Capitolo 26

Non sapeva spiegarsi il motivo, ma si sentiva come attratto da quella misteriosa figura. Rian aveva raggiunto il vicoletto dall'altro lato della strada, mancavano solo pochi passi. Lo strascico nero della chiromante era già sparito oltre il muro della locanda. 

Qualcuno lo strattonò indietro, e i suoi occhi incontrarono quelli impensieriti di Armand. 

«Dove stai andando?» lo rimproverò: «Dobbiamo uscire da qui». 

Aisling stava usando la magia per spostare all'uscita della strada secondaria quanti più oggetti trovava. Barili, casse, pezzi di legno che avrebbero rallentato i soldati che sarebbe potuti arrivare a dar man forte a quello che Armand aveva disarcionato. Aveva anche staccato la grondaia di ferro, facendola penzolare nel vuoto per metà. 

«Andiamocene via» urlò il Ladro, sopra il frastuono del vento incantato e delle grida della gente che correva a mettersi al riparo all'interno delle abitazioni.

La maga girò il volto verso i due ragazzi, e trascinando le mani a destra, sollevò anche un carro con del fieno, impiantandolo al centro di una pozzanghera della seconda strada adiacente. Il fieno volò nei piccoli vortici che stavano perdendo potenza, e alcune schegge di legno si sollevarono nell'impatto del mezzo con la terra. Non sapeva dove conduceva quella strada, ma se qualche inseguitore avesse provato a raggiungerli anche da lì avrebbe dovuto saltare il carro che ne ostruiva il passaggio.

«Aisling, andiamocene» le ordinò di nuovo il Ladro.

Lei annullò l'ultima traccia di magia e li raggiunse.

Rian diede un'ultima occhiata al vicolo, per poi seguire Armand che aveva ripreso a correre nel trambusto provocato dalla maga.

Nessuno intralciò il loro cammino, ma il corvo rosso - che li aveva condotti dai due vecchi traditori del sovrano di Gwarak - planò sulle loro teste, sfiorando i capelli di Armand, che si piegò sulle ginocchia per evitare di essere colpito dal volatile.

«Che cosa vuole adesso?».

Il corvo gracchiò in risposta, come se potesse capire la loro lingua. Spalancò le grandi ali per poi volare nella direzione che si erano appena lasciati alle spalle.

«Torniamo indietro» propose Rian, ripensando al richiamo della chiromante. Si voltò a guardare l'uccello rubino allontanarsi lento, voleva nuovamente che lo seguissero.

«Questa è una pessima idea, se vogliamo seminare le guardie».

«Non ti sei stancato di scappare? O forse dovrei dire che scappare è quello che ai ladruncoli riesce meglio!».

«E come vorresti combattere dei soldati addestrati? Tu sei solo un ragazzo della Città Umida». 

Aisling alzò gli occhi al cielo. «Smettetela! Basta! Se restiamo qui a discutere ci raggiungeranno lo stesso».

Senza attendere che i due giovani le rispondessero, girò i tacchi e si mise a seguire il corvo. Li aveva già aiutati una volta, sperò che fosse tornato per farlo di nuovo.

Rian distolse lo sguardo dal Ladro per seguire la maga.

«Oh, andate al diavolo» fece spallucce Armand e urlò loro dietro: «Siete due pazzi, due pazzi che non rispettano i patti e che vogliono gettarsi nelle fauci del lupo!». Scrollò la testa, abbandonando le sue convinzioni e i suoi piedi si mossero nella nuova direzione che avevano intrapreso gli altri.

Il corvo deviò verso un vicolo alla loro sinistra, lasciando una penna della sua coda a terra, e quel vicolo si intersecò ad altri tra alti palazzi. Si fermò solo quando nel riflesso dei suoi piccoli occhi apparve la figura slanciata della chiromante che attendeva accanto ad una porta. Con un vigoroso battito d'ali salì verso l'alto sparendo al di sopra dei tetti.

Occhi si posarono sulle tre figure che scappavano dal pericolo; occhi che se ne stavano lontani, ma che potevano diventare traditori rivelando agli inseguitori dove si fossero andati a nascondere. 

Aisling seguì la discesa della piuma che roteando si depositò sulla terra bagnata.

