Capitolo 10

Camelia e Cornelia tramutarono i vestiti da viaggio con quelli da festa, semplicemente schioccando le dita, mentre venivano scortati verso il salone delle feste. I mantelli verde scuro sparirono, dissolvendosi lentamente nel nulla, per essere sostituiti da larghi pantaloni di lino, giacche eleganti per gli uomini e ampie vesti per le donne.

Grifar indossava un completo rosso scuro sopra una camicia bianca, con i bottoni dorati coordinati, la fibbia delle scarpe in broccato marrone e i capelli legati con un nastro in un codino dietro la nuca. La giacca violacea di Nehon gli arrivava fino a dietro le ginocchia e in quella azzurra di Zallen numerosi ghirigori argentati gli scendevano lungo le spalle, ricordando vagamente il movimento delle onde del mare.

Sioban portava una gonna grigia, sotto un'eccentrico corpetto cucito con piume variopinte che sfumavano dal marrone al grigio, al giallo e al nero. Le due gemelle avevano lo stesso vestito verde chiaro con lo strascico, vari brillanti incastonati lungo i ricami in pizzo sulle maniche e un fiocco di un verde più scuro, posto alla fine di una grande scollatura dietro la schiena. Aisling sfoggiava un vestito rosso, di una tonalità più chiara dei suoi capelli, con la gonna composta da diverse balze che le lasciava scoperte le gambe dalle ginocchia in giù, ma che dietro la schiena le rimaneva lunga e ampia.

Camelia si fermò accanto a Rian, prendendolo per una manica e lo osservò scettica.

«Non puoi recarti al banchetto vestito in questo modo» gli disse stoicamente, schioccando la lingua. Rian si osservò e annuì: «Lo so, ma non ho altro con cui cambiarmi».

«Non è vero. Forza, scegli un colore» replicò la ragazza, mentre gli altri maghi continuavano a camminare lungo il corridoio dietro la gentile dama di corte che li aveva aspettati fuori dalla stanza.

Rian farfugliò qualcosa che Camelia non riuscì a capire, e vedendo che gli altri non li stavano aspettando si spazientì. «Nero, molto elegante, un'ottima scelta» disse contenta, mormorò qualcosa sottovoce e cambiò il vestiario del ragazzo.

La sua casacca di pecora venne sostituita da una giacca con il colletto alto, decorata da piccoli zaffiri posti sui bottoni e in linea dritta sulle spalle,  abbottonata sopra una camicia bianca che profumava di lavanda. I suoi pantaloni consunti adesso erano della stessa foggia di quella degli altri maghi ed erano neri, puliti e di un tessuto che sembrava lucido. Anche le sue scarpe sembravano brillare alla luce delle fiamme dei numerosi candelabri ai lati delle pareti. 

«Ora va meglio» commentò la maga e lo prese immediatamente sottobraccio, per poi tirarsi su con la mano un lembo di strascico e seguire il resto della fila.

«Grazie» le disse Rian, mentre ancora si ammirava stupito dall'alto al basso. Non aveva mai indossato degli abiti così belli e preziosi e non si sarebbe aspettato che una maga potesse fargli un simile dono. «Dove sono finiti quelli che avevo prima?» sussurrò incuriosito accostandosi all'orecchio della ragazza.

Lei gli sorrise: «Li hai sempre addosso. Non è divertente il potere della trasformazione?».

«Già» concordò, mentre camminavano più velocemente per raggiungere gli altri.

La dama che li stava accompagnando fece una riverenza teatrale, aprendo la gonna scura con le mani e li informò che erano arrivati e oltre la porta la nobile corte del re aveva già iniziato a radunarsi per festeggiare in onore del principe.

Zallen la ringraziò e si girò verso i suoi compagni di viaggio. Aggrottò le sopracciglia, cercando di sembrare minaccioso. «Non voglio fare da padre a nessuno questa sera» li avvisò, concentrandosi in particolar modo su Aisling e Grifar: «Divertitevi ma ricordate le regole. Restate nel salone, in modo tale da non perderci di vista quando l'alba inizierà a sorgere».

