Capitolo 12

Il granito del balcone era ruvido sotto i polpastrelli di Rian. Avrebbe voluto poterci affondare le dita, mentre osservava Aisling sprofondare nel buio come un sassolino solitario lanciato verso il mare. Avrebbe voluto allungare una mano per agguantarla ed evitare che si buttasse, invece era rimasto fermo con gli occhi incollati nei suoi, finché si era lanciata. Dietro di sé percepiva gli uomini del re lamentarsi e combattere contro i libri che roteavano per la stanza. I tomi li colpivano come se fossero criminali da disonorare pubblicamente in piazza, facendoli indietreggiare e dando il tempo di scappare a quei due giovani che avevano aggredito il loro principe. 

La caduta della maga fu arrestata all'improvviso a pochi centimetri da chiazze di luce bianca, che si increspavano sul pelo dell'acqua. Le onde le rompevano in molteplici granelli scintillanti come se il mare tentasse di copiare il cielo stellato.

Rian deglutì. Si issò sulla pietra e poi si gettò anche lui, lasciandosi cadere nella notte.

Il cuore gli martellava nel petto, facendolo sentire più vivo che mai. Trattenne un urlo mentre la gravità lo attirava con violenza a sé, facendolo precipitare.

Chiuse gli occhi e si sentì afferrare dal vento, dall'aria che gli toccava la pelle e gli smuoveva i vestiti, insinuandosi sotto di essi, come la fredda mano di uno spettro. Lo manteneva in equilibrio nel vuoto come se avesse avuto le ali. Spruzzi di onde gli bagnarono il volto e si rese conto di star camminando sull'acqua. Il vento lo spingeva verso la roccia, al riparo dalla luce della luna. Al sicuro dagli occhi di una delle guardie che si era affacciata dalla finestra. 

Aisling gli si avvicinò. Gocce di sangue le colavano sul braccio nudo, sembravano nere nell'oscurità tetra del fiordo e degli scogli acuminati. 

«Sei ferita» le disse, cercando di afferrarle la mano per esaminare meglio i tagli.

«Non ha importanza» si ritrasse, senza fiato: «Dobbiamo tornare dagli altri, subito!».

«Grifar si è ubriacato. L'ho lasciato in una specie di sgabuzzino» si mise una mano tra i capelli, mentre ancora non credeva ai suoi occhi. Si era buttato da una torre altissima, dovrebbe essere morto, e invece era assieme a una maga e stavano chiacchierando sospesi sopra l'oceano. La magia, così crudele, così sbagliata secondo le leggende della sua valle, ora lo aveva mantenuto in vita, lo aveva salvato. «Non possiamo tornare lì dentro» puntò un dito verso l'alto, contro il palazzo: «Le guardie ci arresteranno, pensano che... Loro pensano che...». Non riuscì a terminare la frase, perché quello che comportava non lo avrebbe tollerato. Li avrebbero rinchiusi entrambi in una prigione per aver ferito il futuro erede al trono o peggio, li avrebbero fatti giustiziare all'istante.

Aisling si massaggiò le tempie, sfregandole tra le dita. Rian la fissò titubante. Stava per chiederle se stesse bene, quando lei lo afferrò per il polso. «Andiamo!» disse categorica.

Lo spronò, guidandolo sopra una scala invisibile che vedeva soltanto lei e che li stava facendo risalire accanto alla parete rocciosa dell'isolotto sopraelevato. Il ragazzo non tentò di divincolarsi, né di mollarle la mano, perché aveva la sensazione che se l'avesse lasciata sarebbe caduto contro i massi e le onde sotto di loro.

L'oceano diventava sempre più lontano. Si sforzò di non guardare in basso, mentre Aisling scavalcava agilmente la balaustra di una terrazza, tirandolo con sé.

«Come raggiungiamo la sala del banchetto?» le domandò pensando alle guardie nella torre che probabilmente stavano soccorrendo il principe. Sperò che non fosse morto. Sperò che non avessero già allertato altri uomini per mandarli a cercare.

