23. Un Angelo Dannato
Ryan
Sembra una tranquilla giornata come tutte le altre: il sole che si vanta della sua luminescenza, alto nel cielo, nubi candide che puntellano l'immensa distesa azzurro intenso e il fresco venticello rigenerante, che soffia la sua brezza agitando le vaporose chiome delle querce del cortile.
Attraverso il vetro della finestra, chiazzato di macchie opache di sporco, osservo gli studenti che passeggiano sul prato curato, tra chiacchiere e risate. Ed è in questi momenti che sembriamo normali studenti del college, e non Guerrieri. Tutti nelle nostre monotone divise, che ci rendono uguali e uniti. È questo che vuole il direttore: spirito di squadra.
Come se bastasse solo indossare un'uniforme, penso.
Dietro di me, i passi frettolosi della ragazza che cammina nervosamente su e giù per il ristretto spazio della mia camera. Una sequenza continua, dalla porta fino alla finestra, dove mi sono piazzato io.
Le sue dita tirano con insistenza le punte dei capelli neri. Arriccia le ciocche intorno all'indice, in piccoli boccoli che vanno a disfarsi una volta lasciati liberi.
«Falla finita» sbotto, seccato dal suo incessante avanti e indietro.
«Sta' zitto» mi risponde, con un'occhiataccia.
Arresta la sua camminata e mi guarda dritto negli occhi; le sue iridi troppo cupe per sostenerle. Si avvicina fino ad essermi a un palmo dal naso, il respiro pesante e i pugni serrati.
«Avevamo detto che avresti dovuto aspettare. Non dovevi avvicinarti, non così.»
«Stai tranquilla. Ci siamo scambiati a malapena due parole» la rassicuro. «E ti ricordo che non sono tenuto a seguire ogni tuo ordine.»
«Ma abbiamo un accordo, quindi lo farai.» Si scosta da me, per sedersi sul mio letto. «E i patti erano che avremmo agito insieme, dopo qualche settimana, dicendole tutto. È appena arrivata: non possiamo già parlarle di te. Non sa neanche chi è lei.»
«Continuo a credere che tutto ciò sia assurdo» commento. «Sicura che sia una buona idea, mentirle?»
«Dobbiamo» asserisce, appoggiando la testa sul materasso. I capelli corvini si spargono sulla coperta. Sembra un angelo caduto dal paradiso, con la carnagione bianca e gli occhioni scuri. Un angelo dannato. «Dobbiamo impedire a lui di raccontarle la verità, ricordi?»
«Battiamolo sul tempo» propongo, guardandola dall'alto. «Prima lo scopre, meglio è.»
La ragazza si rimette a sedere, sbuffando. «Mi ucciderà, e lo sai. Dobbiamo rispettare l'accordo.»
Abbasso lo sguardo, sapendo di non poter negare. Ha ragione, ma non riesco ad accettarlo.
«Non posso farle del male» sussurro, più a me stesso che a lei. «E mentendole... è come se la tradissi.»
«Ryan, non è pronta» afferma. «Tutto questo è per proteggerla. Ricordi?»
Annuisco piano, affiancandola sul letto. Le sue iridi nere, buie come una notte senza stelle, mi puntano. Vorrei poter leggere qualcosa, in quegli occhi, ma c'è solo vuoto e ghiaccio. Nessuna emozione.
«Ha trovato il libro sul Sigillo. Stava per leggerlo» le riferisco.
Spalanca gli occhi. «Se lo apre scoprirà chi è realmente.»
«Non preoccuparti. L'ho nascosto in una stanza dei sotterranei. Nessun Guerriero può portarla là. È accessibile solo a Mark.»
«E a lei.»
«Sì, ma non lo sa ancora. E, poi, prima o poi verrà a saperlo. Che facciamo, se Mark glielo dice?»
«L'importante è che non sappia di te, di me e di lui.» Sistema una ciocca color carbone dietro l'orecchio, sospirando. «Non possiamo permetterci di sbagliare. Stiamo giocando con il fuoco.»
«Lascia fare a me. La avvicinerò e non sospetterà di nulla» la tranquillizzo.
«Ryan» bisbiglia piano il mio nome, scandendone lentamente ogni lettera. «Non deludermi.»
«Non lo farò» prometto.
«Adesso, raccontami come ti è sembrata» cambia discorso e si accomoda a gambe incrociate sul materasso.
«Era... smarrita» rispondo.
Resta in silenzio, aspettando altri dettagli.
«Ed è orribile sapere che non posso aiutarla a ritrovare la strada» aggiungo, desolato.
«Tu puoi aiutarla. Noi possiamo aiutarla» prova a consolarmi, posandomi le dita pallide sulla spalla. «Ha bisogno di te, ma non adesso.»
