Capitolo 9
Re Farron IV era la copia anziana di suo figlio. Le rughe gli segnavano il contorno degli occhi e la fronte quando apriva la bocca per dire qualcosa; ciocche bianche si rincorrevano tra i capelli castani sotto una corona dorata e impreziosita da pietre nere, dall'aria fin troppo pesante per il suo collo.
Sembrava troppo vecchio, come se avesse portato un peso opprimente sulle spalle, con la pancia gonfia e le gambe mollicce di chi non scende più su un terreno di guerra da molto tempo, ma di chi sta seduto su quel trono tutto il giorno. La regina Primabrina, al suo fianco, continuava ad accarezzarsi il ventre, la cui curva abbondante era evidenziata dal sottile strato di seta color acquamarina. Accanto a suo marito sembrava una bambina, anche se aveva molti più anni di quanti ne dimostrava. Era quello il segreto della magia, più la utilizzavi e più rimanevi giovane, rinvigorendoti lo spirito e il corpo, addomesticando il tempo.
Lei era l'unica maga ammessa nel regno di Far e fu uno dei regali, uno dei tanti, che il sovrano di Gwarak dava ai regnanti di Far. Lei venne donata venticinque anni prima, in cambio della continuazione d'alleanza di pace fra i loro regni. Un trattato che stipulava il presidio del sovrano oltre la cresta delle Montagne Brune, in cambio di un aiuto magico di tanto in tanto per il regno di Far.
In quegli anni, l'ormai deceduto padre di Farron, re Enhbras II, volle tentare di unire la sua stirpe a quella magica di Gwarak, sancendo un nuovo accordo che ancora oggi viene diligentemente rispettato da entrambi i regni. Il sovrano di primo acchito non fu contento di tale richiesta, ma per rimanere in buoni rapporti con Enhbras e la sua famiglia, la esaudì mandando al castello una delle giovani maghe più belle e promettenti da dare in sposa al figlio del re e garantirgli una discendenza che avrebbe potuto acquisire dei poteri magici. Ma finora né il principe Alkemist né la principessa Valys erano riusciti a dimostrare di aver ereditato qualche dono; magari con il terzo figlio, concepito solo qualche mese prima, sarebbe andata meglio.
Il sovrano di Gwarak propose al re di spedire delle nuovi mogli, al decimo compleanno del loro primogenito. Tuttavia Farron s'innamorò perdutamente della bellezza di Primabrina e decise di restare soltanto con lei; del resto non gli si poteva dare torto. La regina continuava a essere di una bellezza sconvolgente, con i suoi lunghi capelli neri che le arrivano fino ai gomiti, gli occhi a mandorla che parevano cambiare colore in base all'inclinazione del sole, la pelle perfetta e morbida come un'albicocca, gli zigomi alti, le labbra e le ciglia lunghe e sottili che sembravano dipinte sul suo ovale.
Il sole stava scendendo oltre la curvatura della finestra, infuocando quel giorno per l'ultima volta, e le sue iridi sembravano screziate di rosso e arancione, quasi fossero state uno specchio del cielo.
«Dove vi eravate cacciati?» domandò sottovoce Nehon, accostandosi ai due giovani.
Avevano fatto il loro ingresso nel salone insieme al principe e tutti gli sguardi si erano sollevati verso la loro direzione, compreso quelli di Zallen che era leggermente chino davanti ai troni dei reali. Si voltò a guardarli e Rian non seppe dire se fosse arrabbiato oppure no.
Il principe superò il mago scalzo, senza degnarlo d'attenzione, si gettò con un tonfo sul suo trono, posto a sinistra di quello del padre e con lo schienale leggermente più basso. Anche i troni ricordavano dei tronchi argentei i cui rami sconfinavano verso il soffitto e si prolungavano in avanti verso il basso per creare una seduta in cuoio rosso.
