Capitolo 11

Evius si svegliò non appena i raggi del sole si fecero spazio anche dentro la camera da letto. Allungò un braccio per stringere Jerome, come faceva ogni mattina, ma le mani tastarono il nulla incontrando la morbida stoffa del lenzuolo. Si ricordò solo in quel momento che il suo compagno aveva passato la notte fuori casa. Sospirò e si alzò, non voleva iniziare la giornata senza di lui. Dopo essersi fatto una doccia e poi vestito, uscì da casa e si recò nell'unico piccolo bar che si trovava nella frazione trentina. Si fece confezionare quattro croissant e, dopo aver pagato, continuò a fare strada per il cottage in cui si trovavano il suo fidanzato e i due gemelli.

Sperava che Jerome avesse fatto tutto bene e che il rituale si fosse compiuto. Aveva pochi dubbi sulle sue capacità, era uno dei motivi per cui si era avvicinato a lui: Jerome non falliva quasi mai. La sua attenzione e la cura che riponeva in tutto lo rendevano uno dei maghi più talentuosi che avesse mai conosciuto. Aveva anche provato una punta d'invidia nei suoi confronti, in passato. Lui aveva sempre un po' arrancato e tutte le sue conquiste le aveva dovute sudare: non senza difficoltà e con tanti compromessi che col tempo aveva accettato. C'erano tante cose che aveva fatto e che stava continuando a fare, e Jerome era la sua ancora. 

Camminò per la via sterrata che lo avrebbe portato al cottage, immerso nel silenzio dei boschi. Quel luogo aveva una maestosità tutta sua e gli si portava rispetto, conseguenza anche di un timore reverenziale. Scorse il tetto della casa dopo cinque minuti e si affrettò a raggiungere il cancello.

Sapeva che Jerome aveva tolto i sigilli di protezione, così usò i suoi poteri per entrare nel giardino prima, e in casa poi. Notò subito la confusione in salotto e per poco non urtò uno dei divani che era stato posto vicino alla parete della porta. Le tende erano tutte chiuse e l'ambiente era ancora sommerso da una perpetua oscurità, nonostante il sole fosse già alto nel cielo.

Jerome era di fronte a lui, dormiva con le braccia incrociate sul petto e la testa a penzoli. Di sicuro si era addormentato senza accorgersene, mentre vegliava i ragazzi. Aprì uno spiraglio per far entrare la luce del sole proprio dove stavano i gemelli e si avvicinò in silenzio. Diede un rapido sguardo ai ciondoli costatando con gioia che il simbolo inciso era sparito: Jerome non aveva fallito. Si allontanò in fretta per paura che uno dei due si svegliasse, non voleva che lo sorprendessero a spiarli, non sarebbe stato carino. Andò in cucina e posò la colazione sul tavolo, per poi ritornare indietro.

«Amore, ehi, svegliati.» Evius posò la mano sulla spalla del compagno scuotendola con delicatezza. Sapeva che sarebbe bastato poco affinché aprisse gli occhi.

Jerome, infatti, scattò subito. Si svegliò e afferrò la sua mano per istinto di difesa, salvo poi calmarsi quando lo riconobbe.

«Ben svegliato!»

Jerome sorrise e gli posò un bacio sulle labbra, era felice che lo avesse raggiunto come gli aveva richiesto il giorno prima.

«Che bello vederti, i ragazzi ancora dormono?» Jerome guardò oltre la spalla di Evius per controllare che tutto fosse al proprio posto.

«Come dei sassi, ho portato la colazione, forse è meglio svegliarli. So che stai già fremendo per vedere con i tuoi occhi se ha funzionato o no, ma ascoltami: devi agire con calma.» 

Jerome sbuffò, sapeva che Evius aveva ragione. Agnese e Valerio non dovevano sentirsi nessuna pressione addosso, ne avevano già passate tante in poco tempo.

«E va bene! Allora facciamo come hai detto tu.»

