Chapter 5: Realtà, La più grande delle bugie
Katsuki fece ritorno a casa dopo tre ore e a mezzanotte precisa.
La sua aria sognante e gioia svanirono quando scorse la luce accesa in cucina e un appestante odore di tabacco. Ponderò se andarsene in camera a dormire (o meglio, masturbarsi pensando a Zuki) oppure controllare se magari Izuku avesse lasciato la luce accesa per fare un dispetto e contribuire a ricevere bollette salate.
Si affacciò di testa.
Il verdino stava fumando con lo sguardo cupo rivolto al frigorifero. Indossava un paio di pantaloncini neri così corti e aderenti che il suo culetto risaltava e una felpa lunga e nera aperta, con sotto nulla. Poichè era a tre quarti, il biondo fece cadere involontariamente gli occhi sul livido alla schiena e un senso di colpa lo investì.
Si era mai scusato?
No, col cazzo.
Non aveva chiesto a Zuki se il loro incontro fosse stata opera di Izuku ma voleva comunque rivelargli la sua gratitudine. Così entrò con un'espressione dura.
«Volevo ringraziarti» disse, forte e improvviso.
Il verdino prese una boccata di fumo, infine lo guardò con curiosità. Nei suoi occhi verdi galleggiavano diverse emozioni.
«Perché?».
«Sono riuscito a incontrare il mio coniglio e qualcosa mi dice che è merito tuo».
Izuku fece un risolino ma scosse leggermente il capo. Lasciò cadere un po' di cenere nel lavandino. L'orologio appeso accanto alla porta del cucinino scandiva leggermente lo scorrere del tempo.
«Perché non mi hai detto che tu e Zuki eravate amici?».
«Perché non volevo ti incontrasse ancora».
Il biondo si avvicinò con un'espressione un po' adirata. Il verdino non ne fu spaventato ma anzi, lo guardò negli occhi con molto coraggio. Il silenzio intorno a loro era possente e sembrava infastidire le orecchie con il rumore bianco.
«Zuki è una persona troppo buona e non volevo che soffrisse a causa del tuo carattere difficile».
Per un momento, Katsuki corrugò le sopracciglia. Quelle due ultime parole gli avevano fatto provare un senso di déjà-vu inspiegabile.
«Abbiamo parlato civilmente. Per chi mi hai preso? Per uno zotico?».
«Per uno che ha una boccaccia larga e che pensa di risolvere i problemi alzando le mani» replicò gelido Izuku.
Ora erano vicinissimi; Katsuki sovrastava Izuku e Izuku manteneva lo sguardo furioso in quello di Katsuki.
«Senti-».
«Non mi hai ancora chiesto scusa per quello che mi hai detto e fatto» mormorò adirato il più minuto.
Katsuki sospirò.
Perché era così dannatamente difficile parlare con quel broccolo?
Mentre faceva vagare lo sguardo su di lui, il piercing all'ombelico gli catturò l'attenzione.
«Perché avrei dovuto? Sei tu che mi hai mentito, non io».
«Già... alla fine è sempre e solo tutto una bugia».
Di nuovo. Ancora il déjà-vu!
Una goccia di sudore colò dalla tempia di Izuku, scese per il collo e tracciò una linea precisa sul pettorale destro. Il biondo la guardò mentre cresceva un qualcosa di indefinito nel suo cuore.
Era... acqua colorata?
Con uno scatto, afferrò le ciocche dei capelli verdi e le tirò con forza. Izuku si lamentò ma a lui non importò. Quando osservò la mano sentì il bagnato: allora vide un colore sbiadito di smeraldo che rese più scure le venature del derma.
Scosse il capo negando. Si voltò, sobbalzò.
Distrattamente, i suoi occhi sconcertati caddero sul pavimento: delle gocce d'acqua fresca e verdi come una scia, un percorso, gli catturarono totalmente l'attenzione. Le seguì fino a raggiungere il bagno. Il lavandino era tutto sporco, diversi flaconi di shampoo colorato vuoti giacevano abbandonati dentro.
Katsuki tornò in cucina dove Izuku si era appoggiato al top del cucinino con un braccio conserto sul petto e l'altro sollevato. Tra le dita la sigaretta emetteva il suo biancastro fumo. Sembrava molto calmo, i suoi occhi verdi invece rassegnati.
Scovò il cellulare di quest'ultimo accanto al piano ad induzione e, come una belva, il biondo lo afferrò. Non trovò alcuna password da inserire o Face ID, ragion per cui andò immediatamente nella rubrica per arrivare e fermarsi alla lettera Z.
Anziché chiamare, però, afferrò il suo di cellulare e scrisse rapidamente il numero della persona che gli interessava. Solo allora telefonò.
Il cellulare di Izuku gli squillò in mano.
«Te l'ho detto... era tutto solo una bugia».