«Dicevate...» continuò il re, facendo un gesto con la mano, per poi lasciarla ricadere sul bracciolo. Guardava tutti quanti come se si fosse appena svegliato da un lungo sonno.
Zallen riprese a osservare quel re stanco e avvilito: «In quale luogo avete scelto di allestire lo spettacolo magico di quest'anno?».
«Decidilo tu, Alkemist» si rivolse al figlio, come se quella domanda gliela avesse posta lui stesso.
Il ragazzo incrociò le gambe, posando un ginocchio sopra l'altro. «Mi piacerebbe che fosse nel giardino reale, come sempre, anche se lo scorso anno sono rimasto abbastanza deluso dall'esibizione. L'unica a cui piaciuta è stata mia sorella» ridacchiò, inclinando la testa verso il trono vuoto della sorella, posto in disparte rispetto ai tre principali.
«Non essere scortese, figlio mio» gli disse in tono dolce la regina: «Hanno fatto tanta strada per venire fin qui».
«Sono arrivati in ritardo, madre» la rimproverò, irritato: «Spero che si facciano perdonare con qualcosa di veramente straordinario, che mi lasci a bocca aperta e che stupisca tutto il popolo. Avevano promesso di animare tutte le serate del mio compleanno, non soltanto l'ultima».
«Siamo qui per questo» lo interruppe Zallen.
Il principe lo trapassò con uno sguardo di sfida, che poi fece scorrere sul lungo tappetto rosso che tagliava la sala a metà, in verticale, fino a posarlo di nuovo su Aisling. La ragazza si tormentava le mani, in particolare quella che il principe le aveva stretto; la poteva sentire formicolare e si stava trattenendo dal raggiungerlo per tirargli uno schiaffo.
Il re indugiava, invece, sui piedi sporchi di terra e fango dell'ambasciatore di quel piccolo gruppetto di maghi prediletti, che in quel momento si stava portando una mano sul cuore per congedarsi.
«Non vi deluderemo questa volta» continuò il mago, con voce ferma: «Andremo subito a prepararci e all'alba saremo pronti per qualcosa che non avete mai visto prima».
Il principe sorrise: «Mi piace questa vostra premessa. Ricordatevi che compirò ventuno primavere domani e non sono più un bambino. Sorprendetemi e sarò felice».
Zallen continuò a restare con gli occhi rivolti verso il tappetto e la mano destra sul petto, ma questa volta non gli rispose, si accigliò soltanto.
«Potete andare» disse re Farron: «Vi farò accompagnare in una stanza del palazzo dove potrete provare lo spettacolo senza renderlo pubblico e rovinare la sorpresa».
«Alcuni di noi si sono intrattenuti in piazza, sire» lo avvisò, prima di rimettersi in una posizione più comoda.
Il re sbuffò, come se tutta quella faccenda non gli interessante e fosse solo uno spreco di energie: «Li farò mandare a prendere». Fece un cenno con la mano al generale Loer che si avvicinò a lui e poi disse alle guardie di scortare i maghi fuori dalla sala.
Si inchinarono tutti, guardie comprese, in segno di saluto.
Rian cercò di imitarli con un secondo di ritardo.
«Il re non mi sembrava così arrabbiato» constatò Nehon all'orecchio di Zallen, che annuì. «Credo che sia stanco e presto abdicherà in favore di suo figlio» sussurrò ancora il mago del buio.
«Non deve essere facile mantenere quello che gli ha chiesto il nostro sovrano e non penso proprio che riuscirà ad aspettare di scoprire se il suo futuro terzogenito sarà benedetto dalla magia e conseguentemente che cresca per regnare» sibilò l'altro in risposta, incrociando le braccia al petto, mentre due guardie aprivano la porta per loro.
«Hai ragione. Il dominio ha sempre il suo prezzo da pagare» rimuginò Nehon, sgranando gli occhi per le parole del mago al suo fianco.
«Un vero peccato» si arrischiò a commentare Zallen, questa volta a tono udibile da tutti. I soldati lo osservarono stupiti, probabilmente chiedendosi la ragione del suo lamento.
