31. Il Riflesso di un Mostro
Bridget
Cos'ho fatto?
Un casino, ecco. Un errore irrimediabile. Se potessi prendere la mia mente contorta e sbatterla contro il muro, lo farei senza esitare. Non sono semplicemente sconsiderata, ma sono un'idiota irragionevole.
Come reagirà Mark? Sento il terrore assalirmi al solo pensiero. Complimenti, Bridget, mi rimprovero da sola. Hai di nuovo rovinato tutto.
Pronunciare quelle parole a voce alta, nella mensa, ha fatto diventare la verità più realistica. E più dolorosa. La lama è andata più affondo, e la ferita che mi ha spezzato il cuore non smette di sanguinare. Fa sempre più male.
Devo trovare un modo per ricucire le mie debolezze e chiuderle definitivamente nella cicatrice che mi segna l'anima. Posso ricompormi. Posso rimettere insieme ogni pezzo di me che è crollato. Posso aggiustare tutto.
Ma come?
Una volta, da bambina, ho accidentalmente rotto il vaso che ornamentava il salotto. Si era frantumato in una pioggia di cocci colorati, sparsi sul parquet. Mia madre, dopo avermi tirato un'occhiataccia di rimprovero, ha cominciato a raccogliere i pezzi e a buttarli. L'ho fermata e ho insisto perché provassimo a incollarli tra loro. Ero fermamente convinta che si sarebbe aggiustato. Ma c'erano schegge ovunque e non combaciava più niente. Così ci ho rinunciato. Ero rimasta delusa dal mio fallimento. Quel vaso sembrava indistruttibile: il vetro raffinato era stato lavorato a mano, e ne era uscito un lavoro di perfezione impeccabile.
Ho capito che le cose che ci sembrano più forti sono, in realtà, le più deboli. Tendiamo spesso a sottovalutare la loro fragilità. Io ho sottovalutato la mia.
Rido amaramente tra me e me: se non riesco a riparare uno stupidissimo vaso, come spero di riuscire a rimettere insieme le schegge di me stessa?
Mi sembra che l'universo si sia scomposto e che tocchi alla sottoscritta rimettere nella posizione originale le stelle e i pianeti. Mi serve una certezza, qualcosa a cui aggrapparmi.
E, forse, so dove trovarla.
«Bridget!»
Mi volto. Mason corre nella mia direzione, fulmineo. Quando mi è di fronte, mi prende il mento tra le dita delicate, girando il mio viso prima a destra e poi a sinistra. Studia la mia espressione scrupolosamente. Mi scosto dal suo tocco gentile e gli sorrido.
«Sto bene» lo tranquillizzo.
«Perché l'hai fatto?» Si passa una mano sul volto, esausto.
«Non lo so.» Sono sincera. «Avevo bisogno di liberarmi da questo peso soffocante, credo.»
«Non essere arrabbiata con Emily. Voleva soltanto scusarsi con te. È pentita di averti spinto a fare quella scenata e...» parla frettolosamente e non si interrompe nemmeno per una boccata d'aria.
Gli poso una mano sul petto, dove sento il cuore che martella senza sosta. Sta zitto quando si accorge del mio sguardo serio.
«Non voglio che tu stia così a causa mia» sussurro.
«Così come?» Mi accarezza una guancia, piano.
«Preoccupato» rispondo, dispiaciuta.
Il ritmo dei suoi battiti rallenta, tornando stabile. Porto la mano non bendata sopra la sua, che non smette di tracciare dolci linee sui miei zigomi.
«Sarò sempre preoccupato per te.»
«Non lo metto in dubbio. Se dovesse succedermi qualcosa, sarai tu a rimetterci» mi riferisco all'incarico affidatogli dal direttore.
La sua espressione si tramuta in uno sguardo ferito. So che ci è rimasto male. Lo capisco quando le sue dita si scostano, lasciandomi un inspiegabile vuoto dentro.
«Sai che non è così.» Mi osserva, corrucciato. «Prima era solo per Mark; adesso è per te. Non mi perdonerei mai, se ti succedesse qualcosa» confessa. Il suo tono, però, è ancora risentito.
«Mi fido di te, Mason.» Gli dono un piccolo sorriso e gli volto le spalle, allontanandomi.
«Dove vai?» domanda urlando, dopo che mi sono distanziata di qualche metro.
«A parlare con Selene.»
****
«Stupido, inutile Specchio!» esclamo rabbiosamente.
Lancio l'oggetto contro il quale sto imprecando da ore sul letto. Ci ho provato in ogni maniera. Ho utilizzato ogni combinazione di parole possibile, ma non trovo il modo giusto di contattare mia madre.