«La troviamo e basta. Devo avvisare gli altri. Ho usato la magia contro le guardie e potrebbero decidere di imprigionarli come se fossimo tutti complici di un piano premeditato».

«Ma tu ti sei soltanto difesa. Ti ha puntato un coltello alla gola» la giustificò.

«Lo so, ma non dovevo usare la magia Rian, non contro...». Un dolore le esplose nella testa, facendola scivolare in ginocchio sul pavimento. Si morse le lebbra trattenendo un lamento, mentre sfiorava la maniglia della porta. Si prese le mani e se le schiacciò sul ventre.

Rian si chinò a soccorrerla: «Che ti sta succedendo?». Le appoggiò le mani sulle spalle e la fissò teso.

La maga girò i polsi verso i loro volti. Tre linee scure si intersecavano tra di loro, rincorrendosi per formare dei raggi di un cerchio ricurvi come petali di fiori.

«Che cos'è?» le domandò Rian, toccandoli con le dita, come se con quel semplice gesto potesse cancellarli.

«Il marchio del tradimento. Il sovrano ora sa cosa ho fatto, dobbiamo subito andare dagli altri e poi fuggire da qui».

Rian annuì. L'aiutò a rialzarsi e si misero a correre per gli androni, cercando di evitare le guardie, rimanendo nascosti contro le colonne o dietro statue ornamentali quando incrociavano le loro grigie armature. Seguirono la musica che lentamente si faceva più forte e incalzante, rivelando loro la strada da seguire. Le guardie davanti alle porte non li fermarono, sembravano però meno numerose di quando Rian era uscito con Grifar dal salone.

Un ragazzo con il volto celato da un elmo si girò nella loro direzione. Rian si chiese se fosse lo stesso che aveva preso il posto di quella guardia che lo aveva aiutato con Grifar.

Nel salone li accolse l'ammasso di colori sgargianti di abiti e musica e risate dei nobili che continuavano a festeggiare, ignari di quello che era appena capitato al loro principe.

Aisling frugava la sala con lo sguardo alla ricerca degli altri maghi. Rian, accanto a lei, faceva lo stesso. «Guarda lì» le sussurrò, indicandole un punto accanto alla pista da ballo, dove Sioban stava parlando con una donna dai capelli bianchi e cotonati e una maschera a forma di sole.

Fecero entrambi un passo verso quella direzione, ma prontamente vennero fermati da qualcosa che li afferrava alle spalle. Rian si voltò per primo, di scatto, pensando fossero le guardie pronte ad arrestarli, invece si ritrovò a fissare gli occhi chiari e preoccupati di Zallen.

«Dove è Grifar?» domandò, la voce incrinata dalla rabbia, lo sguardo scuro e un'espressione burbera che lo faceva somigliare molto ai modi in cui le leggende popolari dipingevano i maghi. Autoritari, cattivi e superbi.

«Lui è... Io...» farfugliò Rian.

«Non è stato lui, sono stata io» lo interruppe Aisling mostrandogli i palmi.

Zallen spalancò lo sguardo, distendendo la sua aria furente. Le prese con delicatezza le mani tra le sue. «Cosa hai fatto? Come è successo?».

«Ho attaccato il principe» gli raccontò senza paura a voce bassa: «Ma non c'è tempo per le spiegazioni, dobbiamo radunare tutti e andarcene, le guardie ci cercheranno. Dubito che si siano convinti che siamo morti quando siamo saltati dalla finestra per fuggire».

«Sei colpevole anche tu in tutto questo?» domandò il mago a Rian, che si strinse nelle spalle.

«Sì» sussurrò, alzando il mento per evitare di guardare a terra.

«Ha cercato di salvarmi» spiegò la maga, sostenendo lo sguardo di ghiaccio del mago: «Sa dove si trova Grifar, dobbiamo andare a prenderlo».

