29. Emozioni in Tempesta

Mason

Non è una novità, che io stia aspettando Bridget da almeno mezz'ora. A quanto pare, si diverte a farmi innervosire, con i suoi continui e voluti ritardi. Per lei, è un gioco. Mentre, per me, è solo un'enorme perdita di tempo prezioso.

Oggi ci eserciteremo con la magia, perciò ho fissato l'appuntamento nella palestra apposita. Invece di allenarci di sera, come sempre, ho spostato l'orario a mezzogiorno, così da essere sicuro che almeno stasera Bridget riesca a riposare. Lo spero, almeno.

John dice che siamo un'ottima squadra e che non abbiamo più bisogno della sua supervisione, né delle sue dritte. Ce la caviamo da soli, a detta sua. Per questo, d'ora in poi ci addestreremo senza il professore. E, onestamente, va benissimo così.

Ma non lo sarà ancora per lungo, se quel demonio non si darà una mossa a raggiungermi.

Quasi come se avesse percepito le mie parole telepaticamente o l'irritazione che mi fa imprecare a ogni secondo, Bridget fa il suo ingresso nella palestra.

Mi aspetto il consueto sorrisetto impertinente o lo sguardo di scherno, ma non arriva alcuna espressione dal suo volto stanco. È impassibile. Non riesco a decifrare il suo cipiglio apatico, dal quale non sfugge neppure un'emozione.

«Scusa il ritardo» esordisce, fredda.

Vorrei che non avesse spezzato il silenzio; il suo tono gelido riesce quasi a farmi rabbrividire.

«Tutto okay?» le domando, visibilmente preoccupato.

«Certo. Perché non dovrebbe?» Mi scocca un'occhiata, che mi trapassa come una freccia sfuggita dall'arco.

«Chiedevo» borbotto, sottovoce.

«Possiamo iniziare ad allenarci?»

La scruto attentamente, studiando l'espressione irremovibile, che tenta di nascondere la stanchezza. Ho imparato a conoscerla, e so che questo è il suo meccanismo di difesa, che utilizza quando sta per crollare.

Decido di non insistere. «Andiamo ai bersagli.»

Mi segue e ci posizioniamo di fronte alla parete di sinistra della palestra, che ospita tre bersagli affissi al muro, di quelli solitamente utilizzati nel tiro con l'arco.

«La mira è fondamentale, quando si affronta un'Ombra» dichiaro, mettendomi davanti al primo bersaglio. «Devi lavorarci sopra.»

Le offro una dimostrazione pratica: creo una piccola sfera elettrica e la tiro, centrando perfettamente il cerchio giallo.

«Tocca a te.»

Bridget si posiziona dinanzi al secondo bersaglio. Forma una sfera magica e la scaglia con forza; questa va a schiantarsi contro il cerchio e lo riduce in cenere, bruciandolo e disintegrandolo.

«Non intendevo esattamente questo» le faccio notare. «Ci hai messo troppa energia.»

Sospira, passandosi una mano tra i capelli ramati, sciolti sulle spalle. «Non credo di riuscirci» dice in tono abbattuto, evitando il mio sguardo.

Recupero un pugnale da lancio abbandonato sul pavimento, in un angolo della palestra, probabilmente lasciato lì da qualche Guerriero.

«Prova con questo» la incito, porgendole l'arma.

Bridget afferra con incertezza il pugnale e fronteggia il terzo bersaglio. Carica il braccio e, quando tira il coltello, lo fa con tanta potenza che la lama vola come una saetta e si conficca nel cerchio giallo, al centro esatto del bersaglio.

«Notevole» mi complimento. «Hai quasi trapassato la parete, ma ottima mira.»

Bridget non risponde. Tiene ancora gli occhi bassi e un'atmosfera affranta a circondarla.

«Ehi» faccio, avvicinandomi. «Vuoi dirmi perché sei così arrabbiata e... triste

Alza lo sguardo. Le sue iridi castane e dorate sono un turbine di dolore furibondo. «Lascia perdere, Mason.»

«Non lascio perdere. Quindi, parla.»