Katsuki aveva gli occhi spalancati e la rabbia bruciante in essi. Non sembrava respirare; tenne il cellulare premuto all'orecchio fino a quando la chiamata non si interruppe allo scatto della segreteria.
Allora consegnò il dispositivo al verdino e abbassò il suo lungo il fianco.
«Perché mi hai mentito fino a questo punto?» gli chiese in un fil di voce.
«Perché avevi ragione su tutto».
Il biondo non comprese ma Izuku sorrise leggermente. La sigaretta si spense, lui la lasciò cadere nel lavandino dietro di lui.
«Alla fine, anche se sono un grafico con competenze come sviluppatore di videogiochi, app e siti web, sono anche una puttana da bordelli che intrattiene arrapati maschi in cambio di denaro».
Katsuki aprì la bocca per dire qualcosa ma l'altro scosse il capo.
«Ho vissuto negli orfanotrofi per tutta la vita. Mio padre e mia madre non volevano un maschio e non ci pensarono su due volte a sbattermi in uno dei posti peggiori di Musutafu» Izuku strinse i pugni con rabbia. «Una notte, dopo il mio tredicesimo compleanno, scappai ma finii in una casa di prostituzione. A causa del mio aspetto effeminato, fui preso sotto l'ala del Padrone... Chisaki Kai e da lì ebbe inizio il mio inferno. Conosco solo due mondi, alla fine...» sollevò gli occhi al biondo sconvolto. «... i bassifondi della società e le case di appuntamento».
Izuku fece una piroetta intorno all'altro, poi gli fece scivolare la mano aperta sulla maglietta. Katsuki non trovò la forza di respingerlo.
«Ho soddisfatto molti clienti, poi sono scappato una notte e ho vissuto come un senzatetto fino a quando non sono andato a cercare lavoro al Serenity. Mi ha permesso e ancora mi permette di avere una vita economicamente tranquilla ma arrotondo con le mie capacità da Nerd per via dell'università» e Izuku gli sorrise malinconicamente. «Sai, non è stato facile iscrivermi ma non sono stupido come pensi».
Le dita corsero sotto l'indumento, accarezzando la pelle calda.
«Ecco perché era tutta una bugia».
Improvvisamente, il biondo lo afferrò per un polso e lo trascinò fino alla sua camera. Lì, senza delicatezza, lo sbatté sul letto a una piazza e mezza.
A Izuku mancò il fiato: il biondo affamato era a quattro zampe su di lui e lo guardava con occhi da predatore. Il maggiore dei due accese il lume sul comodino; la stanza venne inondata solo in parte da un colore aranciato. A Izuku non dispiacque; anzi, guardò con interesse la cupola a rovescio esagonale che schermava la forte illuminazione della lampadina. Era color giallo tenue, smerigliata e con qualche ghirigoro aranciato.
Le mura erano diventate un gradiente color pompelmo, anzi, un mare all'orizzonte, cosparso qui e lì da ombre nere come quelli provenienti dall'armadio a quattro ante biancastro, quelle meno incisive da dietro le tende che camuffavano il balconcino, da sotto la cassettiera con su uno specchio quadrato senza bordi, il comodino e il letto.
Katsuki studiò con interesse la nuova nuance che rischiarava metà lato del viso e del collo del più piccolo. Osservò l'iride che brillava come una gemma, un po' arancione e un po' verde. Gli venne da ridere; sembravano i loro colori in un certo senso.
Ma poi tutti e due smisero di sorridere. Il più grande si incupì nel mentre che osservava il volto fanciullo e ancora una volta il piercing. Era dannatamente erotico!
«Potevi dirmelo».
«Mi avevi già definito come quello che sono» Izuku distolse lo guardo pieno di lacrime. «... alla fine sono davvero una puttana...».
Katsuki strinse la presa sui polsi oltre la testa verde.
Non resistette ancora: con foga lo baciò.
Sotto il suo tocco, il verdino prima sussultò ma poi ricambiò. Agganciò la gamba intorno al fianco muscoloso: in quel modo, le loro virilità si scontrarono.
Il biondo si sfilò la maglietta. Izuku socchiuse gli occhi, beandosi a tutta quella virile mascolinità. Portò, come d'abitudine, l'indice sul labbro inferiore per poterci giocherellare. Il suo sguardo si fece affilato e malevolo.
«Mi dispiace».
Quelle due parole tranquille spinsero il verdino a trovare gli occhi cupi dell'altro che aveva mormorato quelle due parole. Ora era fermo, alzato solo sulle ginocchia.
«Non importa».
«Sì, invece».
Izuku si puntellò sui gomiti. Ridacchiava con un'espressione angelica e non sembrava minimamente turbato. In un battito di ciglia, invertì le posizioni.
Katsuki sbatté incredulo le palpebre ma non imprecò. Portò la mano sul ventre del più piccolo, in direzione del piercing.
