53. La Parte che Mancava
Bridget
Il fuoco scintilla e scoppietta, le fiamme si domano a vicenda, danzano, alte e basse, e bruciano di sfumature rosse.
Il silenzio è così fitto da essere assordante.
Sono rannicchiata contro il bracciolo del divanetto della biblioteca, davanti al camino di pietra, collocato in un angolo appartato della sala. A destra c'è un'altra poltrona, inesorabilmente vuota. A farmi compagnia, unicamente il fuoco.
Non mi sono mai sentita così sola.
Il pigiama e il calore del camino riescono a malapena a ripararmi dal gelo di novembre. Le temperature si sono abbassate di botto e all'esterno la pioggia batte impetuosa.
In questo momento, tutti gli abitanti dell'Accademia si trovano nella Sala Principale, per festeggiare la nuova nomina di Mason. È diventato Generale, proprio come mi ha detto qualche giorno fa, in palestra, quando mi ha urlato in faccia il suo odio.
"«Diventerò Generale, tra due giorni, prenderò il posto di mio padre, realizzerò il mio sogno, e non mi serve una relazione così scombussolante!»"
Mi sono categoricamente rifiutata di partecipare alla cerimonia. L'idea di rivederlo era insopportabile.
Ammiro le fiamme e la cenere dei blocchi di legno usurati. Anche di me è rimasta solo cenere. Fa tutto così male che non riesco a sentire più niente.
"Che ti avevo detto, Bridget? I Guerrieri sono tuoi nemici."
Tranne la voce di Seth, ovviamente. Quella è sempre presente, marchiata a fuoco nei miei lobi cerebrali, che mi tartassa la mente e il cuore.
"Anche Mason lo è. Non ti ha mai amata."
Non rispondo alle sue provocazioni. Sta cercando di disintegrare l'ultimo rimasuglio di lucidità che possiedo. Devo resistere, anche se non so quanto durerò.
"In questo momento sta festeggiando insieme ai suoi amici, ed è al settimo cielo. È decisamente più felice, senza di te."
«Non ti credo» sibilo in un ringhio.
Una parte di me, però, non può fare a meno di dargli ascolto. Se avesse ragione?
Passa qualche minuto, ma l'eco delle parole di Seth si è spento. Voleva soltanto confondermi, come al solito. Si diverte a giocare con le mie emozioni e i miei pensieri.
Un brivido di freddo mi risale lungo la colonna vertebrale, e stringo più forte le ginocchia al petto. La febbre è scesa del tutto, ma mi sento ancora stremata. Probabilmente, se dormissi sarebbe tutto più facile. Passo notti intere a leggere, studiare o allenarmi, pur di evitare di piombare in un incubo.
Ho ricominciato a frequentare le lezioni mattutine. Non posso permettermi di saltarne altre. Per l'addestramento, invece, John crede che mi eserciti ancora con Mason. In verità, faccio tutto da sola, da circa una settimana.
Non oso mettere piede in mensa, per evitare di incontrare Carter o Emily ed essere investita da domande sulla mia assenza. Mi limito a passare prima che inizi l'ora di pranzo, per ricaricarmi. Poi, trascorro tutto il pomeriggio in palestra e la sera... beh, la sera dove capita.
L'unica cosa di cui mi pento è di aver trascurato mia madre. Non l'ho più contattata. Non voglio che si preoccupi per me e, se dovesse vedermi, capirebbe subito che qualcosa non va.
Ignorare i problemi è più facile che affrontarli.
Getto un'occhiata in direzione del libro sul Sacro Sigillo, che giace vicino a me, sul divano. Mark ha intenzione di portarmi ad Antylia per spezzare il Sigillo e liberare Arcandida. Ma, da quanto so, i Guerrieri non hanno idea di che fine abbia fatto il regno. Come faremo? Ho riletto il volume un sacco di volte, ma non trovo nessuna risposta sulla localizzazione della città di ghiaccio.
