Capitolo 21: Point of views part 1
Lestat Defendi
«Cosa sta succedendo qui?» chiesi con sgomento.
Demetra era pallida, seduta sul divano, mentre Daniel litigava con un carabiniere.
«Demetra, stai bene?» domandai agitato.
Lei mi guardò per qualche istante, ma subito dopo ritornò in stato di shock con la testa china.
«Adriel, cos'è successo?» esortai.
«Chi è lei e chi l'ha fatta passare?» chiese uno dei poliziotti.
Ero Daniel e dovevo ricordarmelo.
«Sono un amico di famiglia e il fratellastro di Adriel» risposi.
Mi voltai e mi accorsi che il poliziotto era Zaire.
Com'era possibile? Zaire scrisse qualcosa velocemente sul blocco di carta e con velocità da vampiro me lo mise in mano. Lo lessi senza farmi vedere:Visto che il vostro capo non intende fare nulla a riguardo, sono dovuto intervenire.
Adriel se ne accorse, ma non disse nulla.
«Bene, allora può essere così gentile da stare lontano e spiegare a sua sorella che dobbiamo arrestarla?» ribatté acidamente il poliziotto, mentre sentii Demetra mormorare: «Che cosa è successo a mia madre?»
«Adriel Bianchi è accusata di omicidio» spiegò l'agente indicando un lenzuolo sporco di sangue dietro a un bancone della cucina. Dall'odore capii che era una donna: forse la madre adottiva di Demetra?
Perché Adriel l'aveva uccisa? E soprattutto perché non aveva nascosto il corpo?
«Chi è stato?» sussurrò Demetra.
Con chi stava parlando?
Percepivo il suo dolore: stava trattenendo le lacrime e per questo faceva fatica a respirare.
«Non potete arrestarla» affermai.
«Perché no?» esortò una donna.
«Perché non avete una prova tangibile e per procedere all'arresto ce n'è bisogno» risposi. Iniziai a citare qualche legge del nuovo codice civile e penale che avevo letto un mese prima e dovetti trattenere le risate quando i poliziotti si misero a controllare qualsiasi cosa dicessi pur di non ammettere che avevo ragione. Sempre.
«Dobbiamo arrestarla!» esclamò la poliziotta. «Abbiamo un corpo sgozzato e una ragazzina in stato di shock che blatera da sola...» Tirò fuori le manette e andò dietro Adriel.
«Mi sono fatta male e così siamo andati in ospedale» affermò Demetra all'improvviso.
All'istante tutti ci voltammo nella sua direzione e i poliziotti, rimasti nell'appartamento, afferrarono penna e blocco per prendere appunti.
«Devo seguire delle cure per il ginocchio e ho fatto pure delle lastre. È tutto lì sul tavolino.» Demetra indicò il ginocchio fasciato con un cenno del capo.
Che cosa aveva fatto al ginocchio? Chi era stato?
La poliziotta prese le carte ed esaminò i referti. «Questi fogli sono stati siglati da vostro padre» affermò la donna.
«Mio padre ci ha lasciato quando ero alle medie e da allora siamo sempre state io e mia... madre» ribatté Demetra.
«C'è qualcuno che può confermarlo?» chiese Zaire in vece di poliziotto.
«Direttamente mio padre. Si trova all'ospedale Fatebenefratelli, ma non so se sia ancora di turno adesso...» spiegò lei.
«Prosegua con la storia» insistette Zaire.
«Siamo tornate a casa e abbiamo trovato mia madre, ubriaca fradicia, in mezzo a questo...» continuò Demetra indicando l'appartamento completamente in disordine.
«E perché è finita con la gola tagliata?» esortò la poliziotta.
«Perché... ha iniziato a diventare violenta. Si è avventata su di me e poi su Adriel e...» mormorò Demetra con voce flebile abbassando la testa.
«Non abbiamo nessuna prova che ciò sia accaduto...» sussurrò la donna in divisa.
«Se non le loro testimonianze» continuò Zaire in vece di agente di polizia.
Vidi Demetra sussultare e allungare l'orecchio verso uno spazio vuoto. Non stava più facendo caso a noi, ma a qualcos'altro.
Annuì debolmente e deglutì con fatica. «Ho un video» ribatté Demetra.
«Quale video?» esortarono i poliziotti.
«La casa ha un sistema privato di videosorveglianza interno» rispose.