«Ti piace?» sfidò il verdino.
L'altro non rispose ma sorrise appena. Il modo in cui l'angolo destro della labbra si increspò fece arrossire Izuku.
Quest'ultimo si tolse la felpa, scagliandola oltre il letto. Katsuki lo divorò attentamente con gli occhi pur di non lasciarsi sfuggire nessun dettaglio. Fu allora che la cicatrice rossa e cruda che sporcava la pelle diafana e ne arricciava un po' dove il candore diventava inferno gli si conficcò a forza negli occhi e si scolpì nella mente. Si avvicinò in silenzio: piantò un lungo e silenzioso bacio.
Izuku ne rimase quasi sorpreso; il tocco di quelle labbra sottili e bollenti gli inviarono un brivido lungo la schiena, uno che non aveva mai provato. La gentilezza di quel gesto e lo sguardo rattristato lo fecero sospirare dal naso e poi sorridere.
«Chi te l'ha fatta?».
«Chisaki Kai. O meglio, il Padrone» risposedebolmente l'altro, abbracciandolo al suo petto. «Ero riuscito a scappare,prima della mia vera fuga ma non avevo considerato il suo assistente, Chrono. Fui trovato e riportato lì, in quel buco orrendo e come punizione, dopo avermi stuprato per due ore consecutive, mi tenne bloccato contro le fiamme di un caminetto che non aveva la griglia di protezione. Si fermò solo quando, dopo urla e pianti, notò il mio braccio diventare rosso e il sangue prima ribollire e poi addirittura evaporare».
Katsuki deglutì ma non disse nulla.
Nessuna parola sarebbe stata giusta. Un -mi dispiace- avrebbe certamente fatto molti più danni, come una beffa a quello che era accaduto e che mai si sarebbe davvero cancellato. Passò timidamente le dita sulla pelle che sembrava come cuoio, tirata, rigida e sfregante sotto ai suoi stessi polpastrelli.
Piantò due baci; il primo all'inizio di quell'abominio, in direzione della spalla. Piccole increspature rossastre sembravano delle ragnatele ma non arrivavano alla clavicola. Se ne rasserenò un po' senza neanche sapere il perché. Il secondo, invece, alla piegatura del braccio, appena accanto il gomito, dove essa terminava quasi con un taglio netto ed orizzontale.
Izuku aveva uno sguardo comprensivo ma anche estremamente profondo.
Un attimo dopo tutti e due erano in mutande. Il biondo ne indossava un paio grigio, il verdino semplicemente bianche.
«Hai mai fatto sesso?».
«Sì. Ma non ho mai provato ciò che ho sentito con Zuki, o meglio... con te» ammise Katsuki, con tranquillità.
Izuku giocherellò nuovamente con il labbro inferiore: era visibilmente nervoso. Allora decise di alzarsi e svanì in bagno, per grande costernazione e preoccupazione del biondo.
Che avesse detto qualcosa di troppo?
Passarono diversi minuti prima del suo ritorno.
Quando Katsuki scorse le ciocche bianche e umide, si mise seduto con un'espressione incredula.
«Zuki!» esclamò eccitato.
«Izuku» corresse l'altro, con una tenera risatina. «Sei stupito? Io tingo i capelli di verde per non essere riconoscibile ma sono bianchi naturali, come quelli dell'uomo che mi ha generato e mi ha condannato a una terribile esistenza».
«E Zuki, allora?».
Il bianchino si oscurò ma rispose, sebbene con un debole sorriso: «Era il nome del mio migliore amico. Dopo che venne stuprato da cinque uomini contemporaneamente per ordine di Chisaki Kai, si lasciò morire di fame e di sete».
«Perché?»
«Perché non ce l'avrebbe più fatta ad andare avanti dopo quello che aveva passato. In alcuni momenti in cui era più lucido, diceva che voleva trovare un lavoro e vivere una vita più dignitosa. Sai, mi raccontava sempre di tutte le cose che avrebbe fatto una volta libero... perché lui, nel suo cuore, sperava in una fuga da quel posto marcio. E' stato sempre lui a insegnarmi la tecnologia... era un vero genio» riprese il verdino, con una mano contro le labbra. «Quando lo trovai morto nel suo letto aveva un sorriso e appena compiuto ventidue anni».
Il biondo provò una tale vergogna per le sue azioni e parole passate che sentì il pizzicore delle lacrime dalle narici ai condotti lacrimali. Izuku gli premette gentilmente la mano contro la guancia e con affetto.
«Sei ancora in tempo per uscire da questa bugia».
Katsuki negò. «Non posso farlo».
«Perché?».
«Perché è semplicemente la realtà e da essa non si può sfuggire».
Due lacrime colarono sulle guance del bianchino. Katsuki gliele cancellò con i pollici: non resistette e le assaggiò. Furono solo di poco salate.
