SULLA DEMOCRAZIA
Spesso sentiamo parlare di democrazia, di liberalismo, di Repubblica, di potere, di elezioni (subito! ... Perdonate, senso dell'abitudine) e di libertà.
Ancora più di frequente queste parole non sono altro che ombre di giustificazioni, utilizzate per rendere sopportabili ed anzi nobili ipotesi aberranti e fascistoidi.
Oggi voglio parlarvi di democrazia, di potere spartito e di responsabilità dello stato e di come tutti questi bei concetti stiano finendo schiacciati sotto la suola della nostra contemporaneità politica.
Quindi mettetevi comodi, fate un bel respiro e godetevi un po' di sano populismo.
Che diamine è la democrazia?
Facile, il potere del Demos, del popolo mi direste subito.
Assolutamente no, vi rispondo io, ma facciamo un passo indietro.
La democrazia nasce per la prima volta, come ben sappiamo, nell'antica Grecia, ad Atene, lì dove, tra una cicuta e l'altra, si decideva quante navi mettere in mare, quale meravigliosa città della futura terronia fondare e quanti insulti inviare a Sparta tramite sfortunati corridori.
Proprio lì, dopo diversi tentativi con vari re e tiranni, si decise di instaurare una forma politica nuova e rivoluzionaria. Una forma politica che permettesse a tutti (più o meno) di poter esprimere la loro opinione e fare valere la loro decisione. Era il governo del popolo.
(Lascio uno spazio per le urla di piacere dei grillini)
Eppure, se ad oggi un ateniese si ritrovasse nella nostra democrazia non la riconoscerebbe ed anzi ci prenderebbe per folli. Perché?
Perché al suo tempo la democrazia era letteralmente il voto del popolo che si congedava da una giornata lavorativa e si riuniva nella piazza per discutere e votare. Ad oggi non è più così e questo porterebbe un greco (o un sovranista) a dire che viviamo in una sorta di pseudo dittatura (ammorbidisco i termini perché altrimenti, per citare i suddetti, dovrei mettermi ad urlare come una scimmia che siamo sotto un nuovo nazifascismo).
Questa confusione deriva proprio dal significato che negli ultimi tempi abbiamo cominciato a dare al nostro stato. Un significato errato di "potere del popolo" che non prende minimamente in considerazione lo sviluppo politico degli ultimi due millenni.
Dopo la Grecia infatti la democrazia è passata in secondo piano per parecchio tempo. Dalla Res publica romana, al totalitarismo imperiale, ai regni romano barbarici fino alla creazione dei primi stati nazionali, passando per i grandi sovrani d'Europa.
Quando per la prima volta fu riscoperta, la democrazia appariva come uno sbiadito artificio ellenistico, relegato ad una forma fallimentare dell'antichità e con così tanti problemi da sembrare più impraticabile di un dibattito serio sul ruolo di Bill Gates in una piazza no vax.
Fu allora che le prime forme di democrazia videro la luce, dal tempo della rivoluzione francese, fino alle prime costituzioni e alla nascita delle masse tramite il marxismo e lo stato hegeliano.
La democrazia diventò dunque (ed oggi non può che esserlo, visti i precedenti) la via più giusta via per una forma di governo.
Ma cosa significa davvero ad oggi democrazia?
Risposta breve: la democrazia è quella forma di governo che in maniera più efficace spartisce il potere su più individui ed istituzioni possibili.
Nel corso dei secoli gli esseri umani hanno sperimentato di tutto. Dalla oligarchia dei più forti, o dei più intelligenti, o dei più ricchi, alla monarchia illuminata, che vorrebbe un sovrano in grado di condurre il popolo attraverso la tempesta, fino all'assemblea dei filosofi tanto cara a Platone.
Insomma, le abbiamo provate tutte. Risultato? Un fallimento dopo l'altro.
Parliamoci chiaro, la democrazia non è esente da problemi, anzi.
Nell'antica Grecia il problema principale era che anche un contadino analfabeta e ottuso poteva decidere delle sorti della città e dello stato pur non sapendone nulla di economia e guerra (ricorda qualcosa? Ecco, maledetti fautori del test per la tessera elettorale, so che dobbiamo sopportare anche il pecoraio di Brembate di ignoranza, ma è così che funziona uno stato democratico. Fascistelli).
Ad oggi i problemi sono principalmente di stabilità. Una democrazia mette sul piatto della bilancia tutte le opinioni e per sua natura deve per forza dare ascolto a tutto.
Tuttavia, pur essendo intrisa di fallace, essa risponde positivamente a quello che nel corso della storia è stato il quesito più importante: come spartisco il potere e qual è la migliore spartizione?
La risposta è semplice. La spartizione che che consegna nelle mani di ogni cittadino il minor potere possibile.