Prese il telecomando sul tavolino di vetro davanti al divano su cui era seduta e nello stesso istante in cui premette un pulsante verde il televisore si accese e trasmise delle immagini: Demetra parlava con sua madre, di spalle, che guardava il lavello della cucina; all'improvviso la donna si voltò e aggredì Demetra, poi comparve Adriel, che per difendersi prese un coltello dalla cucina e le taglio la gola.
«Questa è una prova. È sufficiente per scagionarla, signorina Bianchi» ammise Zaire fingendosi deluso.
«Non sono mai andata in prigione e sono sempre stata innocente fino a QUESTA prova contraria» borbottò Adriel facendomi sorridere.
«Lo Stato prevede una serie di carte da firmare e di passaggi da seguire. Voi avete superato la maggior età, pertanto siete responsabili dei vostri stessi atti. Signorina Romano, le manderemo il nostro consulente, che le porterà le carte e le spiegherà come si dovrà procedere per chiudere il caso...» spiegò Zaire.
«Ma non è appena stato chiuso?» domandò confusa Demetra.
«Come le ho detto, è necessario compilare dei moduli e sottoporsi a... dei controlli psicologici. Voi e la signorina Bianchi avete avuto a che fare con una situazione più grande di voi e, per essere sicuri, dovrete fare delle sedute» rispose Zaire.
«Io non ci vado dallo psicologo» disse Adriel con tono severo.
«Per quanto tempo sarà necessario?» chiedo sospirando.
«L'essenziale» ammise la poliziotta.
«Potrebbe farlo mio padre!» esclamò Adriel. «Ha un dottorato in psicologia.»
«Non penso che sia una buona idea, Adriel» intervenni con tono rigido. Non dovevo farti avvicinare a Tancredi, che aveva assunto il mio aspetto.
«Abbiamo il nostro psicologo» ribatté il poliziotto.
«Ma...» borbottò Adriel.
«Adriel Bianchi!» la ammonii severamente.
«Noi andiamo...» sussurrò Zaire rivolgendo qualche sguardo indiscreto a me e Adriel.
Chiusa la porta, rimanemmo tutti in silenzio: io e Adriel andammo un attimo in cucina a pulire, mentre Demetra rimase immobile sul divano.
«Che cosa è successo veramente? Solo un occhio vampiro avrebbe saputo dire che è accaduto ben altro...» mormorai.
«Sua madre, cioè la madre adottiva di Demetra, era stata prosciugata da un Akira in modo lento e quasi invisibile... Non me ne ero accorta...» disse Adriel.
«La prossima volta devi stare più attenta e proteggerla» ribadii.
«Parli come Lestat adesso...» sussurrò Adriel.
Si alzò e la seguii: andammo in salotto, dove Demetra era ancora come l'avevamo lasciata.
Fece un grande sospiro e per la prima volta ebbi l'occasione di osservarla davvero da vicino.
Aveva gli stessi occhi neri gonfi che mi avevano incantato quando era piccola; i capelli erano scuri e scompigliati e il labbro sottile, tremante.
«Stai bene?» le chiese Adriel avvicinandosi, mentre io decisi di rimanere fermo.
«Sono stata meglio» rispose Demetra confusa.
«È normale. Non volevo metterti in questo guaio» ammise Adriel.
«Non è colpa tua. Chi è stato a uccidere mia madre?» domandò Demetra.
«Sembra che sia stato un Akira, ma tua madre era diversa dagli altri esseri umani senz'anima» mormorò Adriel.
«In che senso?» esortò Demetra.
«Sarà una mia sensazione, ma è come se la sua anima fosse stata portata via lentamente e non tutta in una volta» rifletté ad alta voce Adriel.
«Com'è potuto accadere?» insistette.
«Non lo so, ma lo scopriremo» rispose sorridendomi. Si avvicinò ancor di più e la abbracciò forte. Demetra mugolò a bassa voce e Adriel si staccò bruscamente, con un'espressione dispiaciuta sul viso. I miei occhi finirono sul ginocchio di Demetra e sentii la rabbia pervadermi.
«Chi è stato a farti del male?» intervenni arrabbiato, facendo un passo in avanti.
«Lestat. Non ricordi?» esortò Adriel turbata.
«Lestat...» ripetei abbassando gli occhi.
Tancredi le aveva fatto del male. Aveva osato farle del male.
Inspirai e ascoltai...
«È un grandissimo pezzo di merda» dichiarò Demetra.