Zallen annuì. «Alla fine lo spettacolo è sfumato». Un mezzo sorriso gli increspò le labbra: «Andate a recuperarlo, ci ritroviamo all'ingresso e... Aisling cerca di non rompere di nuovo le regole, sei segni sono già tanti». Li superò facendosi strada tra i nobili per raggiungere sua sorella.

Rian e la maga si precipitarono di nuovo nel corridoio. Il ragazzo cercò di non guardare i soldati che se ne stavano dritti contro la parete a sorvegliare ogni singolo movimento che passava di fronte a loro.

«Non correre più» gli sussurrò Aisling: «Li faremo insospettire se la notizia dovesse trapelare fin qui e sta certo che tra poco succederà».

Camminarono verso lo sgabuzzino dove Grifar era stato trasportato. Il tempo divorava l'attesa, aumentando la loro tensione. Appena Rian aprì la porta gli occhi della guardia si levarono verso di lui. L'uomo era inginocchiato al capezzale di Grifar, che era visibilmente provato.

«Hai trovato la tua bella» gli disse con un sorriso: «Si vede che non si era imboscata con il principe come pensavi, ed è un bene». Aisling si osservò il lembo tagliato della gonna e si trattenne dal fare un commento non troppo carino sul conto del principe. Tenne nascosto dietro di sé il braccio insanguinato affinché quell'uomo non notasse le sue ferite. Ma si accorse del taglio sulla guancia di Rian. Lanciò a entrambi un'occhiata sospettosa, però non disse nulla a riguardo.

«Già» commentò il ragazzo, abbassando lo sguardo verso Grifar che aveva gli occhi chiusi. Il catino di rame accanto alla sua coscia era pieno dell'elisir di cavolo di Sioban. Dal bordo si levava un leggero fumo bianco e un odore che assomigliava molto alle uova marce.

«Allora me ne torno alla festa. Il vostro amico qui si è addormentato poco fa» continuò, indicando il mago alle sue spalle.

Rian aspettò che l'uomo chiudesse la porta dietro di sé, trovando il coraggio di ringraziarlo ancora per averli aiutati. Aisling si inginocchiò accanto a Grifar e gli posò una mano sulla fronte. «È fresco».

«Tiriamolo su» disse Rian, avvicinandosi a sua volta al mago del fuoco.

Protestò mentre lo svegliavano e li maledisse mentre lo tiravano in piedi.

«Perché non posso dormire?» bofonchiò con voce stanca, spalancando le palpebre.

Aisling gli allacciò il braccio, quello che non era ferito, dietro la schiena: «Potrai farlo dopo, Gri, ora dobbiamo andare via».

«Ma la festa non è finita!».

«Lo so, però fidati di noi». La voce della ragazza era dolce, provava a cullarlo e convincerlo. 

Rian urtò il catino con il vomito del mago che si spanse per terra. Guardò accigliato la macchia espandersi sul pavimento, alla luce della luna i bordi sembravano brillare debolmente. Lasciò andare Grifar per prendere una scopa e pulirlo.

«Lascia stare» lo ammonì Aisling, incurvandosi sotto il peso del mago: «I ricercati non si fermano a pulire».

Rian scosse la testa, tornando in sé. La parola che lei aveva usato, ricercati, non gli piaceva per nulla. Lui non voleva essere un ricercato, non voleva scappare dal suo paese e nascondersi. Dopotutto non aveva commesso alcun crimine. Anche se il principe lo aveva visto bene, quando gli aveva tirato quel libro in testa e probabilmente non si sarebbe dimenticato di quell'agguato. Era stata colpa sua se tutto aveva preso quella brutta piega, ma se non fosse intervenuto Alkemist avrebbe abusato di Aisling; se non avesse fatto nulla adesso lei sarebbe alla sua mercé, o forse no, forse si sarebbe liberata da sola, ma sarebbero finiti in quel guaio in ogni caso.

