Capitolo ventisei
Castiel's point of view
Nella scuderia tutto tace, a parte i suoni prodotti dai cavalli nei box: nitriti sommessi, piccoli sbuffi, gli zoccoli che smuovono la paglia. Fino a non molto tempo fa mi piaceva questo silenzio, perché c'era Brooklyn a guardarmi mentre ci occupavamo dei nostri amici a quattro zampe.
Ma lui non è qui e non ha intenzione di tornare, me l'ha detto chiaramente. Wamblee, sebbene senta la sua mancanza, non mi crea problemi. Ormai fa parte della routine dedicarmi prima a Shine e poi a lui.
Adesso lo sto strigliando e il suo pelo candido a pois marroni è bello lucido e piacevole da accarezzare, così come la criniera e la coda. Se Brooklyn... il Brooklyn di prima dell'incidente fosse qui, sono certo che gli farebbe un sacco di foto e metterebbe le dieci più belle su Instagram.
Tuttavia a lui non importa che il suo cavallo abbia un aspetto favoloso. Neanche a Wamblee importa, sinceramente. Ai cavalli non importa di profumare di rose. Vogliono solo qualcuno che li ami e si prenda cura di loro. Certo, vogliono anche un bel prato in cui correre e saltare. Nulla di strano.
Gli esseri umani sono più complicati. Sono così complicati, eppure affascinanti. E sono crudeli, crudeli con ogni essere vivente, i loro simili compresi.
Sospiro, dando una pacca sul collo a Wamblee.
- Ecco, bello, ho finito. Quasi scintilli - gli dico, offrendogli uno zuccherino. Lo rifiuta e io emetto una risata vuota. Shine brontola dal proprio box. La capisco: è gelosa. Sto cercando di dare attenzioni ad entrambi in egual misura, ma non posso fare miracoli.
Le do lo zuccherino e le bacio il naso, accarezzandole la fronte. Soffia forte dalle froge, chiudendo gli occhi. Mi ci vorrà tanto, tanto tempo, però so che lei mi aiuterà a rimettere insieme il mio cuore infranto come ha fatto dopo la morte della mamma.
- Ti voglio bene - sussurro, allugando una mano per giocherellare con le sue orecchie. - Ci vediamo domani, Shine.
Mi rivolgo al suo vicino di box.
- Ciao, Wamblee. A domani.
Di solito lui non ricambia mai il saluto, come faceva invece con Brook. È con mia grande sorpresa che nitrisce piano. È un saluto diverso da quello che rivolgeva al suo padrone, ma è un saluto.
Fuori dalla scuderia c'è Will e sorride, quando mi vede arrivare. Non so dove trovi la forza di sorridere.
- Castiel. Ti va di fare una passeggiata con me? A piedi, intendo.
- Va bene - accetto. Un po' d'aria fresca mi gioverà. C'incamminiamo verso il bosco. Mi sento stranamente a mio agio in compagnia del mio istruttore.
Nel bosco tutti i suoni sono attutiti. Il suono dei miei stivali sul terreno. Il canto degli uccelli, in lontananza. Il mio respiro, anche.
Il vento mi scompiglia gentilmente i capelli e s'insinua nel mio collo. È quasi brezza, più che vento, e non produce alcun rumore. Adoro questo momento... il momento in cui si può ascoltare il silenzio del vento.
Chiudo gli occhi e mi lascio accarezzare da esso, fermandomi e inspirando a pieni polmoni gli odori del bosco. Will mi aspetta.
Riprendiamo a camminare.
- Aspetta - bisbiglia ad un tratto, fermandosi di nuovo. - Guarda.
Tra gli alberi c'è un giovane cervo. Ci osserva per un istante con i grandi occhi scuri, incuriosito, poi corre via.
Che momento magico, penso, peccato che Brooklyn non...
Io e Will ci scambiamo un'occhiata, prima che lui si sieda per terra. Lo imito.