Aisling alzò gli occhi verso il lampadario al centro del salone, mentre si incamminavano verso l'uscita, scortati da due uomini. Rian fece lo stesso.
Gocce scintillanti di diamanti scendevano come lacrime da bracci scuri e disordinati, che gli ricordavano vagamente delle radici, come se nella sala al di sopra delle loro teste potessero dar vita a un albero e il salone del trono fosse il sottosuolo dal quale si alimentava.
Il ragazzo si voltò leggermente, in modo tale da intravedere con la coda dell'occhio il principe fissare la schiena della maga del vento. Si accostò a lei e le mise un braccio intorno alla vita, attirandola a sé, come aveva visto fare da uno dei ragazzi del villaggio con una delle amiche di Nedera. In un primo momento lei lo guardò sconcertata da quel gesto improvviso, ma poi si rilassò ed emise un sospiro di sollievo oltrepassando la soglia per tornare nel largo corridoio d'ingresso.
«Stai bene?» le chiese premuroso.
«Se intendi a parte il dettaglio che quella viscida persona mi ha stretto fin troppo la mano, allora sì sto bene» protestò lei con una smorfia.
«Mi dispiace» si scusò il ragazzo per non essere intervenuto prima.
«Va tutto bene» lo rassicurò lei, anche se non sembrava per nulla convinta.
Rian le si avvicinò per sussurrarle: «Cosa dovevamo cercare nelle stanze della principessa?». Il tono della sua voce era così flebile che i passi delle persone e lo sferragliare delle armature dei soldati lo sovrastavano.
La ragazza scrollò le spalle e socchiuse le palpebre.
«Non ha importanza» chiuse il discorso, lasciando Rian impietrito da quella risposta e parecchio risentito dal suo comportamento. Tuttavia decise di lasciar perdere, come lei desiderava.
Le guardie li accompagnarono per una rampa di scale, fino a una stanza circolare dentro una piccola torre. Aisling aveva smesso di guardarsi attorno, ma sembrava tesa.
La stanza era completamente spoglia a eccezione di un modesto divanetto blu in angolo, degli affreschi dorati che si inseguivano e ramificavano lungo tutto il soffitto per scendere poi a decorare le pareti e di un clavicordo in legno posto al centro della sala.
Dalla piccola finestra si poteva ammirare uno scorcio della piazza affollata di gente che si stava già divertendo, di luci danzanti e fumi che si innalzavano dalle lanterne colorate. Assomigliavano a quelle piccole lucciole che galleggiavano tra le nebbie di Thanlos, durante l'estate.
Notando quel particolare, Rian si rese conto che il fuoco magico di Grifar non emetteva alcun fumo, ma del resto lui aveva già capito che non consumava davvero la legna per sopravvivere. Forse utilizzava la volontà del mago, e la legna, così come lo era stata la sua pelle al mercato di Thanlos, era soltanto un appoggio dove farlo brillare.
Più tardi li raggiunsero anche le gemelle, Grifar e Sioban, scortati dalle guardie e da una dama di corte che chiese loro se avessero bisogno di qualcosa e fu molto ospitale; ma Zallen la congedò quasi subito, impedendole di assistere alla loro conversazione. Sembrava quasi che il mago scalzo fosse pronto a fuggire da quel posto, anche a costo di gettarsi da quell'unica finestra, quasi fosse un animale in gabbia.
Rian era rimasto a guardare il mare farsi scuro come il cielo, appoggiato con il fianco contro la pietra fredda del muro. Grifar lo chiamò posando sul divanetto una borsa di iuta e dicendogli che voleva mostrargli i suoi acquisti. Zallen però lo rimproverò e fu categorico mentre raccontava ai nuovi arrivati quello che era accaduto alla sala del trono e delle aspettative del principe per il suo compleanno, si capiva che era nervoso.
