14. Punti Deboli

Mason

La sfilza di luci a neon si accende, illuminando la palestra. Il bagliore bianco e intenso mi pizzica gli occhi, ormai abituati alla precedente oscurità.

«Perché mi hai chiamato, John?» chiedo all'uomo davanti a me, una volta che la sua figura diventa visibile.

«Ho un paio di informazioni da darti» mi riferisce il professore. «Ieri si è riunito il Consiglio.»

Ero appena tornato in camera, dopo la cena in mensa, quando ho sentito il cellulare che squillava. Il display riportava il nome di John Williams, l'allenatore dei Guerrieri, nonché membro del Consiglio dell'Accademia. Mi ha chiesto di raggiungerlo nella palestra adibita all'addestramento magico. Così, eccomi qui, alle dieci di sera, in attesa che mi comunichi gli sviluppi.

«Quindi?» incalzo, impaziente.

«Mark pretende che sia tu, ad addestrare la ragazza, come già sai» comincia. «Ieri ne abbiamo discusso e abbiamo valutato bene la situazione: crediamo che sia meglio che vi addestriate insieme, con la mia supervisione. Ovviamente, spesso sarò impegnato, perciò ve la caverete da soli. Ah, e devi portarla con te quando sei di Sentinella.»

Lo fisso, incredulo. Sta scherzando?

«Non posso portarla con me durante le Sentinelle! Non sa né difendersi né attaccare. Sarebbe solo d'intralcio. Non potete pretendere che la porti con me fuori dall'Accademia e che torni sana e salva. Non se ne parla!» protesto, il tono di voce che si alza.

Le Sentinelle sono dei giri di perlustrazione che noi Guerrieri facciamo ogni giorno, per difendere gli umani dai quotidiani attacchi delle Ombre. Sono divise in turni di qualche ora, assegnati a Guerrieri diversi, che si danno il cambio durante tutta la giornata. Spesso si svolgono in compagnia. O, almeno, la maggior parte dei Guerrieri le trascorre con i propri compagni: più sono ad affrontare la minaccia nemica e meglio è. Ma questo non vale per me, che le ho sempre fatte da solo.

Da quel giorno, le ho sempre fatte da solo.

«Andiamo, Mason, sarà solo per qualche volta. Qual è il problema? Dobbiamo addestrarla per questo: per insegnarle l'attacco e la difesa. Da quello che mi ha detto Smith, sembra una ragazza piuttosto sveglia. Imparerà in fretta.»

«Ho detto di no. Non la voglio tra i piedi, non durante le Sentinelle» ribadisco, stringendo i denti e i pugni.

John mi guarda sbalordito. Aggrotta la fronte e punta i suoi occhi nocciola nei miei. Poi, sul suo viso si fa strada la comprensione.

«Il passato è passato, Mason. Devi lasciartelo alle spalle. Non puoi continuare a vivere nel ricordo. Devi andare avanti, affrontare questa paura.»

Perché non capisce che sono spaventato a morte? Ho un fottuto terrore di uscire in compagnia di altri Guerrieri. Se dovesse succedere qualcosa a Bridget, che non ha nessuna colpa, che è appena entrata nel nostro mondo, che ha appena perso tutto e tutti, solo per seguirci, non me lo perdonerei mai.

Come glielo dico, caro professore, che ho paura di fallire di nuovo?

Tengo questi pensieri per me, troppo orgoglioso per parlarne a qualcuno che non sia io. Come al solito, la miglior difesa è l'attacco.

«Non c'entra assolutamente niente. Non ho paura. Non la voglio tra i piedi, ho detto. Ti basta, come spiegazione?» nego tutto e mi stampo un'espressione strafottente in faccia. Se c'è una cosa che mi riesce bene, oltre a combattere, è fregarmene. O, perlomeno, fingere di farlo.

«Ho fatto rimandare tutte le tue Sentinelle, quindi è meglio che ci ascolti» rivela, cambiando tattica.

«Che significa?»

«Significa che ho fatto riman...»

«Non intendevo quello. Ho capito benissimo ciò che hai detto. Anche troppo» lo interrompo, sibilando nervosamente.

«Non farai più Sentinelle finché non accompagnerai Bridget. Semplice, no?»