Incrocia le braccia al petto, un cipiglio nervoso, mettendo così in evidenza un dettaglio che mi era sfuggito finora.

«Ti sei ferita?» le domando, indicando la mano.

«È solo un graffio» risponde in fretta. Nasconde la mano nella tasca anteriore dei pantaloncini cotonati, fingendo indifferenza.

«Fammi vedere» ordino, fermo ma gentile.

Mi tende la mano, svogliatamente, senza opporre resistenza. Sfioro le sue dita, per poi stringerle tra le mie, con delicatezza. Esamino la pelle lacerata, i tagli profondi che segnano il dorso e le nocche spaccate.

«Solo un graffio?» ripeto la sua affermazione, sarcastico.

Faccio una leggera pressione sulle ferite, e lei geme per il dolore.

«Come te li sei fatti?»

Lascio la presa sulla mano e mi dirigo verso la cassapanca, dentro la quale sono sicuro di trovare anche delle bende, tra le varie attrezzature.

«Vuoi la verità?» domanda, stupidamente.

«Certo.» La osservo di sottecchi per pochi istanti, prima di continuare la ricerca.

«Ho rotto lo specchio del mio bagno.»

«Avevi voglia di fare a pugni col vetro?» la prendo in giro e le strappo una risatina, che alleggerisce l'atmosfera.

«Con me stessa, credo» mormora, tornando seria.

Fissa un punto indefinito, intrappolata nella burrasca dei suoi pensieri. Trovo la garza e ritorno davanti ai suoi occhi, che non osano immergersi nei miei neppure per sbaglio.

«Perché sei arrabbiata con te stessa?» sussurro, mentre le fascio la mano.

«Tu non lo sei mai?»

«A volte.» Sempre, direi.

Concentriamo entrambi la nostra attenzione sulle bende; lei osserva i movimenti circolari con cui le circondo la mano, e io cerco di essere delicato e di non farle male.

Una ciocca di capelli mi ricade davanti gli occhi, ostacolando i miei movimenti. Inaspettatamente, ci pensa Bridget a scostarla, nella presa morbida delle sue dita. Sorride debolmente, davanti al mio sguardo sorpreso.

«Ecco fatto» annuncio.

Osserva, in controluce, la mano avvolta nella garza bianca; poi guarda me, con gratitudine e riconoscenza.

«È la seconda volta che mi curi le ferite» nota, sussurrando.

Incastro i miei occhi nei suoi. «Non si fa questo, per le persone a cui si tiene?»

Non parla, ma semplicemente mi sorride, e vederla felice è l'unica cosa che voglio, anche se dura poco.

«Allora?» riprendo il discorso. «Cosa ti prende?»

«Credo sia meglio continuare l'allenamento» ignora volutamente la mia domanda.

«Bridget» la richiamo, serio, «parliamone.»

«Perché dovrei parlarne proprio con te? Perché ti ostini così tanto a volermi aiutare? Nessuno può aiutarmi, Mason. Nessuno.» Mi lancia addosso tutta la cattiveria della sue parole, che arrivano pari a dardi infuocati, colpendomi brutalmente.

«Io ci tengo davvero, a te» le dico la pura verità.

«Non dovresti» sibila.

«Si può sapere cosa hai?» sbotto, al limite della sopportabilità.

«Niente!» urla di rimando. «Sto bene!»

«Beh, a me non sembra.»

«Non ce la faccio più, okay? Ti basta, come risposta?» grida, sull'orlo delle lacrime.

Sbatte con forza le mani sul mio petto, trasportata da una tempesta di emozioni negative che la porta a fondo. Indietreggio, preso alla sprovvista, ma lascio che si sfoghi su di me. Dalle sue labbra tremanti fuggono parole sconnesse e tremanti, rivolte più a se stessa che a me.

Continua a colpirmi, sempre più debolmente, finché le sue mani non sembrano portatrici di carezze troppo brusche. Le circondo i polsi nella presa ferrea delle mie dita, bloccandola. Mi guarda attraverso i suoi occhi lucidi, brillanti nell'acqua salata che sembra averne messo in risalto le sfumature.

