche ricorrenza importante?» L'uomo era consapevole di essere un disastro con le date e gli avvenimenti da festeggiare.
Demetria rise di gusto notando l'espressione preoccupata del marito, non poté fare a meno di pensare a quanto fosse innamorata di ogni suo piccolo particolare.
«No, non preoccuparti.»
Si avvicinò a lui e lo baciò per farlo calmare.
«La quiche è in forno e sta cuocendo. Tu hai bisogno di una doccia, quindi pensavo...»
Demetria sfiorò con il naso il collo del marito. Adriano capì l'antifona e la strinse.
«Pensi bene, moglie mia. Andiamo!»
Adriano l'afferrò per la mano e insieme andarono in camera da letto.
Valerio guardò la sorella prima di inserire la chiave nella toppa e farle fare uno scatto. Non appena la porta si aprì e attraversarono l'ingresso, Demetria si precipitò verso di loro accogliendoli a braccia aperte.
«I miei tesori! Siete qui, finalmente.»
Valerio rimase fermo, mentre Agnese si protese verso Demetria e si lasciò abbracciare. Era sempre bello tornare a casa e sentire il profumo dolce della mamma. Demetria guardò Valerio, senza far trasparire la minima preoccupazione, sperava che anche lui si avvicinasse.
Il ragazzo non si mosse di mezzo centimetro e la madre sciolse l'abbraccio con Agnese. Era arrivato il momento di affrontare l'argomento e tutte le sue paure stavano riaffiorando.
«Sediamoci in salotto il tempo che la torta raffreddi.»
«I miei splendidi figli! Bentornati.» Adriano salutò entrambi e poi lasciò che prendessero posto sul divano.
Adriano sorrideva, ma i restanti membri della famiglia sembravano tesi e si scambiavano degli sguardi che non promettevano nulla di buono.
Demetria si portò una ciocca dietro l'orecchio e lanciò uno sguardo alla foto che aveva lasciato sul tavolino di fronte al divano. Magari poteva iniziare il discorso con calma, affrontandolo passo dopo passo.
«Allora, ragazzi, vi è piaciuta Resia?» chiese, fingendo un'apparente noncuranza.
Valerio si lasciò sfuggire una risatina sarcastica, volse lo sguardo in alto massaggiandosi le tempie con gli indici. Non ne poteva davvero più.
«La nostra attività di turisti è terminata presto, mamma. Soprattutto quando siamo entrati nel cottage dove tu abitavi con i nonni.»
Adriano si girò verso il figlio, sgranando gli occhi per la sorpresa. Non aveva dimenticato le tesi della moglie riguardo la casa in montagna, ed era stata proprio lei a dirgli che non voleva che partissero per inseguire un'illusione. Che storia era quella?
«Valerio, di che stai parlando?»
Agnese abbassò lo sguardo, incapace di reggere quello del padre. Era uguale a quello che aveva assunto lei quando si era approcciata alla verità, vacuo e perso. La sensazione era quella di aver abbandonato casa e di essersi smarriti nei boschi, al buio, da soli.
Demetria strinse con le unghie la pelle del divano beige, nervosa. Aveva sperato di poter fare quella conversazione in modo più tranquillo.
«Sì, mamma, di che sto parlando?» Valerio non riuscì a nascondere il fastidio nella sua voce, per tutto il tempo del viaggio in auto aveva cercato di imporsi la calma, ma non appena aveva varcato la soglia di casa quel tentativo era svanito.
Agnese diede una piccola botta alla coscia del fratello, ammonendolo per come si stava comportando.
«Vale! – lo richiamò – Jerome ha detto di non essere duro con la mamma.»
Quando sentì quel nome il volto di Demetria si rilassò, mentre quello di Adriano era un misto tra perplesso e nervoso. Aveva corrugato la fronte, segno di chi non sapeva di cosa si stesse parlando.
«Qualcuno può spiegarmi che cosa sta succedendo?» Adriano sentì che quella serata stava prendendo una strana piega.
Demetria sospirò, non le restava altra scelta: doveva raccontare tutto.
«Ti spiego io, tesoro. È difficile, ma necessario. Per troppo tempo ho tenuto questo segreto con me, credendo e sperando che sarebbe rimasto nascosto.»