Non mi sono mai sentito così irritato. Per colpa di una ragazzina incapace di ambientarsi, sono costretto ad accantonare anni e anni di studio e allenamento.

«Te lo scordi» rifiuto. «Posso allenarla e proteggerla, ma non la accompagnerò mai fuori. Mai

Successivamente, mi avvio in direzione dell'uscita della palestra, deciso a tornarmene in camera.

«Fermati, Mason» mi blocca John.

Lo ignoro e racchiudo le dita intorno alla maniglia antipanico bianca. La spingo e la porta blu si schiude di qualche centimetro.

«Davvero non sei in grado di badare a una ragazzina inesperta per un'ora?»

Mi giro e lo scorgo con l'angolo della bocca sollevato in un ghigno. Sa di aver fatto centro. Sono indifferente a tutto, ma quando c'è di mezzo il mio onore, non resisto. Rifiutare una sfida o arrendermi non fa parte della mia indole. E John ha mirato esattamente su questo, sul mio punto debole.

Lascio ricadere la mano e il piccolo spiraglio che si era aperto svanisce. Mi appoggio di spalle alla porta e incrocio le braccia.

Il professore mi sorride vittorioso ed estrae il cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni. Mi fa cenno di avvicinarmi, tenendo lo sguardo castano puntato sullo schermo. Poi, quando finalmente sembra aver trovato ciò che cercava, me lo passa. C'è una chiamata impostata e anche il nome del contatto.

Bridget Stewart. Leggo il suo nome, sul display.

«Come fai ad avere il suo numero?» domando, sinceramente confuso.

«Ieri Mark le ha dato uno dei nostri telefoni.»

«E cosa dovrei farci? Sentiamo.»

«Non è ovvio? Chiamala.»

Sollevo un sopracciglio. «Non puoi farlo tu?»

«Non mi conosce, e poi si fida più di te.»

Evito di dirgli che Bridget non si fida di nessuno. Non mi ha ancora mostrato niente, di sé. Credo che sia un effetto collaterale a ciò che sta vivendo. Non farsi coinvolgere per non essere strappato via di nuovo dalla propria realtà. So distinguere i suoi comportamenti perché sono i miei, da ben tre anni.

Clicco il tasto di chiamata e attendo. Uno squillo. Due squilli. Tre squilli. Passano interminabili secondi, prima che risponda.

«Pronto?» risponde Bridget, dall'altro capo del telefono. «Chi è?»

Mi schiarisco la voce. «Sono io. Mason.»

«Ah, Evans. Mi ricordo di te. Sei quello che mi pedina, giusto?» fa, in modo beffardo.

«Sorprendente. E io che credevo che il tuo cervello non riuscisse a fare ragionamenti così complessi» la derido, replicando a tono alla frecciatina.

John mi tira un'occhiata confusa, a cui rispondo con un cenno della mano, per tranquillizzarlo.

«Cosa vuoi da me, alle dieci di sera? So che ti manco, ma potevi aspettare domattina.»

È arrivata in Accademia due giorni fa e già la trovo insopportabile. Record!

«Scendi al piano di sotto e raggiungi la palestra. Supera l'atrio e prendi il corridoio di destra» le illustro la strada.

Sono pronto a terminare la telefonata, ma, ovviamente, è di Bridget, la ragazza più testarda del pianeta, che stiamo parlando.

«Dammi una buona motivazione per farlo.»

«Non puoi dire di no a un professore »

«Tu saresti il professore? Compatisco i tuoi poveri studenti» ridacchia.

Faccio un respiro profondo, per mantenere la calma. «Il professor Williams vuole che tu ci raggiunga in palestra. Vuole darci l'onore della vostra presenza, Maestà?»

«D'accordo» decide, infine. Sento che sta trattenendo un sorriso. «Arrivo.» E stacca la chiamata.

Restituisco il dispositivo al suo proprietario. «Adesso, gentilmente, puoi spiegarmi perché l'ho chiamata?» chiedo al professore.

«Per l'allenamento.»