Niente di niente. È come se fosse svanito nel nulla.
«Studi?»
Sobbalzo, spaventata dalla voce che ha parlato improvvisamente. Mi giro e noto la figura di Ryan, in piedi dietro il divano. Riesce sempre a beccarmi quando sono da sola.
«Mi segui, per caso?» domando, circospetta.
«E come potrei farlo? Sei praticamente sparita» ribatte, quasi in tono di rimprovero.
Fa il giro del divano e si siede al mio fianco, appoggiando la schiena contro il bracciolo opposto.
«Perché sei qui?» mi chiede, scrutandomi con le sue iridi castano scuro. «Dovresti essere alla cerimonia in onore di Mason.»
«Non volevo andarci» mi giustifico. In realtà, ho il terrore di vederlo. Di vederlo felice senza di me.
«Avete discusso?» continua Ryan, cautamente, e sembra quasi che mi abbia letto nel pensiero.
«Preferirei non parlarne» mormoro.
«Come vuoi.»
Studia con espressione confusa il libro che ci fa da divisorio. Sulla copertina del tomo, risalta lo stemma di Arcandida, un fiocco di neve.
Poi, sono io a porgli un quesito: «Perché non sei nella Sala Principale?».
Scrolla le spalle, con noncuranza. «Avevo di meglio da fare.»
«Cioè?» indago.
«Non lo so, a dire il vero. Non mi attira l'idea di stare seduto e ascoltare il tuo ragazzo fare un discorso incoraggiante e falso su come ci salverà tutti.»
«Non è il mio ragazzo. Io e Mason non siamo e non saremo mai niente» sbotto, con la voce rotta dalla delusione.
«Se mi dici cos'è successo tra voi, potrei aiutarti» propone.
«Non ho bisogno d'aiuto» rispondo, inflessibile. «Me la cavo da sola.»
E mentre lo dico, rivivo la scena che ha rotto il legame tra me e Mason. Sento come se l'aria mi mancasse. È come una ventata gelida che ti sferza in viso e ti ghiaccia l'anima. Il vento ti travolge fino al punto che non riesci più a contrastarlo. Ti arrendi. Ti sottometti.
Sul volto di Ryan, dove le ombre delle fiamme si muovono, si stampa una smorfia di dolore.
«Come fai a sopportare tutto questo da sola?» sussurra, i linea contratti dalla sofferenza. Dà l'impressione di sentire il mio male sulla sua pelle.
«Tu non sai proprio niente. Non hai idea di come io stia» ribatto acidamente.
Abbassa lo sguardo e sembra quasi che voglia dirmi che mi sbaglio. C'è qualcosa in lui, qualcosa di troppo strano per essere capito, qualcosa di troppo misterioso. Voglio capire Ryan, lo voglio davvero, ma ho troppo timore per sporgermi oltre.
«Bridget...» inizia, ma non riesce a continuare.
«Io mi fido di te.» Sputo quelle parole tutte in una volta, come se scottassero, e non so nemmeno perché l'ho detto. So solo che è la verità.
Si abbandona a un sorriso. «Anche io.»
«Non so perché, ma è così. È come se ti conoscessi da tutta la vita» spiego, frastornata.
Ryan ridacchia, piano, leggero. Mi osserva con dolcezza, per poi schiudere le labbra e pronunciare delle parole che mi spiazzano completamente: «Leva il "come": noi ci conosciamo da tutta la vita».
Successivamente, aggroviglia le dita delle nostre mani, ed è quel gesto a completare il quadro. Una scarica elettrica mi attraversa il corpo, e dopo ho la sensazione di un muro che crolla, una difesa abbattuta. Sbarro gli occhi e trattengo il respiro per alcuni secondi. Mi libero dalla stretta di Ryan, portandomi una mano alla testa, che gira furiosamente.
«Merda» impreca lui.
Noto che è nella mia stessa situazione; strizza le palpebre per il dolore alle tempie, facendo una smorfia di fastidio.