- Manca anche a me, sai? - dice lentamente, fissando un punto sul terreno.
- Eh?
- Undici anni. Undici anni fa ero un ragazzo non molto più maturo di te... e lui un bambino. Ho sempre desiderato un fratello, ma no, la vita mi ha dato una sorella. Brooklyn è il fratello che non ho mai avuto.
Sospira sonoramente.
- Quando fai un lavoro come il mio... ti capita di affezionarti un po' a tutti gli allievi, ma mai seriamente. Solo che Brook è mio allievo da così tanto... capisci, Castiel? Gli voglio bene.
- ... e non gliel'hai mai detto - mormoro, senza riuscire a trattenermi. Will pare sorpreso, per un attimo.
- Già. Non gliel'ho mai detto. E... se non si ricorda di te... dubito che si ricordi di me - sussurra, cercando di buttarla sul ridere. Povero Will.
- Tu sei nella sua memoria da più tempo - ribatto, cercando di infondergli speranza. Sospira di nuovo.
- Sì, forse.
- E... com'era, da bambino? - chiedo cautamente. Ride.
- Era tremendo. Si arrampicava ovunque per accarezzare tutti i cavalli nei box, ma tanto i cavalli lo adoravano. Crescendo... ha smesso ed è diventato 'il mio piccolo assistente'.
Ride di nuovo, tuttavia è una risata vuota.
- Se qualcuno degli altri bambini sbagliava qualcosa lui li rimproverava prima che lo facessi io. E se qualcuno non capiva qualcosa che avevo spiegato glielo rispiegava lui...
Brook il maestrino, penso intenerito.
- Come mai sei rimasto tu il suo istruttore?
- Ho chiesto a June di lasciarmelo. È poco professionale mettere in mezzo i sentimenti sul lavoro, ma a mia sorella non è certo dispiaciuto. Sai com'è fatta.
- Però non le è piaciuto che tu diventassi il mio istruttore, o sbaglio?
Ridacchia, stavolta con un pizzico d'allegria.
- Per nulla. Mi ha detto che il mio motivo era stupido e che penso troppo col cuore. Però ha funzionato, quindi ho ancora avuto ragione io.
- Motivo? - domando, perplesso. June non mi ha detto perché lei non sarebbe più stata la mia istruttrice.
- Sapevo che tu e Brook sareste andati d'accordo. Certo, all'inizio non pensavo così d'accordo... ma era la persona giusta per te. Quel ragazzo ha un grande cuore. Ha anche grandi ambizioni, lo so, e avevo fiducia che avrebbe realizzato i suoi sogni e io lo avrei aiutato.
Abbasso lo sguardo. I sogni di Brooklyn sono finiti nel cestino, inghiottiti dall'amnesia.
- Ho ancora fiducia che li realizzerà - prosegue Will, sorridendo.
- E come? Lui non vuole tornare a cavallo - gli rammento, esibendo una smorfia.
- Tornerà, Castiel.
- Come fai a saperlo?
- Me lo sento - risponde, sorridendo ulteriormente. Ma io non ho intenzione di illudermi, non un'altra volta. - Comunque volevo ringraziarti perché ti stai prendendo cura di Wamblee.
- Lo faccio con piacere - ribatto, giocherellando con la terra con la punta dello stivale.
- Lo so. Non dovrai farlo per sempre, Castiel.
Deglutisco, sentendomi stringere il cuore: questa frase può implicare tante cose. Il ritorno di Brooklyn. La vendita di Wamblee. Il suo utilizzo come cavallo di scuola.
Solo una di queste opzioni mi renderebbe tranquillo, non c'è bisogno di dire quale. So che mio padre non mi comprerebbe mai Wamblee, se lo vendessero.
- Si sta facendo tardi, torniamo indietro. Hai bisogno di un passaggio per andare a casa?
Ci alziamo.
- No, grazie, sono a posto.
Torniamo al maneggio. Il vento è cessato e io ho tanti pensieri per la testa. Non sono molto belli.
