Extra VIII - Solo una Bugia

Alexandra

Le assi del parquet scricchiolano sotto i miei piedi. Dalle vetrate filtrano raggi di sole, che tracciano rettangoli di luce sul pavimento. L'aria profuma di carta e inchiostro, mentre scaffali altissimi e ripieni di volumi antichi sorgono lungo il perimetro della biblioteca.

Raggiungo la sezione di storia, intrufolandomi in un cunicolo creato da due librerie. Faccio volare lo sguardo sulle coste dei numerosi testi, leggendone i titoli.

Trovo quello che cercavo su uno scaffale poco più in alto della mia testa. Mi metto in punta di piedi e allungo il braccio verso il libro, ma le mie dita arrivano a malapena a sfiorarlo. Maledico la mia statura piuttosto bassa, provando inutilmente a sfilare il libro che mi serve dal ripiano.

«Serve aiuto?» chiede una voce, d'un tratto.

Sussulto, presa alla sprovvista, e per poco non inciampo sui miei stessi piedi. Mi raddrizzo e porto l'attenzione sulla persona che si è avvicinata a me.

È un Guerriero, e probabilmente è il più bello che abbia mai visto. Studio il modo in cui i capelli castani gli solcano la fronte, la pelle leggermente abbronzata e gli occhi verdi, di una tonalità scura, che spiccano sui suoi lineamenti allegri. Il ragazzo mi sorride, un sorriso luminoso, che mi stordisce.

«Ti serve quel libro?» domanda il Guerriero, indicando il volume a cui non arrivavo.

Mi risveglio dal mio stato di meraviglia e annuisco, sentendomi una stupida per essermi imbambolata così.

Il ragazzo afferra il libro e me lo porge. «Ecco» dice, le labbra ancora incurvate in quella maniera tanto dolce quanto abbagliante.

«Grazie» mormoro, intimidita.

«Io sono Carter» si presenta, tenendomi la mano.

«Alexandra.» Gliela stringo, senza staccare i miei occhi dai suoi. «Alex, se preferisci.»

«Bene, Alex» calca il mio nome in tono ammiccante, «si dà il caso che anche a me serva quel libro.»

Abbasso lo sguardo sul tomo che ho tra le braccia, per poi riportarlo su Carter. «Che coincidenza» osservo, emettendo una risatina istericamente forzata.

Respiro profondamente e mi ordino di calmarmi. Dio, è un ragazzo. Non dovrebbe scombussolarmi così tanto.

«Potremmo sederci e leggerlo insieme, se ti va. Che ne dici?»

«Certo!» esclamo, forse con troppo entusiasmo. Schiarisco la voce, ricomponendomi. «Cioè, sì, mi piacerebbe.»

Carter mi fa strada verso uno dei tavoli rotondi della biblioteca. Ci sediamo sulle poltrone di pelle marroncina e appoggio il libro al centro della superficie di legno.

«A cosa ti serviva?» mi domanda.

«Una ricerca di storia» rispondo. «A te?»

«Beh, a niente.»

Aggrotto la fronte. «Come "a niente"?»

«Era una scusa per sedermi con te e parlarti» rivela.

Non riesco a trattenere una risatina. «Questa sarebbe la tua tattica per fare colpo?»

Fa un'alzata di spalle. «Non lo so. Dimmelo tu. Sta funzionando?»

«Dovresti lavorarci su» dichiaro, incrociando le braccia sul tavolo.

Lui, seduto davanti a me, mi scruta con i suoi occhi verdi, dello stesso colore delle chiome degli alberi. «Accetto il consiglio, Alex.»

Cerco di ignorare le scosse che mi percorrono la pelle, quando le sue iridi toccano le mie, e gli pongo qualche domanda personale, tanto per fare conversazione.

Scopro che si chiama Carter Miller, che ha diciotto anni e frequenta l'ultimo anno di studi dell'Accademia. Io, invece, gli dico che frequento il quinto anno.

«Cosa hai intenzione di fare, dopo il diploma?» lo interrogo.

L'espressione di Carter si fa indecisa. «Non ne ho idea, in realtà. Vorrei continuare a combattere. Lo studio non fa per me, quindi non penso che avrò mai una carriera da professore o infermiere. Ho compilato il questionario per entrare nel nuovo Esercito, ma non so se sono idoneo. Tu, invece?»