Tutti annuirono, tranne il mago del fuoco che roteò gli occhi verso il soffitto e si trattenne dal scimmiottare quella predica in un tono ancora più burbero.

Questa volta nessuna guardia aprì la porta per loro, anche se due uomini presenziavano l'entrata, uno per lato. Tuttavia erano fermi come statue e non sembrava nemmeno che stessero respirando.

Zallen afferrò le maniglie; due piccoli cerchi dorati. Emise un sospiro prima di aprire le ante e investire il corridoio di nuova luce e musica. Un vecchio con una tunica rigida e degli ampi pantaloni a sbuffo a strisce verticali bianche e rosse, gli si parò davanti.

«Chi devo annunciare?» gli chiese pigramente.

«I maghi di Gwarak» rispose il mago. Rian notò che questa volta aveva delle calzature a coprirgli i piedi. Nere, con la punta rivolta verso l'alto, simili alle sue.

Il vecchio sbatté a terra un bastone due volte, reclamando l'attenzione di tutti i presenti. I musicisti smisero di suonare, una grassoccia signora vestita di broccato lillà aveva appena cominciato a intonare qualche nota.

Pum. Pum.

Ripeté il titolo a voce alta e tutti gli occhi si levarono verso i nuovi arrivati.

Rian s'irrigidì teso. Aveva cacciato molte volte nella foresta di Thanlos, imparando a farlo all'età di sedici anni, copiando gli altri cacciatori. Conosceva lo sguardo smarrito di un cervo o di una lepre quando erano ignari della sua freccia, nascosta nel silenzio della boscaglia e poi la consapevolezza del terrore quando la sentivano colpire, scalfirgli la pelle e prendere la loro anima. Si sentiva in quello stesso modo, camminando tra i maghi per quel grande salone, mentre la nobiltà del suo regno lo osservava credendolo ciò che non era.

Si chiese se in quel momento avesse lo stesso sguardo ignaro e perso nel vuoto; non sapeva dove posare i suoi occhi. La musica ripartì poco dopo e i nobili ripresero a ballare, chiacchierare fra loro, o avvicinarsi al buffet, disposto su un lungo tavolo affianco al muro e illuminato dalla luce lunare di una grande terrazza; forse la stessa che dava sul cortile del palazzo.

Ogni vestito era impreziosito da fili doro o pietre colorate, ogni nobile portava una maschera a coprirgli metà o l'intera parte del viso. Alcune erano semplici strisce di pizzo, altre simboleggiavano il sole, altre ancora una mezza luna o più appariscenti musi di animali selvatici come falchi, lepri, cervi e orsi. Alcune erano dipinte da motivi colorati, altre da scritte che assomigliavano a parole strappate da pagine di qualche libro.

Il re e la regina non erano presenti; ma accomodati su due sedie dallo schienale imbottito, poste sopra un piccolo palchetto rialzato in fondo alla sala, i due principi di Far osservavano i nobili divertirsi. Due lunghi candelabri facevano luce sui loro volti raggianti.

La principessa sovrastava la sua sedia con un abito bianco dalla gonna larghissima. Una cascata di riccioli castani le scendeva lungo le spalle e gli occhi azzurri fissavano incuriositi dalla parte di Grifar e Rian. L'intreccio argentato del suo diadema brillava sulla sua fronte bianca e sembrava troppo largo, come se potesse scivolarle dalla testa se solo avesse guardato il pavimento.

Il principe accanto a lei, avvolto in un completo blu scuro, sorrideva verso la sua stessa direzione, con il mento appoggiato al palmo e una maschera a forma di muso di volpe a celargli la metà superiore del volto.

La musica era allegra e spensierata. Le dame volteggiavano al suo ritmo nella pista da ballo, accompagnate gentilmente dalle mani dei loro cavalieri. Grifar si avvicinò a Rian, guidandolo verso il banchetto. Il lungo tavolo era imbandito da calici dorati e cibi fumanti, rotoli di carne in piatti piani, un fagiano coperto di miele servito su un vassoio al centro del tavolo, frutta dentro grandi coppe trasparenti, patate, stufati e caraffe di acqua e vino.

