Chapter 1: Attrito Sfrigolante
Katsuki sospirò, facendo cadere il suo borsone nero sportivo sul divano del suo nuovo appartamento condiviso.
La sua vita universitaria era appena iniziata e finalmente ora avrebbe potuto vivere da solo, come da sempre aveva sognato. Per lui, giovane genio di quasi venti anni, bellissimo con un certo talento per la chitarra elettrica, tutto sarebbe stato in salita.
Già immaginava il suo nome su qualche quotidiano, riviste di alta moda e gossip e a bordo di qualche Lamborghini zeppa di bei figoni che lo veneravano come un Dio.
Poco prima del suo trasferimento a Tokyo, sua madre e suo padre gli avevano aperto un libretto di risparmio con svariate migliaia di yen. Nonostante ciò, Katsuki era da sempre stato molto indipendente, ragion per cui spesso guadagnava qualche extra suonando con alcune band in diversi locali serali.
Era orgogliosamente gay ma non lo andava a sbandierare ai quattro venti per via della sua indole introversa sulle cose personali.
Già, tutto meraviglioso!
Ma il suo sogno idilliaco si era infranto quando aveva sentito la porta dell'appartamento aprirsi e visto un ricciolino verde assonnato entrare con una valigia, uno zaino giallo e un borsone appeso trasversalmente sulla spalla sinistra.
Non aveva battuto ciglio e si era goduto il districarsi dell'altro sul non far cascare in terra una pila di libri pesanti, un frappè al cioccolato e un vecchio modello di Iphone versione Plus.
Katsuki era rimasto in piedi, tra il cucinino e il salotto, con un bicchiere d'acqua in mano e l'espressione disgustata.
«Ciao! Tu devi essere il mio coinquilino! Io sono Izuku Midoriya, molto piacere!».
Il biondo non gli aveva subito risposto, troppo preso a fissargli il viso niveo, con le lentiggini e degli enormi occhiali tondi e sottili che incorniciavano degli espressivi occhi smeraldo.
«Katsuki Bakugo».
Il verdino aveva abbassato in fretta la mano che non era stata stretta e poi, farfugliando parole incomprensibili, si era rinchiuso nella camera di fronte a quella dell'altro ragazzo.
E ora, a distanza di due settimane, Katsuki ancora non si era fatto un'idea del suo coinquilino. Era sempre sulle sue, non si faceva mai vivo durante i pasti, non emetteva rumore, rimaneva chiuso in camera sua.
Però puliva e aveva anche un certo senso dell'ordine.
Ah, sì... Non sapeva cucinare.
Katsuki, al ritorno della sua corsetta tra le cinque e le sei del mattino, aveva scorto parecchi cibi bruciati e gettati nel bidone della spazzatura. Gli era venuto un risolino e poi un'imprecazione.
Odiava gli sprechi di cibo!
«E quindi? Com'è il compagno di appartamento?».
Katsuki sbatté un paio di volte le palpebre. A furia di raccontare a Denki ed Eijiro delle sue due settimane di vita libertina con broccolo non specificato nel pacchetto -vivi da solo e studia come un cane se vuoi un lavoro da signore- aveva finito per incuriosirli un po' troppo.
I tre erano amici di infanzia e si erano perfino ritrovati iscritti alla medesima università di Tokyo. Denki ed Eijiro vivevano a circa trecento metri dal suo appartamento e a settecento dalla scuola.
Come consuetudine, avevano deciso di andare a bere una birra in uno dei locali poco distanti dal centro.
«Non lo so. Chi cazzo lo vede mai? Non so neanche se sia vivo o morto».
Denki prese un sorso di birra poi fece un suono pensieroso dal fondo della gola. Dette un'occhiata al locale; era davvero immenso, con ampie vetrate illuminate da cornici di led magenta e violetto che affacciavano sulla strada. Il lunghissimo bancone era gestito da tre baristi, uno più affascinante dell'altro. Dietro di loro, in una vetrina a specchio, capeggiavano i più strani alcolici di tutto il Giappone.
«Perché non ci provi a parlare?».
«E perché dovrei?» sbottò Katsuki al biondo con la saetta.
«Perché è il tuo coinquilino. Forse anche lui si sarà voluto tenere a debita distanza considerando il tuo brutto grugno».
Katsuki sbatté rumorosamente la bottiglia di birra sul bancone. Uno dei baristi lo guardò semplicemente senza mai smettere di lucidare un boccale.