«Voglio diventare un medico» affermo. «Voglio aiutare gli altri.»

Il Guerriero mi rivolge un sorriso caldo. «È una cosa bellissima, Alex.»

Continuiamo a chiacchierare per un paio d'ore, finché dalle vetrate non scorgo il cielo tingersi di rosa e rosso, mentre il sole si abbassa verso l'orizzonte, inondando la biblioteca di una bollente luce dorata.

«Sì è fatto tardi» annuncia Carter, guardando l'orario sullo schermo del proprio cellulare. «Ho un turno di Sentinella, tra poco.»

Alza il viso su di me e rimango incantata dall'alone dorato che il sole morente ha creato intorno alla sua figura. Il Guerriero si alza dalla poltrona, ma, prima di andare, mi rivolge un ultimo sguardo.

«Mi è piaciuto, parlare con te. Ti andrebbe di... di rivederci domani? Sempre qui, in biblioteca» mi chiede, le iridi verdi fiduciose.

Gli sorrido. «Mi sembra perfetto, Carter.»

****

Ventiquattro ore dopo, eravamo seduti allo stesso tavolo, sulle stesse poltrone, con i raggi del tramonto che ci accarezzavano.

Ho raccontato a Carter di mia madre, che ho perso nella guerra ad Arcandida, e di mio padre, che abita in Accademia con me, ma non ha mai un attimo libero da trascorrere insieme alla sua unica figlia.

Lui, invece, mi ha detto che è cresciuto nell'orfanotrofio della scuola, dato che i suoi genitori sono stati uccisi dalle Ombre.

Il giorno seguente, abbiamo parlato delle nostre passioni e di quello che ci sarebbe piaciuto fare se non fossimo nati Guerrieri.

«Credo l'astronauta» mi ha detto Carter, e la sua risposta mi ha strappato una risata.

Il terzo giorno, lo abbiamo passato a studiare insieme. Sono riuscita a fargli trovare la forza necessaria per leggere almeno una pagina del libro di testo, e ho apprezzato il fatto che si sforzasse di essere interessato ai volumi storici solo per stare con me.

Il quarto giorno, abbiamo cenato in coppia, con qualche pietanza che Carter aveva rubato dalla mensa. Non male, come primo appuntamento. Il quinto giorno, siamo stati seduti fianco a fianco, sul divano della biblioteca, davanti al camino, con i profili dei corpi che si sfioravano timidamente. Il sesto, abbiamo ammirato il cielo notturno, brulicante di astri, dalle vetrate della biblioteca, e gli ho insegnato a riconoscere qualche costellazione.

Oggi, è il settimo giorno, e abbiamo deciso di rivelarci un segreto a testa. Siamo seduti al nostro solito tavolo. Ormai, incontrarci in questo luogo della biblioteca è diventato un appuntamento fisso, parte della routine quotidiana.

«Inizia tu» lo incito.

«Va bene» sospira, cedendo. «Immagino di potertelo dire.»

«Puoi fidarti di me» gli prometto.

«Ecco... sono innamorato della mia migliore amica da quando avevo cinque anni. Lei non lo sa e non ha mai ricambiato.»

Mi congelo sul posto. Sento la contentezza sbriciolarsi e qualcosa dentro di me che si spezza. Mordo il labbro, arrabbiandomi con me stessa per la mia reazione. Io e Carter siamo solo amici.

«Parlami di lei» lo esorto, mostrandomi tranquilla.

«Si chiama Emily. Siamo cresciuti insieme in orfanotrofio ed è anche la mia compagna di classe. Lei ci è sempre stata, per me, e forse è proprio questo che mi ha spinto a innamorarmene. Probabilmente starai pensando che è una cosa penosa, ma...»

«No» lo fermo, e la mia voce si incrina, «è una cosa meravigliosa.»

Carter incastra le dita tra i capelli, il volto contratto dalla frustrazione. «Il problema è che lei non proverà mai niente per me, Alex. Non ho speranze. Sono condannato ad amare qualcuno che mi vedrà sempre e solo come un amico.»

«Magari ti sei innamorato di Emily perché ti è sembrato giusto così. Tendiamo a innamorarci delle persone che ci fanno stare bene e con cui passiamo ogni giornata, ma forse non è vero amore. È un modo per ringraziarle di esserci» ipotizzo, parlando con delicatezza.

