PASSIONE

Sapevo di esserci. Lo sapevo perché le vene pulsavano, ricordandomi il senso di fame che si era impossessato di me la notte precedente. Quando ero nata. Mi sembrava assurdo alla mia età, pensare di essere appena nata. Eppure era successo.

Ero sdraiata in un letto. Le lenzuola calde sfioravano la mia pelle, delicatamente. Ero fredda? Forse per Valentine no, magari per chi era ancora vivo, si. In ogni caso, io non provavo freddo. Non provavo niente, se non la quiete allarmante, che veniva intaccata solo ogni tanto dai morsi della fame. Ogni quanto doveva mangiare un vampiro giovane? Avevo letto così tanti libri sui vampiri, che tutte queste domande che avevo in serbo, non mi sembravano rendere giustizia alla cultura di loro che mi ero fatta.

Rimasi distesa in quel letto, anche quando la porta della stanza venne aperta e il profumo di Valentine si insinuò nelle narici ricordandomi quanto fosse predatore e al contempo affascinante. Forse era l'essenza di vampiro ad attirare le persone, anche se eravamo pericolosi.

Si mosse per la stanza, senza parlare e restai dov'ero senza dargli modo di credere che fossi sveglia. Solo quando un odore dolce come il miele mi invase i sensi mi costrinsi ad aprire gli occhi per vedere chi oltre al mio creatore fosse nella stanza.

A guardarmi sembravo oscena. Seminuda nel letto, coperta da un sottile lenzuolo. Non indossavo altro che gli slip e sorprendentemente, non mi imbarazzava mostrare il mio decoroso seno all'individuo che mi stava di fronte, con le ginocchia appoggiate al mio materasso e uno sguardo rapito dalla mia presenza. Dietro di lui, Valentine mi scrutava, senza dire una parola ma contenendone molte nei suoi occhi.

Mi aveva portato la cena a letto. Dovevo considerarla una galanteria? Una sorta di vizio? L'uomo che stava di fronte a me era di bell'aspetto. Alto e dal petto glabro, indossava solo dei jeans sgualciti da cui si notava un'imbarazzante erezione. Cosa lo eccitava? Io o ciò che pregustava capitasse? Il mio sguardo corse dal suo a quello di Valentine nella ricerca di un chiarimento; quest'ultimo mi sorrise, divertito del mio smarrimento.

Il mio cibo era eccitato di essere il mio cibo. Non sapevo se dovevo considerarmi lusingata o nauseata.

Senza che lo istruissi, l'uomo si spostò sul letto, gattonandomi accanto senza staccarmi gli occhi di dosso; Valentine lo seguì, venendomi accanto.

«Sa cosa siamo» mi bisbigliò all'orecchio, procurandomi un brivido di piacere che sembrò trasmettersi ad ogni singola parte del mio corpo. «Insieme» bisbigliò ancora. Sì. Volevo cenare insieme a Valentine.

Nell'immediato mi ritrovai in ginocchio, con le mani protese verso l'uomo. Non si mosse, nemmeno quando le mie unghie graffiarono la sua pelle. Ebbe un sussulto e l'erezione crebbe, tenuta a freno dai pantaloni.

Era mio. Era nostro.

Le mani di Valentine spaziarono avide sul suo corpo, si voltò aspettando che facessi lo stesso ma era così estranea questa situazione per me che non perdevo ancora quelle abitudini umane di pudore e senso del decoro. L'uomo mi afferrò per la vita, lasciando che il mio seno sbattesse contro il suo petto. Non potei fare a meno di lanciare un'occhiata a Valentine, che si stava godendo la scena con piacere inaspettato. L'odore di miele dell'uomo si diffuse sulla mia pelle compenetrandomi. Rimasi paralizzata da quella fusione di odori e di sapori. Era come se il suo odore mi fosse scivolato in gola e riuscissi ad abbeverarmi da quella sensazione così intima. I denti spuntarono fulminei, affamati anche loro di quel sangue così atteso. All'uomo non fecero paura, anzi, protese la gola e la mia bestia ruggì nelle profondità del mio essere, avventandomi sulla sua carotide e mordendo affamata.

Un guizzo di sangue schizzò le lenzuola bianche mentre cadevamo sul letto una sull'altro.

Succhiavo avidamente quel nettare proibito, come un cucciolo in cerca di latte o un bimbo cupido di gelato. Il cuore dell'uomo di miele danzava frenetico in petto, sbattendo contro il mio ormai arido. Eppure mentre mi abbeveravo di lui, era come se anche il mio danzasse ritmicamente insieme al suo.

