15. In Sintonia con gli Elementi

Bridget

Tre giorni.

Sono passati tre giorni da quando la mia vita non è più la mia. Tre giorni dal cambiamento drastico che mi ha segnata. Tre giorni che provo a non crollare, anche se dentro sono distrutta.

Questa non sono io.

Io sono la ragazza che amava guardare il suo ragazzo che si allenava, che amava fare shopping con la sua migliore amica.

Io sono la ragazza che raccontava la favola della buonanotte alla sua sorellina, che si divertiva a sfidare suo fratello perché sapeva che l'avrebbe sempre battuto.

Quella è la vera Bridget.

Adesso, non so più chi sono. Vengo da un regno di cui non conoscevo nemmeno l'esistenza; da quando sono entrata in Accademia mi sento chiusa in gabbia. Sono destinata a diventare una Guerriera, a condurre una vita che non avrei mai voluto.

«Tutto okay?» mi distrae Mason. Mi sta osservando con la coda dell'occhio. «Sembri stanca.»

«Ero solo pensierosa» abbozzo una scusa, sorridendogli debolmente.

Mason mi sta accompagnando all'aula della professoressa Collins, situata al secondo piano dell'edificio, come gli ha chiesto John, ieri sera. Mi cammina a fianco e ogni tanto mi tira sguardi preoccupati.

Probabilmente si è accorto che le mie palpebre faticano a restare aperte e che sto trascinando i piedi lungo il corridoio. Spero di aver usato abbastanza correttore per coprire le occhiaie.

Nemmeno stanotte ho dormito. Il primo giorno, gli incubi mi avevano risparmiata, ma dall'altro ieri sono tornati a martellarmi la mente, più vividi e feroci che mai. Ormai, riposare è diventata un'impresa irrealizzabile, non più una necessità. E non ci riesco.

«Sicura di stare bene?» si premura ancora il Guerriero. «Non ti reggi in piedi.»

«Sono soltanto un po'...»

«Spaventata?» cerca di concludere la frase al mio posto.

«Stavo per dire tesa, ma sì, anche spaventata» gli sorrido, anche se forzatamente.

Impianta i suoi occhi neri nei miei e il suo sguardo è così profondo, scuro e penetrante che sembra scavare dentro di me, leggermi l'anima.

«Siamo arrivati» annuncia, staccando le pupille dal mio viso.

Ci fermiamo davanti a una porta, identica a tutte le altre. La fisso, insicura. Non voglio entrare. So che, una volta varcata la soglia, diventerò parte di questa realtà a tutti gli effetti. Non voglio guardarmi allo specchio e riconoscere più il mio riflesso. Ho paura che le incertezze mi schiacceranno.

«E se mi fingo malata?» provo a cercare una via di fuga.

Mason scuote la testa, esasperato. Sì, sono davvero irritante.

Batte le nocche sulla porta e una voce leggera ci risponde con un "avanti". Prima che possa anche solo protestare, Mason apre il battente, posa una mano sulla mia schiena e mi spinge delicatamente all'interno della stanza. Mi regala un sorriso di incoraggiamento e poi mi lascia da sola nell'aula.

Ma non sono del tutto sola.

Appoggiata alla cattedra, c'è una donna che mi scruta con curiosità. Gli occhi color caffè, i capelli scuri come la corteccia degli alberi e un sorriso caloroso ad incorniciarle il volto. È la prima mora che incontro, osservo con piacere.

«Tu sei Bridget, vero?» Si avvicina fino ad essermi di fronte.

«Sì, sono io» confermo.

«Io sono la professoressa Collins, ma puoi chiamarmi Giselle.»

Non la immaginavo così gentile. Il suo sguardo marrone è dolce e rassicurante. Forse, non sarà un completo disastro, questa lezione. Mi tende la mano amichevolmente e gliela stringo.

«Immagino che ti abbiano già informata sugli orari» ipotizza, e in risposta annuisco. «Bene. Per i primi mesi terremo delle lezioni individuali, il tempo di portarti al passo con gli altri. Dimmi, Bridget: hai mai usato i tuoi poteri?»