«Bree, ti prego» bisbiglio, il tono dolce e disperato. «Fatti aiutare.»

Espira un fiotto di esasperazione e si siede sul pavimento, le palpebre abbassate. Immagino quanto faccia fatica a parlare, perciò le lascio tutto il tempo di cui necessita, stando in religioso silenzio e sedendomi al suo fianco.

«Stamattina, all'alba, sono andata da Mark» inizia, dopo un profondo respiro di incoraggiamento.

«Cosa ti ha detto?»

Poggia la fronte contro la mia spalla e io le accarezzo la nuca, piano, sperando di poterle infondere tranquillità.

«E c'era anche sua figlia» continua.

«Yara?» chiedo, confuso, e lei annuisce.

Mi spiega che Yara è piombata sull'uscio della sua camera, obbligandola a seguirla fino all'ufficio di suo padre.

«Si erano messi d'accordo, credo. Dovevano dirmi una cosa importante.»

«Di che stai parlando?» la incoraggio a continuare, sentendo un miscuglio di eccitazione e ansia.

Si allontana, così posso avere una completa visuale del suo volto scosso. «Sono la figlia di Den e Selene.»

Non mi guarda, non guarda alcun punto definito, se non il vuoto più angusto.

Sono paralizzato. E adesso come le dico che lo sapevo? Come le dico che ero già a conoscenza di tutto, che anche io le ho nascosto la verità?

«Sembra una grandissima stronzata, no?» improvvisa una finta risata, forse prendendo il mio silenzio come un sintomo dello stupore. «Non capisco più chi sono.»

«No, Bree. Sei sempre tu, Principessa o no» dico alla fine, girando il suo viso verso il mio. «Sei sempre Bridget.»

Ritorna in piedi, la postura rigida e furiosa. «E chi è, Bridget? La ragazza di New York, la Guerriera arcandida o la Principessa? Tutto o niente? Dimmelo, Mason, perché non capisco più nulla.»

Mi alzo lentamente, calibrando bene le parole da rivolgerle. «Puoi essere tutte e tre. O nessuna. Dipende solo da te.»

«Ti rispondo io» dichiara a denti stretti. «Per sedici anni sono stata la ragazzina newyorchese, poi sono diventata la Guerriera e, ora, la Principessa. La Principessa, Mason! Io non voglio far parte di questo maledetto mondo. Voglio tornare a casa mia, a essere una normale studentessa con i suoi problemi da adolescente. Non voglio essere la Regina di un regno infestato dai mostri! Mia madre mi ha abbandonata, mio padre anche, e non ho idea di dove sia mio fratello. Sono dannatamente sola, e tutto ciò che desidero è lasciare questa scuola e i suoi abitanti il prima possibile!»

Le sue parole tuonato e rimbombano tra le pareti vuote della palestra, rimbalzandomi addosso e colpendomi. Colpendomi forte. E sentirla dire che vorrebbe andarsene, che vorrebbe lasciare tutto, compreso me, mi incrina il cuore.

È solo arrabbiata, mi rassicuro. Non lo pensa davvero.

Mi convinco e mi accosto a lei. Poso le mie mani sul suo viso e mi avvicino, immergendomi nei suoi occhi bagnati.

«Non sei sola, Bree» sussurro sulle sue labbra. «Hai me.»

Mi lascio trascinare anch'io dalla sua tempesta interiore e, senza pensarci due volte, la bacio.

Le nostre labbra si scontrano, fameliche, a differenza della delicatezza immane dei baci precedenti. Con un gesto deciso la spingo, tenendola per le spalle, e faccio sbattere la sua schiena contro la parete.

Risulta impossibile fermarsi, ogni volta che ci baciamo. Sembra di essere colpiti da una scarica elettrica, che non fa altro che aumentare di potenza. Un circolo di energia che scorre nelle vene, e che non riuscirei a bloccare nemmeno se lo volessi davvero. E non voglio.

"«Anche tu mi fai impazzire. E mi fai stare meglio.»"

Riesco a sentire le sue parole sulla pelle, come un brivido che mi percorre interamente. I ricordi dell'altro giorno scorrono veloci sotto le palpebre serrate, spingendomi ad aumentare la presa sul suo corpo.

