Capitolo 11
Rian osservò dubbioso il volto di Grifar. Le sue labbra erano piegate in un sorriso sornione e continuava a scrutare la folla di nobili davanti a sé come se li dovesse catalogare e contare, come se non sapesse più dire dove si trovasse. Lui e Sioban lo avevano trascinato verso il muro e fatto sedere per terra, tra due colonne, lontano dal caos e dal banchetto.
«Non ho idea di cosa abbia bevuto» disse rivolto alla maga.
«Non regge bene l'alcool degli umani» constatò lei: «O forse hanno aggiunto nelle bevande qualcosa che fa male a noi». Sembrava piuttosto sospettosa, mentre continuava a tastare il volto del mago che si faceva via via più pallido e sudaticcio.
«Io lo reggo, reggo anche un castello» biascicò in protesta il mago, accartocciando la bocca in un broncio.
Rian diede una rapida occhiata ai nobili alle loro spalle, accertandosi che il principe fosse ancora preso dalle danze con la sua nuova dama, per poi tornare a controllare il mago.
«Almeno sembra che ci capisca ed è ancora cosciente» sussurrò elencando i lati positivi di quello che stava succedendo a Grifar.
«Forse» si mise a riflettere Sioban: «Ci serve del cavolo. Un bel frullato di cavolo per depurargli l'intestino».
«Mia madre usa l'aroma del finocchio, lo schiaccia tra le dita e lo passa sotto al naso di chi ha bevuto troppo» le raccontò: «Ma dove lo troviamo un cavolo? O qualunque altra erba?».
Sioban gli fece un occhiolino: «Lo creo io, tu procurami un bicchiere vuoto e magari dell'acqua».
Il ragazzo annuì e si diresse a passo svelto verso il tavolo da buffet. La dama che aveva piantato in asso nella pista da ballo lo stava ancora cercando, continuava a osservare tra le maschere in cerca del volto del suo volto. Fece finta di non averla vista e prese ciò che gli era stato chiesto, versando dell'acqua in uno dei tanti calici abbandonati sulla tovaglia di lino bianco.
Rovesciò qualche goccia dall'orlo strapieno, mentre passava il calice a Sioban, china accanto al mago. Un altro paio di piume colorate si erano staccate dalla sua bizzarra gonna. Lei sfregò pollice e indice sopra il bordo del bicchiere e chiuse gli occhi per concentrarsi. Rian si allungò giusto in tempo per vedere l'acqua acquisire un colore verdastro, gli sembrò che avesse cominciato a bollire.
«Ecco qua» sussurrò soddisfatta della sua magia, portando il bicchiere verso la bocca del mago: «Avanti bevi!».
Grifar oppose resistenza, inclinando il volto di lato come un bambino che non vuole prendere la medicina. «Non la bevo la tua brodaglia».
Rian sospirò accucciandosi accanto a loro: «Non è brodaglia, è...» cercò di ricordare il nome che aveva pronunciato il mago quando gli aveva consigliato di bere quell'infuso, che ora gli aveva fatto perdere il lume della ragione. «Il veleno di fata» completò, sperando di averlo ricordato correttamente.
Il mago lo guardò scettico ma lasciò che Sioban gli appoggiasse il bicchiere sulle labbra.
«Bisogna portarlo da qualche parte» disse lei, mentre lui beveva controvoglia: «Se dovesse vomitare sarà un pessimo spettacolo e poi deve riprendersi».
Grifar tossicchiò e allontanò il calice con la mano, del frullato gli era andato di traverso. Sioban lo posò sul pavimento, accanto alla sua coscia. Il bicchiere era ancora pieno per metà.
«Chiediamo alle guardie se possono aiutarci a farlo riposare da qualche parte» aggiunse la donna indicandole le armature ai lati di una delle quattro uscite del salone.