«Non sapevo nemmeno di possederli, fino a qualche giorno fa.»

«Ogni Arcandido ha in sé la magia. Prima di cominciare, c'è una differenza sostanziale che devi conoscere: quella tra magia pura e magia nera. Noi usufruiamo della prima, ne siamo composti, mentre le Ombre e Seth praticano le arti oscure. I loro poteri, diversamente dai nostri, si basano su energia negativa. Gli Arcandidi possono fare incantesimi legati alla natura, all'elettricità e alla telecinesi. La magia delle Ombre, invece, deriva dal caos. Sono in grado di rubare l'energia vitale, di congelare l'anima e di ipnotizzare.»

Ipnotizzare. Trasalisco. La mia testa mi restituisce l'immagine di ieri mattina, quando ero con mia madre. L'ho convinta a restare grazie a un incantesimo. L'ho ipnotizzata, come ha detto Mason. Ricordo le mie iridi, cambiate e diventate due vortici di tenebra.

Come è possibile?

Rimuovo con forza queste riflessioni. Noto che Giselle mi sta osservando, stranita dal mio fitto silenzio. Non sembra sospettare niente. Probabilmente Mason si è dimenticato di riferire al Consiglio il dettaglio dell'incantesimo.

«D'accordo» mi sbrigo a risponderle, per non destare troppi sospetti. «Ho capito.»

«Dunque, possiamo anche iniziare. Che ne dici?» mi propone.

«Non vedo l'ora» esclamo con decisione.

La mia affermazione è di suo gradimento, a quanto sembra. Distoglie l'attenzione da me e si avvicina alla cattedra, disponendo degli oggetti sulla superficie. Quando ha finito, si sposta di lato in modo che io possa vedere: c'è un recipiente trasparente pieno d'acqua e un vaso di vetro colorato e vuoto.

«Cosa dovrei fare, con quelli?» le chiedo, con la confusione che alberga nella mia testa.

«Prima di utilizzare i tuoi poteri per combattere, devi imparare a controllarli. Sono una parte fondamentale di te ed è necessario imparare a conviverci.» Apre il palmo della mano e lo rivolge verso il soffitto. «Adesso, guarda.»

Aspetto una reazione, che non tarda ad arrivare. È quasi invisibile: tante minuscole scintille si uniscono, formando una fiamma che danza sulla mano della professoressa. Un fuocherello vero, vivace e striato d'oro ramato.

«Avvicinati.»

A piccoli passi riduco la distanza tra me e la piccola fonte di luce e calore ardente, studiando le sfumature che assume.

Sotto ordine di Giselle accosto le mie dita, intimorita. Eppure, quando la mia pelle tocca la fiamma, non si scotta. Una sensazione di serenità e pace mi pervade.

Inaspettatamente, il fuoco si spegne, portando via con sé anche l'energia che mi aveva trasmesso.

«Quello che hai appena visto è il primo passo per raggiungere l'equilibrio con i propri poteri. Devi creare un legame magico tra te e i quattro elementi, devi essere in sintonia con essi. Vedi, Bridget, noi sfruttiamo la forza della natura per incanalare la nostra energia in magia, e richiede sia un grande sforzo che tanta concentrazione.»

Recepisco la spiegazione e cerco di immagazzinare ogni parola, stando attenta ad assimilarne il significato.

«È... è fantastico» balbetto, ancora stordita dal fuoco magico.

«Sono contenta che ti sia piaciuto. Perché, ora, tocca a te.»

La guardo, stralunata e intimorita.

«Non fare quella faccia. Avanti, fammi vedere di cosa sei capace.»

Perché tutti, in questa scuola, credono nelle mie fantomatiche capacità inesistenti?

«Non credo di riuscirci» rifiuto.