«E tu, Mackie? Di chi hai bisogno?»
La ragazza abbozza un sorriso che contiene una leggera sfumatura amara. Forse mi sbaglio. Lei non prova mai emozioni come la tristezza.
«Mi piacerebbe avere bisogno di qualcuno, ogni tanto» mormora.
Mi sfiora il viso con le dita, in un gesto delicato che però mi arriva come una spinta violenta. Il suo tocco brucia la mia pelle, graffia i miei pensieri e mi porta lontano da tutti i peccati con cui ci siamo circondati.
«Quando capirai?» le chiedo a bassa voce. Quando capirai che io, invece, ho bisogno di te?
«Io ho già capito. Sei tu che non ti rendi conto dei rischi a cui vai incontro.» Blocca il mio viso nella presa leggera delle sue mani. I palmi sono gelidi, a contatto con la mia pelle. «Ti ferirò, Ryan.»
«Non ho paura» dichiaro.
«Io vorrei tanto averne» confessa.
Ricordo ancora il pomeriggio tempestoso in cui mi sono scontrato con la ragazza di fronte ai miei occhi, circa un anno fa.
Ammiravo le pensanti gocce d'acqua che battevano sul vetro della mia finestra, portandomi a picchiettare le dita sul davanzale a ritmo della loro caduta. La lastra trasparente e bagnata non riusciva a nascondere l'umore nero delle nuvole, e neppure le loro lacrime che scendevano con insistenza, accompagnate da tuoni sordi e lampi improvvisi.
Sopraffatto dalla noia, ho deciso di lasciare la mia stanza e dirigermi dall'unica persona in grado di ascoltarmi e capirmi pienamente.
La luce soffusa emessa dalle lampade non riusciva a schiarire l'intero corridoio, che sembrava tramutarsi nel buio più oscuro alle estremità non visibili. L'ho percorso senza esitare, ormai conoscendo a memoria la strada.
Sembrava che fosse giunta la tarda notte, quando invece era soltanto pomeriggio inoltrato.
Nessuno conosceva la strada per i sotterranei, a eccezione del sottoscritto e del direttore; i cunicoli segreti erano accessibili solo a chi ne possedeva la chiave e, soprattutto, a chi ne conosceva l'esistenza.
Sono arrivato al piano terra e, prima ancora di aver sceso l'ultimo gradino della scalinata, un rumore mi ha fatto scattare sull'attenti. Mi sono irrigidito al suono dei passi che si avvicinavano, tenendomi pronto a un possibile scontro.
Quando mi sono voltato, due iridi di carbone mi fissavano attentamente, nascoste nell'ombra. Ed è stato quando la sagoma indistinta si è avvicinata, che ho collegato quegli occhi alla figura di una ragazza.
Sembrava fatta di porcellana, con la pelle marmorea e i capelli corvini che incorniciavano l'esile volto.
«Ho bisogno del tuo aiuto» mi ha detto.
Forse è stata l'urgenza della sua voce o la preoccupazione scolpita sui lineamenti spigolosi, che mi hanno spinto a chiederle spiegazioni.
Ho scoperto che mi cercava da tempo, che conosceva il mio nome e che sapeva persino chi fossi davvero. Mi ha proposto di stringere un patto. Entrambi eravamo sulle tracce della stessa persona, anche se con finalità diverse: io dovevo salvare Bridget dalle bugie, lei doveva salvarla dalla verità.
Quel giorno ho stretto un'alleanza col diavolo. Dovevo stare alla larga da Mackenzie Davis, ma non l'ho fatto.
E ora mi ritrovo attratto dalla persona che avrei dovuto uccidere per proteggere me e un'intera popolazione. Ma non ho fatto neanche questo.
Abbiamo instaurato un legame pericoloso tra le nostre vite. Un'unione distruttiva. E ci ucciderà entrambi.
Spazio Autrice
Ciao a tutti readers!
In questo capitolo abbiamo un cambio di POV e l'entrata in scena di due personaggi nuovi, Ryan e Mackenzie. Chi sono? Stanno entrambi cercando Bridget. Cosa avranno in mente? Parlano di un certo patto e, se siete stati attenti, avrete anche notato che Mackenzie viene definita un pericolo. Nonostante ciò, Ryan si unisce a lei. Secondo voi, stanno progettando cose positive o negative?
Colgo al volo l'occasione per ringraziarvi: leggo ogni vostro commento e cerco di rispondere a tutti, così come le numerose stelline che mi lasciate. Non potete immaginare quanto mi fate felice, vi adoro tutti😭💕
Un abbraccio! Xoxo⚓
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