Evius sorrise, diede all'altro il compito di occuparsi dei ragazzi mentre lui si interessò di aprire le tende e le finestre per fare entrare la luce e aria pulita.

Jerome si accostò ai gemelli, il suo incantesimo ormai aveva perso i suoi effetti, quindi poteva svegliarli senza il rischio che non lo sentissero. Si posizionò in mezzo e poggiò le mani sulla spalla di entrambi, dopodiché iniziò a scuoterle.

«Sveglia! Sveglia! È mattina e il sole è già sorto da un pezzo.»

Agnese sobbalzò dalla sorpresa, svegliandosi all'istante, mentre Valerio si limitò a mugugnare infastidito girandosi su un fianco e continuando a dormire. Jerome pensò che quel ragazzo si impegnasse molto per farlo innervosire.

La ragazza si guardò intorno, mettendo a fuoco la stanza intorno a lei. Piano piano recuperò coscienza del presente e si ricordò perché si trovasse lì. Incontrò prima lo sguardo di Jerome e poi quello di Evius, si toccò le braccia nude e subito una punta di imbarazzo la colpì. Senza dire nulla recuperò la maglia accanto a lei e la indossò.

«Buongiorno a tutti» disse solo, con la voce un po' bassa e impastata dal sonno.

«Buongiorno, cara, potresti aiutarmi con lui?» Jerome indicò Valerio che sembrava ignorare il trambusto intorno a lui continuando a dormire della grossa.

Agnese rise, una delle imprese più difficili della sua giovane vita era sempre stata quella di strappare suo fratello dalle braccia di Morfeo.

«Ci penso io, Jerome.»

«D'accordo. Raggiungeteci in cucina poi, Evius ha portato la colazione.»

Agnese si girò verso di lui, gli fece un sorriso e un gesto del capo per ringraziarlo. Evius le rispose facendole l'occhiolino. La ragazza li vide sparire nell'altra stanza e si avvicinò al fratello.

«Vale, su, svegliati!» Agnese gli punzecchiò il fianco con un dito, era il punto debole di Valerio che soffriva il solletico ovunque.

Lui, infatti, reagì subito spostandosi dalle grinfie della sorella. Aprì gli occhi e la guardò un po' stralunato, ancora preso dal sonno.

«Ciao, sorella, che succede?»

«È giorno, dobbiamo fare colazione.» Agnese tese una mano al fratello per aiutarlo ad alzarsi da terra.

Con un piccolo balzo Valerio si ritrovò faccia a faccia con sua sorella, per un attimo gli sembrò di vivere un dejà-vu. La stava fissando e guardava con attenzione il ciondolo della collana.

«Non c'è più sul serio, allora non l'ho sognato.»

Agnese rimase incredula, anche lei aveva ritrovato suo fratello nel sonno, non era mai successa una cosa del genere. Lasciò che Valerio prendesse tra le mani la collana e la guardò più da vicino.

«È del tutto bianca, anche la mia?» chiese sorpreso, nonostante conoscesse la risposta.

La gemella annuì e tenne per sé tutto l'entusiasmo che stava provando in quel momento, esternandolo solo con un gran sorriso.

Valerio raccolse la sua maglietta, che aveva lasciato a terra e la posò sul primo divano che trovò vicino: aveva caldo in quel momento per indossarla. Entrambi si diressero in cucina, dove Evius e Jerome avevano già preparato la tavola e la moka era già sul fuoco in attesa che il caffè salisse.

Evius augurò loro il buongiorno e i gemelli ricambiarono. Agnese sentiva una strana sensazione di sicurezza quando si trovava assieme alla coppia. Li conosceva da appena una settimana, ma si fidava tanto di loro, soprattutto quando Evius le rivolgeva qualche parola di conforto.

«Ma sono buonissimi!» esclamò Agnese dopo aver addentato il suo croissant alla Nutella e averne assaporato ogni essenza. Il sapore dolce della crema le riempì la bocca.