Giselle mi lancia un'occhiata di rimprovero. «Sì, invece. Hai solo bisogno di credere di più in te stessa.» Si addolcisce e prende le mie mani tra le sue. «Riesco a sentire tutta l'energia che aspetta solo di essere usata. Fai un tentativo» mi incoraggia.

Faccio un respiro profondo e decido di accontentarla. Chiudo gli occhi e mi concentro sul silenzio intorno a me.

«Libera la mente, rilassati e non distrarti. Pensa a qualcosa di luminoso, di splendente. Pensa al sole.»

Riesco a visualizzare la stella nella mia mente.

«Pensa al calore che emana, alla luce abbagliante. Pensa ai raggi che ti accarezzano la pelle, alla sensazione di libertà» mi suggerisce, sussurrando. «Ora, concentra tutte queste sensazioni qui.» Mi sfiora la mano.

E, poi, arriva.

Mi scorre nelle vene, si dirada in tutto il corpo. L'energia vibra e si ferma proprio dove mi ha indicato la professoressa. Una scintilla si accende e il fuoco si sprigiona. Schiudo le palpebre, trovando una fiammella vivace sul mio palmo.

Sono stata io?

Ammiro le lingue infuocate muoversi e unirsi l'una con l'altra in una guerra che non ha fine. Rivolgo lo sguardo su Giselle, che osserva ciò che ho creato, in un misto tra sorpresa e ammirazione.

«Sei sorprendente. Non credevo che fossi così brava» si complimenta, mentre spengo la piccola fiamma. «Non tutti ci riescono al primo colpo.»

«Sono sorpresa anch'io» confesso, imbarazzata.

Batte le mani, entusiasta. «Possiamo passare al prossimo elemento. Questo è stato un successo!»

«Qual è il prossimo?»

La professoressa si avvicina alla bacinella piena d'acqua, posata sulla cattedra. «Ora le cose si fanno più complicate, ma per te sarà una passeggiata.» Mi strizza l'occhio in un segno d'intesa.

Giselle posiziona una mano sul bordo del recipiente e tiene l'altra sospesa all'altezza dello stomaco. Esamino attentamente ogni sua mossa: punta l'indice verso l'acqua e lentamente lo ruota verso l'alto.

Intanto, la superficie trasparente del liquido si increspa e uno sciame di goccioline levita, seguendo il movimento del suo dito e creando una scia d'acqua.

Il serpente liquido si innalza sempre di più, fin quando non sono costretta ad inclinare il viso verso il soffitto, per continuare a guardarlo.

Giselle stende il braccio davanti a sé e l'acqua si avvolge intorno all'arto, in un turbinio che prende la forma di una spirale. Con un gesto secco dell'altra mano, il liquido si frammenta e ricade disordinatamente nel recipiente, facendo schizzare qualche goccia sul ripiano di legno.

In seguito, porta il palmo destro a pochi millimetri di distanza dell'estensione dell'acqua, bagnando leggermente i polpastrelli delle dita. Poi, tutto d'un tratto, la bacinella viene riempita dal ghiaccio, che prende il posto del liquido.

Mi avvicino e scruto la lastra trasparente e gelida, alternando il mio sguardo agli occhi scuri della professoressa. Ha ghiacciato l'acqua.

Quest'ultima, con un cenno del capo, mi incita a ripetere i suoi gesti precedenti. «Coraggio.»

Con lo sguardo, chiedo aiuto a Giselle. Non ci riuscirò mai, da sola.

«Per prima cosa, riporta l'acqua allo stato liquido. Focalizzati sul ghiaccio che si rompe: prima una crepa, poi un'altra. Fino a distruggerlo» consiglia la professoressa.

Poggio il palmo sul blocco gelido e sento il freddo penetrarmi nelle ossa. Immagino una distesa fredda e innevata; penso al ghiaccio che si divide a metà, per poi spaccarsi in frammenti, e ai minuscoli cristalli che si sciolgono al calore.

E così succede: l'acqua ritorna al suo stato principale e delle goccioline bagnano piacevolmente il mio braccio, troppo vicino al recipiente.