«Dove stiamo andando?» chiese rivolta al corvo, ma quello era già sparito.

«Non lo so» le rispose il cacciatore: «Ma spero in un posto sicuro».

Il vicolo che avevano imboccato conduceva ad altri più piccoli e stretti, una vera rete di rami, e terminava davanti a un muro sporco con una piccola porta di legno scuro. La cartomante l'aprì e ci sgusciò dentro, lasciando l'anta spalancata affinché potessero entrare anche loro.

«Chi è quella donna?» si fermò la maga, osservando la schiena scomparire tra le tenebre della stanza.

«Qualcuno che ci vuole aiutare, penso, ci ha visti arrivare». L'aveva chiamato in lontananza, gli aveva chiesto di seguirla, e il corvo lo aveva riportato da lei: doveva significare qualcosa. Fu lui a muovere il primo passo verso l'uscio.

L'ultimo ad entrare nella stanza fu Armand. La donna chiuse la porta alle loro spalle, rendendo completamente buio il luogo in cui si stavano nascondendo. Sentirono il fruscio della sua gonna che raspava il pavimento e andava verso destra per accendere delle candele poste su un'alta mensola.

«Perché siete qui?» domandò sottovoce la donna, continuando ad accendere i lumini, avvolta nel suo mantello di velluto bluastro.

Aisling le rispose: «Voi chi siete? Perché ci state aiutando?».

«Sono al vostro servizio». La chiromante si girò, le perle del suo copricapo sbatacchiarono fra loro, tintinnando come gocce di pioggia sul vetro. Fece una leggera riverenza tenendo gli occhi bassi. «Con la morte del principe per mano vostra le piccole scintille, che erano rimaste sopite per il regno, si sono riaccese. Nessuno di noi voleva che salisse al trono e il re era ormai prossimo ad abdicare. Quello che sto facendo non è che una briciola in confronto a ciò che stanno complottando altrove».

Rian ed Aisling si scambiarono una veloce occhiata allarmata. Che cosa avevano combinato?

Armand, dietro di loro, posò una mano sulle loro spalle. La maga trasalì al contatto, Rian s'irrigidì. «Bene, bene...» pronunciò debolmente. Voleva afferrare quella mano che si stava tenendo verso di loro.

«Perché siete qui? A Thana, intendo» riprese la donna: «Avete qualcosa in mente? Come possiamo aiutarvi?».

«Dobbiamo salire sulla Lestariuum» le rispose il Ladro.

Lei incrociò le braccia attorno al petto, incredula. «E come pensate di farlo?».

«Pensavamo di rubare uno dei biglietti e imbarcarci».

La chiromante scosse la testa e la retina di perle tintinnò di nuovo. «Loro sono "i Due", ma tu chi sei?».

«I "Due"?» s'intromise Aisling.

«Io sono il Miraggio di Polvere» rispose Armand, sospirando. La sua fama non aveva raggiunto le coste del regno dopotutto. «Una persona che li sta aiutando, proprio come te».

«Faranno dei controlli. Ad ogni persona al di fuori dall'equipaggio che salirà sulla nave metteranno un bracciale della verità. La sua magia rende più difficile mentire, in pochi sanno lavorare l'ossidiana tirandone fuori il suo potere, e usare la magia sarebbe proibito, ma adesso vogliono scovare i ribelli, e sono disposti ad utilizzare qualsiasi mezzo per proteggere la fragilità della corona e stroncare le faide sul nascere». La chiromante si massaggiò le tempie con le dita, come se improvvisamente fosse molto stanca. «Non è la strada giusta».

«E come pensi che faremo a salire clandestinamente?».

«Dovrete diventare invisibili» sussurrò, guardando oltre i tre ragazzi, verso la porta. «Come degli spettri. Restate qui, vado a controllare la situazione all'esterno».

Appena passò di fianco a Rian, il cacciatore protese la mano per afferrarle il braccio. «Ci possiamo fidare di te?» le domandò, incuriosito dagli occhi della loro salvatrice.

«Sto già rischiando offrendovi la mia dimora come riparo e dato che questa è la mia città credo di essere io più in pericolo di voi». Invece di sentirsi offesa dai suoi sospetti, la donna sorrise e le comparve una fossetta al lato sinistro delle labbra rovinate dal freddo.

