Capitolo 27: Una sala d'ospedale.

Consiglio di leggerla con questa canzone: A Thousand Years 

Lestat Defendi

Arrivo in ospedale in fretta e furia: Adriel piange e Daniel la consola.

«Cos'è successo?» dico ad alta voce.

«Calmati, Lestat. Adriel sta solo scaricando tutta la tensione accumulata. Demetra è in una stanza privata...» risponde Daniel.

Non lo lascio finire: corro al bancone e chiedo informazioni.

«Cerco Demetra Romano. In quale stanza si trova?» chiedo all'infermiera.

«Sedici B. Lei chi è?»

Ancora una volta non ascolto e corro in direzione della stanza. Più corro, più percepisco il suo cuore. È vicina. Arrivo davanti al numero 16B e raggelo. Poggio la mano sul pomello della porta e ascolto il suo respiro. Chiudo gli occhi e tutto il mondo riprende a correre: tutti i ricordi che ho condiviso con Demetra tornano a galla. Il suo sorriso. Il suo imbarazzo. La sua risata. Le sue battute per sfidarmi. Il suo modo di camminare. Il suo modo di respirare. Il suo modo di vivere. Sapevo che sarebbe stata una ragazza fantastica da grande, ma non pensavo che amare avrebbe fatto così male.

Officium meum est non amare: et salvum facere, adoremus eum, et vivat.» (Il mio compito è di amarla, salvarla, adorarla, viverla.)

La amo da quando è nata, l'ho adorata dal momento in cui le sue piccole manine hanno stretto le mie e l'ho vissuta in quel breve lasso di tempo, ma adesso è tempo di salvarla. Sono passate poco più di due settimane da quando Demetra è entrata nel mondo sovrannaturale e in questo momento si trova in un letto d'ospedale.

Apro la porta e la vedo: i capelli scuri sono lentamente adagiati sul cuscino bianco latte, che contrasta con il colore della sua carnagione, e ha gli occhi chiusi. Dieci tubi escono dal suo corpo e ciò mi rattrista ancor di più, convincendomi del fatto che dovrei salvarla.

Mi avvicino e le accarezzo il viso. Le lacrime iniziano a scendere. Mi siedo accanto a lei e le prendo la mano, baciandola lentamente.

«Non lo sopporto» singhiozzo. «Sei su questo letto per colpa mia.»

«Dovevo proteggerti meglio» continuo.

Non si muove. Il suo cuore batte, ma non risponde. È in coma.

«Ho sempre immaginato come sarebbe stato il nostro primo incontro, ma non avrei mai pensato che ti avrei trovata su un divano in stato di shock nei panni di un tuo compagno di classe, Daniel Micio, dopo che Adriel aveva ucciso tua madre, perché era stata uccisa in modo lento e perverso da tuo padre.»

Sospiro.

«È stato tuo padre a farti questo: era un Akira. Ha ucciso tua madre e ha fatto del male a te... Non posso credere che...» sussurro.

«Okay, la smetto.» Rido per qualche secondo. «Ne approfitto per svelarti una cosa che volevo dirti la sera del nostro bacio.»

Sospiro e mi faccio coraggio.

«Ci sono più di cento modi per esprimere il proprio amore» affermo. «Dipende dalle lingue, ovviamente, ma l'importante è ciò che simboleggia nella cultura...» Rido. «In Urdu si dice mai aap say pyaar karta hoo; in creolo Mi aime jou; in greco S'agapo; in irlandese Taim i' ngra leat; in tedesco Ich liebe dich; in catalano T'estimo; in francese Je t'aime, Je t'adore; infine...»

Faccio un grosso respiro e continuo. «Infine, la lingua che preferisco è l'italiano, molto simile al latino. È per questo che ho scelto l'Italia come posto d'approdo, come base per gli affari del Clan Europeo. Gli italiani riescono a dare un proprio significato solo con i gesti, con poche parole, e a esprimere il loro amore con un semplice Ti amo

Le lacrime scendono lentamente lungo il mio viso, ma non posso dimostrarmi debole. Non questa volta.

«Ti sembrerà affrettato, Demetra. Ti ho spaventata quando eravamo a Roma, in quel ristorante, e non era quella la mia intenzione, ma Ti amo.» Tiro su con il naso e rido. «Lo trovi banale, vero?»

Mi alzo e poggio la fronte contro la sua, trattenendo ulteriori gemiti.

«Devo dirti una cosa molto importante: dimenticati di me, di quello che hai visto, di quello che hai vissuto. Tu sei Demetra Romano e i tuoi genitori sono stati vittime di brutti incidenti. Dovrai vivere la tua vita: crescere, incontrare un bravo ragazzo, sposarti, avere dei figli, invecchiare insieme al tuo coniuge e guardare il tramonto dal vostro balcone.»

Le do un bacio sulla fronte, quando improvvisamente la porta si apre ed entra l'infermiera a cui avevo chiesto informazioni. È arrabbiata e con lei c'è un capo della sicurezza.

«Me ne vado da solo» sussurro guardandola per l'ultima volta.

Le stringo la mano e la guardia mi porta via.

Demetra Romano

Dove sono?