"«A quanto pare, siamo entrambi incasinati.»"

Può un casino essere tanto bello? mi chiedo.

Le mordo piano il labbro inferiore, strappandole un gemito strozzato. È un fuoco che mi pervade, bruciando ogni incertezza. Non ho mai sentito l'incontrollabile bisogno di qualcuno, prima d'ora. Non m'importava di niente, prima di lei.

Ci separiamo. Sono consapevole che non riuscirei più a fermarmi, continuando così. Bridget protesta, storcendo le labbra gonfie, che ho desiderato avidamente per tutto questo tempo. Poggio la mia fronte contro la sua, con il respiro affannato.

«Non riesco a starti lontano» confesso. È ciò che ho tentato di dimostrarle, baciandola.

«E allora perché ti sei staccato?» fa, imbronciata.

Scuoto la testa, divertito, mentre cancello gli ultimi residui di lacrime dalle sue ciglia. Le bacio la tempia, stringendola a me. È l'unica persona a cui ho dedicato i miei rari gesti di tenerezza. Affondo il viso tra i suoi capelli, che mi procurano un leggero solletico, mentre giocherello distrattamente con il ciondolo della sua collana.

«Non mi sembravi sorpreso» annuncia all'improvviso. «Quando ti ho detto che sono la Principessa.»

La guardo negli occhi e sento il pentimento nel mio sguardo. «Lo sapevo di già.»

Come temevo, si stacca dalla mia presa. «Che significa?»

«Me l'ha detto Emily, dopo che siamo tornati dalla Sentinella, qualche giorno fa. Ha origliato una riunione del Consiglio e l'ha scoperto.»

La delusione nei lineamenti di Bridget mi trafigge il petto. «Perché non me l'hai detto?»

«Non spettava a me» mi giustifico. «Non avrei neanche dovuto saperlo.»

«Non posso crederci» sussurra duramente, e le pagliuzze dorate delle sue iridi si rabbuiano. «Mi hai mentito anche tu.»

«Ascoltami» le ordino, tirandola di nuovo a me. La mia voce è seria. «A me non importa se i tuoi genitori erano i sovrani o i camerieri della Regina. A me importa solo di te. Questo non cambierà niente, tra noi.»

In risposta, lei preme le sue labbra sulle mie, stavolta con calma e dolcezza. Faccio per parlare, ma mi blocca immediatamente.

«Non dirlo» mi ferma, anche se non so a cosa si riferisca.

«Che cosa?»

Come ha fatto prima con me, le scosto una ciocca dal volto, ma immobilizza le mie dita all'altezza dell'orecchio. Le sue dita intorno al mio polso non spostano la mano, ma frenano semplicemente la carezza.

«"Mi dispiace". Non dirlo» si spiega, liberandomi dalla sua lieve stretta.

Sorrido, ancor più convinto di riuscire a capirla più di ogni altro essere vivente. Siamo così simili.

«Non è quello che volevo dire, infatti. Volevo solo assicurarti che qualunque cosa succeda - e, ripeto, qualunque - io ci sarò, per te. Sempre» le prometto, portandole quella ciocca ramata dietro l'orecchio.

Ricambia il mio sorriso, commossa. Poi, con uno slancio, mi getta le braccia al collo, e io l'abbraccio a mia volta, circondandole i fianchi.

«Grazie, Mason. Non sai quanto significhi per me» bisbiglia, nascosta nell'incavo del mio collo.

«Farei di tutto, per te, Bree.»

Spazio Autrice

Ormai avete capito che mi piace un sacco scrivere questi momenti dolci
Bridget si confida con Mason e lui fa del suo meglio per farla stare meglio. Non sono carinissimi?

Oggi voglio farvi una domanda un po' diversa: cosa vi aspettate dai prossimi capitoli? Volete che succeda qualcosa in particolare tra i protagonisti o saperne di più sulla storia centrale (Arcandida, Ombre, Selene, ecc...)? Fatemi sapere!

Ricordatevi stelline e commenti✨

Xoxo⚡

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