La democrazia infatti dissolve il potere sulla massa, nella folla ogni individuo ha a tutti gli effetti un'influenza minima e, anche quando raggiunge grandi vette di consenso, non può in alcun modo (tranne in alcuni casi, che si riconducono alla fine ad un totalitarismo) concentrare nelle sue mani ogni decisione.
Questo perché, al contrario di quanto pensano certe frange, la nostra democrazia non è il potere del popolo.
Il nostro stato è un'assemblea a cui prendono parte, seguendo le regole stabilite dalla costituzione, una serie di organi e gruppi, che governano in maniera precisa la nazione.
Il popolo è solo uno di questi enti e viene chiamato ad esprimersi in determinate occasioni. Non ad cazzum canem come piacerebbe tanto ad alcuni nostri politici, che chiamano le elezioni come Er Faina chiama le ragazzine per strada.
Il popolo è sovrano ma esercita la sua sovranità attraverso gli organi statali (anche qui, venisse letto tutto l'articolo 1 e non ci si fermasse alla prima parte).
Esistono enti, partendo dai due rami del Parlamento, fino al governo esecutivo, passando poi per il ben separato potere giudiziario. Con in più il garante della costituzione, la corte costituzionale, eccetera eccetera eccetera.
Ogni organo, oltre ad avere una funzione precisa, ha il compito di sorvegliare l'altro.
Questo sta platealmente alla base di uno stato liberale, che, parafrasando Karl Popper, deve assicurare in ogni maniera il mantenimento della democrazia stessa, impedendo la sopraffazione delle minoranze e permettendo al popolo di mandare a casa chi lo governa in maniera pacifica.
E dunque arriviamo all'invettiva.
Chi ad oggi invoca le elezioni subito, chi dipinge il popolo come un sovrano che tiene sotto i piedi gli organi dello stato, che sono servi e devono obbedire ad ogni stronzata della plebaglia, sono degli irresponsabili (sostituite questo termine pacato con l'insulto che più vi aggrada).
Per definizione il popolo, la massa, è quello degli organi statali più instabile e più soggetto all'influenza delle emozioni e delle scelte impulsive.
Nel mezzo di una guerra dareste in mano al popolo il destino dello stato? Immaginatevi nel pieno della prima guerra mondiale un bel referendum al fronte con scritto "abbandoniamo e torniamo a casa oppure continuiamo a farci ammazzare?".
Lascio a voi il responso. (Naturalmente i grandi patrioti di sto cazzo, che di guerra ne sanno meno di uno svizzero, risponderebbero che rimarrebbero senza dubbio a morire per la patria. Nella realtà si piscerebbero addosso e si nasconderebbero piangendo in un angolino fangoso al primo BUM)
Consultare il popolo in un momento di crisi è la cosa più sbagliata da fare.
La democrazia è consultazione tra le parti e non solo con una (che tra l'altro cambia idea più in fretta di Salvini).
C'è una frase del capitano che effettivamente esprime al meglio cosa voglia dire populismo.
"Noi siamo gli unici con il coraggio di andare a confrontarci con il popolo".
Una stronzata enorme perché (come ormai è consuetudine nel dibattito politico) si relega tutto il potere decisionale ai capricci dell'elettorato, definendo le restanti parti del nostro stato e le legittime consultazioni tra esse, come "giochi di palazzo".
Come se chi effettivamente segue le regole della costituzione fosse un intellettuale da salotto, che gestisce il potere con il favore delle tenebre, incurante delle preoccupazioni della gente comune. Questa narrazione, oltre ad essere molto pericolosa, è estremamente sbagliata.
Per concludere questa raffinata trattazione politica.
Il nostro stato non è perfetto, la nostra costituzione è vecchia di decenni e nata tra le rovine di una guerra disastrosa, è più che normale che molte cose siano invecchiate male (naturalmente tutte quelle cose che nessuno ha le palle poi di cambiare, perché sia mai che un popolo conservatore come il nostro abbia la decenza di fare scelte coraggiose senza il bisogno dell'uomo forte di turno).
In ogni caso però non esiste, per quanto ne sappiamo, una forma che abbia reso stabile, pacifico e prosperoso uno stato per così tanto tempo. Non viviamo nel migliore dei mondi possibili e in molte cose la democrazia rivela i suoi punti deboli (soprattutto quando si parla, appunto, di cambiamenti).
Il populismo crescente è un sintomo grave di una malattia che ha cominciato a soffocare il futuro del nostro mondo libero. Quando arriverà il momento delle grandi prove vacilleremo pericolosamente se alla base non esisterà un senso civico in grado di rendere efficiente la nostra politica.
Lo abbiamo già ben visto con la vicenda Covid e vaccini. Lo vedremo in maniera ancora più palese e inquietante con il tema crisi climatica.
Il cancro della nostra democrazia siamo noi e l'unica cura è un profondo cambiamento di mentalità che non sembra in procinto di avvenire.
Lo stato non è il nostro giocattolino.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top