«Ben fatto» si congratula Giselle, soddisfatta. «Ora, devi manipolare l'acqua. Ricorda, Bridget: sei tu a comandarne ogni movimento. Usa lo stesso procedimento di quando hai creato il fuoco. Stavolta, però, sei tu a decidere. Solo e soltanto tu

Punto l'indice, come ha fatto lei prima, e ordino mentalmente al liquido di seguirmi. Ruoto il polso e intanto provo ad attirare l'acqua a me.

Forse mi sono sottovalutata un po' troppo, dato che in pochi secondi una spirale d'acqua si innalza dal contenitore. Sorrido, orgogliosa di me stessa, e comando i movimenti della fune liquida, che li esegue.

Poi percepisco un ronzio nella mia testa, come una voce che bisbiglia e sibila. Il sussurro si intensifica e gli occhi pizzicano, bruciando. Li sgrano. È la stessa sensazione che ho provato quando ho ipnotizzato la mamma e Matt. Stanno cambiando colore.

Nel frattempo, l'acqua si leva sempre più velocemente, fino a sfuggire dal mio controllo. La scia trasparente rotea intorno a se stessa, completamente indipendente.

Il panico e la paura si impossessano di me. Indietreggio e sobbalzo per lo spavento, quando vado a sbattare contro il bordo di un banco. Per non cadere, piazzo entrambe le mani sul ripiano, lasciando il dominio sull'acqua. Il serpente trasparente si scheggia e si infrange sul pavimento.

Giselle spalanca le palpebre e mi guarda allarmata. Io, ansimando, le assicuro che sto bene e mi scuso per il disastro combinato.

«Non importa. Può capitare, le prime volte» risponde con un debole sorriso.

È stato come se, all'improvviso, non avessi più il controllo di me e dei miei poteri. Sono andati totalmente fuori controllo. Fortunatamente, le iridi non mi hanno giocato brutti scherzi davanti alla professoressa.

«Te la senti di continuare?» chiede.

«Sì» rispondo, senza indugiare. Non mi arrendo.

«Andiamo avanti, allora.» La donna si avvicina alla finestra che occupa la parete sinistra dell'aula. «Riusciresti ad aprire questa finestra tramite l'elemento dell'aria?»

«Cosa devo fare?»

Le sue labbra si curvano in un sorriso furbo. «Provaci da sola. Ormai, hai capito il meccanismo.»

Sospiro, studiando il paesaggio oltre il vetro. La finestra si affaccia sul cortile dell'Accademia, rigoglioso di foglie secche e colorate. Le chiome degli alberi oscillano e i rami quasi spogli si intricano tra loro, segno della presenza del vento.

Chiudo gli occhi e immagino una brezza leggera ma forte, delicata ma decisa, che mi accarezza il viso e scuote le foglie. I capelli scombinati dal turbine di aria, lo sferzare del vento sulla pelle, il fresco rigenerante, lo scricchiolio delle piante mosse.

Un frastuono mi fa alzare le palpebre e, da un momento all'altro, una folata d'aria mi colpisce. La finestra, spalancata, lascia entrare il vento pungente dell'autunno, richiamato da me.

«Perfetto» commenta Giselle. «Adesso, chiudila.»

Sollevo le mani e spingo i palmi in avanti, rimandando indietro la brezza. Il soffio d'aria, tirato via dai miei poteri, esce dall'aula, trascinando le ante di vetro della finestra e chiudendole con un colpo rumoroso.

«Hai davvero un dono» mormora tra sé la professoressa, squadrandomi. Mi regala un sorriso dolce e triste. «Proprio come lei

La mia fronte si aggrotta. «Chi?»

«Non importa» liquida il discorso, tornando verso la cattedra.

La raggiungo. Giselle prende il vaso appoggiato sulla cattedra, accanto alla bacinella vuota, - l'acqua è finita tutta sul pavimento - e mi mostra l'interno, pieno di terriccio.

