36. Un Pezzo della Vera Me

Tiffany

Mento alto. Schiena dritta. Un passo dopo l’altro, sicura ed elegante, senza mai abbassare lo sguardo.

Ripeto il mio mantra, camminando lungo il corridoio. Proseguo a testa alta, sentendomi un po’ la padrona dell’Akademi, e mi piace pensare che sia davvero così.

Ricevo l’occhiata languida di un Guerriero, che ricambio con un sorriso ammiccante, e una smorfia da una ragazzina che incrocia la mia strada, che ignoro. Non mi sono mai curata del parere altrui. Mi scivolano addosso, le opinioni delle persone che affermano di non sopportarmi.

Molte provano pietà per me, altre si limitano a etichettarmi come una serpe in cerca di attenzioni, ma non me ne è mai importato un granché. L’unica cosa che voglio è che qualcuno – non importa chi – mi faccia sentire desiderata.

Ne ho bisogno, perché chi aveva questo compito mi ha abbandonata, e devo colmare il vuoto che ha lasciato.

«Tiffany?»

È una voce femminile a chiamarmi. Quando mi giro e scopro a chi appartiene, rimango stupefatta. Mi sarei aspettata tutti gli abitanti della terra, ma non Bridget Kelley.

Già, Kelley. La Principessa era proprio lei, la ragazza che ha provato astio reciproco nei miei confronti dal primo giorno.

La osservo bene. Non capisco come faccia ad essere così... così bella anche con la semplicissima divisa dei Guerrieri, il viso privo di trucco e i capelli liberi da un acconciatura decente.

Odio ammetterlo, ma ho subito notato la sua bellezza particolare. Ha un'aura enigmatica e misteriosa, che farebbe impazzire chiunque. E questo mi ha spaventata. Se non posso avere le attenzioni degli studenti, non ho più niente.

Ma lei è la figlia della Regina. È rispettata da tutti. Nessun ragazzo oserebbe avvicinarsi a lei, perché Mark lo ucciderebbe. Perciò, sono ancora la Guerriera più ambita dell'Accademia.

Tuttavia, ho perso l'interesse di Mason, l'unico con cui abbia mai avuto una storia vera.

L'ultima volta che abbiamo trascorso la notte insieme ho immediatamente colto il rimorso e la difficoltà nei suoi occhi. Mentre mi usava per sfogarsi e per scacciare la negatività, pensava a lei.

Adesso sembrano una coppia fissa. In ogni caso, Mason ha trovato una ragazza per cui farebbe qualunque cosa. Sono convinta che morirebbe, per lei. La ama in un modo così incondizionato da farmi male.

Io l'ho persa, la mia metà perfetta.

«Possiamo parlare?» mi chiede Bridget.

«Riguardo a cosa?» domando, sprezzante.

Esita, ma poi pone la fatidica questione. «Conosci un certo Chris?»

Sento il cuore mancare un battito, la terra sgretolarsi sotto i piedi e l'aria comprimermi. Non sentivo il suo nome da anni. Ho perso il coraggio di pronunciarlo, rinchiudendo quelle cinque lettere insieme alla gabbia di ricordi che mi sono imposta di non aprire mai più.

Intorno a lui gravitava il mio mondo. Era la mia stella polare. Il mio universo costellato. Il senso della mia vita. Adesso, non è altro che una cicatrice della mia anima.

«Chi ti ha parlato di lui?» sputo a bruciapelo.

«Mason mi ha raccontato della sua famiglia e di quella notte» risponde.

«Ti ha detto di me e Chris?»

«Mi ha parlato di lui e di una ragazza bionda» spiega. «E, non so per quale assurda ragione, ho immediatamente pensato a te.»

Le memorie di quella sera si fanno vivide e più dolorose che mai, graffiandomi l'anima con violenza.

«Perché ti comporti in questo modo?» indica il mio abbigliamento succinto.

Perché cerco di scappare dalla sofferenza.

Perché ho bisogno di essere di nuovo qualcuno.

Perché voglio dimenticarmi del passato.

«Non sono affari tuoi» sbotto irritata.

«Ascolta, biondina» mi getta un'occhiata torva, «io non sopporto te come tu non sopporti me, però voglio capire. Anche a costo di sopportare la tua presenza per ore.»

Sono rapita dalla sua determinazione, e la ammiro per la sua sicurezza. Di solito, non vengo mai contraddetta, da nessuno. Figuriamoci da una ragazzina arrivata qualche settimana fa.

«D'accordo, principessina» mi arrendo. «Hai vinto.»