Gli occhi verdi di Carter mi puntano. Improvvisamente, sembra rilassarsi. «Forse... forse hai ragione» mormora tra sé, come per convincersene.

«Se vuoi liberarti di questo peso, dovresti parlarne a Emily» gli consiglio.

«Ci proverò. Grazie, Alex. Sei speciale» mi sorride con così tanto affetto che mi procura una fitta al cuore.

Mi stringo nelle spalle. «Figurati. Siamo amici, no?»

«Beh, sì» conferma. «Ma adesso è il tuo turno. Dimmi un segreto.»

«In realtà, non è un segreto. È qualcosa che ho sempre voluto fare» comincio, guardandolo dritto negli occhi.

«Cosa?»

Mi alzo dalla poltrona e mi avvicino lentamente a Carter, fino a essergli davanti. Poi, mi chino sul suo viso e pianto le mie labbra sulle sue.

Carter sembra confuso, inizialmente, ma non mollo. Dopo un paio di attimi di rigidità, si lascia andare e ricambia il bacio, circondandomi la vita. Mi tira a sedere sulle sue gambe e io strattono il colletto della sua divisa, per avvicinarlo a me, le nostre bocche che si accarezzano e il cuore che mi esplode di felicità.

Ci separiamo e Carter appoggia la fronte alla mia, soffiandomi sulle labbra. «Non hai appena detto che eravamo amici?»

Incastro le nostre iridi. «Per me non sei solo un amico, Carter. E so che mi hai appena detto di essere innamorato di Emily e che il mio gesto è stato stupido, ma sentivo di doverlo fare.»

Le dita di Carter mi sfiorano la schiena, cospargendomi la pelle di brividi. «Mentirei a me stesso se dicessi che non provo niente per te, Alex. Mi fai sentire bene, accettato, come non mi succedeva da tempo. Mi piaci davvero.»

«Anche tu, Carter» gli rispondo con un sorriso, perdendomi nel verde dei suoi occhi.

Poi, accosta il suo viso al mio e mi bacia, stringendomi tra le sue braccia, mentre i raggi del sole brillano attraverso il vetro della finestra e ci avvolgono in una carezza dorata.

****

Dopo quello scambio di baci e dichiarazioni, io e Carter abbiamo cominciato a vederci anche fuori dalla biblioteca, ad allenarci insieme e a condividere le Sentinelle.

Non siamo ufficialmente una coppia, ma ci stiamo frequentando. Lui sembra essersi distratto dai sentimenti che provava - o prova - per Emily, e io sono contenta come non lo sono mai stata, perché ogni volta che le sue labbra sfiorano le mie mi sento catapultata in una dimensione alternativa, dove esistiamo solo noi.

Circa una settimana dopo, Carter decide di farmi conoscere i suoi amici, in mensa. Di solito mangiamo da soli, oppure separati, ma ha detto che ci tiene a presentarmeli.

Quindi, tenendomi per mano, mi sta facendo strada verso la mensa scolastica. Entriamo dalla porta spalancata, venendo investiti dal calore dell'ambiente, gremito di studenti. Carter mi guida verso un tavolo in fondo alla mensa, dove è seduta una sola Guerriera. Lui si siede e io lo affianco. In seguito, alzo lo sguardo sulla ragazza.

«Alex, lei è Emily. Em, lei è Alexandra. La mia... ragazza» ci presenta Carter.

Cerco di non sorridere per la definizione che mi ha affibbiato, e saluto Emily con un cenno della mano. Lei mi scruta con i suoi occhi, due iridi blu e tempestose, e non capisco se voglia pugnalarmi, aggredirmi o insultarmi.

Alla fine, decide di fingersi amichevole. «Piacere di conoscerti, Alexandra» dice, il tono neutro e calibrato.

«Piacere mio» ricambio, ma sono sicura che il mio imbarazzo sia palpabile.

Carter assiste al nostro scambio di sguardi e battute e sceglie di cambiare argomento, per il bene di tutti e tre. «Mason e Bree?»

«Stanno arrivando. Avevano un allenamento» risponde Emily.

Poi, sul tavolo cala un fitto silenzio. Nessuno spicca più parola.

«Vado... vado a prendere da mangiare» li informo, volendo tirarmi fuori da questa assurda situazione.

Mi alzo dal tavolo, dando loro le spalle, e mi avvio verso il bancone della mensa. Mi metto in fila per farmi servire da mangiare dalle cuoche e, nel frattempo, tiro qualche occhiata a Carter ed Emily.

