ALTRI COME ME

Ancora non ci eravamo spostati dalla mia citta nativa. Nonostante Valentine ne parlasse costantemente, mi rendevo conto che restare qui, anche per lui aveva una certa importanza. Forse riteneva questa città quanto più di vicino a casa.

Dopo le ultime cene, le crisi, il dolore e il male annidato dentro di me che non voleva lasciarmi, lo stesso Valentine si era mosso per trovare una cura ai miei malesseri e così, di sera in sera, eravamo andati in vari locali ad assistere con ironia allo sfacelo delle vite altrui.

Non era divertente, non per me.. ma Valentine trovava esilarante questi cruci umani, dove nessuno di loro ricordava il fine ultimo della vita: la morte.

Sì, certo. Ogni essere umano vive con la convinzione di essere eterno. Vive come se non avesse una data di scadenza.. e invece, ce l'ha. Ce l'ha eccome.

Le bugie, i ritardi, le mancate promesse, le occasioni perse.. ognuna di queste cose alla fine del percorso di vita, avrebbe pesato, gravando sulla coscienza del moribondo che non avrebbe potuto fare dietrofront e avrebbe così patito gli ultimi attimi della sua vita nel rimpianto.

A detta di Valentine, dovevo essere grata di non dover affrontare tutto questo. Grata di avere una vita senza un termine ultimo. Grata della sua misericordia nell'avermi colto nell'attimo giusto e avermi salvato – a suo dire – da un'esistenza gravosa e destinata al degrado. Solitamente mi capitava di pensarla come lui.. eppure sempre più spesso, partorivo pensieri totalmente contrastanti così mi ero divisa in due correnti di pensiero estremamente opposte fra loro che divergevano l'una dall'altra facendomi impazzire nei meandri dei miei pensieri.

Valentine apparve sulla soglia ammantato di quell'energia che mi mandava in sollucchero «Andiamo»

Ancora una sera persi tra le bettole a guardare umani disperati affogare i propri dispiaceri nel fondo del proprio bicchiere? Non ero sicura di potercela fare; oltre la pena che mi procuravano, mi annoiavo.

Come se avessi parlato, capì perfettamente i miei pensieri e rapido nei movimenti mi fu accanto, afferrandomi il viso tra le affusolate dita «Questa volta ti porto a veder lo sfacelo di noi vampiri»

Così, senza domandar altro, mi misi in piedi mossa da una curiosità smodata e da una brama inaspettata di incontrare altri come me.

Quanti eravamo? Come eravamo nel nostro privato? Valentine mi aveva sempre negato il piacere di incontrare altri della nostra razza. Ora mi serviva questa occasione su un piatto e non era mia intenzione lasciarmi sopraffare dai timori.

Guidò in silenzio senza parlare ma inoltrandosi in un viottolo poco illuminato scorsi tensione nel suo sguardo. Spense il motore della macchina senza scendere subito come suo solito ma posò la mano sulla mia e mi fissò serio.

«Preferirei che tu mi stessi vicina.. che non ti allontanassi troppo» la voce recava una nota spiacevole, un timore recondito. Cosa lo intimoriva della nostra stessa razza?

Mi limitai ad annuire e non feci in tempo a metter mano allo sportello che mi venne ad aprire la portiera con fare galante. C'era qualcosa di strano quella sera. La sicurezza che tanto amava ostentare era svanita, lasciandolo nudo al mio sguardo. Un giovane vampiro spaventato. Ma spaventato da cosa?

La dimora dove eravamo attesi era lo sfoggio di un ricco portafoglio che non si era fatto problemi nei decori sfarzosi della casa. Era bella come quella di un set fotografico; impreziosita da tantissimi ospiti ben più eleganti di me e del mio accompagnatore.

Quando mi voltai a guardare Valentine, il suo sguardo fu tutto per me. Non v'era donna presente che catturasse la sua attenzione e questo mi lusingava dato che io stessa potevo accorgermi di quanta bellezza fosse racchiusa in quella stanza. Non ero così presuntuosa da credere che tra le tante, ero la migliore.