Il suo piano era quello di godersi la festa e poi tornare a Thanlos. Magari sarebbe uscito di nuovo dal muro, per visitare ancora Agna e magari ci avrebbe portato anche sua madre e avrebbe preso un regalo per Nedera, dopotutto era anche merito suo se aveva scoperto di poter superare la maledizione della valle dimenticata aiutando quei maghi. Adesso quell'idea sembrava svanire, per diventare un sogno impossibile. Sentiva che non sarebbe stato capace di tornare a casa, anche se la nebbia poteva offrigli un comodo riparo. Si chiese se i soldati del re conoscessero il trucco per attraversala. 

No... Non sarebbe tornato a casa. Non con la coscienza macchiata, non con quel senso di colpa che si stava facendo strada dentro di lui. Una sensazione che gli ordinava di uscire da lì e andare ad accertarsi che il principe fosse ancora in vita, al fine di essere sicuro di non aver davvero commesso un reato contro la sua corona.

«Mi dispiace» le disse, rimettendo a posto la scopa tra le altre. Ma la maga non lo stava ascoltando, aveva gli occhi completamente neri e fissava nel vuoto, verso un angolo della parete.

Rian si preoccupò. Le passò una mano davanti alla faccia, scuotendola su e giù e la chiamò diverse volte, mentre Grifar si lamentava per il suo tono di voce fin troppo alto.

Poi lei scosse la testa e tornò in sé. La sua cornea tornò bianca e sbatté le palpebre come se dovesse rimettere a fuoco la stanza.

«Le guardie sono state avvisate di trattenerci al palazzo e ci stanno cercando. Hanno avvisato anche il re e pensano che fosse tutto un complotto del nostro sovrano» sussurrò velocemente: «Ho mostrato a Nehon la strada per venire fino a qui».

«Uno di loro sa dove siamo» le ricordò Rian, pensando all'uomo con la maschera di lupo.

«Dannazione» imprecò la maga e poi alzò lo guardo verso il lucernario, la sola fonte di luce: «Potremo scappare via da lì se dovessero raggiungerci». Sospirò barcollando e Rian sostenne Grifar dall'altro lato. «Spero che il mio gesto non faccia scatenare una guerra tra il mio regno e questo».

«Aisling... Cosa dovevi fare? Non potevi lasciare che ti uccidesse... Non è colpa tua...» cercò di consolarla. Rian non aveva ancora pensato a quell'eventualità. Una scia di sudore gli colò lungo la schiena, attaccandogli il tessuto di quella preziosa camicia alla pelle. Se fosse accaduto sul serio Thanlos si sarebbe ritrovata in mezzo ai due regni, e agli scontri.

Lei scosse la testa e qualche ciocca di capelli le finì fra le labbra. «Non credo che lo avrebbe fatto, era solo un modo subdolo per convincermi a togliermi i vestiti. Però...».

«Però non volevi e quindi hai fatto bene a difenderti, ne avevi tutto il diritto». 

Lei si sentiva esattamente come lui, colpevole. Eppure Rian aveva ragione. Era stato giusto difendersi, anche da qualcuno di sangue reale, anche dallo stesso uomo che un giorno sarebbe salito sul trono e avrebbe governato sopra le loro teste.

Calò il silenzio, mentre si appiattivano di nuovo contro il muro, in attesa. Potevano soltanto aspettare, sperando che i maghi riuscissero ad arrivare in tempo, prima dei soldati. Girare per il castello sarebbe stata una pessima idea con le guardie in giro e alla loro ricerca.

Grifar aveva riabbassato le palpebre sui suoi occhi dorati e respirava lentamente, come se si fosse riaddormentato.

«Grazie» mormorò Aisling: «Per tutto».

Rian non seppe cosa dire. Si limitò ad appoggiare le spalle alla parete e concentrarsi sui raggi di luna di fronte a sé.