«Perché hanno le maschere?» chiese Rian al mago, che osservava il cibo come se non mangiasse da giorni, mentre lui avrebbe voluto avere un sacco dove nascondere la maggior parte delle pietanze per portarla a Thanlos.

«Non ne ho idea, ma non ci hanno nemmeno avvisato di farcene qualcuna» gli rispose, per afferrare un piattino e avventarsi sul buffet con l'intenzione di riempirlo finché fosse stato stracolmo. «Mangia e divertiti, approfitta di tutto questo» continuò radioso, facendo un ampio gesto verso la festa alle sue spalle.

Rian staccò un acino d'uva verde da un grappolo che pendeva da una ciotola e se lo portò alle labbra. Gli sembrò così strano servirsi di qualcosa dalla tavola di un re, poteva essere dentro un sogno.

Un tocco sulla spalla lo fece sussultare. «Vi andrebbe di ballare?» gli domandò timidamente una donna stretta in un abito rosa cipria fin troppo attillato e con un'elaborata acconciatura color rame trattenuta da numerosi fermagli a forma di farfalla sul capo. Attorno agli occhi marroni aveva una maschera in pizzo rosso che le metteva in risalto il trucco sulle gote e uno sguardo accogliente, adulante e sicuramente qualche anno in più di lui.

«Accetta!» disse il mago del fuoco al fianco, prima di infilarsi una forchettata di carne in bocca.

«Veramente...» cominciò a protestare Rian, ma la donna gli aveva ormai afferrato le mani e lo stava conducendo verso la pista, senza nemmeno aspettare la sua risposta.

Cercò di non pestarsi i piedi, e soprattutto di non calpestarli alla sua dama, che gli sorrideva e si portava una sua mano dietro la schiena continuando a stringere l'altra. Si guardò attorno, agitato, cercando di copiare le movenze degli altri danzatori.

«Avete mai ballato?» rise la donna, osservandolo così impacciato.

«Di solito non ballo, vado a caccia» le rispose il ragazzo, avvicinando il volto al suo, affinché potesse udirlo sopra la musica e le risate.

Continuò a farla girare tra le sue braccia. Incrociò lo sguardo di Camelia, o forse era Cornelia, ballare con un altro cavaliere e sfrecciargli vicino in una giravolta. Fece piroettare anche la sua dama, che tornando al suo posto, di fronte a lui, gli si fece più vicina.

«Eppure non avete le mani di un cacciatore» commentò, continuando a sorridergli.

Rian soppesò quelle parole, storcendo le labbra. Di sicuro quella donna non aveva mai avuto a che fare con qualcuno che facesse un lavoro così umile e non sapeva nemmeno che cosa stesse dicendo.

«Ho detto qualcosa che vi ha offeso?» si preoccupò lei.

Ma il ragazzo scosse la testa e il suo sguardo si catapultò in quello del principe. Era fermo sempre nella stessa posa da quando i maghi erano entrati in sala, fissava un punto preciso. Sua sorella stava ridendo alla battuta di un ragazzo accanto a lei, vestito in un completo bianco come il suo. Una maschera da gufo gli copriva interamente il volto e se ne stava chino in avanti per sussurrale qualcosa direttamente all'orecchio.

Rian seguì la traiettoria degli occhi del principe, per ricongiungerli in quelli di Aisling, rimasta accanto ad una delle colonne vicino alla terrazza. La luna illuminava il suo viso, rendendolo più pallido e proiettando la sua ombra sul pavimento. Il suo sguardo era cupo, gli occhi sembravano più scuri, saturi di tristezza, si stringeva le braccia nude al petto, come se dovesse schermarsi dal freddo. Quell'espressione indispettita la conosceva bene, Nedera ne faceva una simile quando lui si rifiutava di uscire con lei.

«Devo andare» disse alla sua dama, con l'intenzione di raggiungere la maga

«Ma il ballo è appena cominciato, vi prego restate» lo pregò, piantandogli le unghie nei polsi, come se potesse fermarlo.

