3. La camera
Ambra è seduta sul suo letto singolo, accoccolata sul piumone rosa confetto. Ha alzato il cuscino, posandolo contro al muro, per poterci affondare con la schiena e stare più comoda.
Indossa una leggera camicia da notte color crema che le arriva poco sotto alle ginocchia, terminando con graziosi pizzi candidi. Ha i polpacci e le braccia scoperte, è inverno, ma non ha freddo: per fortuna l'ambiente è caldo e accogliente.
Chiude il libro che sta leggendo e ci lascia dentro un indice per non perdere il segno; porta le ginocchia vicine al petto e stringe le dita dei piedi nudi, voltando la testa e indugiando con lo sguardo dall'altra parte della camera. È una stanza con pareti di mattoni rossi non intonacati; è piccola, ma c'è tutto quello che serve.
Accanto al letto c'è un armadio a due ante di legno chiaro su cui ha attaccato degli adesivi di meravigliose farfalle colorate che volano felici; vicina alla porta, su cui ha appeso un lungo specchio a onde, sta una cassettiera dello stesso materiale e sopra ci riposa, spenta, una televisione non proprio nuova. Contro alla parete sul lato opposto al suo letto c'è quello di Carla, la coinquilina, rivestito di una trapunta a righe viola e verdi.
Ambra vive in un appartamento modesto e condivide la stanza, sì, perché si è trasferita a Milano per trovare lavoro e non aveva poi molti soldi da spendere in affitti. Alla fine non le dispiace stare lì, anche se le coinquiline cambiano spesso.
Quella di adesso, Carla, è una ragazzetta minuta e taciturna, però spesso si arrabbia senza motivo. È da ormai otto mesi che Ambra è costretta a viverci vicina e ha imparato come prenderla per farla stare tranquilla.
Più volte le ha detto di iscriversi al suo corso di yoga, ma non ne vuole sapere.
Peggio per lei, si terrà i suoi nervi tesi.
Questa sera Carla non c'è e Ambra ne ha approfittato per invitare Enea, visto quello che è da poco successo in palestra. Se ne sta seduto sul margine del materasso con le spalle incurvate, fissando lo schermo del cellulare. Indossa i suoi soliti jeans scuri e una maglietta di un gruppo metal che Ambra non conosce e non vuole conoscere.
Quel silenzio è troppo teso; aveva pensato che mettendosi a leggere con un finto broncio in faccia, lui si sarebbe avvicinato per parlarle, ma pare non averne alcuna voglia.
Perché ha accettato di venire, allora?
Ambra non è fatta per quei silenzi tesi e non sopporta di vedere il suo uomo così giù. Deve fare qualcosa.
Appoggia il libro accanto a lei, ma resta ferma e inizia a giocherellare con l'ambra al suo collo, godendo della sensazione di pace che le dà sfiorare coi polpastrelli quella superficie liscia: una piccola cupola ovale che racchiude un segreto meraviglioso, visibile a tutti, raggiungibile da nessuno.
«Dai, smettila di tenermi il muso.»
Enea emette un verso nasale, senza alzare gli occhi dal telefono.
Ambra ha provato a parlargli dolce, ma non basta: deve essere ancora più tenera. Si alza e lo raggiunge, sedendosi accanto a lui e cominciando a disegnargli dei piccoli cerchi sulla schiena. Lo conosce da tanti anni, ormai, quindi sa che quei gesti lo fanno impazzire.
Si fa cantilenante e abbassa la testa per provare a raggiungere i suoi occhi, riversandogli sulle ginocchia una cascata di capelli castani.
«Il silenzio non serve, lo sai, devi solo smettere di essere così geloso: non ne hai motivo.»
Enea alza finalmente lo sguardo, pare preoccupato.
«Non sono geloso, ma mi infastidisce che quello ti stia sempre intorno.»
Ambra gli toglie il cellulare dalle dita, abbandonandolo sulla trapunta, per potergliele stringere. Gli sorride, raggiante. «Io amo te, tesoro! Vittorio è solo il mio capo: è normale che ogni tanto lo incroci in palestra.»
Scuote la testa, passandosi la lingua sui denti e arricciando le labbra, prima di sussurrare: «Vive accanto a te. Ti è sempre intorno.»
Lei si trattiene per non sbuffare, ben sapendo quanto quell'atteggiamento lo infastidisca, e si limita ad alzare le spalle, sopportando ancora una volta le sue frasi da disco rotto. Quando si fissa su una cosa, Enea è difficile da rabbonire.
«Mi parla pochissimo e solo per lavoro, ormai. Non ti fidi di me? Cosa posso fare per farti capire che non è un pericolo?»
La guarda serio, con gli angoli delle labbra ad affossarsi verso il pavimento e le iridi verdi piantate nelle sue. «Smetti di vederlo e... baciami.»
Ambra stringe le labbra per non mostrare quanto in realtà vorrebbe sorridere e delle fossette le compaiono ai lati del mento: sa che Enea le adora.
Si porta un indice a picchiettarsi una guancia e alza le pupille al soffitto, facendosi pensierosa. «Beh, per la prima richiesta non posso fare nulla, ma per la seconda...»
Enea quasi non la lascia finire e le salta addosso, spingendola con la schiena sul letto e posando le mani sulle sue, schiacciandola col suo corpo.
È lui a baciarla, possessivo, e lei è felice.
Chiude gli occhi e si lascia trasportare, permettendogli di unirle i polsi sopra alla testa e bloccandoglieli con una mano, mentre l'altra va a solleticarle la pelle.
Ambra è pervasa dai brividi e la peluria si rizza sotto a quei tocchi decisi ma delicati. Enea conosce ogni centimetro del suo corpo, ogni anfratto, e sa che ama quando le sfiora il fianco coi polpastrelli, alzandole la camicia da notte.
Guidata dalla sua lingua, Ambra vorrebbe poter smettere di respirare per rendere ancora più intensi quei contatti. Non può muovere le braccia, bloccate da lui, e la cosa le piace da morire, ma al contempo vorrebbe poterle usare per spogliarlo da quell'inutile maglietta.
Lui, invece, è del tutto libero di esplorarla e lo vede sorridere, malizioso, quando si stacca per un istante dalle sue labbra giusto per osservare che reazione le colora il viso nel momento in cui va a solleticarle un seno.
In quel momento, però, la porta si apre ed entra Carla, con dei quaderni tra le braccia.
Ambra ed Enea la fissano a palpebre sgranate e lui è lesto ad alzarsi. La ragazza ha un'espressione cupa e indecifrabile e continua a guardare lei e lei soltanto.
Enea tossisce per smorzare la tensione, si massaggia un bicipite, stringendo le spalle, poi si avvia verso l'uscio.
«Devo proprio andare, buona notte!»
Carla neanche lo degna di uno sguardo e lascia che se ne vada, ferma e impietrita in mezzo alla stanza. Ambra non sa cosa dirle e deglutisce, temendo una qualsiasi sua reazione senza ben sapere perché.
La coinquilina fa cadere i quaderni e la indica, ringhiando.
«Ambra, lo hai fatto anche oggi?»
Lei resta accigliata e sbatte più volte le palpebre, poi si abbandona in un'espressione di nuova consapevolezza, apre la bocca e si rende conto di dove è ancora seduta.
Si alza, imbarazzatissima, ed emette un risolino impacciato.
«Scusa, dimenticavo che non vuoi che nessuno tocchi il tuo letto.»
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