Rian mollò la presa e la lasciò uscire dalla stanza.

«Cosa facciamo?» domandò tesa Aisling, mentre la sua voce si mescolava al rumore dei cardini che riassestavano il legno nell'incavo.

«Non lo so, aspettiamo?» le disse sincero Rian, spazzolandosi i capelli con le dita.

Armand si stava già sporgendo verso una cassapanca intarsiata, illuminata foscamente dalle luce delle candele. «Controlliamo che cosa ha in casa».

«Armand non rubare nulla, lei ci vuole aiutare».

«Come sei noiosa».

Il Ladro si bloccò per continuare ad esaminare le pareti di mattoni a vista, il tavolo, il caminetto spento. Si avvicinò ad una porta adiacente a quella d'ingresso nel muro di fronte. Provò a girare la maniglia ma era chiusa a chiave.

Sbuffò deluso e facendo retromarcia aprì quella che conduceva all'esterno.

«Dove vai? Ci ha consigliato di restare qui!» lo rimproverò Aisling, puntandosi le mani ai fianchi.

«Siete voi due i simboli della ribellione, non io. E adesso ho voglia di un buon bicchiere di whisky» si voltò per farle un sorriso: «Sta tranquilla, mi so camuffare bene. Non ho bisogno della balia».

«Lascialo andare, Ais» le disse Rian, tirandola indietro prima che potesse acciuffare Armand. «Se vuole rischiare che lo faccia».

Il Ladro si tirò sul capo il cappuccio del mantello, e dopo aver dato un'occhiata dallo spiraglio di porta che aveva sospinto, decise di uscire, furtivo, proprio come se si accingesse a rubare un tesoro. Tutta quella situazione cominciava a togliergli il respiro: la ribellione, usurpare il trono del re, lui non era fatto per certi ragionamenti macchinosi; gli piaceva agire da solo, pensare a sé stesso e per il suo tornaconto. Agire da soli a volte è meglio che essere in gruppo, non devi pensare alla pelle degli altri ma soltanto a salvare la tua. Toccò il punto all'avambraccio dove aveva legato le sue chiavi che aprivano qualunque serratura, le dita gli formicolarono. Scivolò per i vicoli di quella città che non conosceva, tirando fuori dalla sua sacca da viaggio una maschera di un materiale molto simile alla consistenza della pelle umana, e controllando che nessuno lo stesse guardando la indossò prima di uscire allo scoperto nella strada principale.

Aisling si afflosciò su uno sgabello, posando il gomito sul tavolo e puntellandosi la guancia con la mano.

«Una ribellione...» mormorò a denti stretti, come se la parola non le piacesse o faticasse a crederci.

Rian prese postò sullo sgabello di fianco al suo. Capiva i suoi pensieri, il suo disappunto, la sua preoccupazione. Era un ricercato, non avrebbe mai potuto far ritorno a Thanlos. Mai, nemmeno per salvare Nedera dalle peripezie che gli aveva predetto la fonte. O forse magari le avrebbe portate lui stesso facendo ritorno, forse doveva tenersi lontano da casa, ma il solo pensiero lo faceva stare male. Aveva desiderato per tutta la vita di poter uscire dal muro di nebbia che circondava il villaggio, e ora che il sogno si era compiuto non voleva altro che poter tornare indietro.

La maga cominciò ad armeggiare con il suo fagotto e tirò fuori il sacchetto che le aveva lasciato quel misterioso mercante. Lo posò sul tavolo e tirando i nastrini ne scoprì il contenuto: una polvere molto scura, con un odore strano, molto simile alla colla.

«Che cos'è?» le domandò Rian.

«Colorante per capelli».

«Quel mercante...» iniziò a formulare, ma lei lo interruppe.

«Prendiamo dell'acqua, voglio seguire il suo consiglio. Più irriconoscibili siamo e meno attireremo l'attenzione adesso che siamo una specie di celebrità».

«Va bene».

Le gambe dello sgabello scivolarono rumorose all'indietro, mentre i due si alzavano. Aisling andò verso il lavandino e riempì d'acqua una ciotola dove sciogliere il miscuglio di polvere.

Rian l'aiutò cercando un mestolo nei cassetti di un voluminoso mobile con le ante coperte da vetri colorati.