«Perché son tutti vestiti così?»

«Son tutti coloro che parteciperanno al banchetto»

Quale banchetto?

Ma non feci in tempo a chiedere, poiché si levarono delle trombe e dalla scalinata iniziò a scendere una donna di bellezza inaudita che trasudava eleganza da tutti i pori senza sembrare affaticata dai merletti della lunga gonna ne a disagio con tanta reverenza dei vari presenti. Tutti fecero un leggero inchino, Valentine compreso e ciò mi portò a chiedermi chi fosse costei.

La donna si fermò proprio davanti a noi, posando la delicata mano sul capo di Valentine e lasciandosi sfuggire un risolino molto femminile.

I lunghi capelli corvini ricadevano sul petto raccolti in una lunghissima treccia; i lineamenti erano esotici, la sua avvenenza indescrivibile «Sei venuto mio caro, carissimo Valentine» un'ondata di gelosia mi diede alla testa, barcollai colta alla sprovvista da questa mia reazione. Non credevo che Valentine potesse valere così tanto per me; eppure quell'agitazione e quella paura appena provate erano la punta di un profondo iceberg di sentimenti.

La donna si girò in mia direzione quasi avesse captato quel turbinio di emozioni «E lei.. lei è la tua figlia, vero?» disse infine, guardandomi con arroganza ma anche profondo disgusto. I due si conoscevano sicuramente da tanto, qualche trascorso di cui lui non mi aveva mai parlato. Valentine mi strinse la mano, rassicurandomi e si rialzò dalla scomoda posa dell'inchino, fronteggiando la donna con uno dei suoi sorrisi di cui capivi tutto e niente.

«E' un piacere rivederti, Veren» la sala ghermita era in muto silenzio, a osservare una scena che non sembrava abituale. Valentine sostenne lo sguardo della donna: Veren.. non l'avrei mai dimenticato.

C'era qualcosa in quella femmina che mi metteva sulle difensive. Anche lei era una vampira, come tutti gli invitati a quella festa.. ma nel suo sguardo leggevo qualcosa di diverso.

Bramosia. Morte. Lussuria. Potere.

«Prenderai parte al banchetto?»

«No» si affrettò a dire lui, volgendo lo sguardo in mia direzione. «Sono solo venuto a portare lei.. volevo che vedesse cosa.. cosa» tacque senza finire la frase e la donna rise, portandosi una mano alla bocca in un gesto troppo enfatizzato. Che fosse aristocratica si era capito, però dubitavo fortemente che anche nel privato fosse tanto ben educata. Ogni suo gesto trasudava falsità.

«Volevi che vedesse.. cosa siamo

Il brusio che si levò nella stanza accese un campanello d'allarme nella mia testa. Probabilmente non era consigliato contraddire questa donna. La mano rinserrata in quella di Valentine si tese e lui la strinse nella propria «Ha diritto a vedere un banchetto, come ogni vampiro»

Veren sorrise «Ma certo.. ha diritto a scegliere se essere come noi o.. come te» mi afferrò per un braccio, trascinandomi lontano da Valentine che mi fissò impotente e spaventato. Senza voltarsi Veren avanzò verso la sala, dove al centro stagliava un enorme e lungo tavolo. La stanza per quanto fosse lucente e sfarzosa come il resto della casa, non attirò minimamente la mia attenzione.

Fu ben altro a farlo.

Sopra il tavolo, erano legati innumerevoli umani. Completamente nudi. Spaventati. Gli occhi sbarrati per il terrore, gli arti tesi nel vano tentativo di liberarsi spezzando le catene.

Cos'era il banchetto per loro? La gente si accalcò attorno alla donna elegante che prese posto proprio a capotavola, vicino al viso di una ragazzina dallo sguardo ottenebrato di paura. Valentine incrociò le braccia al petto, magro tentativo di isolarsi a quella scena che già da sola era uno scempio. Potevo solo immaginare cosa ben presto sarebbe accaduto e non ero certa di esser pronta a osservare tutto questo.

