Capitolo 13
Quando uscirono fuori dallo studio di Ipek, il quartetto si trasformò in un trio. Evius annunciò che aveva delle cose da fare, lasciando a Jerome il compito di guidare i ragazzi in quel primo veloce tour della struttura. Gli lasciò uno sfuggente bacio sulle labbra e poi si allontanò senza comunicare loro dove andasse.
«Allora, ragazzi, è un piacere per me darvi ufficialmente il benvenuto nella sede dell'Ordine. La struttura è abbastanza grande, ma avrete tempo e modo per imparare a orientarvi. In questo momento siamo nel piano riservato a Ipek, ci si viene solo se convocati.»
Jerome prese a camminare lungo il corridoio, i gemelli non poterono far altro che seguirlo mentre ascoltavano e si guardavano intorno. Il soffitto era alto, le mura in pietra spesse e la luce proveniva da una serie di lampadari appesi sopra di loro.
«Adesso dove stiamo andando?» chiese Agnese, spinta da una nuova energia innescata dalla curiosità.
«Vi porto nella zona dei dormitori, così potete entrare nella vostra stanza e magari fermarvi un po' a riflettere. Potete chiamare Demetria, se volete.»
Valerio fece una smorfia involontaria, nonostante avesse parlato con sua madre, ricordare che gli aveva tenuto nascosto tutto era ancora doloroso.
«Aspetta un momento, ma come faremo a rimanere qui? Non abbiamo le nostre cose!» disse Valerio allarmato, pensando a ciò che avevano lasciato nel cottage. Non sapendo quanto tempo avrebbero dovuto passare lì per il rito, entrambi i fratelli si erano portati dietro più del necessario.
«Non preoccuparti, – gli rispose Jerome senza smettere di camminare – Ipek di sicuro ha pensato a ogni cosa. Troverete tutto nel vostro alloggio.»
Valerio stava per ribattere, ma qualcosa di incredibile si palesò ai suoi occhi e si ammutolì. Non era niente di magico o strano, ma si stupì nel vedere Jerome fermarsi e premere un bottone tipico di un ascensore.
«Ma come...» iniziò Valerio, lasciando la sua incredula domanda sospesa. Agnese si fermò accanto a lui, stupita in egual misura.
«La struttura negli anni ha subito tante modifiche, prima era un piccolo avamposto, ma si è trasformato. Sono state aggiunte nuove stanze e nuove aree e negli ultimi tempi è stato ammodernato. Le varie epoche passano e il mondo cambia, anche l'Ordine si è adeguato. Abbiamo anche l'accesso a internet!» Jerome li guardò e sorrise, mentre le ante in metallo dell'ascensore si aprivano dinanzi a lui. Senza aggiungere altro entrò, e i gemelli lo seguirono lesti prima della chiusura delle porte.
«Mi piace questo posto!» esclamò Agnese, mentre guardava l'uomo che premeva il tasto con il numero quattro.
«Come potete vedere ci sono sette diversi livelli. Adesso stiamo andando nella zona dei dormitori, prima eravamo al piano interrato in cui risiede Ipek.» Jerome iniziò a spiegare mentre l'ascensore si avviava.
«Per quanto tempo staremo qui?» chiese Valerio, un po' preoccupato della risposta che avrebbe ricevuto.
«Non molto, solo il tempo necessario per imparare qualcosa e integrarvi nell'Ordine. – Indicò i piani man mano che li passavano e spiegava loro cosa si trovasse in ognuno di essi. – Al piano terra c'è una grande sala per le riunioni e per le cene importanti; può contenere quasi tutti gli appartenenti all'Ordine. Al primo piano c'è una grande sala per gli allenamenti, che noi chiamiamo palestra, ci sono tutti gli strumenti necessari per migliorare il proprio potere, penso che sarà il posto che più frequenterete durante questo soggiorno. Ci sono anche altre stanze di minore importanza, non è necessario conoscerle tutte. Al secondo piano abbiamo i laboratori più all'avanguardia del mondo, il posto preferito dai nostri alchimisti. Al terzo si trova la nostra biblioteca, dovreste farci un salto vi sarà molto utile. Ed eccoci finalmente al quarto.»
Le porte si riaprirono, immettendo loro tre su un lungo corridoio. Sembrava un posto un po' diverso da quello che avevano appena lasciato, nonostante fosse lo stesso edificio. L'ambiente ricordava un grande hotel di lusso con la moquette a terra e le targhette color oro su ogni porta. Le stanze si trovavano sia sulla destra che sulla sinistra, delle applicazioni luminose erano disposte in modo alterno ogni due porte, dando luce a quel corridoio.