Quando la polvere divento una sorta di pomata Aisling si sedette di nuovo. Appoggiò la schiena al bordo del tavolo e girò leggermente il volto nella direzione di Rian in piedi accanto a lei. «Mi aiuteresti?».

«Che... Che cosa devo fare?».

«Basta applicarla con le dita» gli spiegò, immergendo i polpastrelli nel colore. Si prese una lunga ciocca rossa fra le mani e strofinando lo applicò sopra al rosso.

Rian la imitò partendo dalla testa, si fissò le mani e le unghie che si coloravano di nero, immergendole nel contenuto della ciotola.

«Verrà via o mi rimarranno colorate?» chiese impensierito.

Aisling ridacchiò. «Verrà via dalla tua pelle e coprirà i miei capelli».

«Meno male».

Le dita di Rian affondarono nei suoi capelli, le utilizzò come pettine per districarne i nodi e cercò di colorarli come meglio poteva.

«Sei ancora preoccupato per Nedera?» gli domandò a bruciapelo, mentre lui era intento a prendere un'altra manciata di mistura.

«Sempre» sussurrò con voce spezzata: «Ma sono preoccupato anche per noi, che cosa faremo? Come ci ritroverà Zallen?».

«Vorrei poter dire che andrà tutto bene, davvero». Aisling si guardò le macchie scure di colore che scivolavano lungo le curve delle sue mani, fino ai palmi, fino a coprire i marchi del tradimento delle leggi del suo popolo. «Non so più che cosa pensare. Adesso dovrei essere a Gwarak e invece, alla fine, stiamo per andare chissà dove per colpa di intrighi politici».

«Una volta avrei dato tutto ciò che avevo per un'avventura simile, ma tutto questo si è creato a causa di un malinteso. Eravamo solo nel posto sbagliato al momento giusto per quegli usurpatori».

«Rian, è tutta colpa mia, non sarei dovuta scappare dalla festa. Avrei dovuto accettare a tempo il destino di Antartide, come ha fatto lui, e comprendere che non siamo liberi».

Il cacciatore tornò ad accarezzarle la cute, passando le mani tra una ciocca e l'altra, massaggiando i ciuffi con delicatezza.

«Non è colpa tua, smettila. So cosa vuol dire non sentirsi liberi, nessuno di noi lo è davvero. A Thanlos sono prigionieri della nebbia, qui sono prigionieri dei desideri di un re proprio come lo siete voi nel reame oltre le montagne. Possiamo solo accettare il presente, adesso, e provare a tirare le avversità a nostro favore».

Lei sospirò, inclinò la testa verso l'alto, chiudendo le palpebre. La poca luce le faceva sembrare la pelle ancora più pallida e l'espressione più stanca. Lo sguardo di Rian si concentrò sulla sua fronte, scendendo fino alla punta del naso e poi alle labbra contratte.

Si chiese se sarebbe diventato dipendente da lei, se avrebbero dovuto scappare per sempre da soldati che volevano incarcerarli o le loro identità sarebbero tornate pulite. Quella ridda di grigi pensieri continuava a turbarlo. Perché le risposte non sono mai a portata di mano?

«Possiamo solo andare avanti» ripeté, cercando di farsi forza: «Almeno lo stiamo affrontando insieme».

Aisling aprì gli occhi di scatto. Il nero denso sui capelli che dalle punte colava per terra e le macchiava le orecchie, le mani strette in grembo. Rian allungò una mano per prendere dal tavolo uno strofinaccio posto al di sotto di un vaso con degli strani petali rinsecchiti depositati al suo interno, e cominciò a tamponare il liquido scuro prima che le finisse sui vestiti e lungo il collo.

La porta si spalancò.

Entrambi guardarono verso quella direzione, spaventati, ma era soltanto la chiromante.

La brezza del mattino fece dondolare le fiammelle delle candele.

La donna aveva tra le mani un involto che sprigionava profumo di pane fresco. Avanzò e si chiuse la porta alle spalle.

«Non eravate in tre?» mormorò confusa e nei suoi occhi, oltre i fili di perle, si poteva leggere tutto il suo disappunto. «Ve lo siete mangiato? Se aspettavate ancora un po' vi avrei portato io qualcosa da mettere sotto ai denti».

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top