Gli altri commensali si avvicinarono con sguardi tutt'altro che intimoriti, famelici di quei corpi. Veren serrò la presa sul mio braccio non appena si accorse che indietreggiavo. Era un posto fuori dalla mia portata. Cosa voleva dimostrarmi Valentine portandomi lì? Che era molto meglio compatire le vicissitudini umane anziché far parte di questo covo di depravazione? Che dovevo smettere di compiangermi e capire che c'erano mostri ben peggiori?

Dalle porte laterali della sala si fecero avanti dei camerieri con calici vuoti, ne diedero uno per commensale. La vampira prese la coppa più grande e adornata poi si voltò in mia direzione prima di pungere la ragazzina stesa sul tavolo con una lunga e appuntita unghia.

Non mi ero accorta delle unghie; lo smalto era un delicato rosa perlato che stonava con la lunghezza dell'unghia e la sua forma appuntita.

Il sangue colò nella coppa con lentezza suprema, scivolando come un fiume dal foro. Quando la coppa fu ricolma la donna si levò dal suo seggio e la rivolse ai suoi commensali.

«Che il banchetto abbia inizio»

La moltitudine di teste evocò gran voce il suo nome, in un grido carico di ovazioni e applausi. Decine di bocche si avventarono sui corpi indifesi degli umani. E grida. Milioni di grida che si amplificavano nell'enormità della sala per esser inghiottite da grugniti di soddisfazione e fame. A vedere quella carneficina mi sentivo quanto mai grata per aver incontrato Valentine anziché uno di quei mostri che stava cenando senza ritegno. Senza preoccuparsi della paura e del dolore delle proprie vittime. Era una devastazione unica, col sangue che colava sul tavolo e giù in terra in macabri zampilli. C'erano vampiri stesi sul pavimento a bocca aperta sotto questi getti, attendendo l'agognato sangue.

Veren godeva della scena con un macerato controllo e un macabro sorriso che le illuminava il viso da Dea della Morte.

Ancora bloccata nella sua stretta mi divincolai mentre con una mano sola, riempiva un'altra caraffa dal collo della giovane donna. La pelle delle labbra era arida e cianotica. Stava morendo. Sentivo i suoi battiti affievolirsi con lentezza e anche se nel suo sguardo leggevo un tenace tentativo di sopravvivenza, il suo corpo si stava piegando al suo stesso destino.

Ciò che però mi sconvolgeva in tutto quel trambusto erano i vari sentimenti che si mescolavano impregnando l'ambiente e anche me. Mi sentivo intrisa da tutta quell'eccitazione, quel dolore, quella paura.. La paura era il sentimento primario; sovrastava perfino la fame.

«Tieni.. vuoi provare?» la vampira mi allungò il proprio calice. «E' totalmente di un altro livello preso così» il tentativo di tirarmi indietro fu placato da alcune mani che mi incoraggiarono verso di lei. Spinse il calice contro le mie labbra.

No. Non volevo essere complice di quel massacro. Non volevo attingere nemmeno di una sola goccia di quel sangue.

Sapevo che anche io ero un'assassina come loro.. ma a differenza loro, usavo criteri più umani per sfamarmi. Per me non era un gioco crudele, non mi divertivo ad uccidere, né a terrorizzare le mie prede. Ero una predatrice con valori a cui non volevo rinunciare. Cercai con lo sguardo Valentine; era troppo distante, trattenuto da troppe mani.

Prima che potessi ponderare bene sui miei gesti, colpii la mano della vampira e il sangue traboccò riversandosi sul suo candido vestito che divenne il tragico scenario di una cena non consumata. Tutta la sala si bloccò trattenendo il respiro mentre Valentine liberandosi dalle varie strette accorreva al mio capezzale, afferrandomi per la vita e tirandomi indietro.

Veren non parve offesa di quel mio rifiuto, rise mentre terminando il sangue restante nel calice gesticolava ai camerieri che si dileguarono in fretta e furia dietro le porte.

«Ce ne andiamo» disse piano Valentine, sollevandomi da terra come se pesassi niente e stringendomi a se.