«Se rimarrete qui vi farò vedere dove si trova il bar. È proprio a pochi passi dal cottage.» Evius si rese disponibile ad aiutarli in qualsiasi cosa, lo faceva soprattutto per Jerome, ma non gli dispiaceva affatto rendersi utile. Fu lui ad alzarsi quando l'odore della bevanda nera invase la stanza, divise il contenuto della caffettiera nelle tazzine e le distribuì.

Valerio, invece, continuava a mangiare, senza pronunciare qualsiasi parola. Gli serviva sempre qualche minuto per essere più loquace, ma in particolar modo quel giorno era immerso nei suoi pensieri ed elaborava tutto ciò che era successo la notte precedente. Si sentì strano a star seduto tranquillo, facendo colazione come una qualsiasi mattina.

Jerome decise di spezzare lo strano silenzio che si era venuto a creare con il suo solito umorismo pungente, immaginava che i ragazzi non vedessero l'ora di cominciare e di saperne di più. Si girò per rivolgersi ad Agnese.

«Non mi piace quando non parla, – disse, indicando Valerio con la testa – che sta pensando?»

Valerio lo guardò seccato, aveva in modo spudorato parlato di lui come se non potesse sentirlo.

«E io che ne so, non sono mica nella sua testa» replicò Agnese con un mezzo sorriso.

«Strano, pensavo che voi aveste la famosa connessione dei geme-»  

«Piantala di parlare come se io non ci fossi, Jerome!»

L'uomo alzò le mani in gesto di arrendevolezza, Evius rise di fronte a quel siparietto: Jerome aveva un forte senso di empatia, avrebbe saputo socializzare perfino con dei sassi.

«Sto pensando a tutto questo, se proprio vuoi saperlo. Abbiamo fatto questo... rituale, d'accordo, e ora? Come faremo a sapere che abbiamo i poteri? Che ruolo hai tu come Maestro? Che cosa è l'Ordine?» Valerio lasciò andare il mezzo croissant addentato sul tavolo, decretando così la fine della colazione per tutti. Lui e sua sorella avevano lasciato la propria casa e le proprie abitudini per seguire quella cieca via, ma era arrivato il momento delle spiegazioni.

Agnese si pulì con un tovagliolo prima di parlare.

«Mio fratello ha ragione, ci siamo fidati di te e parlato con nostra madre: come ci avevi chiesto. Vogliamo solo sapere, adesso.»

Jerome guardò entrambi e si schiarì la voce, non si poteva più rimandare da quel giorno in poi tutto sarebbe cambiato.

«I vostri poteri dovrebbero venir fuori in modo naturale, faremo delle prove con degli incantesimi base. Se ho rimosso il sigillo in maniera corretta, la vostra energia si risveglierà e vi permetterà di conoscere la vostra vera natura. Ho il compito di addestrarvi perché, come ormai avete capito, il ruolo di Maestro è legato al significato della parola stessa: dovrò insegnarvi tutto. L'Ordine è la società a cui apparteniamo, è una casa, un posto sicuro per tutti i maghi e le streghe da ogni parte del mondo, forma le giovani menti e osserva e controlla l'equilibro della magia e degli elementi. Ci sono tante persone e tutti hanno ruoli diversi.»

Jerome decise di interrompere il suo monologo per evitare di aggiungere altre informazioni, i gemelli avevano ascoltato attenti non perdendo nemmeno una parola. Dovevano assimilare tante nuove cose ed era meglio procedere per gradi.

«Ogni parte del mondo? Significa che ci sono diversi Ordini?» chiese Agnese, curiosa di saperne di più di quella storia che la stava già affascinando.

«No, l'Ordine è uno solo, ma ha diverse "ramificazioni" in dei punti strategici per la magia.» Evius intervenne per aiutare Jerome a gestire la conversazione.

«Visto che sei il nostro Maestro perché non fai la tua prima lezione?» Valerio era davvero impaziente di scoprire se il rito fosse andato a buon fine. Era ancora in bilico, sul filo dello scetticismo, riguardo a tutta quella storia dei poteri.

