Capitolo 6


Era arrivato lunedì ed era ora di perquisire la casa di Matthew e dei genitori. Quando arrivai al dipartimento vidi Austin. Mi salutò come al solito mentre io non sapevo come mi dovessi comportare. Ricambiai, anche se non riuscii a nascondere il mio profondo imbarazzo. Fortunatamente Austin parve non accorgersene.

«Oggi dobbiamo tornare dai genitori di Matthew» mi disse «Immagino che ci accoglieranno come sempre in modo molto caloroso».

«Non dimenticarti che dovremo controllare anche la casa di Matt».

«Scusa, stamattina sono leggermente confuso. Ma la vittima non viveva con i genitori?».

«No, aveva comprato anche una piccola casa a loro insaputa».

«Ecco dove andava Matthew quando usciva e non tornava per giorni e giorni!».

«Ora però sbrighiamoci, c'è tanto lavoro da fare».

Nuovamente ci dirigemmo verso casa Turner. Ci sentivamo abbastanza tranquilli perché questa volta avevamo il mandato di perquisizione. Questa volta ci avrebbero dovuto aprire.

Austin bussò insistentemente. Attendemmo un paio di minuti e la porta si aprì.

«Ancora voi? Avevate promesso che non ci avreste più disturbato! Siete senza cuore. Lo farò presente ai vostri superiori».

Mentre parlava il padre di Matthew iniziò ad avvicinarsi minaccioso. Indietreggiai d'istinto. Austin rimase dov'era e non accennò a muoversi. Quando l'uomo gli fu abbastanza vicino, gli mostrò il mandato e disse: «Vi ringraziamo per non aver opposto resistenza. Ora se non vi dispiace dobbiamo perquisire la casa. Con permesso...».

Entrò senza esitazione scansando il signor Turner. Mi sorprese molto come il ragazzo che avevo di fianco, con solo qualche anno più di me, avesse reagito in modo così freddo, senza lasciarsi coinvolgere da quella situazione.

Salimmo le scale e arrivammo nella stanza di Matthew. Le pareti erano blu, con numerosi poster di star famose. Per terra, sopra la moquette, c'erano ancora i suoi vestiti e oggetti vari. Evidentemente la madre di Matthew voleva mantenere la stanza del figlio così come era stata lasciata per ricordo, oppure aveva ritenuto che fosse meglio non spostare niente dalla camera per evitare di contaminare eventuali prove. Visto il suo atteggiamento poco collaborativo, credetti che la mia prima ipotesi fosse la più probabile.

Cercammo in ogni angolo della stanza e vedemmo che non c'era alcuna traccia di sostanze stupefacenti. Rivoltammo la casa da cima a fondo, cercammo in ogni singola stanza di quella villa enorme, ma non trovammo niente. Forse c'eravamo sbagliati, forse Matthew non spacciava. Però era strano... perché i suoi amici avrebbero rivelato di averlo aiutato a vendere della merce se non era vero? Perché incolparsi di un'azione illegale da loro non commessa? Forse erano stati loro a ucciderlo e cercavano di nascondere la loro colpevolezza. Ripensai un attimo ai ragazzi che avevo interrogato. Erano tutti abbastanza in forma. Ognuno di loro doveva essere in grado di sollevare un cadavere mentre, invece, l'assassino l'aveva trascinato. In più avevano tutti un alibi di ferro. Non erano stati loro a commettere l'omicidio.

Austin ed io eravamo distrutti dopo quella vana ricerca e, vista l'ora, decidemmo di interrompere la perquisizione e di togliere il disturbo.

Mangiammo qualcosa mentre ci dirigevamo alla casa di Matthew che si trovava in uno dei quartieri più malfamati della cittadina. Quella zona non mi piaceva: gente losca, strade tetre e case con gli intonaci che cadevano a pezzi. Uno di quei posti dove non sarei mai andata da sola. Per fortuna ero accompagnata da Austin.

Quando arrivammo a destinazione vedemmo che la casa della vittima non era certo bella come quella dei genitori. I muri avevano delle crepe enormi e il tetto era rotto: sembrava che stesse per crollare da un momento all'altro.

Non ci volle molto a entrare perché la porta non si chiudeva bene. C'erano pochissimi mobili e la casa era una distesa di batuffoli di polvere.

Ad un certo punto lo vidi: era enorme, marroncino, con due antenne. Uno degli esseri più ripugnanti di tutto l'universo si stava avvicinando a me! Urlai. Austin che mi precedeva si girò di scatto e mi chiese cosa mi avesse spaventata. Indicai l'enorme scarafaggio. Senza pensarci due volte lo schiacciò. Dopo lo prese e lanciandomelo addosso gridò: «Attenta! È ancora vivo!».

Schifata me lo levai subito di dosso. Vidi che era morto, al contrario di quanto "qualcuno" mi aveva detto. Austin mi aveva fatto un brutto scherzo. Decisi che prima o poi me l'avrebbe pagata.

«Austin, ti pare questo il momento di scherzare? Ti ricordo che non siamo qui per giocare, ma per trovare un assassino».