E mi rendo conto che non posso competere con lei. Non posso competere con Emily Brown, con i suoi capelli argentei, con i suoi lineamenti chiari e delicati, puntellati di lentiggini, con i suoi occhi color zaffiro.

Ma, soprattutto, non posso competere con ciò che Carter nutre verso di lei. Perché, anche da questa distanza, vedo come le pupille del mio cosiddetto ragazzo seguono i movimenti della sua migliore amica, come la scruta, come le sorride. Stanno parlando tra loro, e sembra che stiano decisamente meglio, senza la mia presenza.

Credevo che Carter si fosse innamorato di Emily solo per gratitudine, come gli ho detto una settimana fa. In questo istante, capisco di sbagliarmi. È chiaro che sia ancora pazzo di lei, e non solo perché è la sua migliore amica. È palese che ciò che prova sia amore, nel vero senso della parola. Glielo leggo in quegli occhi verdi, che mi hanno incantata fin dal primo istante in cui li ho incontrati.

Mi impongo di cacciare questi pensieri dalla testa. Carter ha scelto me, quindi non devo preoccuparmi. Inoltre, Emily non ricambia i suoi sentimenti. Devo solo aspettare che questa stupida infatuazione gli passi.

Così, fingo di non notarlo.

Mi accorsi troppo tardi dello sbaglio che stavo commettendo.

****

Due mesi dopo

Trascino i piedi in camera e chiudo con forza la porta. Con il cuore pesante e le lacrime che mi spingono dietro le palpebre, mi siedo sul letto.

La cerimonia per l'assegnazione del ruolo di Generale a Mason si è appena conclusa e, poco fa, io, Carter ed Emily abbiamo avuto una discussione in biblioteca, per chiarire.

Un paio di giorni fa li ho beccati a baciarsi, proprio in biblioteca, nel luogo dove la mia esistenza si è incatenata a quella di Carter. Ho sempre saputo che fosse innamorato della sua migliore amica, ma sono rimasta spiazzata dalla rivelazione di Emily. Gli ha confessato che, da circa un anno, prova qualcosa per lui, ma non ha mai avuto il coraggio di dirglielo.

Non ho ascoltato altro, perché ho lasciato la biblioteca in fretta e furia, sentendomi morire dentro. Sono stata così ingenua. Non riuscivo a pensare ad altro che a tutte le illusioni che mi sono costruita in questi mesi.

Oggi, ci siamo riuniti di nuovo nella stanza colma di libri, e abbiamo deciso che è meglio per tutti se restiamo amici, almeno finché Carter non farà pace con se stesso e le sue emozioni.

Ma sappiamo già su chi cadrà la sua scelta. Sia nella testa che nel cuore, ha sempre avuto un'altra. Una Guerriera che non sarò mai io.

Solo una bugia.

La nostra storia era solo una bugia. Mi stava usando per dimenticarsi della ragazza che in realtà ama. Mi ha usata, e io ero così presa da lui che non ne sono resa conto.

Oppure, me n'ero resa conto tempo fa, ma avevo troppo paura di perdere Carter, ammettendolo a me stessa.

Mi alzo dal letto e raggiungo il bagno. Mi posiziono davanti allo specchio, che mi restituisce il mio riflesso. Le iridi della Guerriera nel vetro sono verdi e spente, opache di tristezza e bagnate da un velo di lacrime. Stringo il bordo del lavandino tra le dita, sigillando le palpebre.

Non piango. Non mi lascio sopraffare dal dolore.

Non ci faccio caso. Non mi importa del mio cuore a pezzi. Non voglio crollare.

Perché sono forte.

Perché sono pur sempre Alexandra Walker.

Spazio Autrice

Salve readers!

Eccovi qui un nuovo extra, stavolta con protagonista la nostra Alexandra. Ci racconta di come abbia conosciuto Carter e della loro relazione. Alex ha sempre saputo dei suoi sentimenti per Emily, ma aveva troppa paura di ammetterlo a se stessa.

Se ricordate gli eventi del capitolo 54, alla fine i tre hanno deciso di rimanere amici, finché Carter non prenderà una decisione. Chi sceglierà alla fine?

Ci vediamo nel prossimo extra, l'ultimo capitolo del libro.

Xoxo🖤

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