Capitolo 7: Bambino




Perché Daniel insiste? Vuole solo vedere il suo amico felice?

Che poi... è suo amico?

È novembre e ormai alle sette di sera fa troppo freddo per uscire con un misero cappotto. Vedo, fermo al semaforo, il tram che porta alla torre dell'Unicredit, così tasto nella mia tasca per assicurarmi di avere la tessera dell'ATM e corro alla fermata, che dista poco più di cinque metri.

Scesa dal tram, alzo lo sguardo verso la punta della torre per vedere il corpo di Chiara Sole, ma non ce n'è l'ombra.

Salgo le scale mobili e osservo le fontane colorate, che illuminano la serata.

Anche se ci sono così tante persone, il mio cuore si sta sgonfiando di tutti i problemi. Mi sembra di fluttuare.

Mi concentro sul rumore dell'acqua, mentre il chiacchiericcio delle persone sparisce. Chiudo gli occhi, passeggiando lentamente, e mi rilasso, cercando di svuotare la mente da tutto e tutti.

Io non sono più Demetria Romano, con un'ubriacona come madre e due vampiri come amici, ma sono trasparente e potente come l'aria, come il vento e la natura.

All'improvviso finisco a terra: qualcuno ha sbattuto contro di me, facendomi cadere.

«Hey! Sta' più attento!» urlo aprendo gli occhi in direzione di un uomo con le spalle larghe e un completo blu. È immobile davanti a me e ha la bocca socchiusa.

Mi alzo e lo guardo confusa. «Ma che ti prende? Ti sei fatto di qualcosa?» domando inquieta.

L'uomo mi fissa, ma senza intenzione, come se non mi guardasse veramente e i suoi occhi fossero persi nel vuoto.

«Come ti chiami?» insisto senza ottenere risposta.

L'uomo dalle grandi spalle alza la mano e, con velocità sorprendente, mi butta a terra, ringhiandomi.

«Ma che ti prende?» sbotto.

«Ti conviene scappare» sussurra una voce sconosciuta.

Mi guardo in giro e scorgo un bambino vestito completamente di blu che agita la mano e mi sorride. «Dovresti scappare» mi suggerisce.

Le persone intorno a noi iniziano a fermarsi e a farsi domande e quando l'uomo scatta verso di me alcuni passanti lo fermano, bloccandogli le spalle.

«Qualcuno chiami la polizia!» urla una signora, mentre l'uomo zombie si dimena tra le grinfie dei passanti.

«Graaaaaa!» grida l'uomo zombie.

All'improvviso l'uomo dal completo blu e gli occhi vuoti inizia ad avere le convulsioni, così qualcun altro strilla: «Dobbiamo chiamare l'ambulanza!».

«È meglio scappare, io l'ho detto» borbotta il bimbo in mezzo alle lunghe gambe dei passanti.

«Che cosa?» gli chiedo.

«Mi senti?» domanda sbalordito.

In lontananza iniziano a sentirsi le sirene, mentre il brusio delle persone si fa sempre più forte, esclamando: «Morto?», «È morto», «Ma cos'è successo?», «Chi è quella ragazza a terra?».

Seguo il consiglio del bambino e corro il più lontano possibile dalla folla. Qualcuno urla: «Hey! Non puoi andartene!». Non mi importa.

Pure l'uomo zombie ci voleva stasera...

Continuo a correre tra le viuzze dei grattacieli e scendo in metropolitana. Timbro la tessera e prendo la metro per la fermata di Cadorna.

Quando la metro chiude le porte e parte, tiro un sospiro di sollievo. Fortunatamente trovo un posto, così mi siedo e chiudo gli occhi.

Quell'uomo? Che cosa aveva?

«Meno male che mi hai ascoltato» mormora la voce lieve di prima.

Apro gli occhi di scatto e rivedo il bambino vestito di blu.

«Che cosa ci fai qui?» bisbiglio per non disturbare gli altri passeggieri.

«Ti ho seguita» afferma entusiasta il bambino.