Apro gli occhi e vedo il piccolo Francesco seduto sulla poltrona accanto a me.

«Demi!» esclama felice.

«Sono viva» mi lamento. «Cos'è successo?»

Mi alzo e vado vicino a lui, quando il bambino fantasma allarga gli occhi e spalanca la bocca. «Che c'è?» chiedo.

Mi volto e vedo il mio corpo ancora fermo sul letto da cui pensavo di essermi alzata. «Oddio» mormoro. «Sono morta?»

«No, non lo sei. Il monitor funziona ancora...» indica Francesco.

«E perché sono un fantasma?» esorto impaurita.

«Quando si è in coma, a volte succede... che lo spirito esca dal corpo...»

All'improvviso la porta si apre ed entra Lestat.

«Oddio, Lestat. Sei arrivato, finalmente. Io...» mormoro andando davanti a lui, ma non mi risponde.

«Non mi vede?» domando con voce tremante.

«Benvenuta nel mio mondo» dichiara Francesco.

Lestat si avvicina e mi accarezza il viso, iniziando a piangere.

«No. No. No. Non piangere, Lestat. Adesso so la verità: sei sempre stato tu. Eri tu Daniel, cioè... hai capito...» mormoro.

«Non può sentirti» ribadisce il bambino fantasma.

«Ho capito!» esclamo severamente.

Lestat si siede accanto a me e mi stringe la mano, baciandola lentamente.

«Non lo sopporto» singhiozza Lestat. «Sei su questo letto per colpa mia.»

«Non è colpa tua, Lestat!» ribatto.

«Dovevo proteggerti meglio» continua il vampiro.

«L'hai sempre fatto» dico.

«Ho sempre immaginato come sarebbe stato il nostro primo incontro, ma non avrei mai pensato che ti avrei trovata su un divano in stato di shock nei panni di un tuo compagno di classe, Daniel Micio, dopo che Adriel aveva ucciso tua madre, perché era stata uccisa in modo lento e perverso da tuo padre» spiega Lestat.

«È stato poco più che perfetto» ribatto inspirando.

«È stato tuo padre a farti questo: era un Akira. Ha ucciso tua madre e ha fatto del male a te... Non posso credere che...» sussurra lui.

«Mio padre era un Akira? Cioè, Marco Nicchio lo era? È così che mia madre è stata prosciugata della sua anima?» chiedo.

«Okay. La smetto.» Lestat ride per qualche secondo. «Ne approfitto per svelarti una cosa che volevo dirti la sera del nostro bacio.»

«Che cosa?» domando mentre lui fa un grosso sospiro.

«Ci sono più di cento modi per esprimere il proprio amore» afferma. «Dipende dalle lingue, ovviamente, ma l'importante è ciò che simboleggia nella cultura...» Ride. « In Urdu si dice mai aap say pyaar karta hoo; in creolo Mi aime jou; in greco S'agapo; in irlandese Taim i' ngra leat; in tedesco Ich liebe dich; in catalano T'estimo; in francese Je t'aime, Je t'adore; infine...»

«Cosa stai cercando di dirmi?» sussurro.

«Demetra, ti fai solo del male a rispondergli. Lui non può sentirti...» interviene Francesco.

«Infine, la lingua che preferisco è l'italiano, molto simile al latino. È per questo che ho scelto l'Italia come posto d'approdo, come base per gli affari del Clan Europeo. Gli italiani riescono a dare un proprio significato solo con i gesti, con poche parole, e a esprimere il loro amore con un semplice Ti amo

Lestat ricomincia a piangere: chiude gli occhi e prova a calmarsi.

«Ti sembrerà affrettato, Demetra.»

«Non lo è» ribatto in preda all'ansia.

«Ti ho spaventata quando eravamo a Roma, in quel ristorante, e...» mormora Lestat.

«Non è vero» ribadisco.

«Non era quella la mia intenzione, ma Ti amo.» Tira su con il naso e ride. «Lo trovi banale, vero?»

«No, per niente...»

Lestat si alza e poggia la sua fronte contro la mia.

«Devo dirti una cosa molto importante: dimenticati di me, di quello che hai visto, di quello che hai vissuto. Tu sei Demetra Romano e i tuoi genitori sono stati vittime di brutti incidenti. Dovrai vivere la tua vita: crescere, incontrare un bravo ragazzo, sposarti, avere dei figli, invecchiare insieme al tuo coniuge e guardare il tramonto dal vostro balcone.»

«No, non puoi chiedermelo, Lestat. Io... Io... non posso» rispondo piangendo.

Mi dà un bacio sulla fronte, quando improvvisamente la porta si apre ed entra un'infermiera. È arrabbiata e con lei c'è un capo della sicurezza.

«Me ne vado da solo» sussurra Lestat.

Mi stringe la mano e la guardia lo porta via. Poco prima che la porta si chiuda, dalla mia bocca non esce altro che un Ti amo anche io.


Spazio autrice

Ciao ragazzi. Questo primo libro è terminato, ma non disperato perché avrà un sequel. Non so quando lo pubblicherò... Lasciate i vostri commenti. 

Come vi è sembrato? 

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