Mi siedo sul pavimento e la incito ad affiancarmi. All'inizio tentenna, forse sorpresa di avermi convinta, per poi mettersi al mio fianco.

«Ti parlerò di un pezzo della vera me.»

****

Tre anni prima

Non ho mai odiato così tanto il nero come in questo momento.

Mi sono sempre chiesta che senso avesse indossare abiti così scuri e tristi per cerimoniare una vittima che è andata via. Non è più facile avere ricordi felici cuciti su abiti dai colori felici?

Solo adesso capisco il motivo. Oltre ad essere un colore elegante, è uno specchio: riflette la sofferenza delle persone attraverso la più cupa delle tonalità.

Chris mi diceva sempre che il nero non mi donava. Camuffava la vivacità del mio sguardo e oscurava i miei occhi brillanti, a detta sua. Forse è davvero così. Ma, ora come ora, voglio solo nascondermi.

Mi concentro in un minuzioso esame dell'allestimento della Sala Principale. File di sedie di plastica blu occupano tutta la stanza, dalla porta al piccolo palco improvvisato.

Su quest'ultimo è posizionata una bara funebre, al centro, ricoperta da fiori bianchi con i petali di velluto. Ai lati di essa, due fotografie, entrambe incorniciate su un cavalletto. A destra la famiglia Evans, a sinistra Chris. Distolgo l'attenzione dai suoi occhi cerulei, intrappolati per sempre dietro a un pezzo di carta raffigurante il suo viso.

I corpi degli Arcandidi si dissolvono in cenere argentata, dopo la morte. Le bare sono simboliche, e noi siamo costretti a piangere su casse di legno vuote. È tutto falso.

Do una svelta occhiata ai Guerrieri. Sono perlopiù annoiati. I funerali sono una perdita di tempo, per loro. Si celebrano continuamente e tutta la scuola è chiamata a partecipare. E anche per me era così, fino a ieri. Ma, stavolta, sono io ad aver perso qualcuno che amavo.

Riconosco alcuni compagni di classe e i genitori di Chris. Stretti in un abbraccio consolatorio, provano a farsi forza a vicenda. Non ho il coraggio di avvicinarmi a loro. Le lacrime che stanno versando instancabilmente risveglierebbero in me quel senso di perdita che ho cercato di tenere a bada.

La scorsa notte, dopo essere tornata in Accademia, mi sono abbandonata a un pianto disperato. In quel vicolo ero bloccata: la rabbia e lo smarrimento superavano tutto. E poi volevo mostrarmi forte. Però, alla fine, il dolore ha travolto ogni altra emozione, avendo la meglio su di me.

Mi concentro invece sugli Evans. È evidente che la foto è stata tagliata, escludendo il figlio maggiore del Generale, l'unico sopravvissuto.

Li ho immediatamente riconosciuti, non appena sono venuti in mio soccorso. Dopotutto, la loro è la famiglia più influente dell'intera Accademia. Era la famiglia più influente. Adesso è rimasta solo la cenere di quel fuoco che bruciava imponente.

La cenere e un ragazzo distrutto.

Dopo aver urlato in faccia a Mason Evans ed essermene andata, ho raggiunto sua sorella, ma era troppo tardi anche per lei. L'ho trovata senza vita, e non ho avuto il coraggio di guardare l'espressione di Mason mentre scopriva che anche sua sorella gli era stata strappata. Lui ha baciato i capelli di Piper e ha stretto il suo corpo esanime per l'ultima volta, poi mi ha gelidamente ordinato di tornare in Accademia.

Da ciò che ho capito, quell'attacco è stato organizzato da Seth per sterminare gli Evans. Tutti tranne uno. Io e Chris ci siamo trovati in mezzo al campo di battaglia per puro caso. Il colpo di pistola che l'ha ucciso era destinato a uno dei due fratelli, ma è andata diversamente.

Comunque, l'obiettivo di quel mostro è stato raggiunto: si è sbarazzato dei suoi ostacoli e ha lasciato che fosse Mason a subirne le conseguenze.

«La cerimonia inizierà tra pochi minuti» annuncia Mark, parlando al microfono sul palchetto.

Tiro l'orlo del mio abito nero e prendo posto nell'ultima fila, lontana da tutta quella gente che non farebbe altro che provare pietà per la povera Tiffany.

Prima di iniziare, il direttore si schiarisce la voce e respira profondamente. Questa è stata una perdita anche per lui. Non ha più nessuno a guidare l'Esercito. Non ha più speranze.

