Capitolo 3

" Johanna la mamma non è venuta, pranzeresti con me?" Chiese Alex varcando la soglia.
<Certo tesoro! La specialità di oggi è: lasagne!> rispose con enfasi la donna. La ragazza sorrise quando posò sotto il suo naso il piatto squisito ed invitate. < Buon appetito!>, " buon appetito ".
Quando addentò il primo pezzo rimase colpita dalla bravura della cuoca e si complimentò con lei facendole uno di quei rari sorrisi a trentadue denti che ogni tanto si lasciva sfuggire. <Dovresti sorridere un po' più spesso, tesoro mio.> disse la donna con tanta tristezza nella voce. Johanna era una seconda mamma per Alex. Sin da piccola i suoi capelli bianchi e i suoi occhi verdi le infondevano tanta sicurezza e protezione. Era una donna un po' paffuta e anziana ma nonostante le rughe che le ricompravano il viso si capiva benissimo che anni addietro aveva spezzato molti cuori.
<Tua madre mi ha detto del figlio dei Johansson. Ti piace vero? Beh è un bel ragazzo>disse la donna ammiccando. "Mia madre è una ficcanaso. Comunque non mi piace il figlio dei Johansson e ho sentito le voci che circolano sul suo conto. Sappi che anche nella mia torre d'avorio giungono le notizie."
<Tesoro>riprese la donna < io non ti ho cresciuto in questo modo. Non bisogna mai credere a ciò che dice la gente. Non bisogna mai giudicare la gente prima di conoscerla>, " già sono stata una stupida" disse la ragazza abbassando lo sguardo verso il piatto. <tu sei tutto tranne che stupida> disse rivolgendole un sorriso affettuoso.
Dopo il pranzo ritornò in camera sua.
Mentre scriveva il diario, stesa sul suo letto, sua madre entrò in camera. < Sono tornata! Guarda cosa ti ho portato> disse porgendole un libro e carezzandole i capelli.
"Grazie mamma". Alex notò la stanchezza negli occhi di sua madre. Era una donna forte, ma si sa, anche le persone più forti crollano alla fine.
I suoi occhi castani un tempo vivaci, erano ormai offuscati dalla tristezza e dalla stanchezza ed erano circondati da evidenti rughe. Alex posò il palmo della mano contro la sua guancia e cercò il suo sguardo per dimostrarle che lei apprezzava ogni suo sforzo. Lavorava giorno e notte per non farle mancare niente, e dopo l'incidente aveva anche preso il posto di suo marito.
Un tempo era una donna bellissima, oserei dire stupenda. I capelli ricci e castani incorniciavano il suo volto armonioso, e gli occhi, gli occhi erano gli stessi che aveva ereditato sua figlia, tanto belli e disarmanti quanto ingenui.
"Ti voglio bene mamma". < Ti voglio bene anch'io, Angelo mio> rispose la donna baciandole la fronte.
<Adesso, vado a riposare, domani entro le otto devo essere in ufficio. L'azienda non si gestisce da sola. Ti voglio bene, angelo>disse congedandosi.

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