Se è davvero lì, perché non mi risponde? Forse non vuole avere niente a che fare con me. Forse mi ha abbandonata perché ero un peso. Stringo i pugni e mordo il labbro.
Non mi ha mai voluta, mi rendo conto.
Se mi avesse amata come una vera figlia, non ci saremmo separate. Starei con i miei genitori. Con mio fratello. Con la mia vera famiglia.
Presa dalla collera, scaglio una sfera energica, sfoderando i miei poteri magici. Il circolo elettrico va a colpire la finestra, bruciando i drappi di seta cerulea delle tende e crepando il vetro.
Sono in sovraccarico. L'adrenalina mi circola nelle arterie, ed è così tanta che rischio di scoppiare. Ho la necessità di rilasciare le particelle magiche che scorrono, scoppianti di furia e forza. Anche a costo di distruggere tutto.
Guardo la lastra di vetro che porta l'impronta delle lesioni che ho inciso. Poi, al di fuori, osservo il cielo. È una giornata serena e armoniosa.
Premo i palmi di entrambe le mani contro il vetro, cercando di non fare caso al bruciore dei tagli fasciati. Il ricordo dell'amore che Mason mi ha trasmesso stamattina riesce a scaldarmi il cuore per un momento, prima che esso venga nuovamente corroso dalle fiamme dell'odio.
Sprigiono il dolore sotto forma di gocce d'acqua pesanti e la rabbia prende vita attraverso i fulmini che squarciano l'uniformità delle tenebre. Il cielo è un ammasso di nuvole nere e buie, le quali nascondono la bellezza luminosa del sole dietro la tempesta. Non c'è un fascio di luce a illuminare il cortile, dove gli studenti corrono rapidi verso l'ingresso dell'istituto, per sfuggire dall'acquazzone improvviso.
Resto ferma ad ammirare il temporale che ho creato. A distogliermi dall'incanto del caos che ho generato, è il mio riflesso sbiadito contro la finestra.
Sussulto, notando i miei occhi. Le iridi sono nere e la pupilla è circondata da una corona cobalto che contrasta con il colore scuro.
Li ho già visti, nei miei peggiori incubi. Sono gli occhi di Seth. Sto diventando come lui. Spietata, senza scrupoli. Sto diventando il riflesso di un mostro.
Indietreggio, spaventata. La mia essenza maligna sta sgusciando fuori, lentamente, e non riesco a frenarla.
"Non puoi contrastarmi."
Una voce mi esplode nei timpani, come il tuono che illumina il cielo. Mi guardo intorno, ma non c'è nessuno. Viene dalla mia testa.
"Tu sei come me."
Mi tappo le orecchie e scuoto la testa, per opporre resistenza.
«No! Non sarò mai come te!» grido al nulla che mi avvolge.
"Lo sei già diventata."
Rannicchio il corpo contro il bordo del letto e stringo le gambe al petto, nascondendo il viso tra le ginocchia.
«Smettila» sussurro con un filo di voce. Non ho più la forza di reagire, ma solo di lasciarmi andare.
«Non farlo, Bridget. Non lasciarti andare» interviene una voce.
Alzo la testa. Non è il tono cattivo di Seth, ma è un timbro dolce e delicato. E proviene dallo Specchio. Mi metto in piedi e afferro l'oggetto. Non scorgo niente, inizialmente, neppure il mio riflesso. Mi siedo sul materasso e aspetto un'altra reazione.
«Selene?» provo a chiamarla.
Qualcosa mi dice che era lei a parlare. La sagoma sfocata di una donna appare nella superficie ovale dello Specchio. Man mano diventa più nitida, finché non riconosco i miei lineamenti e le mie caratteristiche sul volto sorridente di Selene Kelley.
Dio, è la mia fotocopia. È come vedere me stessa tra qualche anno, con i capelli rossi e ricci, gli occhi grandi e screziati d'oro e lo sguardo pieno di amore e dolore.
«Ho aspettato questo momento per anni» confida, e la sua voce soave trema. «Finalmente posso vederti.» La donna stringe le palpebre per trattenere le lacrime. «Mi dispiace, tesoro. Per tutto.»
Vederla attraverso un vetro è atroce. Vorrei tanto stringerla tra le mie braccia.
«Perché?» È una sola e semplice domanda, ma basta per farle intendere il mio bisogno di risposte immediate.
«Io e tuo padre l'abbiamo fatto esclusivamente per il vostro bene. Vi amavamo più di ogni altra cosa e vi amiamo ancora.»
«E mi è permesso vedere anche lui?» chiedo, titubante.
Scuote la testa, discordando le mie speranze. «Purtroppo no.»