«Credo che sia meglio se riprendi quella scopa. In effetti siamo disarmati, chiunque entri da quella porta potrebbe anche non essere nostro amico» disse di nuovo Aisling guardando le scope nell'angolo buio, in fondo alla stanza.

Grifar brontolò qualcosa di incomprensibile quando Rian si staccò da lui per seguire il consiglio della maga. 

Afferrando di nuovo il manico di legno non si sentì al sicuro. Cosa poteva fare una scopa contro spade affilate? Lo strinse tra le mani, sconfortato.

Dei passi risuonarono oltre la porta. Rian e Aisling si scambiarono uno sguardo preoccupato.

«Per di qua» tuonò una voce oltre il legno.

Rian si mise davanti ai due maghi, armato di scopa. Aisling posò una mano sul petto di Grifar per sostenere meglio il suo peso.

La porta si spalancò cigolando. Trattennero il respiro.

L'anta si mosse lentamente, rivelando la sagoma di Nehon.

Aisling sospirò di sollievo, mentre Rian abbassava la sua arma improvvisata. Grifar spalancò gli occhi e sbatté le palpebre più volte.

«Eccoli qui» disse soddisfatto il mago dell'oscurità. Entrarono tutti e lo sgabuzzino cominciò a diventare claustrofobico. Nehon sbirciò fuori, prima di richiudere la porta dietro di sé.

«Dobbiamo sbrigarci» li avvertì Aisling: «Sanno che siamo qui».

Zallen le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla. «Non puoi tornare a Gwarak. Il sovrano ti farà giustiziare e manderà la tua testa a re Farron, solo per evitare di scatenare dubbi e possibili rotture dell'alleanza».

La maga annuì, quasi impercettibilmente, mentre la tristezza le inumidiva gli occhi e il peso di quella certezza si aggiungeva a quello del mago del fuoco.

«Tu e Rian scapperete insieme. Andate a Nord, oltre il bosco di Halor. Prendete il cavallo in piazza. Noi vi copriremo la fuga e  poi andrò a Gwarak a spiegare l'accaduto al sovrano».

«Zallen, io...» la maga tentò di spiegarsi.

«Non devi dirmi nulla, Aisling. Nehon ha guardato nella tua mente, sa che cosa è successo e me lo racconterà. Qui non abbiamo potere, né considerazione. Il nostro sovrano dovrà garantire per te in prima persona se vogliamo evitare che ti considerino colpevole».

«Come facciamo ad uscire dal castello?» intervenne Cornelia che stava mettendo delle scope davanti alla porta insieme a Sioban e Nehon, per poi trasformarle in mobili e bloccare l'entrata. Camelia chiese a Rian di porgerle anche quella che teneva tra le mani, evitò la chiazza di vomito di Grifar con un saltello e la posò insieme alle altre.

«Quella è l'unica via d'uscita» li informò Aisling indicando verso l'alto.

«Sono un drago» l'interruppe Grifar aprendo il braccio sinistro e sbattendolo su e giù, proprio come se folle un'ala e potesse spiccare il volo grazie a quel semplice gesto. Sorrise a tutti e biascicò in modo vagamente confuso: «Ais è una bugiarda, la festa inizia adesso».

«Ottima idea» gli rispose Camelia, senza guardarlo. Allungò le mani sopra la scopa e la fece diventare una cassettiera in mogano dall'aria pesante.

«Se avete qualche altra idea sarà meglio che la proponete ora» intervenne di nuovo Cornelia, tramutando un'altra scopa in un divano sopra la cassettiera. Si volse a esaminare i volti dei loro compagni che non avevano capito a che cosa stessero pensando le due ragazze e le fissavano increduli. «Questa barriera non reggerà per molto se un esercito dall'altro lato decidesse di sfondare la porta».

Nehon si avvicinò a Grifar per sostenerlo al posto di Aisling, che con una folata di vento ruppe il vetro del lucernario. Zallen ne bloccò i pezzi prima che cadessero sulle loro teste, un'altra folata le sparse via, oltre il tetto spiovente. Le gemelle si presero per mano e Zallen le fece volare oltre le spaccature del lucernario, interrompendo la forza di gravità sotto ai loro piedi.