Alla vampira non piacque quell'intimità tanto che una profonda ruga d'espressione le segnò il perfetto viso «Porti nella mia dimora una tua figlia non adeguatamente educata alle usanze.. e ora lasci il banchetto prima della fine?» in un moto di stizza lanciò in terra il calice che andò in mille frantumi scuotendo la sala e obbligandoli tutti al silenzio. «Non lo permetto» gridò furiosa.

«Ho commesso un errore portandola qui. È nata da poco.. non è ancora pronta, Veren» e forse non lo sarei mai stata. Mai più avrei assillato Valentine per convincerlo a farmi conoscere altri della nostra razza.

Lei si allungò verso di me, che mi strinsi contro il mio amato. Per quanto Valentine fosse spietato, preferivo la sua etica a quella della vampira.

«Non te ne andrai da qui senza bere.. signorina» sibilò a denti stretti, con rabbia. Probabilmente, tutta quella collera nei miei confronti non era dettata dall'offesa per il rifiuto, quanto più per le costanti attenzioni che mi elargiva Valentine. A quanto pare.. non ero l'unica gelosa.

Proprio in quell'istante, innumerevoli vagiti echeggiarono nella sala e i camerieri si fecero avanti con piccole portate viventi. Bambini. Neonati.

Al mio disgusto la vampira gettò la testa all'indietro in una risata agghiacciante.

I neonati vennero posati uno davanti ad ogni commensale. Solo quando Veren alzò le mani, tutti ci si avventarono sopra. Delle grida inumane si unirono a quei pianti innocenti e mi accorsi che erano le mie soltanto appena mi venne tappata la bocca da Valentine. Ero io che stavo gridando. Ero io che sentivo il petto straziato di dolore e sebbene il mio cuore non battesse più, dopo una simile scena lo sentivo ancor più inaridito in petto.

La vampira trovò piacevole la mia disperazione, tanto da esibirsi in una lenta consumazione del sangue del neonato. Verso la fine, quattro mani mi bloccarono.

«Lasciala Veren. Lasciala» gridò Valentine, furioso. Si scrollò di dosso alcuni vampiri, avanzando in mia direzione ma altri lo placcarono. Troppi per riuscire da solo a difendersi.

Mi sentii improvvisamente preda; incatenata nello sguardo ipnotico e antico della vampira.

«Senti questo sangue... è zuccheroso.. è puro.. è nettare per il palato» afferrò un calice vuoto, riempiendolo del poco sangue restato in quel corpicino esanime. Lo fece roteare nella coppa osservandone il colore intenso e con passo lento venne in mia direzione. Lei era calma, io meno.

Gridai. Più che un grido fu un grugnito disperato, mentre mi contorcevo nella stretta di quei vampiri; lei spinse con forza la coppa alle mie labbra.

Le serrai con accanimento ma Veren mi afferrò per il collo artigliandolo con le sue lunghe unghie. Il dolore mi costrinse a schiudere la bocca e così quel sangue scivolò lungo il palato e in gola.

I denti si protrassero rispondendo a quel richiamo animalesco ma il disgusto ebbe il sopravvento. Per quanto il sapore fosse dei più prelibati e delicati, l'idea che provenisse da un bambino indifeso mi costrinse quanto prima ad espellerlo. E così, ancora trattenuta da altre braccia, il sangue mi raschiò la gola nel risalire, fino a traboccarmi dalle labbra e riversarsi in terra insieme alla cena di quella sera.

Vomitai tutto, dando fondo al mio stomaco.

Veren balzò indietro nauseata da quella mia reazione. Per un attimo, nemmeno lei seppe che fare o che dire.

Venni lasciata, crollando in terra nel mio stesso vomito. Nella ripugnanza generale e nel timore di quel mio rifiuto. Valentine mi soccorse, afferrandomi per le spalle e scuotendomi un poco per farmi riprendere. Sentivo ogni parte di me debole e profanata. Bevendo quel sangue, avevo raggiunto il più basso livello di umanità che mai avrei sperato di toccare.