Rian annuì e aiutò il mago a rialzarsi, mettendogli un braccio sotto le spalle. Nehon stava venendo nella loro direzione, aveva uno sguardo preoccupato. Zallen invece sembrava essersi volatilizzato, così come le gemelle e Aisling.
«Vai» lo incitò Sioban, facendogli segno con le mani di muoversi: «Spiego io a Nehon che cosa è accaduto».
Il ragazzo annuì e anche se Grifar pesava e non lo aiutava per nulla, continuando a protestare di voler rimanere alla festa, lo trascinò verso una delle uscite. Nel tragitto urtarono alcune dame; il mago cercò di aggrapparsi a loro, chiedendo di essere salvato. Rian rispondeva con sorrisi tirati ai loro sguardi attoniti. Si sentì meglio, quando raggiunsero la semioscurità delle candele nel corridoio e la musica e il chiacchiericcio dei nobili furono attutiti dal muro.
La guardia che presenziava la porta li guardò incuriosito.
«Serve una mano ragazzo?» lo schernì avvicinandosi.
«Sì» rispose in modo sicuro: «Il mio amico avrebbe bisogno di un posto dove riposare, ha passato una brutta nottata e ora non si sente granché bene».
«Io mi sento... Mi sento benissimo a mani nude» farfugliò, cercando di sollevare le braccia verso l'alto, inventando frasi senza senso.
Rian sperò che non decidesse di usare il suo dominio sul fuoco proprio in quel momento, perché non era totalmente in sé e avrebbe potuto provocare dei danni al castello, o peggio... bruciare qualcuno. Cercò di togliersi dalla mente l'eventualità che potesse accadere, ma lo tenne lontano dalle tende di velluto rosso che schermavano alcune finestre.
L'uomo si trattenne dal ridere, ma aiutò Rian a sorreggere il mago dall'altro lato. Fece un cenno fischiando alla porta poco più in là, per attirare l'attenzione di un suo compare, nascosto nell'ombra del muro in fondo al corridoio.
Appena quella guardia li raggiunse il soldato che li stava aiutando fece una smorfia.
«Dove è finito Bhaltis?» gli domandò.
«Sarà andato a pisciare» s'intromise Grifar, ridendo da solo e attirando l'attenzione su di lui: «Dovrei andarci anche io, ora che mi ci avete fatto pensare».
L'altra guardia scosse la testa, senza far caso all'ubriachezza del mago, rispose come se non fosse nemmeno intervenuto: «Gli hanno dato ordine di andare in cerca del principe, che si è fatto sostituire da qualcuno per girovagare nel castello. Alcuni dicono in cerca di un'amante con un lungo abito rosso». Riferì ogni parola tenendo le spalle ritte e rimanendo sull'attenti.
L'uomo alzò gli occhi al soffitto e gli disse di prendere il suo posto per dargli il cambio finché fosse tornato. Rian cercò di non spaventarsi a quella rivelazione, doveva trovare Aisling, ma non poteva lasciare Grifar da solo.
La guardia li condusse lontano dal salone delle feste, attraverso il corridoio, e lui a ogni passo cercava di pensare ad una possibile soluzione. Forse sarebbe dovuto tornare indietro e chiedere a Sioban o Nehon di restare con il mago mentre si riprendeva e lui andava a cercare la ragazza.
«Non svenire» lo riportò alla realtà il soldato: «Sei diventato pallido, ragazzo magico. Non hai mai aiutato qualcuno a smaltire una sbornia?».
Grifar aveva chiuso gli occhi e piegato la testa verso il basso, sembrava che stesse per addormentarsi, ma continuava a mettere un piede davanti all'altro e camminare sorretto da Rian e dalla guardia.
«Io...» cercò di mettere in ordine i pensieri: «Sapete per caso dove è finito il principe?».
L'uomo lo guardò con fare annoiato. «Se lo sapessi lo avrei già detto. Alkemist» sussurrò quasi grugnendo quel nome, ma poi si corresse: «Il principe adora creare scompiglio, ci fosse un giorno in cui non fa penare le nostre dannate anime come un marmocchio, allora direi che è finalmente pronto a regnare».