Jerome si fermò davanti a una stanza, sulla placca della porta era riportata l'indicazione 26B.
«Qui è dove dormirete. Appoggiate il palmo sulla maniglia e avrete accesso alla camera. Funzionerà solo con voi due questa porta, nessuno può entrare a meno che non siate voi ad aprire dall'interno.»
Valerio si fece avanti e seguì le istruzioni di Jerome, subito dopo sentì scattare la serratura e la porta si aprì. La spinse un po' curioso di sapere cosa avrebbe trovato all'interno: l'ambiente era illuminato da una grande finestra posta di fronte a lui, incorniciata da tende rosse. Uguale era il colore dei copriletto su entrambi i giacigli, erano singoli e distanziati tra loro, appoggiati alla parete del lato destro. Di fronte a questi ultimi c'era un piccolo armadio a due ante e una scrivania. La cosa che stupì entrambi fu che i loro bagagli erano davvero lì, sembravano esserci tutti. Agnese si avvicinò subito e controllò il suo borsone, tirò un sospirò di sollievo quando vide i suoi roller ancora intatti.
«Bene per ora il mio compito è finito, ragazzi. Ci rivediamo verso l'ora di pranzo così avete tempo per sistemare tutto.»
I ragazzi salutarono Jerome e lui uscì richiudendo la porta.
«Sembra bella, eh?» Agnese si sedette sul letto rivolgendosi a Valerio che era ancora in piedi e si guardava intorno.
«Sì, non sembra male, devo solo abituarmi a tutto. Non pensavo che da una lettura di un testamento saremmo arrivati a questo punto.» Valerio raggiunse la sorella prendendo posto accanto a lei. La guardò senza dire nulla, lei rispose alzando gli occhi al cielo e afferrando il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
«Va bene la chiam- wow! Il cellulare prende sul serio qui.» La ragazza fu felice di constatare che ciò che aveva detto Jerome corrispondesse al vero.
«Non perderti in chiacchiere, sorella, chiama!» Valerio si passò una mano tra i capelli, non sopportava che si divagasse troppo.
«D'accordo, non ti agitare, – gli rispose Agnese sventolando una mano per aria – sta squillando.»
I due ragazzi si misero vicini, Agnese reggeva il cellulare davanti a loro aspettando che Demetria rispondesse alla videochiamata. Dopo un po' la madre comparve sullo schermo, fece un gran sorriso non appena li vide.
«Ragazzi! Ciao, finalmente ci sentiamo. Adriano, vieni!»
Valerio allungò una mano, afferrò il cellulare girandolo verso la sua parte.
«Papà è a casa?»
«Sì, tesoro, ormai facciamo entrambi gli orari ridotti. La stagione estiva è entrata nel vivo.»
Adriano comparve un attimo dopo, mettendosi accanto alla moglie e salutando i figli con un gesto della mano.
«Come state? Dove siete?»
«Stiamo bene, papà. Siamo... beh, in una specie di dormitorio. – Agnese si alzò dal letto, attivò la fotocamera affinché riprendesse la stanza e non la sua faccia – Ecco qui ci sono i letti, un armadio e anche il bagno. Non è male.»
«Siete nella sede dell'Ordine?» Demetria c'era stata poche volte, ma conosceva gli assetti di quelle stanze. Si preoccupò nel saperli lì, non pensava che i suoi figli si sarebbero fatti convincere oltre.
«Sì, ci ha portati Jerome. Abbiamo conosciuto la sacerdotessa.» Agnese ritornò da suo fratello prendendo di nuovo posto accanto a lui.
«Quindi adesso starete lì?» chiese Adriano con voce incerta. Era ancora nella fase dell'accettazione di quella verità che gli era piombata addosso senza preavviso, non voleva darlo a vedere, però. Voleva che i suoi figli si sentissero sereni e liberi di continuare a intraprendere il percorso da loro scelto. Sapeva che sua moglie non era d'accordo e che stava facendo un grande sforzo, avevano parlato molto da quando Agnese e Valerio erano partiti di nuovo.
«Sì, dobbiamo... beh, imparare. Diciamo che faremo un campus di metà estate.» Valerio cercò di scherzarci su, rilassandosi un po'. Doveva smettere di tenere il muso con la sua famiglia e risolvere il conflitto interiore che lo faceva stare male.
«Prometteteci che vi farete sentire spesso!» Demetria puntò un dito contro di loro, un modo per dar enfasi alla sua richiesta.
«Lo promettiamo, mamma» risposero all'unisono.
«Adesso andiamo, così possiamo iniziare a sistemarci le cose.»
I ragazzi salutarono i genitori, Demetria sciorinò altre raccomandazioni prima di chiudere la videochiamata, salutandoli nel mentre almeno una decina di volte.