Aisling sussultò visibilmente e si diresse ad ampi passi verso una delle tante uscite rimaste aperte ai lati del palchetto dove si trovavano i principi.

Rian si scostò dalla donna per seguirla, notando che Alkemist si alzava dalla sua sedia. Ma mentre attraversava la sala, chiedendo permesso per farsi strada tra i nobili, Grifar gli si parò davanti.

«Devi assaggiarlo assolutamente» gli disse porgendogli uno dei calici che aveva in mano, nel quale galleggiava un liquido rossastro. «Lo hanno corretto con qualcosa. Non è il solito veleno di fata, assaggia».

Gli porse il bicchiere in modo così frettoloso che si scontrò con la giacca di Rian e qualche goccia fuoruscì dal bordo e gli macchiò la camicia.

«Sei ubriaco?» gli domandò impensierito, afferrando il bicchiere per posarlo su uno dei tanti vassoi vuoti con i quali degli inservienti passeggiavano tra la folla.

«Io? No! Assolutamente no!» gli rispose. 

Rian allungò il collo oltre la spalla del mago per vedere il principe sparire oltre la soglia; la stessa dove era fuggita poco prima Aisling.

«Ais non deve ballare questa sera» gli disse categorico.

«Oh, ma dai. Se vuoi impressionare il pubblico, guarda che lei volteggia da far spavento» ridacchiò tra sé e sé il mago.

«Grifar dico sul serio» si avvicinò al suo orecchio per mormorargli la sua preoccupazione: «Il principe la guarda in modo strano».

Il mago continuò a ridacchiare. «Mi fai il solletico» disse grattandosi la guancia con la mano libera: «Piuttosto dimmi dove hai lasciato la tua dama. Vorrei ballarci io». Fece un passo in avanti ma perse l'equilibrio, inciampando addosso a Rian che finì per terra assieme a lui. 

Il principe era uscito dalla sala per seguire quella maga dall'abito rosso che stuzzicava le sue fantasie; ma un uomo della scorta di suo padre gli si parò davanti, sbarrandogli la strada.

«Non potete lasciare la vostra festa» gli disse la guardia.

«Faccio quello che mi pare» gli rispose acido Alkemist.

Ma la guardia non lo lasciò passare: «Vostro padre ha detto espressamente che dovete tenere compagnia alla corte».

«Valys è ancora nel salone, ci penserà lei» si puntò le mani sui fianchi.

«Mi dispiace ma non posso lasciarvi passare» rincarò l'uomo, continuando a fissare negli occhi il principe ribelle.

Il principe sbuffò e lo sguardo gli cadde su una giovane coppietta che si stava baciando accanto a una finestra. Tossicchiò per disturbarli, facendo dei passi verso di loro. La ragazza sbatté le palpebre confusa, mentre continuava a tenere le mani dietro il collo del suo amato, il ragazzo invece gli rivolse un'occhiataccia, ma poi si accorse di aver di fronte il principe e si affrettò a scusarsi.

«Vi ordino di essere me per qualche minuto» disse il principe, togliendosi la giacca e la maschera e porgendoli al ragazzo, che li prese titubante tra le mani, staccandosi dalla sua innamorata. 

«Cosa dovrei fare?» gli domandò confuso.

«Indossateli» disse il principe: «E divertitevi tornando nel salone. Si tratta di un gioco che ho appena inventato per animare la serata e ho scelto voi, siete fortunato».

«S.. Sì, sire» balbettò il ragazzo, ancora più confuso. La sua fidanzata prese la giacca e lo aiutò a cambiare la sua per indossare quella del principe, che compiaciuto si allontanò di nuovo verso la guardia che aveva osservato tutto con faccia stranita.

«Ora avete il vostro principe» decretò facendole un leggero inchino con un sorriso divertito, per poi fuggire via, verso il corridoio dove la maga si era dileguata.

Rian si portò una mano alla fronte, allontanandosi dal viso di Grifar e tentò di scansarlo, rialzandosi appena in tempo per vedere il principe far ritorno in sala, assieme a una ragazza con un vestito giallo e diversi segni rossi sul collo.

