6. Il segreto
Ambra è preda di tremendi tremolii, quando Vittorio infila la mano nel buco e l'abbassa, staccando altri due mattoni, che cadono al suolo.
Uno si rompe a metà.
La casa è vecchia, quindi vengono via senza fatica.
Non può vederlo in faccia, ma le sembra che stia ringhiando in modo sommesso, quando ne eradica un altro. Lo tiene in mano, però, e si gira di profilo: Ambra si morde le labbra nel vederlo aprirsi in un'espressione incredula.
Quello era l'ultimo mattone rimasto a coprire il grosso buco dietro alla parete che Ambra aveva scoperto mesi prima.
O lo aveva scavato?
Ora che non c'è più, è nel silenzio più totale che quella che a lei sembra una cascata di pillole tonde e piatte scivola giù dalla parete e forma una montagnetta sul pavimento.
Sono proprio tante, quelle pastiglie.
«È da mesi che non le prendi, vero?»
Forse, sì.
È probabile.
Nel vederla così immobile, con la faccia tirata e le mani al petto, Vittorio abbassa il capo e si abbandona in un sospiro lunghissimo, prima di parlarle con tono sofferente.
«Abbiamo provato a riportarti alla realtà. Abbiamo provato con l'ipnosi, con la regolazione del sonno. Non sai quanto ho dovuto studiare, Ambra. Ma siamo a dicembre ed è successo di nuovo.»
Rimette il mattone al suo posto e fissa il muro.
«Avrei dovuto immaginarlo.»
Quello che dice non ha senso, Ambra non capisce.
Ha la bocca impastata, ma decide di avanzare verso di lui e parlargli, accorata. «Sono certa che se andiamo a cercare Enea, poi potrete fare pace.»
Vittorio ha le braccia tese lungo il corpo e stringe un pugno per un lungo istante, ma poi distende la mano, la scruta negli occhi.
«Abbiamo provato a lasciarti libera di fantasticare, ma neanche quello è servito. Stavamo provando con questa nuova medicina...» s'interrompe, fissa le pastiglie a terra.
«Ma non le prendi da mesi. Forse non le hai mai prese. Come hai fatto a mentire così bene? Come hai fatto a nasconderle fino ad arrivare nella tua stanza?»
Ad Ambra scoppia il cervello e non ha idea di quello che Vittorio stia dicendo.
Forse qualcuno ha portato della droga alla festa e lui l'ha presa.
Sì, deve essere l'unica soluzione.
Gli sorride, andando a carezzargli un braccio con premura. «Credo tu debba andare a riposarti per riprenderti, ne riparliamo domani. Ti accompagno a casa.»
Vittorio si lascia toccare, poi sorride.
Vittorio non sorride quasi mai, ma quando lo fa è sempre così triste...
«Vieni con me.»
L'accompagna fuori dalla stanza con dolcezza e Ambra non riesce a guardarsi intorno, troppo impegnata a pendere dalle sue labbra.
Enea dovrebbe proprio farsi crescere la barba: gli uomini diventano molto più intriganti, con quella peluria ordinata sul volto.
«Guarda, cosa vedi?»
Ambra si riscuote, accorgendosi che Vittorio l'ha portata davanti alla porta della sua sala da yoga.
Oh, come ci sono finiti in palestra così in fretta?
«Devo essermi addormentata,» sussurra, osservando dall'uscio gli armadi di latta e alcuni tappetini ancora a terra; c'è anche quello arancione di Paola.
«Qui fate ginnastica ogni mattina, ogni tanto fai vedere come funziona lo yoga alle altre.»
Perché i grandi specchi dall'altra parte della stanza non stanno riflettendo la sua immagine?
In lontananza, un vetro s'infrange.
Non ci sono specchi, lì, non ci sono tappetini e nemmeno lo stereo nell'angolo.
Ambra sente una malsana paura crescere dentro di lei e afferra un braccio di Vittorio, si attacca a lui come una sanguisuga e non vuole lasciarlo andare.
Lui l'allontana da lì, nel corridoio della palestra, svolta un angolo e apre una porta, spingendola con delicatezza all'interno della stanza.
Perché l'ha portata dove fanno le assemblee condominiali?
