8.
Harry
Oggi è successa una cosa strana. Per la prima volta ho sentito l'esigenza di parlare. Il mio medico ha accennato alla coccinella, ed ho sentito il bisogno di dirgli che si chiama così. La abbiamo sempre chiamata così, tu la chiamavi così. Doveva saperlo. Parlare con lui è una sorta di liberazione, ma mi rende tanto triste. Perché lui spinge per farmi riprendere il contatto con il mondo, che è proprio quello che sto evitando. Mi ha detto che lo dovevo a mia madre, che bisogna dare una smossa a questa situazione, ed era più preoccupato per il fatto che non voglia uscire, piuttosto che della coccinella dentro al cassetto del comodino. Forse pensa che sia un passo in avanti. Ma io non la vedo così: è un vegetare, un sopravvivere, non è vivere.
Vivere era parlare con te, ridere con te. Non eravamo mai fermi, se ci pensi. Avevamo sempre
qualcosa da fare. Tu da me, io da te, al mare, alle mostre, ai pic-nic di famiglia. Mia madre ti adorava, mio padre ti rispettava ed eri un caro amico di famiglia. Si fidavano di te al punto da lasciarmi venire ovunque con te, come se fossi un parente fidato. E forse fino ad un certo punto lo sei stato; sei stato premuroso, presente, amorevole. Paterno.
Con te ho bevuto la sera che hai firmato le carte per il tuo divorzio, il secondo, prima di Natale. Mi hai offerto l'aperitivo e mi hai detto: " anche questa volta non è andata bene". Io ti ho detto che, forse, le cose sarebbero girate per il meglio.
Gli aperitivi sono diventati due, tre, fino a quando siamo usciti dal locale che era ormai sera tardi. Non avevamo nemmeno cenato. Tu eri smontante dalla notte, eri andato diretto in tribunale ed ero stato la prima persona che avevi voluto vedere subito dopo.
Eri divorziato. Eri libero. Libero di essere ciò che volevi, di fare ciò che ti andava di fare.
Tu eri brillo, io ero disinibito dall'alcool, o forse questa è solo una scusa per giustificare quello che ti ho detto, quello che è successo.
Io lo rifarei.
Con te, lo rifarei mille volte. Ma tu ti sei spaventato. Tu non eri pronto.
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