«Vi siete fatti male?» chiese Sioban avvicinandosi a loro e aiutando Grifar a rialzarsi. «State attirando un po' troppo l'attenzione».

I nobili accanto a loro si erano scostati per non essere urtati e stavano ridacchiando della loro caduta, ma Rian non ci badò.

«Hai visto dove è finita Aisling?» domandò in risposta alla maga, massaggiandosi il gomito che aveva sbattuto per terra, sperando che fosse tornata indietro.

Sioban aggrottò le sopracciglia, nello stesso modo in cui le incurvava Zallen: «Era qui un attimo fa, sarà tra la folla». In effetti i nobili erano talmente tanti da riempire quasi tutto il salone, lasciando pochissimi spazi liberi, ad eccezione della parte adibita a pista da ballo e l'angolo dove i musicisti stavano ancora suonando. Gli invitati erano continuati ad arrivare, rendendo quel salone quasi claustrofobico.

Grifar si avvinghiò al braccio della maga per evitare di cadere di nuovo.

Il principe cominciò a danzare con la sua dama dal vestito giallo e venne presto inghiottito tra le gonne delle altre dame e lo sfavillio della luce dei candelabri.

«Mi daresti una mano?» gli chiese Sioban, cercando di sorreggere il mago del fuoco: «Se non lo rimettiamo in sesto per l'alba ci rovinerà lo spettacolo di magia». Una piuma marrone le si staccò dal corpetto precipitando rovinosamente ai loro piedi.

Rian sospirò, guardò di nuovo verso l'uscita dove Aisling era sparita e poi il volto della maga della terra. Le si avvicinò, posando un braccio sopra le spalle del mago ubriaco.

Il principe continuò a camminare, aumentando la sua andatura, sperando di essere fortunato. Non aveva visto dove la ragazza si era diretta, ma conosceva il palazzo come le sue tasche e ogni passaggio segreto. Sapeva che l'avrebbe trovata, ma voleva fare presto, per evitare che tornasse verso la sala da ballo.

Svoltò l'angolo del corridoio e salì una scalinata a chiocciola che conduceva verso la biblioteca. Non c'era più nessuno a sbarrargli la strada, quasi tutte le guardie del palazzo erano rimaste a sorvegliare il salone da ballo e le stanze di suo padre. Vide un lembo di una gonna rossa strisciare come un serpente dietro un angolo. Sentì il cigolio di una porta che veniva aperta. Rimase nascosto dietro il muro, mentre sentiva i passi della ragazza dirigersi verso la biblioteca del palazzo. Un sorriso compiaciuto gli solcò le labbra, avrebbe aspettato il momento giusto per sorprenderla, come fanno i più abili predatori.

Aisling non sapeva dove andare. Tutto ciò che voleva era allontanarsi da quei balli e da quella gioia e rinchiudersi da qualche parte. Le lacrime le pungevano gli occhi, ma lei cercava in tutti i modi di trattenerle. Non avrebbe pianto, non avrebbe versato un'altra lacrima per lui. Se socchiudeva le palpebre vedeva ancora il sorriso stampato sul volto della principessa e lui che la faceva ridere e le passava le dita sulla spalla nuda. Lo aveva riconosciuto, anche se aveva una maschera che rappresentava un gufo a coprirgli il volto. Non si era mai avvicinato per parlarle, eppure i loro sguardi si erano incrociati più volte.

Sentiva il corpo leggero, come se potesse svanire da un momento all'altro, ma il cuore l'arpionava a quella triste verità, a quella realtà che non voleva accettare. Decise di fermarsi. Il suo petto si alzava e si abbassava al ritmo martellante e forsennato del suo battito cardiaco, aveva il fiatone per la corsa, il respiro pesante. Aprì una porta e si ritrovò dentro una biblioteca.