Brooklyn's point of view
Ho ripreso ad andare a scuola, sebbene non possa scrivere, ho il braccio destro ingessato. Posso solo ascoltare e cercare di partecipare alla lezione.
Cercare, perché non ci riesco. Non riesco a restar concentrato per più di una decina di minuti, prima che il mio sguardo si perda fuori dalla finestra, insieme alla mia concentrazione.
I miei pensieri sono sciocchi e sfuggenti. Sfuggenti come i sogni che faccio di notte; quelli però sono vividi, così vividi da sembrare reali, e il mattino mi sveglio spossato e non me li ricordo mai.
E adesso penso che vorrei essere un uccello e spiccare il volo, librarmi nel cielo azzurro, azzurro come gli occhi di Castiel. Castiel è mancino, al contrario di me. È buffo, no? Non mi ricordo della nostra relazione, di lui, ma mi ricordo di un dettaglio insignificante come il fatto che è mancino.
Ritorno a riflettere su quanto vorrei volar via da qui. I miei compagni di classe mi paiono semplici maschere, maschere che mi sorridono con apprensione e mi bisbigliano alle spalle quando pensano di non essere udite.
È così freddo, dicono. È perché ha perso la memoria.
Non capiscono niente.
Una volta finite le lezioni mi trattengo fuori scuola, sedendomi sul muretto vicino al portico. È una giornata ventosa, oggi, e ciò acuisce il mio mal di testa, ma al contempo mi fa sentire meglio.
Vorrei che il vento mi portasse via, accarezzando le mie ali mentre volo lontano da tutto e tutti.
'Leya, lo sai che i cavalli sanno quasi volare come gli uccelli? Anch'io voglio volare!'
Un sorriso amaro si dipinge sulle mie labbra. È troppo tardi per tornare indietro. Senza i miei ricordi... non ha senso. La mia vecchia vita appartiene al passato. È ora che vada avanti e la lasci lì.
~~~
È notte fonda quando mi sveglio, con il fiatone e le lacrime agli occhi. Il sogno che ho fatto... era straziante, anche se non lo ricordo.
Resto per un lungo istante a guardare il soffitto, angosciato, prima di cedere al pianto. Nel petto ho un senso di vuoto soffocante. Niente rabbia, niente frustrazione, non è nemmeno tristezza. È... vuoto.
Piango a lungo, con una mano sulla bocca per soffocare i singhiozzi. Questa sensazione orribile non se ne va e non so cosa fare.
Mi alzo, cercando il cellulare e accendendo la musica a basso volume. La musica mi calma un poco, ma non mi fa sentire meglio. Prendo il cavallo di pezza che dorme vicino al cuscino e me lo stringo al petto con il braccio sano.
Si chiama Spirit e profuma di buono. Quando ero molto piccolo era il mio migliore amico, il mio compagno d'avventure preferito, prima che i cavalli reali lo diventassero.
Mi chiedo cosa sia cambiato da allora. Perché nulla più mi entusiasma?
Spengo il cellulare e lo ripongo sul comodino, infilandomi di nuovo sotto le coperte sempre abbracciato a Spirit. Di solito è il mal di testa a tenermi sveglio, eppure adesso è il vuoto nel mio petto.
Nonostante la tarda ora non riesco a riprendere sonno. Chiudo gli occhi, pensando a quanto vorrei tornare ad essere il bambino che vuole volare, quello che ama i cavalli.
Quel bambino è un problema non irrilevante: vorrei dimenticarlo e andare avanti, ma ogni volta che ci provo... mi guarda deluso.
E così sono bloccato tra la mia vecchia vita e quella nuova.
-
Note dell'autrice:
buuuuon pomeriggio, pasticcini. Non ho nulla di particolare da dire, se non che potrei avere qualche impegno qua e là e quindi non postare tipo tre capitoli al giorno. Tutto qui. Grazie di commenti e stelline, mi fate molto molto piacere. Un abbraccio
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