«Manca l'elemento della terra» riprende la lezione, riposando il vaso sulla cattedra. «Dovrai far crescere un fiore, uno qualsiasi. Stavolta, però, il procedimento è diverso. Ci vuole il doppio dell'impegno per generare un seme nella terra. Per dare vita alla natura, devi donare la tua energia, invece di prenderla dall'ambiente circostante.»

«Come si fa?»

«Devi raccogliere una parte della tua energia e privartene, donandola alla terra. Il resto verrà da sé.»

Rispondo con un "okay" e osservo i granelli bruni contenuti nel vaso. Visualizzo nella mia mente il fiore che intendo far sbocciare.

Mi concentro sul calore che percepisco in me, sull'elettricità che ruota insieme al sangue e si mescola con esso, mandando scariche magiche a ogni particella del mio organismo.

Raggruppo una parte di quella forza vitale e la getto fuori dal mio corpo. L'energia mi lascia l'anima, sotto forma di polvere argentata, e si trasferisce nel vaso. I cristalli cinerini entrano, fluttuando, nel recipiente, e una debole luce bianca si sprigiona dalla terra.

Uno stelo si spiega, in cima una corolla rossa e chiusa. Come una farfalla che spalanca la ali, pronta a volare lontano, i petali si sciolgono dal loro abbraccio. Un tulipano rosso, vellutato e brillante, è cresciuto nel vaso.

Non trattengo un sorriso. Mi sento così bene, quando uso i poteri. Giselle aveva ragione: fanno parte di me, compongono la mia anima.

«Bravissima» si complimenta. «Adesso che sei in sintonia totale con gli elementi, puoi usare i tuoi poteri magici anche per scopi diversi. Per esempio, far levitare un oggetto. La telecinesi è una capacità della nostra magia.»

La professoressa utilizza lo stesso procedimento che ha usato con l'acqua, ma stavolta c'è il vaso di fiori al posto di essa. L'oggetto si solleva e ritorna verso il basso in semplici mosse, seguendo i comandi di Giselle.

«Concentrati e mantieni il controllo, stavolta, mi raccomando» mi intima con gentilezza.

Analizzo ogni dettaglio del vaso: la parte superiore schiacciata, i riflessi del vetro colorato, i disegni raffigurati e persino il tulipano rosso, appena sbocciato.

Sospendo le dita in aria, puntandole verso l'oggetto. Il vaso si stacca dal ripiano della cattedra e inizia a fluttuare, traballante. Aumento l'attenzione e riesco a tenerlo fermo, mentre continua a sollevarsi.

Ce la sto facendo.

«Continua così» mi sprona la professoressa.

Mi guardo velocemente intorno e individuo il mio obiettivo. Con un ultimo grande sforzo, porto il vaso sul davanzale della finestra, dove va ad atterrare.

Mi appoggio alla cattedra, esausta e al limite delle forze. Sono stanchissima. Non pensavo fosse così faticoso.

«Per oggi, può bastare così. Hai lavorato abbastanza. Ottimo lavoro, Bridget» dichiara Giselle, compiaciuta.

Anch'io sono soddisfatta delle mie azioni. Non credevo che nel mio corpo si celasse tanta energia.

«Stasera, durante l'addestramento, John ti insegnerà a usare i tuoi poteri per il combattimento» mi informa.

«Sono pronta» rispondo, sicura di me. Per una volta, sento di esserlo davvero.

«Lo so» mi sorride. «Puoi andare, ora. Noi ci rivedremo presto.»

«Un'ultima cosa.»

Giselle aspetta che parli. Mi piazzo davanti alla macchia d'acqua che imbratta il pavimento e spalanco i palmi, rivolgendoli al liquido. Rassetto la poca energia rimasta e la indirizzo verso l'acqua.

Dalla pozza si innalzano colonne di fumo chiaro. L'acqua evapora in nuvole sottili, che si disperdono nell'aria, lasciando il pavimento asciutto e lucido.

Alzo lo sguardo su Giselle, che ridacchia piacevolmente. «Beh, grazie.»