«Non avete poi una così alta opinione di lui» Rian si strinse nelle spalle. Grifar sussultò aprendo un occhio, osservando le fiammelle ballare sopra il cero delle candele.
«Sì e non è un segreto. Soltanto una piccola cerchia di sudditi lo stima davvero. Lui pensa soltanto agli affari che può fare nel suo letto e ottiene tutto ciò che vuole, sempre. Ma come puoi ben intuire non ci è permesso insultarlo» si fermò: «Siamo arrivati, gira a destra e spingi quella porta ragazzo».
Rian eseguì l'ordine, togliendosi il braccio di Grifar dalla spalla per raggiungere l'uscio. La porta si aprì in un piccolo sgabuzzino di scope e catini di rame, una nicchia polverosa illuminata soltanto da una falce di luna proveniente da un alto lucernario. Tenne la porta aperta per l'uomo e il mago, che subito dopo venne depositato di nuovo per terra. Grifar appoggiò la nuca al muro e mugolò osservando la spada al fianco dell'uomo che lo stava aiutando. «Può affettare i draghi?» gli domandò indicandola: «Perché io sono un drago». La sua voce era carica d'orgoglio.
L'uomo sbuffò portandosi le mani ai fianchi. «Qui non farà del male a nessuno ed eviterà di farsi una cattiva reputazione» rispose soddisfatto, evitando di dargli retta.
Grifar si coprì la bocca con le mani e Rian si protese per afferrare uno dei tanti catini e porgerglielo sotto il mento. Gli posò una mano sulla spalla, preparandosi mentalmente a cosa sarebbe successo e ricordandosi quante macchie di vomito aveva pulito dal pavimento della taverna di sua madre.
«Non si fanno le promesse con i vasi da notte» annunciò in modo teatrale prima di vomitare la brodaglia che gli aveva fatto ingurgitare Sioban.
La guardia lo guardò schifato: «Ho passato di peggio, ma un mago di Gwarak in condizioni così misere non lo avevo mai visto. Da voi va di moda ridursi così alle feste? O lui è un esempio singolare?».
Rian si fece coraggio, non voleva perdere altro tempo. «Non saprei» rispose e poi decise di chiedergli un ulteriore aiuto: «Per favore, potete tenerlo d'occhio e rimanere con lui?».
Osservò quell'uomo di cui non sapeva nemmeno il nome, una barba rossiccia gli spuntava da sotto la maschera bianca, che rappresentava il muso di un lupo storpio.
«Ragazzo, veramente dovrei tornare al mio presidio alla festa» gli mormorò in risposta, contrariato.
Grifar gli afferrò il gomito: «Non lasciarmi da solo, Rian» brontolò impaurito, riducendo i suoi occhi a due piccole fessure, ma il ragazzo si liberò facilmente portando la mano del mago a sorreggere il catino.
«Per favore» implorò di nuovo l'uomo: «Credo che la ragazza che stia pensando di importunare il principe sia...» non sapeva come definire Aisling, ma lei gli aveva chiesto di fingere di essere il suo compagno: «Penso che sia la mia amata, si era allontanata dalla festa e non l'ho più vista».
Lo sguardo dell'uomo assunse una sfumatura piuttosto divertita, che fece pensare a Rian che non l'avrebbe aiutato oltre a quello che aveva già fatto per loro. «Avresti dovuto tenerla più stretta a te allora, se il principe la vuole se la prenderà con ogni mezzo».
Il mago del fuoco protestò. «Ahi!» si portò una mano al cuore, come se quelle parole avessero il potere di ferirlo. «Non mi avevi detto che avevi una compagna. Chi è? Come si chiama?».
