17

Harry lo subissò di messaggi per due giorni, senza ottenere risposta, per cui gli mandò una mail all'indirizzo di posta elettronica del reparto per chiedere di fissare un incontro. Appena la lesse, Louis aggrottò la fronte. Aveva avuto una reazione claustrofobica in soffitta, ed odiava farsi sorprendere in un momento di debolezza, per cui la richiesta lo infastidì, ma la sua etica lo spinse a comportarsi con correttezza professionale, per cui gli fissò un appuntamento per l'indomani.
Appena intravide Harry entrare in reparto, capì che era preoccupato, ed il fastidio si trasformò in senso di colpa. Gli tenne aperta la porta del suo studio, e gliela richiuse alle spalle.
-Perché mi hai ignorato? Cosa ti ho fatto?- Lo incalzò subito il ragazzo.
-Harry, siediti. Vuoi un caffè?-
-Lascia perdere i convenevoli. Voglio sapere perché cazzo te ne sei andato senza più degnarmi di un messaggio-
Harry era arrabbiatissimo. Gli fece quasi tenerezza; l'irruenza della gioventù che scorreva rapida nelle vene.
-Harry, calmati. Mi scuso di non essermi fatto sentire; sono stato impegnato qui a lavoro-
-Non hai trovato un cazzo di trenta secondi per scrivermi "sto bene, coglione"? Te ne sei andato via in preda ad un attacco di panico, non sapevo se eri vivo o morto, ho dovuto chiamare in reparto per sapere che stavi bene!- Si alterò Harry.
Louis rimase seduto alla scrivania, aspettando che si calmasse. Harry percorse più volte il perimetro dello studio, come un leone in gabbia, e poi si sedette di fronte al medico. Si guardarono per qualche momento, in silenzio.
-Quindi?- Chiese Harry.
-Quindi cosa? Hai chiesto tu l'incontro. Di cosa volevi parlare?-
-Non fare lo stronzo con me, Louis, perché non attacca. Io voglio una spiegazione. Me la devi-
-Cosa dovrei spiegarti?-
-Voglio sapere perché sei scappato via così, e ti nascondi da me- chiarì Harry, diretto.
-Non ne voglio parlare. Pensavo fosse palese. Odio sentirmi costretto in spazi angusti. Tutto qui-
-Oh, no. Quello andava ben oltre. Quello era da "la persona che amo si è suicidata ed io voglio morire adesso"- lo spiazzò Harry.
-Era questo che pensavi, quando ti hanno ricoverato l'anno scorso?-
-Non divaghiamo, stiamo parlando di te. Io ora sto bene. Tu no-
-Vuoi psicanalizzarmi, Harry?- ironizzò il medico.
-Voglio capire per quale ragione tu pensi che sia normale una reazione del genere-
-Senti, le persone hanno i loro punti deboli. C'è chi soffre di vertigini, chi di mal d'auto. Io soffro di claustrofobia. È semplice-
Harry lo guardò, pieno di scetticismo.
-Sei tu l'esperto- commentò, abbassando lo sguardo. Louis si alzò, facendo il giro della scrivania e sedendosi accanto al ragazzo.
-Cosa ti aspetti da me, Harry?- Gli chiese, improvvisamente stanco di girare intorno al discorso.
-Questo- gli disse il giovane, voltandosi a posare le proprie labbra contro le sue.

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