****

Il profumo di legno e carta si miscela nell'atmosfera silenziosa. La biblioteca è deserta ed è quasi l'ora di pranzo.

Il libro dalla copertina azzurra danza nell'aria, obbedendo ai miei comandi. Una patina di magia argentata lo circonda, mentre vola seguendo le movenze delle mie mani.

Lo faccio adagiare sulla superficie rotonda e lucida di uno dei tavoli. Mi guardo intorno, cercando altri oggetti da usare per esercitarmi.

Scorgo una coppia di candelabri d'oro, su un tavolino poco distante. Il metallo lucente sembra pesante e le candele, cilindri di cera bianca, sono accese.

Allungo le dita verso i candelabri e ne assumo il controllo. Inizialmente, vibrano, sotto i miei movimenti insicuri. Poi, si stabilizzano e si uniscono in un ballo fluttuante. Le fiammelle delle candele oscillano e disegnano scie infuocate nell'aria, mentre l'oro splende.

Tramite la magia poso i candelabri su uno scaffale vuoto. Mi lascio ricadere su una poltrona di pelle, espirando. Lentamente, ci sto facendo l'abitudine. Adesso, sembra quasi una cosa naturale, usare i poteri.

Sento delle mani che battono alle mie spalle. Mi giro, incontrando due occhi verde bosco e un sorriso raggiante.

«Ehilà, Rossa» mi saluta Carter. «Vedo che sei già entrata nel nostro magico mondo. Sei brava, sai?»

Lo ringrazio con un debole sorriso. «Giselle mi sta insegnando.»

«Come mai non sei in mensa? È quasi ora di pranzo. Non ti ho visto nemmeno ieri e stamattina. »

«Potrei farti la stessa domanda» ribatto.
La presenza di Carter non mi dà fastidio, ma non sopporto le persone che mi fanno troppe domande.

«Ho capito. Non mi risponderai» afferra il concetto.

«Non ho fame» invento, alla fine. In realtà, evito i luoghi pubblici perché detesto il modo in cui mi guardano tutti quei Guerrieri. In più, la stanchezza dovuta all'insonnia mi ha serrato lo stomaco.

Carter mi scruta, curioso. Una delle prime cose che ho notato in lui è stata proprio questa: la curiosità. È uno di quei ragazzi sempre allegri e solari, uno di quelli che fingono di fare gli stupidi, ma che dentro nascondono una saggezza immensa.

Distolgo il mio sguardo dal suo e noto una Guerriera che si avvicina a uno scaffale, senza però accorgersi di noi due. La ragazza si mette in punta di piedi per prendere un libro da un ripiano; i capelli biondo-argento le ricadono in onde chiare lungo la schiena. Quando riesco a delineare la sua figura, capisco di chi si tratta.

«C'è Emily» informo Carter.

La indico e tutti i colori defluiscono dal viso del ragazzo. Ignoro la sua reazione insolita e mi dirigo verso la Guerriera.

«Ehi, Em...» attacco, ma non faccio in tempo a finire la frase che una mano mi tappa la bocca e vengo trascinata dietro una libreria.

Protesto, ma la mia voce è attutita dalla mano di Carter, che mi sussurra all'orecchio di stare zitta. Indugia qualche secondo e, non appena mi lascia libera, gli lancio un'occhiataccia.

«Che problemi hai?» gli inveisco contro.

Lui mi ignora e continua a guardare Emily. I suoi occhi verde la studiano intensamente, da uno spiraglio dello scaffale, e il suo sguardo addolorato mi stringe il cuore.

«Perché stai evitando Emily?»

«Non la sto evitando» si mette sulla difensiva. Si tortura il labbro inferiore con i denti e un leggero rossore si fa strada sulle sue guance.

Non. Può. Essere. Vero.

«Oh, mio Dio!» esclamo, e mi copro la bocca con le mani. «A te piace Emily!»

«Non urlare!» mi ammonisce.

«Ma lei non lo sa? Insomma, è così evidente.»