«Capisco» mormoro, senza indagare ulteriormente. Non posso negare di essermi rattristata. Mi sarebbe piaciuto conoscere anche Den.
«Vedi, tesoro, lo Specchio permette di comunicare con le anime rinchiuse nel limbo, come me. Tuo padre non c'è» spiega, una scintilla indecifrabile negli occhi. «Ma sono sicura che anche lui avrebbe voluto vederti.»
«E mio fratello? Nessuno sa dove sia.»
Selene abbozza un sorriso dolce e furbo. «Lo troverai, fidati di me. Siete collegati dalla nascita.»
«Tu lo sai, vero? Sai dov'è» realizzo.
«Lo troverai» ripete. «È il tuo destino.»
Destino. Si parla così tanto di destino, nel mondo degli Arcandidi. Il destino di lottare, di morire, di salvare il pianeta. Una semplice parola che ti indica la strada da seguire e ti costringe a percorrerla.
«Il signor Smith, il direttore, dice che sono destinata ad andare ad Arcandida e spezzare il Sigillo. Ma non ho idea di come fare» ammetto.
«Lo saprai quando sarà giunto il momento. Presto sarai pronta. So che ti stai allenando duramente» mi dà un sorriso fiero. «Spezzando il Sigillo, troverai Arcandida e potrai riconquistarla.»
«Non so se ne sono in grado.»
«Sei una Kelley, tesoro mio. Hai il coraggio e la determinazione nel sangue.»
Riesce a infondermi forza, con le sue parole. Mia madre crede in me, mi vuole bene, e non c'è cosa che mi renda più felice.
«Non ci rimane molto tempo» mi avverte Selene. Noto che la sua figura sta lentamente sbiadendo. «Perciò, fammi tutte le domande che desideri.»
«Io non ho dubbi» preciso. «Non più.»
«Oh» mormora, confusa.
«Ho solo bisogno di una certezza.»
È così. Mi serve un'ancora di salvezza. Voglio sentirmi dire che le mie erano sono paranoie. Che, per una volta, andrà davvero tutto per il verso giusto.
«Dimmi, tesoro.»
«Hai detto che mi hai abbandonata per il mio bene» trovo il coraggio di dire. «Come ti sei sentita?»
Lo sguardo di Selene si rabbuia, l'oro negli occhi spento dal dolore. «Sono io che ho creato la distruzione ad Arcandida. Ma lo rifarei altre mille volte, se in cambio avessi te, tuo fratello e tuo padre. Lasciarti sull'uscio di quella casa è stato devastante, credimi. E non voglio perderti, ora che ci siamo ritrovate.» Le lacrime macchiano le sue guance del colore della disperazione. «Ho fatto tanti sbagli, da giovane, e me ne pento. Ma tu, Bridget, sei una delle poche cose che mi hanno restituito la forza di andare avanti.»
«Ti credo, mamma.» L'ultima parola ha un sapore insolito sulle mie labbra, ma sono contenta di aver trovato la forza di pronunciarla e di accettare tutto. Anche lei sembra estremamente soddisfatta di me.
«È arrivata l'ora di salutarci» mi sorride, mentre la sua figura si dissolve lentamente.
«Di già?» protesto.
«Possiamo parlare ogni volta che desideri» mi rassicura. «Sono sempre qui, per te.»
Le prometto che ci sentiremo presto. Selene svanisce dal vetro e lo Specchio torna com'è sempre stato, una comunissima superficie riflettente. Lo appoggio sul copriletto e mi sdraio, sentendo una sensazione di sollievo quando il mio corpo sprofonda nella morbidezza del materasso.
Sospiro e guardo il soffitto. Immagino l'universo che ho ricomposto, in una miriade di costellazioni brillanti. Ce l'ho fatta. Socchiudo le palpebre e percepisco solo il lieve battere della pioggia sul vetro della finestra. A quanto pare, il temporale si è placato.
Passano pochi minuti e, dopo settimane di notti in bianco, riesco ad addormentarmi.
Spazio Autrice
Conosciamo Selene Kelley, finally! Che impressione vi ha fatto la mamma di Bridget? Adesso la nostra Principessa è più tranquilla, sapendo che sua madre le ha sempre voluto bene.
Per conoscere Den, invece, dovrete aspettare ancora un po'. E suo fratello, il Principe? Chi è? Dov'è? È vivo, almeno? Chissà.
Vi do il permesso di lasciarmi critiche, opinioni, scleri, consigli e complimenti (speriamo!). Uh, e anche tante stelline 🌟
Ps: L'immagine del capitolo rappresenta gli occhi di Bridget quando perde momentaneamente il controllo, quindi anche quelli di Seth. Come vi sembrano?
Xoxo🌪
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