La vampira corrucciò il viso infuriata, il gioco non era andato secondo i suoi piani «Portateli via da qui... non sono degni di presenziare alla mia corte!»

Fummo trascinati verso l'uscita e gettati in mezzo alla ghiaia della via. Delle imprecazioni ci accompagnarono finché non raggiungemmo la macchina; camminavo a fatica, le gambe mi tremavano. Crollai in ginocchio prima di raggiungere l'auto.. mancava poco eppure non riuscivo a muovermi di un altro passo. Iniziai a singhiozzare infossando il viso nelle mani e piangendo disperata. Valentine mi strinse a se, senza aggiungere parole di conforto ma carezzandomi circolarmente la schiena.

«Cosa dovevo capire con questo? Che siamo dei mostri? Lo sapevo già»

«Non siamo dei mostri.. non a quei livelli per lo meno. Siamo predatori»

«Come possono esistere esseri così perversi come quella donna?»

«Nel mio mondo.. ora anche tuo.. siamo noi quelli strani»

Mi tappai la bocca trattenendo un altro singhiozzo era colpa sua se avevo assistito a quella strage. Colpa sua se avevo in me quel sangue innocente. Costretta a bere da creature senza macchia, senza colpa.

«Hai ragione. E' colpa mia» sentirlo autopunirsi non era gratificante come avevo sperato. «Volevo mostrarti quanto marcio fosse il mio mondo.. farti capire quanto fosse sadico.. schifoso; non meglio di quello umano»

«Sceglierei mille volte quello umano» strillai e il sapore di quel sangue tornò a decantarmi il palato. Avevo ancora bisogno di rimettere.

Mi strinsi le braccia attorno al corpo, mentre anche lui si stringeva a me «Anche io sceglierei mille volte quello umano»

Nonostante gli umani fossero disgustosi e riprovevoli, preferivo mille volte loro ai vampiri. Ora capivo perché Valentine si fosse sempre opposto all'idea di farmi conoscere altri come me. Capivo anche la sua smodata passione per il genere umano, nonostante la loro tendenza allo sfacelo.

Le lacrime ripresero a scendere lungo le guance, quando le sue mani mi costrinsero a girare il viso e ci concedemmo un lungo bacio carico di sentimento.

«Andiamocene da qui... ti ho voluto mostrare questo posto solo per una cosa»

«Per cosa?»

«Perché voglio creare con te un mondo che non sia ne umano ne vampiresco... un mondo che appartiene solo a noi due, dove solo noi saremo i giudici di noi stessi» mi prese in braccio andando verso la macchina, facendosi fardello del mio peso senza sembrarne risentire.

Solo noi saremo i giudici di noi stessi. Era la cosa più bella che avessi mai sentito. La possibilità di essere libera. Libera insieme a qualcun altro. Pronta ad una nuova vita, dove io e solo io ne ero la padrona.


NOTA D'AUTORE:

Questa è la prima volta che vi scrivo una nota ma sono dell'idea che in questo capitolo servisse.
Mi scuso preventivamente per ciò che avete letto, era macabro... veramente macabro, eppure, spesso dimentichiamo la realtà: i vampiri sono predatori.
I vampiri non sono solo affascinanti creature ma celano in loro anche quella parte orrenda e disumana che li rende cacciatori.
Cacciatori crudeli e spietati.

Amo particolarmente questo capitolo, si evince dal fatto che ho inserito un banchetto anche nell'altro mio scritto su wattpad (In nome di Kaylinn). Lo amo soprattutto per la brutalità della scena, dove per una volta tanto, il vampiro non è affascinante e brillante (stile Twilight) ma cupo, infido, spietato. Un essere senza pietà, tormentato, selvaggio e malvagio.

Sono stata tentata di non inserirlo, forse per la parte riguardante i neonati che ammetto, quando rileggo, impressiona anche me. Ancora ad oggi, non riesco a credere di averla descritta io, quella scena.
Nonostante i miei dubbi... alla fine eccolo qui.

Spero sia stato di vostro gradimento ma soprattutto spero che stanotte, dormiate sereni......

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