Rian non gli diede retta e continuò a fissare la sua unica possibilità di andare a cercare Aisling, ancora in piedi di fronte a loro, a pochi passi dalla porta della stanzetta. Stava per dirgli qualcos'altro ma l'uomo lo interruppe. Scrollò le spalle, come qualcuno consapevole di cacciarsi nei guai. «Va bene, ma se non sarete tornato entro un tempo che considererò ragionevole me ne andrò lasciando il tuo amico qui da solo».
«Non farlo, non farlo. L'amore rende deboli e ho sentito che l'unico modo per sopravvivergli è camminare con le scarpe a rovescio» farfugliò Grifar, avvicinandosi il catino con faccia schifata e trattenendo un conato. Aveva parlottato sopra le ultime parole dell'uomo.
Rian scattò in piedi e ringraziò il soldato. Senza farselo ripetere due volte uscì dalla porta, la richiuse dietro di sé tagliando a metà una protesta colorita del mago del fuoco. Non sapeva per quanto tempo quella guardia sarebbe rimasta con Grifar e sperò che non succedesse niente di spiacevole. Non sapeva nemmeno dove poteva essersi cacciata Aisling e se fosse realmente con il principe, ma doveva trovarla. Pensò che sarebbe stato giusto tornare nel salone da ballo a riferire quanto accaduto agli altri maghi, ma non voleva perdere altro tempo prezioso.
Le parole di quella guardia gli rimbalzavano in testa ad ogni passo.
Il principe ottiene sempre tutto quello che vuole. Con ogni mezzo.
Nel suo sguardo aveva visto un misto di bramosa curiosità quando aveva guardato Aisling. Un brivido gli attraversò la schiena e si domandò perché lo stesse facendo, dopotutto quella maga non aveva nulla a che fare con lui. Sentiva quella situazione molto più grande delle sue possibilità. Come avrebbe potuto fermare il principe? Di sicuro non sarebbe bastato parlargli. Eppure non riuscì a tornare indietro.
Si fermò un paio di volte a diverse svolte, per ascoltare possibili rumori ma non udì nulla. Quei corridoi erano labirintici e molteplici porte ogni tanto si camuffavano perfettamente con i decori delle pareti che le percorrevano, celandole a uno sguardo poco attento.
Attraversare la foresta di Thanlos al confronto sembrava un gioco per bambini.
Il pensiero di quello che poteva fare Grifar se si arrabbiava, la realtà di non conoscerlo per nulla e il fatto che non fosse completamente lucido, lo fecero sprofondare, rendendo ogni suo passo pesante e insicuro. Come avrebbe fatto a trovare Aisling? Come sarebbe tornato indietro in tempo?
Percepì delle risate femminili dietro una porta, ma non accostò l'orecchio per origliare oltre il legno dipinto di bianco. Cominciava a sentirsi perduto e confuso, un drappello di cinque guardie passarono in un corridoio laterale, proprio di fronte a lui. Le loro calzature in cotta di maglia sferragliavano contro il pavimento. Decise di seguirle, ma attraversando uno snodo con una scala a chiocciola che conduceva verso l'alto, la sua attenzione fu attirata da uno spiffero gelido. Poteva provenire dalla notte che si infilava attraverso una finestra dimenticata aperta, eppure fu tentato di salire quei piccoli gradini di marmo.
Diede retta al suo istinto e più procedeva, cercando di non far rumore, proprio come se stesse andando a caccia nel bosco, più percepiva qualcosa permeare l'aria di un freddo pungente che gli solleticava la punta del naso e delle orecchie.
Si fermò a pochi passi da una porta chiusa. Dallo spazio tra l'anta e il pavimento sentiva frusciare il vento notturno, come se conducesse all'esterno. Si avvicinò, trattenendo il respiro, posando i palmi sul legno. Qualcosa spingeva l'anta dall'altra parte.
«Non vuoi davvero farmi del male, rovineresti tutto» stava dicendo una voce maschile, al di là del legno: «Lascia che ci pensi io a te».