Aggrotto la fronte. Lui, notando il mio smarrimento, chiarifica: «Voglio iniziare subito. Deve capire che questo non è un gioco e che c'è di mezzo qualcosa di molto più serio e pericoloso. Prima si abitua alla sua nuova vita, meglio è. Domani sera cominceremo con l'addestramento vero e proprio. Oggi voglio solo spiegarle qualcosa e toglierle ogni dubbio. »

Annuisco e un pensiero si fa irrimediabilmente strada nella mia mente. Come si può affrontare un cambiamento così drastico?

Ci vuole un grande coraggio e tantissima forza. Sono queste le primissime cose che ti insegnano qui dentro. Se vuoi sopravvivere, non devi temere niente, non devi affezionarti a niente, non devi arrenderti davanti a niente.

E l'ho visto, ieri, a casa sua. Il suo sguardo distrutto, le lacrime che spingevano per uscire, lei che le tratteneva e si faceva forza. Perché, anche se non sa maneggiare alcun tipo di arma, è una vera Guerriera.

Rammento l'incantesimo di ipnosi. Amber, la sua mamma adottiva, la guardava completamente assorta, incantata. Ed era proprio quello, il problema.

Nemmeno io riuscivo a muovere un solo muscolo. Prendevo dalle sue labbra. Le parole che pronunciava Bridget uscivano come flebili sussurri, che penetravano dentro le ossa, avvolgendoti completamente. Le sue iridi, sfere nere cerchiate di blu, mi incatenavano, senza lasciarmi via di fuga, e mi intrappolavano nel suo sguardo ammaliante e disumano.

Poi, è arrivato suo fratello, e ha dovuto lasciare anche lui. Siamo usciti dalla sua casa, e in quel momento ho capito che qualcosa in lei si era definitivamente rotto.

So cosa si prova. So cosa significa. Lo so meglio di chiunque altro.

Sono andato a prendere la macchina e, tornando da lei, l'ho trovata in compagnia di quel ragazzo dagli occhi azzurri e colpevoli, mentre quelli di Bridget erano colmi di lacrime e rabbia cieca. Non avevo idea di chi fosse, e lei non ha voluto dirmelo, ma quando l'ha fermata, pregandola di restare, mi si è smosso dentro un sentimento di ira.

Torno con i piedi per terra e perlustro con lo sguardo l'area della palestra. L'arredamento della stanza, utilizzata per l'allenamento dei poteri, è piuttosto basilare: una fila di bersagli da colpire, qualche fantoccio con cui esercitarsi e una parete tappezzata di grandi specchi.

Sposto l'attenzione sulla porta, in attesa di un movimento da parte di essa. Dopo qualche minuto, uno dei due battenti si sposta, creando una piccola ombra sul pavimento. Bridget fa capolino e muove qualche passo nella nostra direzione, mentre la porta si richiude alle sue spalle.

La osservo, intanto che si avvicina, a cadenza incerta. Indossa un paio di pantaloni della tuta, grigi e larghi, e una canottiera bianca che le fascia il busto. I capelli rossi e scompigliati ondeggiano insieme a lei, quando avanza.

È assurdo che riesca a essere bella anche in pigiama.

Poi, accade tutto in un nano secondo.

Qualcosa si scaglia verso la sua direzione a tutta velocità, una sfera di luce e fulmini, e Bridget sgrana gli occhi. Con uno scatto, si appiattisce al muro, schivando per un millimetro il circolo magico, che va a infrangersi sulla parete.

Mi volto nella direzione da cui è arrivata la sfera. John sorride soddisfatto, come se avesse raggiunto un obiettivo.

«Sei impazzito? Che diamine ti è preso?» gli urlo contro.

«Chiamala "prova di riflessi"» sintetizza lui, mimando le virgolette con le dita.

«La tua fottuta prova di riflessi stava per uccidermi!» sbraita Bridget. Ha ancora le palpebre spalancate e gli occhi d'oro screziati di spavento e irritazione.

«Non avevo intenzione di ucciderti. Sapevo che ce l'avresti fatta. So riconoscere gli Arcandidi talentuosi» precisa pacatamente il professore. «Comunque, mi presento: sono John Williams.»

«Non ho nessun talento speciale» ribatte Bridget. «Sono una ragazza normale.»

«Questo è ciò che ti hanno fatto credere.»

Lei sembra non apprezzare la correzione, ma non commenta. John si siede su una cassapanca e ci invita a fare lo stesso, io al suo fianco e Bridget davanti.