«Ma i tuoi genitori saranno preoccupati per te.»

«Io non ho più genitori» dichiara triste.

«Sei scappato dall'assistente sociale?» chiedo.

Il bambino scuote la testa, mentre io alzo lo sguardo verso il piccolo schermo del treno: la prossima fermata è la mia.

Appoggio la schiena per qualche secondo e mi volto verso la persona accanto a me – una signora di circa sessant'anni con i capelli grigi e gli occhi azzurri –, che mi rivolge uno sguardo torvo.

«Ha qualche problema?» sbotto.

«Non sono io quella che parla da sola» afferma beffarda alzandosi e uscendo dal treno, mentre un'altra persona – molto probabilmente la figlia – la insegue ammonendola. «Mamma... di sicuro è malata. Non dovevi dire quelle cose cattive.»

Esco dal vagone e cerco di uscire dalla scia di persone che si dirigono alla scala mobile per cambiare treno. Si riferisce a me?

«Che persone malvagie ci sono in questo mondo?» borbotta il bambino al mio fianco, scuotendo la testa.

«Che cosa ci fai ancora qui?» chiedo esasperata.

«Sei l'unica in grado di vedermi, perciò ti seguo» afferma.

«Cosa significa che sono l'unica in grado di vederti?» ripeto confusa.

«Vieni, seguimi» dice facendomi un cenno.

Andiamo alla banchina della metro rossa, in direzione Sesto F.S.Il bambino si posiziona davanti a un signore seduto su una panchina, che legge un giornale, e inizia a parlargli.

«Hey, tu! Trovi più interessante la sezione dello sport o la politica?» gli chiede il bambino, ma l'uomo non gli risponde. «Questo articolo ha completamente ragione, non trovi? Che cosa pensa di fare quell'uomo uccidendo prima la moglie e poi se stesso?». Alza la mano con l'intenzione di toccare il giornale, ma passa attraverso la carta.

«Cazzo!» esclamo a voce alta. Sobbalzo sul posto e mi metto una mano sulla bocca, incredula.

L'uomo seduto sulla panchina alza lo sguardo, confuso, e inclina la testa.

La metro arriva e salgo all'istante.

Scesa alla fermata Duomo, salgo le scale e mi siedo sui gradini della piazza, percependo l'imitazione del bambino in blu. Sospiro e accetto la situazione, ma non potendo parlarci senza passare per malata mentale prendo il cellulare, fingo di digitare un numero e me lo porto all'orecchio.

«Chi chiami?» chiede lui curioso.

«Buonasera, ci siamo sentiti poco fa al telefono quando ero in metro, ma purtroppo la ricezione era pessima. Sono Demetria Romano, molto piacere» affermo.

«Oh, stai parlando con me... Sì, sì, sì!» esulta il bambino battendo le mani. «Mi chiamo Francesco Schillaci.»

«Ciao, Francesco, felice di conoscerti. Io ho diciannove anni e tu?»

«Io ne ho sette» ridacchia lui.

«Allora, Francesco... Perché non mi racconti un po' di te? Di dove sei? Le tue origini? Quando sei nato e...» mormoro. «Perché sei fantasma? Quando sei morto?» aggiungo bisbigliando.

«Io... sono nato nel 1929 e sono morto nel 1936 a Milano.»

«Qual è l'ultima cosa che ricordi?» chiedo.

«Ero al parco con un'amica di mia madre e con sua figlia. Stavo giocando, quando incontrai una bella bambina che mi convinse a seguirla dietro un cespuglio. Mi mise una mano sulla faccia e poi... tutto è diventato nero. Mi sono risvegliato così e le persone non mi vedevano e non mi sentivano più...»

«Mi dispiace» mormoro.

Una mano sulla faccia?

«Ti ricordi che aspetto aveva la bambina?» domando.

«Non me lo scorderò mai» ammette. «Aveva dei grossi boccoli biondi e gli occhi azzurri, il viso minuto e il corpo altrettanto piccolo. Era perfetta.»

«Parli come un adulto...» constato.