«Per una volta concordo» mormorò Adriel.
Demetra mi guardò confusa e stranita e mi chiese: «Stai bene?»
«Hai ragione, Demi. Sei sicuro di stare bene? Quand'è stata l'ultima volta che hai mangiato?» domandò Adriel.
«Non saprei» sussurrai disorientato.
Lei sbuffò e si alzò; mi prese sotto il braccio e disse: «Non l'ho mai visto in questo stato. Lo porto a mangiare qualcosa...»
«Va bene» mormorò Demetra. «Hmmm... Adriel, domani... cioè fra poche ore, io non verrò a scuola. Vorrei restare un po' per conto mio, non so se mi spiego...»
Adriel la guardò incerta e alla fine annuì. «Lo capisco, ma per qualsiasi cosa chiamami. In più passerò stasera per vedere come te la passerai...»
Uscimmo dalla porta e Adriel mi tirò uno schiaffo sulla spalla mentre scendevamo le scale.
«Perché?» chiesi confuso.
«Perché hai nominato Lestat in presenza di Demetra!» esclamò. Mi fece innervosire.
«Come ha osato farle del male quel bastardo?» ringhiai.
«Daniel, da quando ti importa tanto di Demetra?» mi domandò.
«Da quando non ti interessa, Ariel» risposi fingendomi il più possibile Daniel.
«Come mi hai chiamato?» chiese sbalordita.
Fu in quel momento che Adriel mi scoprì: l'avevo chiamata Ariel, ovvero il nome che uso sempre quando sono da solo con lei.
La presi per il polso, ma non con troppa forza, e la trascinai fino alla cima della torre dell'Unicredit.
«Ariel, devi sapere una cosa» dissi. Le raccontai tutta la verità su quello che era accaduto con Tancredi e Daniel omettendo la parte di Demetra, Viktor e Mirea.
La mattina andammo a scuola per non destare sospetti. Il tempo non sembrava passare più, finché Adriel non ricevette una chiamata da Demetra.
«Pronto?» rispose Adriel dall'altro capo del telefono. «Demi, stai bene? Demi? Rispondi!»
«Sto... bene» balbettò Demetra.
«Cazzo! Mi hai fatto prendere uno spavento. Sono corsa in bagno senza dire niente al prof. di matematica per rispondere alla chiamata...» disse Adriel. «Demi, ci sei?»
«Hmmm... Sì, scusa. Mi chiedevo se tu e Daniel possiate venire qui non appena uscite da scuola» disse Demetra. «A proposito, Daniel si è ripreso?» aggiunse.
«Sta parlando di me? È preoccupata per me?» mimai con le labbra.
Adriel rise e poi mi fece segno di fare silenzio.
«Adriel?» insistette Demetra al telefono.
«Sì, scusami. Va bene, ci saremo. Adesso devo andare» disse frettolosamente Adriel chiudendo la chiamata. «Dobbiamo andare da lei» mi disse.
«Ma è successo qualcosa?» esortai.
«Non lo so.»
Suonammo il campanello e con nostra sorpresa venne ad aprirci Elia, il cacciatore.
«Elia, cosa ci fai qui?» disse Adriel sobbalzando.
Mi irrigidii pensando a Demetra da sola con lui, ma non dissi nulla.
«Ciao, ragazzi» mormorò Demetra dal divano.
«Ciao» sussurrai imbambolato.
«Ciao» ricambiò sorridente Adriel, sedendosi vicino a Demetra. «Che cos'è questo profumino di formaggio fuso?»
«Elia mi ha costretto a mangiare formaggio fuso e pane» borbottò Demetra alzando gli occhi al cielo.
Adriel si voltò verso il cacciatore e gli sorrise, mentre io gli rivolsi uno sguardo inespressivo. All'improvviso, non sapendo se staccargli la testa o mangiarlo, rompendo i patti con la Chiesa, gli dissi: «Grazie per aver fatto mangiare Demetra.»
Adriel tossì guardandolo male, dopodiché ritornò a me con gli occhi. «Perché ci hai chiamati? Ti senti bene? Perché Elia si trova qui?»
«Perché dovete aiutarmi» dichiarai.
«In che cosa?» esortò Adriel.
«Ti è stato fatto del male? Chi è stato?» ringhiò Daniel abbassando lo sguardo subito dopo. «A parte Lestat. Se ci hai chiamati, deve esserci per forza un motivo...»