Le fanno in palestra?
Le sedie non sono più in cerchio, ma intorno a dei piccoli tavoli dove le loro vicine di casa stanno sedute chi a chiacchierare, chi a fare altro.
Ci sono anche le sue preferite: giocano a carte tra loro. Ambra si stacca da Vittorio e le raggiunge, trafelata. «Benedetta, Penelope! Cosa sta succedendo?»
Quelle spostano lo sguardo dalle carte e la osservano, accigliate. È Benedetta a parlare, sfiorandole una mano con la sua.
«Tesoro, hai le ali spezzate?»
Penelope sbuffa, scuote la testa, poi comincia a cantilenare. «Con il freddo e con il sole, è venuto il cacciatore.»
Ambra spalanca le labbra, sente che Vittorio si è avvicinato a lei da dietro.
Benedetta le picchietta il palmo sul dorso della mano, ride. «Chi, chi, chi ha messo le lacrime nel caffè? Eh?»
Ambra si gira e abbraccia Vittorio, terrorizzata, mentre dal diaframma alla gola sente nascere pressanti singulti.
L'uomo le sorregge la schiena, poi parla, pacato.
«Loro sono Beatrice e Patrizia, non ti ricordi?»
Ambra ha le palpebre strizzate, il volto affondato nella camicia di Vittorio.
«No, no! Sono Benedetta e Penelope!»
Le due donne ridono, la più in carne fa ticchettare le carte sulla superficie del tavolo. «Settimana scorsa ero Bruna! O era Barbara?»
Ambra torna a guardarla e sente il desiderio di smentirla, ma in quel momento si accorge che le due donne non sono vestite con abiti normali, no, loro indossano dei pantaloni lunghi color crema e una maglietta larga a maniche corte dello stesso colore e materiale.
Ambra guarda tutta la stanza: ogni donna è vestita così.
Abbassa il capo e, senza fiato, vede che lo è anche lei.
Cerca il sostegno di Vittorio, ma per qualche strana ragione si è cambiato, mettendosi uno stranissimo camice bianco sopra al completo elegante.
La testa di Ambra duole da morire e lei va a sorreggerla, boccheggiando. Vittorio la trascina via da lì, tra le farneticazioni delle due donne.
E non solo.
Deve esserci un temporale molto forte, perché si sentono esplodere un sacco di vetri, anche se tutte quelle stanze le finestre non ce le hanno.
Dove sono le farfalle?
«Mi dispiace riportarti alla realtà in modo tanto brutale, ma non mi hai lasciato altra scelta.»
Vittorio non può essere un dottore e, se lo è, è davvero pessimo.
Ambra si punta e smette di camminare proprio nel mezzo di un corridoio bianco e asettico.
«Riportami da Enea! Io voglio lui.»
Vittorio resta in silenzio, come a metabolizzare quelle parole.
«Vieni a prendere un po' d'aria.»
Sì, Ambra ha bisogno di uscire da lì.
Lo segue in quegli ambienti estranei: stanze bianche, anonime, che Ambra non riesce a riempire.
D'un tratto, una vetrata familiare. Finalmente Ambra si sente meglio.
Il Duomo di Milano!
Lei adora fare colazione in piazza.
Corre fuori, raggiunge il monumento a Vittorio Emanuele II e accarezza le transenne, godendo di quella magnifica vista. Vittorio ci mette un po' a raggiungerla, ma quando arriva indossa una giacca e ne ha una anche per lei.
Gliela fa indossare e guarda la statua.
«Hai sempre amato questa fontana.»
Ambra si sente presa in giro e mette il broncio, gonfiando una guancia. «Ma cosa dici?»
Vittorio si appoggia alla transenna e si concentra sulla cattedrale, indica dietro di lui.
«Dove siamo oggi? Questo è il monumento equestre a Vittorio Emanuele II che c'è in piazza Venezia a Roma, o la statua di Vittorio Emanuele II di Torino?»
Ambra pare un pesce rosso, visto che apre e chiude la bocca in modo rapido, incapace di formulare una risposta a quei deliri insensati. Stritola tra le dita il ciondolo d'ambra e nemmeno quel tocco le dà sollievo.