Demetria si interruppe e si alzò, prendendo la foto lasciata sul tavolino. La strinse tra le dita e si accostò al marito che le fece spazio e la fece sedere accanto a lui.
«Io abitavo in quel cottage con i miei genitori, ci sono cresciuta e sono stata lì fino all'inizio della mia adolescenza.»
Adriano le sfilò la foto dalle mani e se la portò vicino al viso. Non riusciva a trovare un nesso logico a tutta quella situazione.
«Quello era un posto tranquillo, – continuò Demetria – e anche molto silenzioso. Era il posto perfetto per l'addestramento e potevo avere vicino i migliori Maestri, anche se a me ci ha pensato mia madre.»
«Addestramento? Di che cosa stai parlando?»
Demetria prese un bel respiro prima di rispondere, quel segreto che aveva tanto custodito stava per essere rivelato.
«Io non sono una persona normale come tutti gli altri. – Cercò la sua mano per avere un conforto. – Io sono una persona speciale, ho ereditato queste cose da mia madre e da tutta la sua discendenza. Sono una strega con poteri magici.»
Ad Adriano uscì spontaneamente una risata, non era certo di poter credere a quella cosa. Era così assurdo, non poteva essere reale.
«Vi siete coalizzati per farmi uno dei vostri soliti scherzi?»
Non era insolito che i membri della famiglia organizzassero quel genere di cose, negli anni era diventata una vera e propria sfida tra tutti loro.
«Magari fosse uno scherzo, papà.» Valerio sospirò, accorgendosi quanto fosse cambiata la loro realtà.
«No, non lo è, questa foto ne è la testimonianza. Sono in braccio a mia madre e qui manifesto i primi poteri. Mi ha insegnato lei a farlo.» Demetria abbassò lo sguardo verso la foto: Anita l'adorava, lei avrebbe voluto bruciarla.
«Anche per me non è stato facile sapere la verità dai miei genitori quando ho raggiunto l'età per comprendere, ammetto di aver avuto un momento di pura adrenalina. Ero giovane e incosciente e quel mondo fantastico mi aveva presa e pensavo fosse bellissimo. Non vedevo l'ora di imparare e quando il mio addestramento cominciò tutto andò bene. Jerome era il mio compagno e mia madre insegnava a entrambi. Mi allenavo tutti i giorni, sia con i poteri che con le conoscenze teoriche. Pian piano, però, il momento idilliaco scemò e mi resi conto sempre di più di ciò che avrebbe comportato entrare a far parte di quel mondo a tutti gli effetti. C'erano tanti divieti, tante regole da osservare e più crescevo più capivo che non avrei avuto una vita normale se avessi accettato di proseguire quel percorso.»
Demetria si fermò per fare una pausa e prendere fiato, suo marito e i suoi figli erano attenti e in silenzio aspettavano che lei riprendesse il discorso.
«Non era più un gioco e avrei dovuto acconsentire di vivere quella vita, ma mi sono accorta che non era più ciò che desideravo. Volevo essere normale, volevo vivere come tutti gli altri ragazzini e smettere di essere la stramba che si isolava e che veniva bullizzata. Ho lottato contro mia madre e ho convinto i miei genitori a lasciare quel posto. Ho tagliato i ponti con quel mondo e ho ricominciato da capo, convincendomi di dimenticare ciò che avevo imparato e a non farne mai parola con nessuno. Ecco perché non ve ne ho mai parlato, mi sono convinta di cancellare tutto e non volevo coinvolgervi in quello che ormai era un capitolo chiuso della mia vita.»
Demetria chiuse quel monologo abbassando lo sguardo, vergognandosi per non aver parlato alla sua famiglia di quella parte del suo passato. Adriano aveva ascoltato con la bocca semi aperta per lo stupore, i ragazzi erano meno perplessi, ma il racconto della madre aveva chiarito molti punti circa il perché avesse tenuto il segreto.
«Ma poi siamo arrivati noi, mamma, non riguardava più solo te. Hai scelto per me e Agnese, era un nostro diritto conoscere la verità! Non scoprirlo in questo modo: per mezzo di uno sconosciuto.» Valerio aveva stretto la mano della sorella, e aveva cercato di mantenere un tono di voce normale. Non voleva alzare la voce, la rabbia stava ormai scemando.
«Hai ragione, tesoro. Ho fatto un grosso errore e me ne sono resa conto troppo tardi.»