«Oggi siamo qui per salutare le ennesime vittime innocenti delle Ombre. Valorosi combattenti che sono stati strappati via dalla propria vita, a causa del male. Che hanno lottato fino all'ultimo respiro, per Arcandida. Per la nostra giustizia. Non è la prima volta che siamo riuniti in questa sala per celebrare la loro scomparsa...»

Morte. La loro morte. Sono morti, Mark, non scomparsi.

«... ma ogni volta fa sempre più male. È una parte di noi che sfuma via. La nostra vita privata di un pezzo importante. Questa volta, è a quattro meravigliose persone che diciamo addio. Salutiamo per sempre Elaine, Piper e Caleb Evans: il nostro amato Generale e la sua valorosa famiglia. Salutiamo per sempre Christian Hunter, coraggioso Guerriero arcandido.»

Intravedo la madre di Chris asciugarsi gli occhi con un fazzoletto, seppur sia inutile per contrastare le lacrime. Io le sento, agli angoli delle ciglia, che mi inumidiscono le iridi.

«Faccio le mie condoglianze a genitori che hanno perso figli...»

La signora Hunter scoppia in un pianto incontrollato, tra le braccia di suo marito.

«... a figli che hanno perso la loro famiglia...»

Dov'è Mason? mi chiedo, guardandomi intorno. È ovvio che Mark si riferisca a lui.

«... a compagni, amici e fidanzati che hanno perso una parte della loro anima...»

Resto paralizzata, perché sento il dolore come un fiume in piena che sta appiattendo tutto. Le barriere sono crollate e ora il fiume sta straripando. Io sono crollata. Percepisco il mio cuore infrangersi e le lacrime rotolare sulle guance, udendo le parole del direttore.

D'istinto, mi alzo ed esco rapidamente dalla Sala Principale.

Corro, corro e corro. Corro fino a sentire male ai piedi, per colpa dei tacchi a spillo. Corro fino a non riuscire più a respirare regolarmente. Corro fino a perdermi tra i troppi corridoi della scuola. Corro e poi mi fermo. Mi accascio contro il muro, stanca, e lascio che il fiume mi distrugga, mi devasti, mi rada al suolo.

«Tutto bene?»

Blocco il mio pianto isterico e sollevo lo sguardo, imbattendomi in un paio di occhi color pece. Asciugo le lacrime e annuisco maldestramente.

«A me non sembra» ribatte Mason, e si siede accanto a me, sul pavimento.

Osservo la sua espressione, così serena. Come fa a mantenere la compostezza dopo che la sua famiglia non c'è più?

«Ti invidio» confesso in un sussurro spezzato.

Solleva un sopracciglio castano, in confusione. «Perché? Vorresti averli persi tu i genitori e la sorella davanti ai tuoi occhi?»

Capto un sottile velo di tristezza amara nella sua frase. Forse doveva essere una battuta, ma da me riceve solo uno sguardo dispiaciuto.

«Ti invidio perché non sei crollato. Insomma, nell'altra stanza il direttore sta celebrando il funerale della tua famiglia e tu sei qui, più tranquillo che mai.»

Mi guarda di sbieco e scuote leggermente la testa, come se mi stessi sbagliando di grosso. «La verità, Bionda, è che sono vuoto. Non riesco a provare più niente. Mi sono azzerato. Ho perso la capacità di ridere o piangere.»

Ho sempre temuto che potesse capitare a me. Il dolore è sopportabile, alla fine: lo esterni tutto e un giorno ti farà meno male. Ma spegnersi è una maledizione. Quando arriva il momento in cui ti sblocchi, esplodi. Le emozioni ti travolgono ed è mille volte più doloroso.

«Tu non invidiarmi, okay?» mi dice, il tono premuroso.

Annuisco e mi regala un sorriso che mi scalda momentaneamente il cuore.

«Allora, Chris è il tuo ragazzo?» cambia argomento.

«Era» lo correggo. «Comunque, sì, stavamo insieme.»

«L'ho immaginato. Sembrava che avresti rinunciato alla tua vita, per lui, in quel vicolo.»

«È così, infatti. L'avrei fatto senza esitare, perché lo amo.»

Ho detto "amo", non "amavo". Lo amo e lo amerò per sempre, mi rendo dolorosamente conto.

«L'amore è solo un vicolo cieco, Bionda. Prima o poi, ti lascia senza via di fuga.»

«Mi chiamo Tiffany» lo informo. «E penso che ti stia sbagliando. Lo capirai quando ti innamorerai, Evans.»

«Io non mi innamorerò mai!» mi contraddice, stizzito. «Non voglio rischiare di perdere un'altra persona a me cara, quindi non legherò la mia vita a quella di nessuno» esclama, risoluto.