«Non cambierà mai.» Valerio scosse la testa divertito e andò verso l'armadio aprendolo.
«Penso che c'è spazio per entrambi, sorella. Iniziamo a organizzarci gli spazi.»
Agnese annuì e, dopo aver afferrato il borsone e messo sul letto, lo aprì e iniziò a tirare fuori i vestiti.
Quando si allontanò dal gruppo, Evius sentì vibrare subito dopo qualcosa all'interno della tasca dei suoi pantaloni. Afferrò il cellulare accelerando il passo. Si ritrovò sulle scale e rispose, senza nemmeno guardare il display: sapeva già chi lo stava chiamando.
«Ti sembra questo il modo e il momento di chiamare?»
Dall'altro capo del telefono una voce maschile cercava di trovare una giustificazione alla sua chiamata improvvisa.
«Mi è stato ordinato perché non abbiamo più ricevuto nessuna notizia.»
«Mathian, ti avrei chiamato io. Era questo l'accordo.» Evius sembrava infastidito e preoccupato, si guardava da una parte e dell'altra per evitare che qualcuno lo sentisse. Cominciò a salire qualche gradino per non farsi trovare impalato in quel luogo.
«Quello lì ha fatto tutto?»
Evius sospirò a quella domanda.
«È pur sempre tuo fratello, dovresti chiamarlo almeno per nome. Comunque sì, Jerome ha tolto il sigillo ai due gemelli, ora siamo tutti da Ipek. Ti farò avere notizie quando posso e se ci saranno aggiornamenti, non chiamare più senza preavviso.»
Chiusero la conversazione e Mathian, a bassa voce, ripeté le parole di Evius facendo una smorfia "è pur sempre tuo fratello". Non si rivedeva in lui e provava un fastidioso senso di odio, dettato anche dalle scelte fatte in passato. Si sentiva tradito perché Jerome aveva deciso di seguire l'Ordine e non aveva ascoltato lui, che era il fratello maggiore. Aveva deluso e rinnegato la famiglia e questo, di conseguenza, aveva fatto crescere un sentimento di disprezzo dentro di sé.
Si sistemò con la mano il ciuffo castano che gli ricadeva sulla fronte, portandolo indietro. Fece un gran respiro e percorse il corridoio che portava all'enorme sala delle riunioni. Prese posto attorno al grande tavolo, accanto a suo padre, cercando di farsi notare il meno possibile nonostante fossero solo in sei in quella stanza.
«Mathian, dicci tutte le novità che sai» esordì Cornelius, appoggiando i palmi delle mani sul tavolo. A lui non sfuggiva niente, e si era subito accorto che era rientrato.
Quegli occhi neri, profondi come due pozzi di cui non si vede il fondo, potevano intimorire chiunque. Tutte le persone si girarono verso di lui, rivolgendogli l'attenzione. Mathian cercò di distogliere lo sguardo e rispondere alla sua domanda, ma si sentiva comunque a disagio. Scelse con cura le parole da dire e, infine, parlò.
«Hanno i gemelli con loro, so anche che hanno riacquistato i loro poteri. Ipek li ha portati all'Ordine, ma al momento non so altro. Evius mi ha detto che richiamerà appena avrà novità.»
Cornelius sbatté il pugno con una leggera intensità sulla superficie vetrosa e liscia, in un attimo fulminò Mathian con lo sguardo. Tutti sussultarono quasi all'unisono, non era mai uno buon segno.
«Ti sembra questo il modo di svolgere il tuo lavoro? Ti avevo chiesto di informarti su ogni cosa. Ogni cosa. – Sospirò e riprese a parlare. – Per fortuna ancora abbiamo del tempo per attivare l'ultimo elemento dell'amuleto e poi tutto il potere sarà mio, anzi nostro.»
Guardò ognuno dei presenti con un pizzico di soddisfazione, si immaginava già a capo di tutti i maghi e le streghe del mondo, mentre controllava ogni singolo evento che colpiva la Terra. Quella visione gli provocò un brivido di piacere lungo la schiena, tutti quegli anni – secoli – di sacrifici stavano finalmente portando al risultato che aveva sognato. Aveva faticato per ottenere ogni singolo risultato, conquistare i primi tre elementi gli aveva portato via tempo ed energie non indifferenti. Alasdair si era assicurato che nessuno potesse più ottenere il potere dell'amuleto, anche da morto era stato capace di mettergli i bastoni fra le ruote. Il vecchio sacerdote, però, non aveva fatto i conti con la sua determinazione, non aveva mai compreso che si sarebbe spinto ben oltre la sua immaginazione.
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