«Che... che cosa è successo?» chiedo, ancora frastornata.
«Le barriere di Seth. Le abbiamo spezzate» mormora tra sé.
La verità mi colpisce come uno schiaffo in faccia. «Cosa hai detto?» strillo, in preda al panico.
Ryan impallidisce, assumendo un colorito cadaverico. «N-non è... non è come pensi... io...»
«Tu...» esordisco, ma mi blocco, sconvolta.
Finalmente ogni tassello combacia. Ora si spiegano le strane sensazioni che provo, in sua presenza. È comprensione, non fiducia. Pensavo che Ryan fosse un problema irrisolvibile, ma in realtà l'ho compreso più di chiunque altro. Lui mi ha capita. È uno specchio che riflette il mio stato d'animo. Se io sto male, soffre automaticamente anche lui.
Ryan è la parte che mancava.
Mio fratello.
"Sì, tuo fratello."
La sua voce si insinua nei miei pensieri. Non è una sensazione opprimente, come accade con Seth, ma è piacevole e rassicurante.
«Come ci sei riuscito?» gli domando, guardandolo finalmente negli occhi.
«Leggo nella tua mente e posso anche parlarti attraverso la nostra connessione» chiarifica.
«Tu l'hai sempre saputo, vero?»
«Lo sapevo ancor prima di conoscerti, dall'anno scorso. La mamma mi ha lasciato in Accademia, non a un'altra famiglia, come è successo a te. Voleva che ti trovassi e che tu scoprissi di essere la Principessa. Sono stato io a nascondere quel libro nei sotterranei, in modo da non fartelo leggere. Non eri ancora pronta» mi illustra, indicando il libro posato sul divano. «Ma tu l'hai trovato lo stesso e Mark ti ha raccontato ogni cosa. Te lo avrei detto prima, ma stavo aspettando il momento giusto.»
«Incredibile» riesco a farfugliare.
«Già» ammette, con un sorriso leggermente imbarazzato.
«Mackenzie lo sa?»
Annuisce. «Mi ha aiutato a mantenere il segreto.»
«Dovremmo dirlo a Mark» rifletto. «Farà i salti di gioia.»
«Non è una buona idea» obietta. «Quando hai provato a metterti in contatto con me, ti ho ignorata volutamente. Credimi, non vedevo l'ora di rivelarti tutto, ma era troppo rischioso, soprattutto con la presenza di Mark.»
«Adesso, raccontami tutto» esigo.
Sospira e si arrende al mio volere. Si porta le mani agli occhi e, come prima cosa, toglie la lente a contatto di sinistra, rivelando il colore naturale dell'iride.
«Porti le lenti a contatto?» chiedo, stranita, mentre rimuove quella destra.
«Dovevo nascondere la somiglianza, in qualche modo.»
Quando le ha rimosse entrambe, si volta. Occhi castani, scaglie dorate. I miei occhi. I miei e quelli di Selene. Riconosco i miei lineamenti nei suoi: la forma del naso, della bocca, degli zigomi.
Avrei potuto benissimo capirlo prima. Perché non ci sono riuscita? È talmente evidente.
«Adesso ti sembrerò identico a te o ai nostri genitori perché abbiamo abbattuto le barriere ed è diventato tutto più chiaro. Prima, però, quando eravamo divisi da Seth, la somiglianza non si notava» mi delucida, facendomi sentire un po' meno ingenua.
«Perché mamma non me l'ha detto? Non si fidava abbastanza?»
«Vedi, Bridget, ora Seth ha un pretesto in più per attaccarci, con le barriere crollate. Il pericolo è salito alle stelle. Il nostro intento era quello di proteggerti da lui, mantenendo la mia copertura.»
Non ci siete riusciti, vorrei dire. Ha comunque trovato una maniera per farmi del male.
Dall'espressione colpevole di Ryan capisco che ha ascoltato i miei pensieri ed è dispiaciuto. Non mi abituerò mai, a questa telepatia.