«Scappa Katsuki e non tornare più da me» lo avvertì appena Izuku.
«Sono abituato alle sfide. Vincerò anche questa e ti salverò».
Il più piccolo sorrise prima di sedersi sulle sue gambe incrociate, al centro del letto. Fece combaciare la giuntura delle sue perfette natiche e il membro giusto su quello più pronunciato del biondo.
Questo timidamente poggiò le grandi mani sul piccolo torace. Sfiorò ogni singolo avvallamento prodotto dalle ossa, seguì con attenzione le vene appena percettibili sotto la fragile epidermide fino ad alzargli il mento.
Con una dolcezza unica lo baciò.
«Non importa se hai mentito. Sii mio».
«Perché dovrei, Kacchan?» sfidò l'altro, malevolo.
Il biondo piegò da un lato la testa. Quel nomignolo era... strano ma non troppo. Forse poteva accettarlo.
«Ti chiamerò Deku».
Il bianchino mise il broncio ed incrociò le braccia sul petto. «Perché?».
«Quanti diavolo di perché abbiamo detto finora?».
«Rispondi alla mia domanda».
«Hai le lentiggini che sembrano grani di pepe. Le trovo stupide, per questo ti chiamerò Deku» Katsuki gli baciò ancora le labbra senza dargli il tempo di replicare. «... ma sono anche fottutamente carine e mi piacciono molto».
Izuku arrossì per poi abbracciarlo timidamente. I loro toraci che aderivano perfettamente gli provocò uno scoppio di emozioni nel cuore. Chiuse le palpebre, cullato dal respiro morbido del più grande e allora percepì il suo battito, in perfetta simbiosi al suo.
Anche Katsuki era nervoso, proprio come lui e tremava un po'. Se ne intenerì.
«Ora capisco le parole di Zuki».
Il bianchino si staccò di quel tanto per poterlo guardare. Improvvisamente, la luce del lume sfrigolò, tremolò e infine si spense. Katsuki sbuffò ma non volle controllare; era da qualche tempo che si era accorto che, nella lampadina, alcuni filamenti si erano anneriti e sarebbe stato solo questione di tempo prima che avrebbero esalato l'ultimo respiro.
Però... cazzo! Pessimo tempismo!
Ora l'unica fonte di illuminazione proveniva dal corridoio; la cameretta del biondo era avvolta nella penombra. La fioca luca colpiva solo l'occhio destro di Katsuki, illuminandolo come una pietra preziosa. L'altro era scuro, come annerito ma ammaliava ugualmente.
«Quali?» fu la timida domanda del più piccolo.
«Al fatto che dovessi accettare Izuku Midoriya. Ora che so che siete la stessa persona mi sento molto meglio».
«Ma hai detto che io non ti piaccio».
«Forse non era la verità».
Risero, dopodiché Izuku iniziò a sentire l'erezione di Katsuki farsi molto più calda sotto di lui. Perse il sorriso, i suoi occhi si accesero languidamente. Anche l'altro era in attesa di qualcosa di magico.
«Mi è piaciuto ciò che aveva fatto Zuki la prima volta che mi ha fottuto il cervello» disse il più grande.
Il bacino del più minuto iniziò a muoversi avanti e indietro, le mani premute sulle forti spalle presero a massaggiare. Solo di poco l'espressione del biondo cambiò, rasentando il piacere crescente.
«Ero preso dai tuoi occhi e mi sono lasciato andare. Non mi ero mai spinto a tanto».
«E anche adesso sei rapito dai miei occhi? O è, era, sempre una bugia?» domandò Katsuki.
Izuku si fermò per guardare profondamente quelle due sfere rosse e languide. Gli sollevò un po' la frangia in modo da poter premere insieme le fronti. Cercarono un bacio con fare quasi disperato.
«No. Questa è la verità».
La risposta fu come una carezza per l'anima di Katsuki, un'onda d'acqua non fredda ma fresca, capace di spegnere quelle ardenti fiamme di collera, terrore e lieve gelosia che avevano inconsapevolmente eroso la parte più esterna del suo cuore ferito da Shindo Yo...
Angolo di Watchie
Voglio dire una cosa. Lillaalways__ con le tue storie che mi hanno colpito e non lo nascondo, in questo capitolo c'è stata una tempesta. Inconsapevolmente mi sono lasciata influenzare dal tuo modo profondo di scrivere. Da un lato ti ringrazio, dall'altro mi scuso ma spero che (di certo coglierai i piccoli segni), potrai vedere questo capitolo un po' un omaggio per te. Colgo l'occasione per ringraziare con tutto il cuore tutti coloro che mi seguono, lasciano un commento e sono entusiasmati da questo racconto. Domani ci sarà l'ultimo capitolo. Grazie!
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