«Lestat Defendi è cambiato. È diventato irrazionale e spietato. L'abbiamo tenuto sotto controllo, ma adesso ha definitivamente fatto perdere la pazienza a Roma. Per quanto i rapporti fossero molto cordiali, adesso non lo sono più. Lestat ha portato Demetra in un mondo che ancora non comprende e voi di certo non potete dirle tutto, perché finireste per confonderla...» spiegò Elia.
«Con ciò? Dove vuoi arrivare?» insistette Adriel, infastidita dalle accuse ma con evidente rassegnazione.
«Ho avuto un permesso per accedere alla biblioteca vaticana. Andremo a Roma e voi due, Daniel e Adriel, dovrete coprire Demetra con Lestat. Se lui dovesse venire a sapere che è scomparsa perderebbe le staffe» affermò il cacciatore. «Non riesco a credere che abbia fatto liberare quell'Akira dalla custodia dei vampiri per poter giocare» aggiunse a bassa voce, pensando tra sé e sé.
«Demetra non viene da sola a Roma, con te» ringhiai.
«Lestat avrebbe liberato Chiara Sole?» chiese Adriel sorprendendo anche me.
Chi era Chiara Sole? Era l'Akira.
«Dove stai guardando?» domandò Elia accigliato.
«Stavo pensando» rispose Demetra. Il cacciatore allargò le narici e inspirò, sospettoso.
«Verrò anch'io» intervenni.
Non voglio lasciarli da soli: e se nascesse qualcosa tra di loro?
«Non potrai entrare» ribatté Elia portandosi le braccia al petto.
«Aspetterò fuori. Ho tutto il tempo del mondo» sibilai a occhi stretti, con aria minacciosa.
«Il mio compito è proteggerla» affermò il cacciatore con tono severo.
«Officium meum est non amare: et salvum facere, adoremus eum, et vivat» (Il mio compito è di amarla, salvarla, adorarla, viverla.), sussurrai. Solo lui ne era conoscenza. Solo lui poteva capire che ero io, Lestat, solo da una frase.
Adriel si mise una mano sulla bocca per trattenere una risata, visto che sapeva la verità, ed Elia deglutì rumorosamente, pallido. Il cacciatore, immobile, mi guardò e dopo alcuni secondi scosse la testa per poi annuire.
«Che cosa significa?» chiese Demetra, ma nessuno rispose.
«Va bene. Daniel, verrai con noi. Dobbiamo fermare Lestat e l'unico modo per farlo è sfruttare il suo punto debole: Demetra. Più lei sa, meno possibilità ha lui per continuare il regno di terrore» mormorò Elia. Diede un'occhiata veloce al suo cellulare, che continuava a vibrare, ed esclamò: «Merda!»
«Cosa succede?» domandò Adriel.
«Lestat ha appena violato l'accordo. C'è stato un molteplice omicidio nei dintorni della stazione di Cadorna» rispose il cacciatore.
«Deve esserci un motivo per tale comportamento» dissi con convinzione. Ero sorpreso: che cosa stava facendo Tancredi? Perché distruggere tutto quanto?
«Mio fratello dice che Lestat voleva giocare quando ha liberato l'Akira, ma non con Demetra e ciò che è successo l'ha fatto infuriare. Ha ucciso dodici persone ed è andato via come se niente fosse» spiegò Elia.
«Come ha scoperto che...» bisbigliò Demetra disorientata.
«È colpa mia» ammise Adriel all'istante. Ci voltammo tutti e lei abbassò il capo: «Non sapevo nulla di tutto questo, così gli ho inviato un messaggio nel quale gli ho descritto l'accaduto.»
«Perché l'hai fatto?» sussurrò Demetra con la gola serrata.
«Perché Lestat è come un padre per me e voglio la sua felicità e... Demetra, tu lo sei per lui e, fidati...» disse la mia amica. Alzò lo sguardo verso di me e continuò, appoggiando una mano sul ginocchio di Demetra: «Tu sei così importante per lui. Lo mandi fuori di testa e ti ama più di ogni altra cosa...»
Demetra si voltò e rimase attaccata ai miei occhi finché Elia non tossì, rovinando il clima; Adriel si allontanò da me e rise sotto i baffi.
«Troverò io il modo, ma voi dovete riempire la testa di questa piccola cervellona» ridacchiò Adriel avvisando me e il cacciatore.
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