«No, e non deve saperlo. Non dirlo a nessuno. Per favore, Rossa» mi supplica, e non posso dire di no ai suoi occhioni da cucciolo che mi pregano.

«Tranquillo, Occhi-verdi, il tuo segreto è al sicuro.»

«"Occhi-verdi"?» ripete, ridacchiando.

«Tu mi chiami "Rossa" senza motivo.»

Prende una ciocca dei miei capelli ramati tra le dita e me la sventola in faccia. «Un motivo c'è, Rossa»

«Da quanto tempo ti piace Emily?» cambio discorso, sistemando la ciocca dietro l'orecchio.

«Da sempre» risponde, il tono afflitto. «Ma non vale lo stesso per lei.»

Un'espressione malinconica increspa il suo viso. Adesso capisco a cosa si riferiva Tiffany quando, l'altro giorno, ha detto ad Emily: "«Non prendo ordini da chi si diverte a spezzare i cuori altrui.»"

«Mi dispiace tanto» dico, sinceramente affranta. Ed è vero: desidero con tutta me stessa fare qualcosa per aiutare Carter.

«Non importa, davvero» mi sorride impercettibilmente. «Che ne dici di accompagnarmi a mangiare qualcosa?»

Mi lascio convincere. Carter mi trasmette simpatia, con la sua aura amichevole e gentile. Sa di sole, sorrisi e gioia, ma anche di saggezza e forza.

«Devo prendere un libro, prima. Puoi aspettarmi qui?»

Acconsente. Il parquet di legno scricchiola sotto i miei passi leggeri, mentre mi dirigo alla sezione dove sono custoditi i volumi sulla storia di Arcandida.

La mia collana riprodotta sulla copertina di quel libro mi ha turbata più del dovuto, in questi due giorni: non smettevo più di pensarci. Per questo motivo, intendo approfondire le mie ricerche. L'ultima volta, sono stata interrotta da una bionda ossigenata che soffre di manie di protagonismo.

Individuo il settore storico e mi avvicino al secondo scaffale, perlustrando ogni ripiano. Quando i miei occhi arrivano al terzo e al punto dove c'era il libro, rimango impietrita.

È sparito.

Al posto del volume c'è un buco che sancisce la sua mancanza.

No, no, no.

Non può essersi volatilizzato così, nel nulla, nel giro di quarantotto ore. È assurdo.

«Tutto okay, Rossa?» Sento la voce di Carter alle mie spalle. «Trovato il libro?»

«Non c'è» dichiaro, agitata. Gli indico lo spazio vuoto sul ripiano. «Era qui.»

«Che libro era? Probabilmente l'hanno preso in prestito.»

Mi tranquillizzo un po'. È un'ipotesi valida. Dopotutto, il volume è proprietà dell'Accademia. Forse è stato preso da qualche Guerriero per studiare o da un professore per la sua lezione.

«Non era niente di importante» scaccio i pensieri negativi. «Andiamo?»

Io e Carter ci avviamo all'uscita della biblioteca. Durante il tragitto verso la mensa, mi rifila battute e commenti satirici, che riescono a strapparmi una risata e a distrarmi dal pensiero del libro scomparso.

Eppure, se non fossi stata contagiata dalla positività di Carter, mi sarei accorta che quel libro era sparito per un motivo.

E io ne ero completamente all'oscuro.

Spazio Autrice

Buenos dias!

Dunque, passiamo al resoconto del capitolo: Bridget usa i suoi poteri magici e se la cava anche piuttosto bene. Come vi è sembrata? Spero che la lezione di Giselle non vi abbia annoiati troppo, ma era necessaria.

Poi, abbiamo una dichiarazione d'amore! Ve lo aspettavate, da Carter? A quanto ha detto, gli piace Emily, ma lei non ricambia. Teneteli d'occhio, perché tra loro succederanno un po' di cose, in futuro.

Vi ringrazio, come al solito, di dedicare un po' del vostro tempo alla mia storia. Vi voglio bene💕

Stelline e commenti, mi raccomando!

Xoxo🔥

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