La loro pelle sembrò sgretolarsi, per ricomporsi lentamente di squame marroni, mentre i loro corpi prendevano quota. I muscoli si allungavano, una coda enorme spuntava da sotto i loro strascichi e delle enormi ali dalla scollatura dietro la schiena. Si erano trasformate in due giganteschi draghi corazzati dagli occhi verdi. Una di loro arpionò gli artigli sul tetto facendo cadere diverse tegole dentro lo sgabuzzino, che vennero bloccate e adagiate sul pavimento dalla magia di Zallen. L'altra gemella si librò in volo, testando quelle potenti ali membranose.

Zallen fece volare tutti gli altri sopra i due nuovi destrieri. La porta cominciò a vibrare, colpo dopo colpo. Il legno si scheggiò. I mobili cominciarono a trasfigurasi di nuovo in scope. Le gemelle stavano usando tutta la loro concentrazione per mantenere quelle grandi fattezze sui loro corpi. Delle voci urlarono qualcosa, mentre saliva anche Zallen, prendendo posto dietro Nehon che assicurava Grifar accanto al collo di uno dei dragoni ed evitava di farlo cadere, appoggiandogli le braccia ai lati del corpo. Il mago del fuoco urlò gioioso, incurante del pericolo che stavano affrontando, con la testa ancora ottenebrata dall'effetto di quello che aveva bevuto. «Forza alle braci! Forza alle braci!» fischiò animatamente, mentre dal basso qualcuno intimava ai maghi di arrendersi alla corona del re.

«Camelia, lascia Aisling e Rian in piazza e poi segui tua sorella» ordinò Zallen al drago alla sua destra, che inclinò il muso e poi spiccò il volo con un balzo.

L'altra sorella invece si levò in cerchio sopra il palazzo, sfruttando le correnti della brezza e attirando l'attenzione, mentre Camelia volava verso la città.

La gente si coprì la testa con le mani, interruppe le danze e la musica, vedendo arrivare il drago, che per poco non planava addosso alle case che circondavano la piazza. Qualcuno gridò di paura. Sopra i tetti del castello, una colonna di fuoco si levava nell'alto, esplodendo in scintille e sagome lucenti dalla schiena di un altro drago. Alcuni osservarono quella luce improvvisa che rischiarava la notte, applaudirono rendendosi conto che forse quel sipario faceva parte dello spettacolo dei maghi di Gwarak.

Sioban afferrò una mano della maga seduta di fronte a lei: «Hanno portato il nostro cavallo nelle stalle. Sono laggiù» le indicò un punto vicino alla costa rocciosa, dove la balaustra di pietra impediva di cadere nel precipizio della scogliera, e si trovava una piccola costruzione in legno, separata dalle altre di pietra e mattoni. «State attenti e buona fortuna» sussurrò quel saluto al suo orecchio, con gli occhi azzurri carichi di preoccupazione.

Quando tolse la mano da quella di lei, Aisling aveva un piccolo seme verde sul palmo. Chiuse le dita per custodirlo e non farlo cadere.

Scendere dal drago non fu semplice, nonostante Camelia si fosse abbassata più che poteva, senza distruggere nulla. Aisling chiamò in suo aiuto il vento che guidò lei e Rian, come fossero due foglie autunnali, adagiandoli a terra.

Rian fu scosso da un brivido appena i suoi piedi si posarono sulla pietra solida e la consapevolezza di quella realtà alterata lo colpì come uno schiaffo. Non gli avrebbero mai creduto se avesse provato a spiegare a quella gente che non era un assassino. L'elsa del pugnale del principe era ancora tra le sue mani quando erano entrate le guardie, la lama era sporca di sangue. Tutto ciò che poteva fare adesso era affidarsi a quella maga dall'abito rosso, che correva di fronte a lui.

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