«Non ho bisogno della vostra compagnia. Né delle vostre opinioni. Lasciatemi sola» rispose una voce femminile dal tono ancor più autoritario della sua controparte maschile. Era Aisling.
«Ma nel mio castello comando io, e siete costretta a fare ciò che vi chiedo, che voi lo vogliate o meno, a me non importa».
Rian deglutì. Doveva intervenire.
Sentì una forte pressione provenire dall'interno della stanza, nella quale il principe e la maga stavano discutendo. Ebbe l'accortezza di spostarsi appena in tempo, appiattendosi di lato contro il muro, prima che una folata di vento scardinasse la porta facendola cadere sul pavimento.
La luce lunare inondò il corridoio, in un cono luminoso, laddove prima la porta la bloccava.
Il principe applaudì. Il suo battere di mani risuonò fino alle orecchie di Rian, nascosto accanto all'uscio. Si sporse leggermente in modo tale da vedere Alkemist, che gli dava le spalle, avvolto in una camicia color argento, e Aisling, dietro a un piccolo tavolo di legno, che non si perdeva ogni suo singolo movimento.
«Quindi il tuo potere risiede nel vento, interessante. Sarebbe un bel cambiamento visto che mia sorella preferisce il ghiaccio, esattamente come nostra madre» disse, come se la maga gli stesse semplicemente dando una dimostrazione del suo dono.
«Se non volete fare la fine della porta vi consiglio di darmi ascolto e andarvene». Aisling cercò di intimorirlo, minacciandolo e serrando i pugni.
Ma il principe scosse la testa e posò una mano sulla superficie dello scrittoio. Esattamente sopra le pagine del libro che si stavano voltando da sole, le fermò e scosse di nuovo la testa con un cipiglio divertito. «Lo so che non puoi nuocermi con i tuoi poteri, quindi tutto ciò che ti resta da fare è compiacermi, tanto ho già deciso di trattenerti qui al palazzo dopo il mio compleanno».
«E se io non volessi restare?».
«Non esiste questa possibilità e anche se ora non ti piaccio, imparerai ad apprezzarmi».
Alkemist fece altri passi verso Aisling, che finì di nuovo con le spalle contro la libreria. Afferrò un grosso tomo e cercò di gettarglielo contro. Lui lo schivò e si mise a ridere. «Ma quanto siamo audaci e temerari».
La raggiunse e le mise i palmi accanto al viso, bloccandola contro il bordo degli scaffali. Aisling imprecò qualcosa a denti stretti. Il principe si portò una mano alla cintura e con un bagliore sinistro puntò un pugnale contro la gola della maga. Lei tentò di gridare ma la sua bocca venne subito tappata dalla mano libera di Alkmist.
«Sono sicuro che riuscirò a piacerti moltissimo» le sussurrò malevolo.
Rian entrò nella stanza con passo leggero, lo stesso che scricchiolava a malapena sul nevischio del bosco. Raccolse il libro che Aisling aveva lanciato contro il principe. Tenendolo con entrambe le mani si avvicinò alle spalle di Alkemist e glielo schioccò con forza sulla testa.
Il principe sbarrò gli occhi sorpreso dall'impatto che risuonò nella sua bocca, facendogli mordere la lingua. Il pugnale gli scivolò di mano mentre tentava di girarsi per vedere chi l'aveva colpito. La lama tintinnò schiantandosi sul pavimento.
Aisling caricò un colpo con il ginocchio e tirò un calcio nello stomaco del principe, che si piegò su sé stesso, trattenendo un'imprecazione.
«Andiamocene di qui» le disse Rian. Lei stava tremando per il sollievo, le afferrò la mano per aiutarla a scansare il corpo di Alkemist, accovacciato a terra fra loro.