«Forse li hai indispettiti perché hai sporcato il loro bel pavimento immacolato» ridacchiò Grifar. Ma Zallen alzò le sopracciglia e sembrò volergli dire qualcosa che poi decise di tenere per sé.
«Mettiamoci all'opera» intervenne Sioban per spostare il discorso su un terreno meno pericoloso e incoraggiare tutti quanti: «Facciamo vedere a questo principino con chi ha a che fare».
Rian stava ancora metabolizzando tutto quanto. Aiutò Grifar a spostare verso la parete lo strumento musicale. Non credeva che il re del suo regno fosse così smorto. Sembrava un moribondo e gli ricordò moltissimo il vecchio Heil. Le ballate che aveva sentito sul suo conto lo dipingevano come un uomo dai mille talenti, forte, un campione che aveva saputo mantenere in un momento difficile le alleanze oltre il mare.
Sioban fece accomodare Rian sul divanetto, come spettatore, avevano deciso che avrebbe dato loro dei pareri su quello che decidevano di dimostrare delle loro abilità. Una delle gemelle schioccò le dita e il clavicordo si mise a suonare da solo, sorprendendo Rian che non se lo aspettava.
Le due gemelle furono le prime ad esibirsi. Non si misero nemmeno d'accordo su quello che dovevano fare; nei loro sguardi c'era un'intesa incredibile. Girarono intorno tracciando a terra un cerchio con le direzioni dei loro piedi, come se dovessero lottare fra di loro. Si sfidarono con gli sguardi, camminando lentamente al ritmo della musica.
Un attimo dopo i loro corpi si ingigantirono, coprendosi di pelo scuro, le loro tuniche sembrarono strapparsi, non riuscendo più a contenere i muscoli. Si trasformarono in due lupi, identici a quelli che avevano incontrato sulle campagne di Agna.
Una di loro emise un ululato che accompagnò la musica dello strumento e poi tornarono a osservarsi ringhiando.
Rian scattò in piedi e la sua mano in automatico cercò l'arco, che però aveva lasciato nel carro. Si rimise seduto quando le gemelle si voltarono verso di lui, con i loro occhi versi carichi di dolcezza, così in contrasto con le zanne che spuntavano dalle loro bocche di lupo.
Fecero un balzo, che con la loro stazza, bastava per raggiungersi e si trasformarono ancora. Questa volta in due falchi che si misero a volare attorcigliandosi fra loro fino a toccare il soffitto.
Per poi scendere di nuovo in picchiata verso il pavimento e diventare due cavalli dal manto bianco che galoppavano inseguendosi per tornare a formare il cerchio.
La musica si addolcì e prese la scena la maga della terra. Sioban, nella sola illuminazione prodotta dalla luna, sembrò che spargesse dei semi invisibili sul pavimento. Chiuse le mani in due pugni e dei sassi si levarono dal nulla, senza spaccare neanche una mattonella. I sassi si alzarono come se qualcuno li stesse modellando verso l'alto, creando delle basse colonne e la maga generò una scaletta per salire su quella centrale.
Subito dopo, come se stesse suonando uno strumento, agitò le mani e turbinii di petali rossi, bianchi e rossa, scesero dall'alto per svanire prima di depositarsi a terra, formando un mosaico. La stanza ne era avvolta e l'aria era quasi diventata irrespirabile. Nel mezzo di quei colori apparve una coltre di fumo denso e nero, che a Rian ricordò tanto la barriera che segregava la sua città nella valle dimenticata.
La luce si oscurò, la luna sembrò sparire in quello stesso istante e tutto venne avvolto da tenebre impetuose, per poi rischiarsi da piccole scintille in un punto preciso. Grifar stava ballando al centro della scena. Le fiamme gli scaturivano direttamente dalle mani e dalla bocca e gli volteggiavano attorno come un'abile compagna di danza.