«Immagino che tu sappia perché ti trovi qui» comincia John, rivolto alla ragazza.

«Sì, volete addestrarmi e trasformarmi in una di voi» risponde Bridget, la voce velata di acidità.

«Saremo io e Mason a seguirti durante gli allenamenti. Nel pomeriggio ho le lezioni con gli altri studenti, perciò credo che sia meglio la sera. Se per voi va bene, potremmo iniziare subito da domani, alle dieci. Lo stesso orario vale anche per gli altri giorni, per tutta la settimana. Non potrò essere sempre presente, ma confido in voi. Che ne dite?» ci propone.

«Per me va bene» conferma Bridget, e io concordo.

«Adesso, credo che sia l'ora di spiegarti il programma. Per l'intera mattinata si svolgono le lezioni teoriche, fino all'ora di pranzo. Non sei ancora pronta per frequentare normalmente le classi, per questo, ogni mattina, riceverai delle lezioni private. La prima si terrà domani, con la professoressa Collins, che si occupa della gestione dei poteri. Non serve alcun libro di testo, ma ogni volta che vuoi puoi fare un salto in biblioteca, per consultare i vari manuali. Durante il pomeriggio puoi allenarti da sola, oppure ripassare gli argomenti principali. Tutto a tuo vantaggio. La sera, come ti ho detto prima, vieni in palestra per l'addestramento» illustra accuratamente l'orario scolastico.

John la scruta, per sondare la sua reazione. Lei tiene gli occhi puntati sulle ginocchia, e riesco quasi a sentire gli ingranaggi del suo cervello muoversi, mentre assimila il tutto.

«Okay» risponde concisamente, alla fine.

«Allora, sentiamo: vuoi chiedermi qualcosa in particolare?»

La ragazza arriccia le labbra, pensierosa, e si prende un attimo di riflessione. Stiamo in silenzio e aspettiamo, finché non sembra aver trovato una domanda adeguata da porre al professore.

«Cosa era quella sfera che hai lanciato, prima?»

«Era una sfera elettrica. Ogni Arcandido è in grado di crearne. Di solito, le usiamo per sconfiggere le Ombre, in alternativa delle armi. Come hai visto da Emily, quando ti ha salvata, basta solo scagliare un'arma qualsiasi contro l'Ombra e quella si dissolverà. Ne esistono di ogni tipo e sono tutte efficaci, però c'è una cosa fondamentale che devi tenere a mente: il punto debole delle Ombre.»

«Quale?»

«Devi riuscire a coglierle di sorpresa, attaccarle alle spalle, senza farti notare. Altrimenti, se saranno loro a coglierti impreparata, potrebbe essere la tua fine.»

L'ultima parte è esageratamente tragica, ma cerco di non commentare. John vuole solo metterla in guardia.

«Domattina la professoressa Collins ti spiegherà come funziona la nostra magia, e la sera ti insegneremo a usarla durante un combattimento. E tu, Mason» punta l'indice contro il sottoscritto, «ricorda di accompagnarla da Giselle.»

«Agli ordini.»

Detto questo, con un gesto della mano, ci invita ad uscire dalla palestra. Una volta fuori, l'imbarazzo ci attanaglia. Non vedo Bridget da stamattina, da quando l'ho portata a casa sua. Siamo tornati in Accademia, abbiamo riferito a Mark l'esito della conversazione con sua madre - omettendo l'ipnosi - e siamo saliti al quarto piano, dove le nostre strade si sono divise.

«Come... come stai?» le domando, tentennando. «Non ti ho vista, in mensa. Né a pranzo né a cena.»

«Avevo bisogno di starmene per conto mio» mormora, lo sguardo basso. Scorgo un luccichio agli angoli delle palpebre.

Vorrei tanto dirle che, se vuole, può scoppiare a piangere, qui, davanti a me, perché così starà meglio. Vorrei tanto dirle che io non la giudicherò mai per il suo dolore. Vorrei tanto dirle che l'unica cosa che farò sarà asciugarle le lacrime, se lo desidererà.

«Va bene» rispondo, invece.