«La prossima volta te la spacco in testa» sibilò.
«Ma dai! Che brutto carattere!» sospirò Denki. «Beh? Andiamo a quel locale per gay?».
Eijiro si mise a canticchiare quando alla radio partì una delle sue canzoni preferite. Spinse Denki alle sue labbra e gli stampò un bacio sulla guancia.
«Sei così tenero, Eiji!» cinguettò quest'ultimo, con le gote già rosse.
«Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, Denki».
«Ma andatevene in qualche albergo!» sbuffò il biondo, alzandosi.
Denki gli fece la linguaccia, tuttavia notò un cipiglio depresso scurire gli occhi dell'amico. Eijiro pagò le tre birre, aiutò il fidanzato a scendere dallo sgabello alto porgendogli la mano ed uscirono.
Ogni settimana, chi proponeva una birra pagava per tutti e tre.
«Ma con Yo ci ti vedi ancora?» domandò il biondo con la saetta.
Una brezza di vento tiepido serpeggiò tra le cime degli alberi e sembrò far loro qualche carezza. Katsuki sospirò poi tirò fuori dalla tasca della sua giacca di pelle nera un pacchetto di sigarette.
«No, cazzo. Abbiamo rotto prima di iniziare l'università. Quel fottuto idiota aveva un'altra relazione e non me l'aveva detto. Mi ha solo usato».
Eijiro accettò una sigaretta e così anche Denki. Quest'ultimo, preso un accendino rosso dalla tasca posteriore dell'aderente jeans, accese per tutti.
Ogni tanto fumavano, giusto per alleviare lo stress degli studi e della continua ricerca di un lavoro part-time ben pagato.
Denki al momento lavoricchiava in un combini ma si era già lamentato delle continue avances del datore di lavoro; Eijiro stava aspettando una risposta da alcuni amici, Katsuki invece brancolava nel buio. Non si stava più accontentando di ricevere spiccioli nelle sue suonate serali, ragion per cui si era messo alla ricerca di un buon annuncio part-time.
A causa del suo discutibile temperamento, era stato licenziato da tre locali in cinque giorni, senza contare tutti i colloqui falliti per via della boccaccia larga e il non sapersi trattenere dal rispondere ai commentini storti.
«Brutta bestia quello lì!» rispose Eijiro. «Come l'hai scoperto?».
«E' venuto da me il suo fidanzatino che voleva minacciarmi di castrarmi se non mi fossi lasciato con quel figlio di puttana».
«Cioè... è venuto nel bar dove hai lavorato due giorni?».
Katsuki annuì, sbuffando elegantemente del fumo dalla bocca. «Per questo motivo, dopo avergli risposto per le rime, sono stato licenziato. Avevo dato scalpore lì dentro, cazzo».
«Che pezzo di merda!» se ne uscì Denki. «Beh, meglio così. Che te ne fai di un traditore?».
Eijiro annuì. Il cielo era quasi scurito ma all'orizzonte persisteva qualche strascico orizzontale di rosso del tramonto. Le nuvole meno in alto avevano una leggera sfumatura di violetto e tra di esse le stelle si divertivano a irradiare più o meno luce.
«Quindi ci andiamo?» riprese Denki, eccitato come un cagnolino.
«Dove?» domandò acidulo Katsuki.
«Ma come dove! Al locale per gay! Forse potresti trovare un ragazzo perfetto per te!».
Katsuki fece un'espressione indecifrabile, tuttavia non negò; anzi, fece un suono a bocca chiusa con fare pensieroso. I suoi occhi guardavano la sigaretta che continuava a emettere una luce rosso-oro e il fumo biancastro che saliva verso l'alto. Un faretto bianco, alle loro spalle e proveniente da una gioielleria chiusa, faceva allungare le ombre dal marciapiede fino a metà asfalto.
«Non mi va di prenderlo nel culo un'altra volta» sospirò.
«Non è detto che succederà ancora» fu la risposta di Eijiro, morbida.
«Quindi?» aggiunse Denki speranzoso.
Katsuki prese un'altra boccata di sigaretta e infine annuì.
«Ci andremo in questi giorni. Ho sentito dire che ci saranno anche dei spettacolini niente male, tipo cubisti che fanno la lap dance!».
Eijiro avvolse le braccia intorno alla piccola vita di Denki e gli mordicchiò appena una guancia.
«Sono stupito e anche un po' geloso. Come fai a sapere tutte queste cose?».