Sopra di lui, la nube si stava già diradando per dare spazio ad Aisling che saltando da una delle colonne create da Sioban spiccò il volo e iniziò a volteggiare nell'aria, disperdendo l'oscurità di ombre di Nehon e le scintille che Grifar spingeva verso l'alto.
Rian spalancò la bocca, osservandola rimanere sospesa nel vuoto, leggera come una piuma, con i capelli che le fluivano ai lati del viso.
La maga si librò ancora più in alto, osservando Zallen, mentre evitava per un pelo il soffitto con la testa: «Questa stanza è troppo piccola».
«Immagina di essere nel giardino» le disse il mago, che non si era ancora esibito e restava a braccia conserte contro il muro. Rian non seppe dire se lei lo avesse sentito sopra il rumore della musica del clavicordo.
«Dove si trova esattamente questo giardino?» gli domandò incuriosito, con lo sguardo ancora incantato dall'esibizione di quei maghi e dalle loro abilità. La magia vista in questo modo non faceva paura, ma era invidiabile e sorprendente.
«Il giardino del palazzo è quella passerella di vetro che abbiamo superato prima di entrare» gli spiegò il mago.
«Ah» commentò in risposta, deluso. Si aspettava alberi, frutteti e lunghi prati ricamati da siepi e labirinti in cui perdersi; ma dopotutto il palazzo sorgeva su un piccolo isolotto, per cui non poteva avere un vero giardino, dal momento che la sua costruzione lo occupava completamente, senza lasciare spazio per dei veri alberi o prati.
«Come ti sembra?» gli chiese una delle gemelle, sedendosi accanto a lui sul divanetto. Ora entrambe erano tornate normali e le tuniche gli ricadevano addosso perfettamente integre, come se fosse stata tutta quanta un'illusione. Rian non riusciva ancora a credere a quello che avevano prodotto solo qualche minuto prima.
Vedendo che lui non le rispondeva lei continuò a parlare: «Ovviamente non saremo vestiti così, io e Cornelia abbiamo creato degli abiti intrisi di magia per farci risaltare tutti quanti».
«Mi sembra fantastico» rispose Rian cercando le parole giuste.
Zallen rise amareggiato. «Se non ci inventiamo qualcos'altro invece, temo che il principe non si accontenterà. Mi sembra tutto così banale, questo popolo si è ormai abituato alla magia».
«Perché lo pensi?» gli chiese l'altra gemella, rimasta al suo fianco a guardare Grifar che continuava a produrre fiamme come fosse un drago.
Il mago scalzo si grattò il fantasma dei suoi baffi prima di rispondere: «Perché l'anno scorso Azel gli ha portato Antartide, Efhelia, Karmynn, Ordan e Lisle e ha detto che loro lo hanno deluso. Mio fratello invece mi aveva raccontato qualcos'altro. Non mi aspettavo sinceramente di trovare una situazione del genere».
«Sembra quasi che tu sappia che non riusciremo a soddisfarlo» commentò la ragazza: «E sinceramente parlando in questo modo dimostri di non credere affatto in noi».
«Questa tradizione dello spettacolo è una tattica. Se non lo facciamo bene il sovrano poi se la prenderà con noi. Si tratta di qualcosa di molto importante e io non so come gestirlo» rivelò il mago a denti stretti.
Cornelia schioccò le dita e spense la musica, tutti si fermarono di colpo, osservando straniti lei e Zallen.
Rian si alzò e si mise tra di loro. «Scusatemi» disse, sorprendendosi per la sua audacia: «Ma non penso che litigare vi possa aiutare».
«Non stiamo discutendo» gli rispose il mago sollevando il mento e squadrandolo dall'alto in basso.
Rian non sapeva chi fossero i maghi che aveva nominato, né le loro doti, però in qualche modo voleva aiutare quella compagnia che aveva scortato lungo i boschi di casa sua.
«Allora dicci tu che cosa fare» s'intromise di nuovo Cornelia, rivolta al mago scalzo.