«Sì che ti abituerai» ribatte.
«Piantala di leggere nella mia testa!» lo rimprovero, fingendo di arrabbiarmi.
Sghignazza, divertito. «Dovresti provarci, sorellina. È divertente.»
Ho un tuffo al cuore, nel sentirlo. «Era da tanto che nessuno mi chiamava così» confesso.
«Beh, non devi preoccuparti. Saremo un fantastico duo, d'ora in poi» dichiara, facendomi un occhiolino complice.
«Ryan» lo chiamo, «e adesso che facciamo? Non possiamo dirlo a Mark, né a nessun altro, da quello che mi hai detto.»
«Dovremmo conoscerci» annuncia lui, al contrario di ciò che mi aspettavo.
Arcuo le sopracciglia, confusa. «Ci conosciamo già.»
«Conoscerci meglio, intendo. Io di te non so praticamente nulla e sei mia sorella. È una cosa strana.»
«In effetti...» bofonchio. «D'accordo.»
«Bene. Inizia tu.»
Appoggio la nuca allo schienale del divano e scruto il soffitto di assi di legno, pensando a cosa rivelargli di me.
«Vivo a New York da tutta la vita, e la adoro. Mi piacciono il caos, i colori, le voci, la gente che corre, i taxi, gli edifici altissimi. La notte diventa un paradiso di luci: ci sono la musica e le insegne luminose dappertutto. La mia casa era una normale villetta di Manhattan e la mia scuola un istituto come tanti altri. Ma, per me, erano tutto. La mia famiglia era perfetta. Crescendo ho fatto sempre più caso alla diversità con i miei genitori e i miei fratelli, ma mi sentivo veramente parte di loro.» Mi si incrina la voce, ricordando la mia vita passata. «Beh, mi sbagliavo. Nonostante il segreto che mi hanno nascosto, mi mancano terribilmente.»
«Li pensi spesso?»
Annuisco, confermando. «Vorrei tornare indietro. Anzi, non è vero. Vorrei solo aver dato loro qualche altra spiegazione. Saranno preoccupatissimi, dopo mesi che non mi vedono.»
«Non pensi che magari abbiano chiamato, non so, la polizia?»
Abbasso gli occhi, riportandoli nei suoi. «Ho ipnotizzato mia madre e mio fratello affinché mi lasciassero andare e non parlassero a nessuno della mia scomparsa» ammetto, con le guance leggermente arrossate.
Corruga la fronte. «Sai usare l'ipnosi?»
«L'ho usata solo quella volta. Credo. Cioè, Mason mi ha detto che si trattava di un incantesimo» balbetto, poco convinta.
«Cosa ti piaceva fare?» continua a interrogarmi.
«Leggere» rispondo, senza esitazioni. «I libri erano la mia vita. Amavo la musica e qualsiasi forma d'arte in generale.»
«Parli al passato» osserva.
«Da quando sono in Accademia ho perso ogni passione. Sono qui per salvare il mondo, non per dedicarmi agli hobby» ironizzo, seppur non ci trovi niente di esilarante.
«Non fare quella faccia da "la mia vita fa schifo"» mi ammonisce, ma usa un tono dolcemente divertito.
«Ora, tocca a te.»
«E va bene.» Immerge lo sguardo nelle fiamme del camino e l'oro nei suoi occhi brilla di sfumature bronzee. «Non c'è molto da sapere: vivo in Accademia da quando ho un anno. Mark si è occupato di catalogarmi tra i bambini rimasti orfani a causa della guerra. Secondo alcuni fascicoli, manomessi dalla mamma, appartenevo alla famiglia Wood. Ecco spiegato il mio cognome. Al contrario, che tu ci creda o no, Ryan e Bridget sono i nomi che hanno scelto i nostri genitori. Hanno fatto in modo che non venissero cambiati. Riguardo nostro padre, so poco e niente. Parlo solo con la mamma, attraverso uno specchio magico nei sotterranei.»