«Guardie! Guardie!» rantolò il principe con il fiato corto, reggendosi il punto in cui lo aveva colpito la ragazza. Si allungò con impeto afferrando la gonna di Aisling prima che lo superasse, tirandola verso di sé.
Tossicchiò, riservando due occhi furenti al ragazzo che lo aveva colpito alle spalle. «Pagherete».
Rian cercò di non tremare. Aveva appena attaccato il principe, il futuro re del regno in cui viveva. Non avrebbe mai voluto farlo davvero, ma gli era sembrata l'unica soluzione per distrarlo. Lasciò andare la mano di Ais, si chinò di nuovo per afferrare il pugnale steso accanto al libro e tagliò via lo strascico di gonna che il principe si rifiutava di lasciar andare.
Dei passi risuonarono oltre la parete, nel corridoio. Non erano frettolosi, il principe parlava con un tono troppo basso perché potessero sentirlo, si era morso la lingua e del sangue gli bagnava le labbra. Un drappello di guardie che stava ancora continuando le ricerche stava passando per di là. Stavano parlando tra loro, chiamando a voce alta il nome del loro principe, probabilmente sperando che la smettesse di giocare a nascondino e decidesse di saltare fuori ed essere ragionevole.
«Guardie!» chiamò di nuovo Alkemist, prendendo fiato, e con un ultimo sforzo si protese cercando di rubare il pugnale dalla mano del ragazzo. Si tagliò il palmo sulla lama, mentre Rian alzava prontamente il polso, portando l'arma fuori dalla sua portata. Il sangue zampillò sulla sua pelle chiara in una piccola scia cremisi. «Guarda cosa hai fatto» imprecò amaramente, passando lo sguardo dalla ferita bruciante agli occhi increduli del ragazzo.
Aisling sollevò le mani e chiese al vento di spingerlo lontano da loro, contro il muro. Il nuovo impatto alla nuca gli fece perdere i sensi, distendendolo completamente sul pavimento. Uno schiocco raccapricciante colmò la biblioteca in un'eco, come se quel colpo gli avesse rotto il collo.
Rian posò il pugnale sporco a terra, proprio mentre due uomini in armatura facevano capolino sull'uscio.
«Hanno pugnalato il principe!» commentò inorridito uno dei due. Altre guardie li raggiunsero, calpestando il cadavere della porta della biblioteca.
«Sono assassini! Prendiamoli!» li spronò un altro uomo.
La maga afferrò prontamente Rian per farlo alzare e condurlo verso la piccola finestra. Un turbinio invisibile spaccò il vetro in una nube di schegge che, come se fosse esploso dall'interno, volarono su di loro. Aisling si coprì il viso con il braccio e si intromise tra la finestra e Rian.
Si issò sul davanzale e guardò alle spalle del ragazzo. Le guardie cercavano di lottare contro un vortice invisibile, che sibilava per tutta la libreria spostando i libri dagli scaffali e trascinandoli al centro della sala. Abbassò gli occhi verso il corpo del principe. Le sue palpebre erano chiuse e le sembrò che respirasse ancora, il suo ventre si alzava e abbassava appena, tra le mani stringeva il tessuto del suo abito e piccole macchie di sangue gocciolavano dalla ferita, chiazzando il marmo nello stesso punto dove lei si era rannicchiata a piangere.
Scosse la testa e puntò la sua attenzione su Rian. La guardava confuso da poco più in basso, con le mani protese verso il davanzale. Qualche scheggia gli aveva ferito superficialmente la guancia destra e, lo percepiva chiaramente, si era infilata anche nel suo braccio quando aveva tentato di proteggerlo. Cercò di non guardarlo allarmata, ma la verità era che aveva paura e la sentiva gridare dentro le sue ossa.
«Salta con me» urlò sopra il suono del suo incantesimo. Poi si lanciò all'indietro nel vuoto, oltre la finestra, dove la marea giaceva in un specchio nero di quella notte inconsapevole che tutto sarebbe cominciato a mutare per sempre.
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