«È la tua promessa?»

«Cosa?» chiede.

«La promessa che hai fatto a te stesso.»

«Mmm, suppongo di sì» risponde. Fissa lo sguardo davanti a sé, come a riflettere sulle mie parole. «La tua, invece?» Mi guarda di sbieco, mentre mi pone la domanda.

«Io non ho una promessa.»

«Cosa ti piacerebbe?»

«Io vorrei... cambiare. Voltare pagina. Lasciarmi indietro tutto e tutti e ricominciare» espongo i miei desideri più profondi. «Ma penso che sia impossibile» sorrido tristemente.

«No, non lo è» replica.

Poi mi rivolge i suoi occhi neri, e solo ora noto quanto siano scuri, profondi e belli. Si avvicina al mio viso e affogo negli abissi delle sue iridi.

Mi prende il mento tra le dita e, inaspettatamente, unisce le nostre labbra. Non so cosa mi spinge a ricambiare, forse il fatto che alla fine sarà proprio lui la mia svolta. La certezza di aver trovato di nuovo la luce. Qualcuno che creda di nuovo in me.

Ma erano solo false illusioni.

****

Presente

«Cosa è successo, dopo?» mi chiede Bridget, l'aria leggermente contrariata.

«L'ho respinto e gli ho tirato uno schiaffo. Poi l'ho baciato di nuovo» racconto, e quasi rido al ricordo. «Ancora oggi mi chiedo come io abbia potuto fare una cosa simile a Chris.»

«Vi siete... messi insieme?» Noto che fa fatica a pronunciare queste parole.

«Mason non era nient'altro che un egoista, con l'unico fine di utilizzarmi per divertirsi» la informo, mentre mi alzo dal pavimento e scrollo la polvere dalla minigonna.

«Ma tu non ti sei ribellata» ribadisce Bridget, ancora seduta.

«Entrambi volevamo evadere dal dolore, e la nostra relazione era perfetta. Lui era il mio giocattolo e io ero il suo. Triste, ma efficace.»

Fa una smorfia di disgusto. Non deve essere piacevole sentirsi dire queste cose sul proprio ragazzo.

«È così che sono diventata quella che sono ora» concludo. Scruto la sua espressione, che vacilla tra fastidio e ribrezzo, e mi decido a rassicurarla. «Tranquilla, Principessa. Da quando sei arrivata tu, Mason non è più lo stronzo insensibile di prima.»

Le allungo la mano e lei la afferra per rialzarsi.

«Ma voi...»

«Io e lui non siamo più niente» fermo le sue paranoie. Non mi sfugge il visibile sollievo che la invade, però la tranquillizzo ulteriormente: «Ti ama, Bridget».

Impallidisce, rendendo le sue guance di un rosa ancora più intenso. «N-non è vero.»

Forse ho azzardato troppo, ma il modo in cui si guardano è magico. Ne sono certa, perché anche Chris mi guardava così.

«L'amore è qualcosa di troppo grande. È ingestibile» dichiara.

«Non devi gestirlo da sola.»

«Magari hai ragione» mormora tra sé, e sembra pensarci attentamente.

«È stato piacevole parlare con te» ammetto.

«Oh, beh, grazie. Sono contenta che ti sia confidata con me» dice, imbarazzata e sorpresa.

«Adesso ho lezione, quindi è meglio che vada in classe.» Le rivolgo un'ultima occhiata, poi le do la schiena e mi incammino.

«Tiffany, posso farti una domanda?» mi richiama, facendomi voltare.

«Quale?»

«Ma i tuoi capelli sono tinti o sono così biondi per natura?» chiede, come se dalla risposta dipendesse il futuro della sua vita.

Inarco un sopracciglio, senza trattenere un sorriso divertito. «Sono naturali, ovviamente.»

Spazio Autrice

La misteriosa Guerriera del flashback di Mason è proprio lei: Tiffany! Chris, il suo ex-ragazzo, ha perso la vita con gli Evans. Ve lo sareste mai aspettati? Nel flashback si parla del funerale, in cui Tiffany e Mason si avvicinano pericolosamente. Il loro rapporto era una specie di alternativa per non stare male a causa delle rispettive perdite.

Avete capito come mai Tiff si comporta così? Non sembra, ma tengo molto al suo personaggio. È una ragazza forte che ha sofferto troppo, tutto qui. Spero che adesso abbiate un'opinione diversa di lei!

Aspetto i vostri commenti, readers.

Xoxo

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