Jerome decise di accogliere quella richiesta e si alzò in piedi, fece il giro del tavolo e arrivò alle spalle dei ragazzi che erano seduti vicini.

«Ve la sentite di provare?»

«Sì!» risposero all'unisono, voltando la testa verso l'uomo.

Jerome annuì e andò verso il lavandino, aprì il getto d'acqua e ritornò dai gemelli.

«Mettetevi dritti e composti, chiudete gli occhi e appoggiate le mani sul tavolo con i palmi rivolti verso l'alto.»

Il tono di Jerome cambiò di colpo, svanì ogni sfumatura allegra in cambio di un'intonazione seria e concentrata. Agnese obbedì subito, Valerio si riservò di fare una smorfia prima di accontentare quella richiesta. Sulla stanza era piombato il silenzio, interrotto solo dallo scroscio dell'acqua che continuava a scorrere.

«Dovete annullare ogni pensiero, ogni rumore superfluo. L'unica cosa che dovete ascoltare è il suono dell'elemento. L'acqua deve scorrervi dentro, attraverso la mente. Immaginate solo quello.»

Evius guardava apprensivo, desideroso di scoprire cosa sarebbe successo con i due giovani.

Agnese strizzò le palpebre come se servisse a concentrarsi di più, cercò di fare come aveva detto Jerome, ma per quanto si sforzasse sentiva che non stava succedendo nulla. Fu quando sentì una goccia arrivargli sul dito che si concesse di aprire un occhio a metà e spiare cosa fosse stato.

Accanto a lei c'era Valerio, stava con la schiena dritta e dal palmo ben aperto stava levitando una bolla d'acqua. Quando comprese quello che stava guardando, Agnese spalancò gli occhi sorpresa. Le sue mani erano asciutte, immobili, ordinarie.

«Come hai fatto?!» si rabbuiò, toccando suo fratello sulla spalla per invitarlo ad aprire gli occhi.

«Agnese, ma che cav-» Valerio si interruppe di colpo.

Si alzò in piedi di scatto portando il palmo all'altezza del viso e osservando meravigliato ciò che stava facendo. Era successo in modo così naturale, non si era accorto di nulla. Aveva eseguito le istruzioni di Jerome: stentava a crederci.

«Accidenti» disse solo, guardando Jerome per la prima volta con un'espressione diversa. Era tutto vero, e lo stava vivendo in prima persona.

«Bravo, Valerio, la tua magia si è risvegliata.» L'uomo gli rivolse un sorriso sincero e compiaciuto, entrambi si dimenticarono di Agnese che era rimasta seduta e li guardava in cagnesco.

Si alzò anche lei raggiungendo Jerome, non poteva permettere che lei non ci riuscisse.

«Maestro, perché io non ci riesco?» chiese, con una punta di sarcasmo. Puntò il palmo a pochi centimetri dal viso dell'uomo, il rumore dell'acqua continuava a invaderle l'udito e prima che lui potesse rispondere un getto improvviso lo investì, bagnandogli la faccia e i capelli.

Agnese ritirò la mano per portarla alla bocca, l'aveva spalancata per la sorpresa di ciò che era appena successo. Era stato tutto così veloce che non aveva fatto in tempo a spostarla.

Jerome si passò una mano sugli occhi e poi la guardò stralunato incapace di aggiungere altro.

Le risate di Evius e Valerio risuonarono fragorose tra le mura della cucina, anche Agnese ne fu coinvolta.

«Sc-scusami, Jerome, non volevo.» La ragazza cercò di soffocare l'ilarità, ma era davvero divertente vederlo zuppo e senza parole.

«Come vedi ci riesci benissimo.» Jerome fece una finta faccia arrabbiata, ma non poté nascondere il sorriso soddisfatto. Tutto era andato per il verso giusto, il rito si era compiuto senza errori: la missione che Anita stessa gli aveva affidato poteva continuare.

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