«Non sono un artista, sono un guerriero. Questa è la cosa che mi da più fastidio. Io studio strategie, come sorprendere alle spalle un nemico, come togliere dai giochi qualcuno senza lasciare traccia. Non stupidi balletti» sbottò, serrando i pugni.
Rian li guardò tutti, raccogliendo i suoi pensieri, e interrompendo quel silenzio carico di tensione suggerì: «Forse è proprio questo che dovete fare. Potete usare le vostre abilità per spaventarli e poi sul più bello far svanire tutto, come se fosse una sorta di gioco».
Zallen si staccò dal muro al quale si era appoggiato: «Non penso che sia una buona idea. Potrebbero prenderlo come un affronto politico». La sua voce adesso si era calmata e con gli occhi sembrava chiedere scusa per il suo sfogo. Si massaggiò le tempie, confuso e stanco.
«No, Rian ha ragione. La paura è una delle sensazioni più forti che provano gli umani. Facciamolo! Creiamo qualcosa che faccia capire loro che siamo potenti, che nonostante l'alleanza non siamo i loro burattini» intervenne Nehon in favore del ragazzo.
«Piuttosto che burattini, io direi i loro giocattoli» lo corresse Aisling, così sottovoce che nessuno la sentì.
Rian sorrise verso Nehon che ricambiò la sua espressione.
«Hai già qualche idea ragazzo?» gli domandò il mago scalzo.
Il ragazzo ci pensò un momento. «Non voglio dirvi cosa dovete fare, però si potrebbe costruire una sorta di storia. Nehon si porta via la luce da tutte le fonti luminose oscurando la piazza». Guardò di nuovo verso il mago, aspettandosi il suo consenso. Nehon annuì. «Poi dal buio spuntano Camelia e Cornelia, illuminate dal fuoco di Grifar, con le sembianze di lupi. Zallen tu le farai volare. Grifar soffierà le sue fiamme verso il pubblico senza toccarli davvero. Sioban può fingere di catturare i lupi, proprio come ha fatto con quelli veri e Aisling invece potrebbe...».
«Lei deve danzare!» lo bloccò il mago del fuoco: «Va bene far paura, ma deve comunque essere divertente. Tu non hai visto la sua audizione per il sovrano, è stata eccezionale».
La ragazza si guardò le punte degli stivali, evitando di guardare i suoi compagni negli occhi. L'unica cosa che voleva fare in quel momento era girovagare per quel palazzo, ma non poteva dirlo a nessuno, aveva già messo a rischio Rian quando il principe li aveva sorpresi da soli.
«E poi il costume che le hanno preparato Camelia e Cornelia è troppo bello perché lei non danzi nel vento» continuò Grifar sorridendole incoraggiante.
«D'accordo» rispose Aisling, sorridendo a sua volta, anche se sembrava tesa.
«Non si aspetteranno un finale delicato dopo lo spavento con i lupi, vedrete». Grifar si portò le mani ai fianchi, con sguardo fiero e convinto. «Direi che possiamo andare al banchetto reale adesso che abbiamo deciso» disse avviandosi verso l'uscita: «Non so voi, ma io non riesco a lavorare con lo stomaco vuoto».
«Ma non abbiamo provato la nuova scaletta» protestò contrariata Camelia, alzandosi dal divanetto, avanzò verso di lui per fermarlo.
«Andrà bene. Basta che seguiamo il nostro istinto, la magia ci guiderà come ha sempre fatto» Grifar le fece un occhiolino, prima di spalancare le ante della porta e chiedere a gran voce se ci fosse qualcuno che potesse scortarli fino al banchetto e aggiunse di fare presto perché stava morendo di fame.
Zallen si avvicinò alla ragazza, posandole una mano sulla spalla. La sua bocca si piegò in sorriso incerto. «Ha ragione, andrà bene» la sua voce era titubante, ma nei suoi occhi blu si poteva una nuova scintilla a illuminargli lo sguardo. Forse era speranza. Forse la tensione stava lentamente scemando dal suo animo.
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