«Ti dimentichi di Hanta e del fatto che va a caccia di queste cose».
Se la ridacchiarono un po', incuranti che Katsuki li stesse guardando con un pizzico di tristezza. Nel suo cuore e nell'oscurità, anche lui sognava qualcuno capace di capirlo ma soprattutto di amarlo.
«Perché non inviti anche Izuku?» se ne uscì infine Denki.
«Ah? Bastiamo noi tre!» sbottò il biondo esplosivo.
Eijiro prese per mano il suo ragazzo: era ora di tornare a casa. L'indomani avrebbero avuto un test scritto e voleva essere certo di fare una buona dormita dopo un paio d'ore di sesso.
Denki parve intuirlo perché sorrise con fare malevolo.
«Ci vediamo domani all'università, Katsuki. Fai il bravo e non dare confidenza a nessuno durante il tragitto!» ironizzò con voce prima acuta e poi grave.
«Li gonfio di mazzate! Con me sbaglieranno palazzo, te lo dico io!».
Se la risero, poi si colpirono il pugno come da sempre avevano fatto e si lasciarono, andando in due direzioni opposte.
Katsuki guardò il suo cellulare. Erano le undici di sera.
Rientrato a casa, dopo una mezz'oretta, la sua attenzione cadde sulla luce accesa dal cucinino. Curioso, il biondo andò a controllare e rimase del tutto stupito di vedere Izuku che fumava una sigaretta, sorseggiava una tazza di caffè e leggeva qualcosa sul suo cellulare.
Indossava una vestaglia di seta verde, una canottiera bianca e un cortissimo pigiama color menta. Aveva degli arti lunghi e magri, una piccola vita e un corpo incredibilmente effeminato.
Quando si accorse del biondo che non era più semi-nascosto, sbuffò aria al tabacco dalla bocca e i suoi occhi si riempirono un po' di fastidio. Spense la sigaretta in una piccola pozza d'acqua nel lavandino, gettando infine il mozzicone nella spazzatura. Poi si alzò meglio i grossi e sottili occhiali sul naso, rinfoderò il cellulare nella tasca della vestaglia, sorseggiò le ultime gocce di caffè e cercò di andar via.
«Hai bruciato e buttato via ancora una volta del cibo?» chiese il biondo, con una certa rabbia.
Izuku che ora gli era piuttosto vicino sollevò un sopracciglio. Ma poi si ricordò che forse l'odore di ramen istantaneo che aveva bruciato senza neanche sapere come doveva essere rimasto impregnato nel cucinino.
«Se sei incapace di cucinare, allora lascia che ci pensi chi è più esperto di te!».
Katsuki lo superò con passi lenti. Nel bidone c'erano dei poveri spaghetti mezzi anneriti. Scosse il capo con stanchezza, poi aprì il frigorifero.
«Ti mangi gli spaghetti con avocato e peperoncino».
«Eh?» rispose il verdino. «No... io non amo il piccante».
«Non hai capito... non era una domanda» Katsuki tirò fuori tre avocado e vagò tra i pochi mobili gialli e blu per olio e spezie varie. «Tu adesso ti mangerai un piatto di pasta come si deve. E allora smetterai di sprecare inutilmente il cibo, cazzo!».
Doveva essere la birra o non se lo spiegava perché stava davvero prendendo una simile iniziativa per una persona che neanche aveva voluto provare a conoscere davvero.
Izuku arrotolò l'indice intorno a una ciocca ondulata in direzione dell'orecchio sinistro dove pendevano due orecchini d'argento. Erano semplicissimi: una perlina bianca ai lobi e un pendente sottile dalla forma a trapezio che raggiungeva la metà del suo esile collo di cigno.
Katsuki vagamente notò un paio di anelli sempre argentati ai pollici e agli anulari. In effetti, era la prima volta che prestava un po' più di attenzione al suo coinquilino.
«Perché ti rintani sempre nella tua stanza?».
«Non sono affari tuoi».
«Se mi porti gente qui dentro, che è anche casa mia, e ti becchi una malattia venerea, io ti sbatto fuori di qui».
Izuku spalancò gli occhi: colto da un eccesso di rabbia fece scontrare il più rumorosamente possibile il palmo della mano contro lo stipite di legno della porta. Katsuki sobbalzò e l'acqua nella pentola alta che teneva tra le mani cadde sul pavimento, giusto tra le sue gambe.