«Sono stata nei sotterranei, un paio di volte, ma non mi è capitato di vedere specchi» lo interrompo, confusa.
«Ci torneremo domani» decide. «Insieme. Sono sicura che la mamma sarà felice di vederci.»
«Come desidera, Principe» lo stuzzico.
Ridacchia e io mi unisco a lui. Non sorridevo così genuinamente da giorni.
Ryan mi afferra il polso e mi trascina vicino a lui. Premo la guancia contro la sua spalla e mi liscia dolcemente la criniera di boccoli rossicci.
«A te, invece, cosa piace?» riprendo la conversazione.
«Disegnare.»
Non riesco a camuffare lo stupore. «Davvero? Non ti facevo un artista.»
«Infatti, non lo sono. Mi limito a fare qualche schizzo, quando ho un po' di tempo libero» precisa. «Continua tu.»
Arriccio le labbra, pensierosa. «Mi affascina l'astronomia, ma sono una frana in qualsiasi materia scientifica.»
«Amo la storia.»
«Vorrei fare il giro del mondo.»
«Anche io. Vorrei uscire da qui per scoprire quello che mi circonda, e non per andare esclusivamente a caccia di Ombre» concorda.
«Odio le bugie» dichiaro. Ironico, dato che la mia esistenza si è basata su una marea di menzogne, finora.
«Non sopporto chi si arrende senza combattere.»
«Ho paura che verrò schiacciata da tutto questo casino» confido con un filo di voce.
«Anche io. È normale, avere paura, soprattutto in una vita come la nostra.»
«Io... io ho bisogno di stabilità.»
«So che ci conosciamo a tutti gli effetti da nemmeno mezz'ora e che devo sapere ancora tanto su di te, ma questo non mi impedirà di sorreggerti, se avrai bisogno di una colonna» mi sorride amorevolmente.
«Io sono una colonna sgretolata, Ryan. Ma ci sarò. Se tu vorrai, io ci sarò.»
Mi circonda con le sue braccia, tenendomi stretta. È come se ora non mancasse più niente, come se il mio posto fosse questo. Con mio fratello. Io e lui, insieme, contro il male che ci ha separati.
Non mi prendo la briga di nascondere i miei pensieri: voglio che percepisca la mia felicità.
"Aspetto questo momento dalla prima volta che ti ho vista" mi dice telepaticamente.
Mi intrufolo, sicura, nella sua mente, e vengo colpita da un vortice di pensieri ed emozioni. Sento la sua gioia come se la stessi provando io. È semplicemente meraviglioso.
"La smetti di spiarmi dentro la testa?" sbotta.
"Sei tu che hai iniziato!"
"È un dettaglio insignificante, sorellina."
"Stiamo litigando telepaticamente?"
"Dovrai farci l'abitudine."
«Posso farti una domanda?» interrompo la nostra chiacchierata cerebrale, ricordandomi di una cosa che volevo chiedergli.
«Dimmi.»
«Sai dove posso trovare dei colori a tempera o della vernice?»
«Anni fa c'era un laboratorio d'arte, ma è stato chiuso. Credo che sia rimasto del materiale da disegno, da qualche parte. Perché ti interessa?»
«Perché ho un'idea» proclamo. «E tu mi aiuterai a realizzarla.»
Spazio Autrice
Signore e signori, vi presento i fratelli Kelley! I figli di Selene si sono riuniti, e noi finalmente scopriamo chi é il misterioso fratellino di Bree. Ve lo aspettavate? Ryan é sempre stato strano, con Bridget, e adesso sappiamo perché. Il Principe è proprio lui!
Spero di essere riuscita a trasmettervi le sensazioni di Bridget, durante la rottura delle barriere. Quello tra loro due é un legame speciale, e ci tengo a descriverlo in modo giusto.
Fatemi sapere se il capitolo vi é piaciuto❤
Xoxo 🐧
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