Non c'era nessun lume a illuminare le file di tomi sugli scaffali, soltanto la luna oltre le finestre proiettava dei fasci di luce nella stanza. Aisling si accoccolò contro uno scaffale e si lasciò scivolare fino a sedersi sulle pieghe della propria gonna. Osservò lo scrittoio al centro della stanza al limitare di un raggio lunare, prima di portarsi le mani sugli occhi e stropicciarli. Distese le ginocchia e cercò di calmarsi, ma la verità era che assistere a quella scena le era sembrato come ricevere una pugnalata nel petto e un dolore lancinante continuava a mozzarle il respiro.

«Non gradite la festa?».

Una voce le fece alzare il volto verso la semioscurità, per trovarsi davanti la figura del principe Alkemist. In un primo momento non ci fece nemmeno caso, le sembrò quasi di viaggiare dentro un sogno, ma poi il principe si accucciò di fronte a lei, piegandosi sulle ginocchia.

«Non siete in vena di parlare con me?». Allungò una mano per sfiorarle la guancia con due dita, un gesto lento, dosato, come se dovesse toccare un animale spaventato.

Aisling s'irrigidì, trattenne il fiato e abbassò lo sguardo verso il pavimento per non fargli notare che aveva gli occhi lucidi.

«Stavate piangendo?» riprovò una terza volta, intercettando testardo i suoi occhi.

La ragazza gli afferrò la mano e la scostò malamente. «Non è affar vostro, mio principe» cercò di non essere scortese, ma il suo tono era prepotente.

Tuttavia il principe sorrise e prese le sue mani fra le sue: «Scommetto che non siete timida e che soffrite di pene d'amore. Lo vedo dai vostri occhi. Non dovete per forza sottostare a un protocollo» le si avvicinò lentamente, posando la fronte su quella di lei. «Adesso siamo soli, nessuno ci vede, nessuno ci sente. Potete confidarmi le vostre paure».

Aisling continuò a tenere lo sguardo rivolto verso il basso. Il principe scivolò con le labbra accanto al suo orecchio e le massaggiò il dorso delle mani con i pollici.

«Conosco un buon metodo per far svanire qualsiasi dolore insidi la vostra anima» le sussurrò, accarezzandole la pelle con il suo fiato.

La maga ritrasse il capo, andando a sbattere contro il bordo di un basso scaffale. Trattenne un lamento e sibilò contro il principe: «Io invece penso che voi reali dovreste farvi passare la voglia di accoppiarvi con quelli come noi». Un brivido le passò lungo la schiena e si morse le labbra, aveva voglia di insultare il principe ma si trattenne.

Alkemist ridacchiò in risposta a quell'astio che tanto lo divertiva: «Più è difficile e più è intrigante, non credi?».

«Lasciatemi in pace» protestò Aisling e cercò di spingerlo via per rialzarsi da terra. Ma il principe fu più svelto e le prese il mento con la mano, bloccandole il volto affinché si guardassero.

Nella stanza si alzò del vento che fece voltare le pagine di un libro rimasto aperto sullo scrittoio e ondeggiare l'orlo della gonna della maga che lo stava richiamando. Il principe non rimase intimidito dalla magia, come se fosse abituato a certi trucchi, disse: «Mia madre è una maga. Non siamo poi così diversi noi due e potrei farti restare qui con me, coprirti di attenzioni e gioielli, in cambio di ogni tua singola notte e il tuo sovrano ne sarebbe felice».

Aisling si divincolò dalla sua presa. «Mai!» rispose guardandolo con odio. Il principe la lasciò andare concedendole dello spazio e lei frappose lo scrittoio tra loro.

«Non osate mai più toccarmi» lo minacciò, arrancando all'indietro per distanziarsi da lui.

Il principe si leccò le labbra: «Vi convincerò del contrario e mi chiederete, anzi mi implorerete, di farlo». Una scintilla maliziosa gli faceva brillare gli occhi in quella semioscurità e Aisling si pentì di essere fuggita dalla sala delle feste, perché anche se aveva infranto spesso alcune regole del trattato, lì non poteva difendersi, non contro una persona così importante come il principe Alkemist.

Si alzarono in piedi entrambi, pronti a fronteggiarsi come un lupo e un serpente.

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