«Ma che cazzo ti salta in testa?!».
«Sei tu quello fuori di testa! Come ti permetti di pensare a me come a una lurida puttana che fa della sua camera un bordello?!».
Il biondo accese una delle piastre e poi lo guardò completamente. Izuku aveva le guance un po' rosse e la vestaglia gli si era afflosciata sulla piegatura delle braccia.
La canottiera era molto aderente, a tal punto che metteva in evidenzia i suoi piccoli e turgidi capezzoli, la minuta gabbia toracica, le spalle ben dritte e un'enorme cicatrice al braccio sinistro, che iniziava dal tricipite e terminava appena sopra il gomito.
Non appena si rese conto dello sguardo curioso del biondo sulla pelle rossastra, si tirò velocemente addosso la vestaglia per poi piegare le braccia sul petto che un po' gonfiò.
«Questo spiegherebbe il perché sei così strano» riprese vago Katsuki. «Non ti ho mai visto andare in università, mangiare o uscire. So solo che pulisci la casa».
Il verdino sbuffò. Aveva bisogno di un'altra sigaretta.
«Mi hai fatto subito capire, dal primo momento che ci siamo incontrati qui dentro, che non avresti voluto avere nulla a che fare con me. Quindi ti ho assecondato» spiegò acido il ragazzo di diciannove anni. «Esco in orari diversi dai tuoi, tutto qui».
Katsuki, non si spiegava il motivo, ma era roso dalla curiosità. Sentiva un bisogno estraneo di rompere quella barriera di ferro con il coinquilino.
«Che corso frequenti all'università?».
«Medicina».
«Strano. Non ti ho mai visto al mio stesso corso».
«Forse perché non siamo nella stessa classe».
Il biondo che era di spalle e intento ad affettare gli avocado sogghignò. Bella risposta; era proprio perfetta per il semplice fatto che rappresentava realtà.
«Facciamo così» disse, guardandolo a tre quarti. «Io mi occuperò della cucina e dei pasti, tu della casa. Mi sono rotto il cazzo di vedere il cibo sprecato».
«E tu me lo hai scassato con i peli della tua barba e del tuo corpo nel lavandino del bagno e nella doccia».
Oltraggiato da quel tono quasi divertito, si voltò completamente con in mano il coltello appuntito. Izuku aveva un'espressione malevola, la testa un po' piegata e le mani sui fianchi.
Fu allora che il biondo adocchiò un piercing all'ombelico e le cosce così tanto... sexy. Ma si voltò ancor prima di poter continuare a ispezionare quel corpo incredibile e così ingiusto per un Nerd dalla testa a broccolo!
«Vado a farmi una doccia» Izuku sbadigliò un po'. «Chiamami quando è pronto».
«Ah? Ma che cazzo?! Io non sono il tuo servo!».
Il verdino agitò con noncuranza una mano mentre lasciava la cucina e ridacchiava a voce alta. I passi lenti rumoreggiarono fino a diventare flebili tonfi, dopodiché lo scroscio dell'acqua sopraggiunse dall'unico bagno in fondo al corridoio, sulla sinistra.
L'appartamento non era molto grande; il cucinino con i mobili, una finestra ampia e un frigo bianco, il salotto con il tavolo per mangiare, una tv e un divano, due camere e un bagno. Era piuttosto costoso l'affitto ma in due era fattibile pagarlo; inoltre bastava fare pochi passi per ritrovare tutte le comodità possibili e immaginabili.
Le mura della zona giorno avevano un caldo color miele, quella della notte, invece, di una tonalità cobalto tenue. I mobili delle camere da letto erano bianchi e c'era davvero lo stretto indispensabile. Chiunque avesse arredato l'appartamento era stato un genio; senza inutili fronzoli e suppellettili, era riuscito a rendere l'ambiente molto più grande di quanto in realtà non fosse.
Katsuki prese una padella e iniziò a far soffriggere l'aglio con il peperoncino. Si sarebbe assicurato di cucinare quel piatto quanto più piccante possibile in modo da avere una piccola rivincita sulla parlantina di Izuku.
-Stupido Nerd!- pensò con un piccolo ghigno...
Angolo di Watchie
Benvenuti in questa nuova storia! La BakuDeku che vi presenterò è un po' particolare; Izuku è un pochino OOC (Out of Character), il linguaggio è giovanile e vi saranno anche parolacce. Questa è una R-18 e non credo vi saranno molti capitoli. A domani!
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