«Scusate se non ho ancora detto niente, mi sento molto confuso. Devo allontanarmi un po'.»
Adriano spiazzò tutti, si alzò tenendo ancora stretta la foto tra le mani e attraversò il corridoio andando verso il balcone. Demetria scattò in piedi pronta a seguirlo, ma si fermò. Si girò verso i suoi figli, con gli occhi lucidi. La consapevolezza di aver ferito suo marito la colpì come un'onda e in quel momento si sentì tra due fuochi.
Agnese raggiunse la madre e l'abbracciò di nuovo, come quando era rientrata a casa.
«Va' da papà. Hai già spiegato tanto a noi, possiamo parlare dopo. Vero, Vale?» La ragazza gli fece un segno con la testa per dirgli di raggiungerle.
Valerio lasciò andare tutto il risentimento che si era portato dentro e abbracciò le due donne. Era più alto di loro e le avvolse del tutto.
«Parleremo dopo, mamma.»
«Vi voglio bene, tesori. Grazie.» Demetria si asciugò le lacrime che avevano preso a scendere per le guance e sciolse la stretta con i suoi figli. Doveva parlare con Adriano, doveva farsi perdonare.
Adriano si era recato fuori in balcone, nell'unico angolino all'ombra. Stava appoggiato con le braccia sulla ringhiera, mentre teneva la foto di sua moglie tra le mani. Non smetteva di fissarla, in testa ripensava a ciò che aveva detto Demetria e più si ripeteva quel discorso in mente più quell'immagina acquistava un senso diverso.
«Amore.»
Adriano girò la testa di scatto, quando sentì la voce di Demetria arrivare dietro di lui.
«Non sono arrabbiato.» Lui ci tenne a precisare subito quel dettaglio, non voleva essere frainteso e litigare, era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.
Demetria lo raggiunse, si accostò a lui poggiando una mano sul braccio.
«Ne sono felice, lo so che ho sbagliato. Mi dispiace aver tenuto questo segreto e aver costretto i miei genitori a non dire nulla. Volevo credere così tanto di essere normale che alla fine è divenuta un'abitudine.»
Adriano le mostrò la foto che teneva ancora e fece un mezzo sorriso.
«Forse sono un po' deluso, sconvolto. Non posso dire che ciò che hai detto prima non mi abbia smosso qualcosa dentro. Lo sai bene anche tu, il nostro rapporto è sempre stato basato sulla fiducia reciproca e sul fatto che non ci siamo mai nascosti nulla. Hai sbagliato a tagliarci fuori da questo aspetto della tua vita, ma capisco perché l'hai fatto. Hai cercato e ottenuto una vita normale, hai pensato che fosse giusto così e che se l'avessi confessato avrei cambiato idea su di te. La verità è che per me resti sempre la mia Demetria, mia moglie, la donna che amo più di qualsiasi cosa. Ho sempre sentito che fossi speciale e ora ne ho chiaro il motivo.»
Adriano si fermò un attimo quando vide gli occhi lucidi della moglie e una lacrima farsi strada sul viso. Abbassò il capo posandole un dolce bacio sui capelli: un gesto per confortarla.
«Il problema è che non si tratta più di te e di me, ci sono i ragazzi. Io capisco come si sentono e non avevo mai visto Valerio così arrabbiato. Sono un po' risentito perché potevi dirmelo tanti anni fa e decidere insieme cosa fare, nasconderglielo non ha portato nulla di buono... avremmo potuto perderli, lo sai?»
Demetria guardò in avanti, perdendosi con lo sguardo nel paesaggio urbano di fronte a loro. Le parole di Adriano avevano fatto breccia, scavando un piccolo solco nel suo cuore. Non aveva tenuto conto delle conseguenze, si era lasciata prendere da ciò che voleva, dimenticando il resto.
«Hai ragione, sono stata una vera sciocca. Sono fortunata che sono tornati da me per parlare.»
«Non temere, la nostra famiglia supererà anche questa. Ci sono io dalla tua parte.»
Adriano si staccò dalla ringhiera e passò un braccio attorno alla vita della moglie, l'attirò a sé e la baciò. Quel gesto sapeva parlare meglio di qualsiasi altro discorso, era molto più profondo e ricco di significato. Per l'ennesima volta Demetria pensò a quanto fosse fortunata ad averlo vicino.
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