La bocca di Valentine delineò una scia sul collo dell'uomo, con la lingua leccò i rivoli di sangue che sfuggivano alle mie labbra. Era così eccitante e nebuloso questo desiderio che mi invadeva che fui sorpresa quando le mie mani andarono in cerca del corpo di Valentine.

Non se lo fece ripetere.

Cercò il mio, occupandomi la bocca con la sua e rubandomi quel sangue. Mentre il battito del nostro uomo si affievoliva, il desiderio della sete sfociava in qualcos'altro che nello sguardo di Valentine trovai corrisposto. Affondando i denti dove io stessa prima, avevo abusato, attinse ciò che restava.

Fu rapido. Preciso. Un maestro in quest'arte.

I suoi occhi neri divennero pozzi profondi mentre le sue dita rincorrevano esperte il mio seno, stuzzicandolo e lasciandomi godere di quel doppio piacere. Si staccò dall'uomo con un leggero accenno di sangue sulle labbra e lo spinse giù dal letto, ormai morto.

Cos'ero diventata? Complice di un assassino. Un mostro.. sì, un mostro.. ecco cos'ero.

Valentine non si curò più di lui. Non si prese briga di dare un contegno al suo cadavere e senza indugi mi afferrò la vita, tirandomi contro di se. All'infrangersi dei nostri corpi seguì un brivido, lungo e denso, che mi scivolò fino all'inguine costringendo a sorreggermi a lui, devastata da quell'imbarazzante reazione. Per la prima volta dopo quel rincorrersi, Valentine cercò la mia bocca e lasciai che la sua la raggiungesse. Pensavo che sarebbe stato un bacio ruvido e poco passionale ma l'intensità mi sorprese. Le nostre labbra si fusero, voraci l'una dell'altra, assaporando vicendevolmente il sangue rimasto nelle nostre bocche.

I suoi movimenti erano concisi, tempestivi e impreziositi di attenzioni. Le sue mani si raccolsero attorno ai miei glutei. Sebbene potessi non respirare, la necessità di scandire quegli attimi in intervalli, mi parve essenziale.

Afferrò una ciocca dei miei capelli, con poca gentilezza, tirandomi verso il basso. I denti mi graffiarono le labbra, lunghi e appuntiti, scivolarono rapaci al collo, addentandolo.

Sentii le zanne affondare nella carne e mi aggrappai a lui, allibita ma anche sopraffatta da un inaspettato piacere. Lo sentii sfamarsi, dissetarsi di me.

L'erezione premette, tesa tra i nostri corpi separati solo da pochi indumenti. Mi sfuggì un gemito, mentre il sangue colava lungo il mio collo, tra i seni, impregnandomi gli slip. Si staccò dalla mia gola, con le labbra macchiate del mio sangue e senza ripulirsi cercò nuovamente la mia bocca.

Mi ci infransi contro, leccando il contorno delle sue labbra, raccogliendo i resti di quel dolce ruscello rosso.

«Prendimi» bisbigliò offrendomi la gola.

Baciai ogni singola parte del suo volto, delineando una scia di baci che partendo dagli zigomi, scendeva sulla mandibola ed infine al mento. Il suo sapore era la droga più dolce e squisita; così selvaggio ed erotico. Assaggiai il suo pomo, con un delicato risucchio, lasciandoci scivolar sopra la lingua, avida. Valentine fremette e fu un piacere riconoscere il desiderio nel suo sguardo. Un desiderio crescente, un desiderio che anch'io bramavo placare. I miei canini si allungarono, abili armi. Letali e spietati. Si inarcò contro di me quando le punte scavarono la sua bianca pelle, sussultando mentre le zanne affondavano. Il sangue mi invase il palato come un fiume che sfonda gli argini. Ingoiai ad occhi socchiusi, con la sua mano che mi tratteneva. C'era qualcosa in quel gesto che ci rendeva complici e intimi di un rapporto che andava al di là tra creatore e la sua creatura. Appartenevo a lui tanto quanto lui apparteneva a me.

Mi staccai inebriata dalla potenza di quel sangue, sebbene non ne avessi bevuto molto.

Restammo un attimo immobili, scambiandoci un sorriso complice prima che le sue mani, con tocchi lievi e leggiadri scivolassero sfarfallanti sulla mia schiena, fino al sedere.

Non era finita qui. Non volevo finisse qui.

Ogni mia reazione, era dettata da un istinto primordiale, primitivo. Complementari come due pezzi di puzzle riuscivamo ad anticiparci le mosse, muovendoci in sincronia come artefici di un'esemplare e quanto più intima danza.

Raccolse i miei capelli in una frettolosa coda, mentre lasciavo scorrere le mani sul glabro petto. Non avevo mai provato sensazioni tanto intense con un uomo, soprattutto senza ancora aver concluso niente.