Ci incamminiamo verso l'ascensore. Bridget preme il pulsante di chiamata. Noto di striscio che si tortura le labbra con i denti, a disagio. È come se avesse timore anche solo di guardarmi. Devo fare qualcosa per tirarci fuori da questa situazione.

«Credo che userò le scale» dichiaro, quando le porte dell'ascensore si schiudono.

Lei appare leggermente sorpresa dal mio cambio d'idea. «Allora, buonanotte» biascica timidamente.

Le rivolgo un piccolo sorriso ed entra nella cabina. Raggiungo la mia stanza, salendo quattro rampe di scale. Quando giungo in prossimità della porta della mia stanza, noto una figura slanciata e femminile appoggiata allo stipite. Mi avvicino e riesco a distinguere i lineamenti della Guerriera, fino a riconoscerla.

Ci mancava solo lei.

«Ehi» mi saluta con un sorriso tanto dolce quanto finto, una volta che le sono di fronte.

«Che vuoi, Tiffany?» le chiedo, forse un po' troppo bruscamente

Un'espressione stizzita si dipinge sul viso di Tiffany, a causa del mio tono poco galante, ma prova a non darci peso.

«Volevo passare un po' di tempo con te, tutto qui. Però, non c'eri, così ho pensato bene di aspettare che tornassi.»

Mi sembra quasi una ragazza affettuosa e con le migliori intenzioni, finché i miei occhi non si posano sul suo abbigliamento e sono costretto a scacciare questo ridicolo pensiero.

Quello che lei definisce il suo "pigiama" consiste in una canottiera di raso bianco, scollata, e un paio di pantaloncini di cotone a vita alta. I capelli biondi sono legati in una coda di cavallo ordinata e il viso è privo di imperfezioni, nascoste dalla maschera di trucco.

Un sorriso che oscilla tra il malizioso e il vittorioso increspa le sue labbra, accorgendosi che la sto analizzando profondamente, per più tempo del dovuto.

«Beh, adesso sono qui» mi riscuoto. «Che vuoi?»

«Te l'ho già detto, Mason. È da tanto che non passo del tempo con te.»

Tiffany ha un ideale diverso sul "passare del tempo insieme". Non intende di certo fare una partita a carte o giocare a scacchi. Intende fare ben altro. Ma, per stanotte, può anche scordarselo.

«L'ultima volta è stata ieri sera, se non erro» le ricordo. «Ascolta: sono appena tornato da un'esasperante chiacchierata con John, ho sonno e voglio solo dormire. Quindi, passeremo del tempo insieme un'altra volta.»

Impugno la maniglia, per entrare nella mia camera, ma Tiffany mi posa una mano sul braccio, fermandomi. Le dita affusolate mi premono sulla pelle, vestita dalla camicia della divisa, che indosso ancora.

L'aspetto di Tiffany è curato da cima a fondo, a eccezione per le mani. Tenere i pugnali e lottare le impedisce di farsi fare una manicure impeccabile, a quanto pare.

«Non mi hai mai rifiutata, Mason. E non ti permetto di farlo» sibila, inviperita. «Che ti prende?»

«C'è una prima volta anche per questo. Lasciami, ora.»

«Non puoi umiliarmi così» insiste, digrignando i denti.

Mi chino sul suo volto e con le labbra le sfioro l'orecchio. Percepisco il suo corpo irrigidirsi. «Tiffany» sussurro il suo nome, sentendola rabbrividire, «l'ho appena fatto.»

Rimettendomi composto, entro in stanza, richiudendo la porta con un rumore secco e lasciando la Guerriera in corridoio, insoddisfatta e furiosa.

E non so neanche io cosa sia esattamente cambiato. Ma, lo sento, è tutto diverso.

Spazio Autrice

Eccoci con il quattordicesimo capitolo! Abbiamo una Bridget alle prese con la sua prima lezione, tenuta da John, l'allenatore dei Guerrieri. Come vi è sembrata questa piccola spiegazione? Presto comincerà l'addestramento vero e proprio, quindi tenetevi pronti. Già dal prossimo capitolo ne avremo un assaggio.

È ritornata anche la carissima Tiffany! Cosa ci sarà tra lei e Mason? Sembrano piuttosto intimi... anche se lui l'ha rifiutata, stavolta.

Aspetto commenti e stelline a volontà 🌟💬

Xoxo!🪁

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