«Perché la mia mente ha novant'anni» afferma. «Comunque ci sono ancora molte cose che non mi sono chiare...»

«Che cosa?» chiedo.

«Non ricordo tutto della mia vita... Ho la strana sensazione di aver vissuto ancora dopo quel giorno al parco, ma non mi ricordo né cosa ho fatto né cosa ho detto...»

«Hai un vuoto di memoria?»

Francesco annuisce.

«Non preoccuparti. Che ne dici se ti chiamo più tardi e parliamo ancora?»

«Sì, ti prego. Non parlavo con qualcuno da oltre ottantatré anni.»

«Va bene» mormoro.

Abbasso il telefono fingendo di chiudere la chiamata e vado su Google. Digito Bambino morto. 1936. Parco. Milano. Vediamo cosa mi esce...

Non trovo nessun articolo... Scorro le pagine, ma nessuna informazione è pertinente a ciò che sto cercando.

«Che cosa cerchi?» chiede il bambino.

Non posso risponderti, Francesco.

Clicco su Google Images e scorro verso il basso, fin quando Francesco esclama: «Quella è la bambina!»

«Quale?» domando involontariamente.

«Quella lì» risponde tentando di indicarmela.

Scorro lentamente e trovo un'immagine in bianco e nero di una famiglia che posa in abiti eleganti e acconciature agghindate, con un sorrisetto tirato.

«È quella la bambina!» continua a ripetere Francesco, saltando sul posto.

Osservo la foto con attenzione e, ingrandendo al massimo, cerco di catturarne il maggior numero di informazioni possibile: la bambina ha il viso fine, un'espressione seria dipinta sul volto, delle sopracciglia arcuate e spesse e delle labbra sottili. Indossa un vestito con una gonna larga e un nastro sulla vita, mentre i capelli sono sistemati in boccoli grossi e larghi, con qualche forcina qua e là.

Vado su Whatsapp e creo un gruppo di cui faccio parte solo io, premo sull'icona del microfono per inviare una nota vocale e guardo il bimbo fantasma accanto a me. «Sei sicuro che sia lei?»

Francesco annuisce.

Apro una nuova nota vocale e dico: «Ne sei proprio sicuro?»

«Sì! È lei!» esclama con convinzione.

Devo trovare un altro modo per comunicare con Francesco, altrimenti le persone mi crederanno matta e mi faranno rinchiudere.

Premo di nuovo per inviare una nota vocale e chiedo a bassa voce: «Francy, sai leggere?»

«Prima di tutto, non chiamarmi Francy perché sembro una donna. Comunque sì, sono capace di leggere!» sbuffa offeso.

Okay. E se digitassi cosa vorrei dire e lui leggesse dietro di me rispondendomi?

Dovrebbe funzionare.

Scrivo: «Quindi sei fantasma?»

«Cosa pensi che io sia?» borbotta Francesco.

Digito: «Non volevo offenderti, ma stanno succedendo troppe cose in questo momento della mia vita e la mia testa era confusa.»

«Non è una buona scusa» afferma il piccolo incrociando le braccia al petto.

«Perché mi hai aiutato? Perché mi hai seguito?» chiedo nel corpo del messaggio di Whatsapp.

«Eri l'unica in grado di vedermi. E poi voglio capire... se ho fatto del male alla mia mamma o come l'hanno presa loro... Sono ancora vivi o sono morti? Non mi ricordo molto di loro...» spiega il piccolo Francesco.

Digito: «Voglio aiutarti.»

«Davvero?»

«Sì» dico via telefono. «Si è fatto tardi, è meglio tornare a casa» aggiungo ad alta voce.

Tornai a casa prendendo le diverse metro e, non appena aprii la porta, mi accorsi della mancanza di Daniel e Adriel, ma al loro posto qualcuno aveva lasciato un biglietto.

Vorrei poterti rivedere domani. Daniel passerà a prenderti alle 20:00, mentre Adriel ti aiuterà a prepararti dalle 17:00.

L.D.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top