Lasciò che scendessi ad assaporare il suo torace, seguendo lungo lo spazio fra i pettorali, fino alla strisciolina di peli che svaniva dentro i jeans. La mia fretta veniva tenuta a bada dal suo smodato controllo.

Arrivata con le mani sui passanti del pantalone non potei ignorare la tensione sotto la zip «Ma allora la storia che i vampiri non possono avere erezioni non è vera»

«Lascio a te giudicare»

Con mani tremanti slacciai il primo bottone, abbassando la cerniera e lasciando scivolare sulle cosce i pantaloni. Le mani di Valentine strinsero il lenzuolo macchiato di sangue mentre senza delicatezza strappavo via i jeans, gettandoli giù dal letto, sul cadavere dell'uomo che sapeva di miele.

Irrispettosa e insolente. Non era da me ma molte cose erano cambiate.

Mi afferrò per i polsi e in un attimo mi ritrovai sotto il suo peso, premuta contro il materasso mentre il suo corpo aderiva al mio senza gravare ma lasciando che ogni lembo della sua pelle ricalcasse la mia. Nella stanza si levò il mio sospiro che riempì l'ambiente, pregno di desiderio e di urgenti bisogni. Socchiusi gli occhi mentre i suoi denti graffiavano le clavicole scivolandomi sul seno. Istintivamente il mio corpo si inarcò contro il suo quando risucchiò un capezzolo fino a farlo scomparire fra le proprie labbra. Oltre ad essere portatore di morte, riusciva ad avere una delicatezza senza eguali. Ogni gesto era enfatizzato dalle attenzioni, dalla lentezza e dalla cura che metteva nel regalarmi quegli attimi.

Fui costretta a premermi una mano alla bocca, per mitigare i gemiti che non riuscivo a trattenere. Era tutto così intenso che il coinvolgimento mi comprometteva a trecentosessanta gradi.

Valentine lasciò che le mani mi scendessero per delinearmi due linee parallele al seno sino a raggiungere gli slip che mi vennero sfilati in un repentino gesto. Appena questi raggiunsero i suoi pantaloni, rimase in muta contemplazione, con uno sguardo brillante e ricolmo di desiderio.

Prima che potessi aiutarlo nello sfilarsi i boxer, scese tra le mie gambe e la sua bocca raggiunse delicate e poco accessibili parti di me. La lingua si muoveva veloce, tanto quanto il mio respiro che era utile e inutile al contempo; come un orologio che scandiva con precisione i picchi di emozioni e sensazioni.

Le lenzuola furono l'appiglio a cui mi aggrappai mentre il piacere mi stava devastando i sensi; mentre l'orgasmo ribolliva nelle profondità del mio animo per diffondersi in tutto il corpo in un'esplosione caleidoscopica.

Valentine si fermò proprio mentre ne chiedevo ancora, insaziabile di quel piacere che sapeva trasportarmi in altri posti e spazi. Si sfilò virilmente i boxer e lasciò che il mio sguardo ne seguisse la traiettoria mentre si accumulavano vicino al corpo dell'uomo di miele, spettatore di un peccato semi consumato.

Quando lo sentii posizionarsi tra le mie gambe, non ebbi dubbi su come sarebbe finita la serata.

Lo volevo e lui voleva me.

Lasciai che avesse accesso ad ogni mia parte più profonda, affondando in me sia col corpo che con lo spirito. Ci fondemmo l'uno all'altra in un piacere mai provato. In una piacevole e inebriante sinergia. E mentre i movimenti diventavano affettati e bisognosi, mi concessi una lunga panoramica del suo corpo statuario; di come i muscoli guizzassero sotto la pelle diafana, di come la fronte gli si imperlasse di sudore per lo sforzo e le spalle si contraessero con possanza.

Il suo grido di appagamento si fuse al mio in un connubio ricolmo di piacere e prima che i nostri corpi si separassero ancora, mi elargì un tacito bacio casto.

Restammo a lungo in silenzio ad ascoltare i rumori della notte che accompagnavano i nostri pensieri.

«È stato... non ho parole per descriverlo» riuscii a dire dopo diversi tentativi. La voce mi aveva quasi del tutto abbandonato.

«E allora non farlo» rispose lui, in un roco ed eccitante tono, afferrandomi per la vita e tirandomi a se in un abbraccio amorevole. «Anche per me è stato indescrivibile.. ora dormi piccola, arriva l'alba» le sue labbra si posarono sulla mia nuca, leggere e delicate.

«Non durerà per sempre questa nostra pace» ero fatalista probabilmente ma era stata la mia stessa vita a insegnarmelo.

«Forse no.. ma ogni vampiro si sceglie i suoi per sempre»

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