Vittorio è calmo e serio, quando torna a prestare attenzione a lei. «Non dirmi che questo è il Vittorio di Milano...»
Anche in quel momento, Ambra non può fare a meno di perdersi in quei lineamenti armonici e perfetti, quel viso magnetico.
Vittorio è un'ossessione.
Lui le prende un polso e le sposta il braccio verso la statua; va avanti, supera le transenne e qualcosa le bagna la mano.
Ambra gira lo sguardo verso le porte a vetri, temendo che si siano appena rotte, perché quel rumore è inconfondibile.
Però sono intatte e lei non è a Milano, ma in un minuscolo giardino quadrato di erba verde senza alberi o cespugli, recintato da alte mura.
La mano è bagnata perché c'è dell'acqua a zampillarle sopra, e viene da una fontana a pianta rotonda che occupa buona parte del centro dell'ambiente.
Quello deve essere un sogno.
«La mattina vieni qui a bere il caffè.»
Vittorio riaccende il tempo e lei scosta la mano, portandola al collo assieme all'altra.
In quel momento, solo l'ambra potrebbe farla calmare.
La farfalla, rinchiusa al suo interno, è al caldo e sicura.
«Fa' tornare Enea, ho bisogno di lui.»
Ambra piagnucola, con le gambe molli, e Vittorio si gratta il pizzetto. Sta pensando, si vede che sta pensando intensamente, poi arriccia appena il naso.
È evidente che ha preso una decisione e, dal tono serio che sta usando, forse non gli piace.
«Enea è morto, Ambra.»
Vuoto.
«Sta mentendo.»
Enea è dietro a Vittorio, serra i pugni coi denti digrignati e c'è del sangue tra i suoi corti capelli biondi.
Ambra vorrebbe andare da lui, ma sente che c'è qualcosa che glielo impedisce.
Vittorio non vuole risultare crudele, mentre parla, ma Ambra sente che invece lo è. «Sono passati sei anni, devi ricordare. Gli hai regalato quel corso di paracadutismo e lui voleva che partecipassi anche tu, ma avevi paura e l'hai guardato dal basso mentre si buttava col maestro.»
Enea si porta le mani alla testa e grida; il sangue cola giù dalla tempia, lungo la maglietta, sporca l'erba a terra, l'erba nei suoi occhi.
Enea singhiozza, mentre parla. «Le farfalle volano in coppia, Ambra.»
Dopo averlo sentito, sono le labbra di Ambra che si muovono, ma non è la sua volontà a parlare. «Il maestro ha avuto un malore, Enea non è riuscito ad aprire il paracadute.»
Nelle orecchie si propaga una cacofonia di suoni gracchianti e lei sa che nel mondo non può essere rimasto anche solo un vetro intatto, dopo quel momento.
Vittorio sembra illuminarsi un poco, perché annuisce e la incoraggia. «Sì, esatto. Ora capisci perché è importante che tu prenda le medicine, Ambra? Sei rimasta indietro. Il mondo prosegue e tu ogni anno inventi una storia diversa. Devi lasciarlo andare.»
Ambra resta in silenzio mentre scruta l'espressione del dottore, poi sente che le mani le fanno male. Le apre e vede che ha stretto troppo forte il suo ciondolo.
Sobbalza, incredula, accorgendosi che qualcuno le ha rubato l'ambra e l'ha sostituita con un semplice e liscio tappo di sughero, attaccato al suo collo con uno spago da cucina.
«Io te l'ho detto che lui vuole allontanarti da me.»
Enea ringhia mentre dice quelle parole e Ambra sa che è impossibile, perché le farfalle volano in coppia, libere nel cielo, e nulla le può fermare.
Ambra lascia andare la collana e sorride, ritrovando la serenità.
Non importa se Vittorio ha scoperto il suo segreto.
Ambra lo ha fatto sei anni fa, lo ha fatto il mese prima e lo ha fatto ieri.
Enea non è più arrabbiato, anzi, ride e la prende per mano mentre torna all'interno seguendo Vittorio.
Il sangue non c'è più, non c'è mai stato.
Lei troverà un altro segreto, e sarà un segreto migliore.
Sì, dopotutto... Ambra lo ha fatto anche oggi.
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