«Scusami, ma mi pare assurdo che una persona come te sia spaventata da una bestiolina così piccola e indifesa» disse seriamente mentre i suoi occhi mi guardavano maliziosamente.

«Ti ricordo che pur essendo un'agente sono sempre una donna. Anche le donne più coraggiose non sopportano alcuni tipi di insetti».

Smettemmo di scherzare e riprendemmo le indagini.

Mi chiesi perché Matthew avesse acquistato una casa così fatiscente in un quartiere così brutto, nonostante la sua famiglia fosse ricca. Iniziammo perquisire le varie stanze. Ad un certo punto Austin mi chiamò: «Lynn, guarda qua! Ora ho capito perché Matthew non viveva in questa casa!».

Lo raggiunsi nella stanza in cui stava e quel che vidi era incredibile. Quella camera era piena di bustine contenenti sostanze sospette. Matthew non era un semplice corriere della droga, doveva essere uno dei più importanti vista la grande quantità contenuta in quella stanza. Probabilmente utilizzava quella casa come deposito per la merce e, visto che la zona era poco sorvegliata, non avrebbe mai incontrato grandi problemi. Non trovammo nient'altro e portammo con noi le prove, ovviamente indossando i guanti adeguati per evitare di contaminarle.

Appena tornati al dipartimento le mandammo ad analizzare. Risultarono droghe diverse. Matthew disponeva di una merce molto varia. Era chiaro che fosse morto per un qualsiasi motivo legato ad essa. Decisi per prima cosa che l'indomani avrei chiesto informazioni alla squadra narcotici. Sicuramente ci avrebbero detto qualcosa in più.

Il mio turno di lavoro era ormai finito. Decisi di rimanere ancora un po' per allenarmi a sparare. Andai nell'apposita sala e per prima cosa ricaricai la pistola. Ripassai mentalmente tutto quello che mi aveva detto l'istruttrice. Poi mirai alla sagoma e sparai. Il proiettile aveva colpito una zona periferica. Dovevo ancora allenarmi molto se volevo riuscire a colpire l'esatto centro del bersaglio.

Era trascorso un po' di tempo quando sentii una voce alle mie spalle che mi chiamava mentre stavo per premere il grilletto. Persi la concentrazione e mi sbilanciai. Così, nell'attimo in cui ci fu il contraccolpo, l'arma mi colpì in piena fronte. «Maledizione Austin, non potevi spettare un attimo?».

Toccai la ferita e non mi sembrava che fosse troppo profonda. Quando controllai la mano vidi che era sporca di sangue. Intanto Austin era corso a prendere il kit di pronto soccorso. Appena tornato iniziò a disinfettare la ferita. Infine mise una benda e si giustificò: «Mi dispiace che ti sia ferita, però non devi mai distrarti quando spari. Nemmeno se qualcuno ti chiama all'improvviso. Rischi di mettere in pericolo le persone vicine al tuo bersaglio».

«Ok, ho capito la lezione» mi toccai la ferita «credo non me ne dimenticherò tanto presto. Piuttosto dimmi, è grave? Si nota molto?».

«No, non è molto grave. Però dato che ti ho messo una benda si nota abbastanza».

«Oh, fantastico! Chissà cosa penserà Dan quando mi vedrà conciata in questo modo. Poi tu l'hai conosciuto. È un po' iperprotettivo, è sempre molto premuroso nei miei confronti».

«Già anche troppo per i miei gusti. Come scordarsi del tuo fidanzato... Sembrava volesse uccidermi per averti semplicemente offerto il pranzo! Però non credo che avrà da obbiettare qualcosa se ti insegno a sparare meglio».

«Ovviamente no. Data la tua grande bravura potrei migliorare in un batter d'occhio. Ma attento, l'alunna potrebbe superare il maestro!».

Entrambi ridemmo e tornammo a casa.

La serata sarebbe stata molto noiosa. Sarei rimasta a casa perché dovevo essere reperibile: se fosse successo qualcosa sarei dovuta intervenire. Appena rientrata, controllai che Dan non fosse nei paraggi e sgattaiolai in bagno. Tolsi la benda e vidi la ferita. Era un taglio abbastanza grande e sinceramente faceva piuttosto male. Forse, se non volevo farlo preoccupare, era meglio che tenessi la fascia. Uscii dal bagno e incrociai Dan che scendeva le scale. Quando mi vide disse contento: «Ah, sei arrivata finalmente. Ho già preparato la cena. Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere».

Lo ringraziai e tirai un sospiro di sollievo. Per fortuna non si era ancora accorto di nulla. Ma appena mi si avvicinò, si fermò e mi chiese stupito: «Lynn, perché indossi quella strana benda?».

«Oh! Questa? Non lo sai... Ora è molto di moda, la indossano tutti. Come hai fatto a non notarlo?».

Mi stavo arrampicando sugli specchi. Non sarei mai riuscita a convincere Dan con quell'assurda bugia.

«Non mi prendere in giro, so benissimo che stai mentendo per non farmi preoccupare. Dimmi, piuttosto, come ti sei procurata la ferita».

«Non so di cosa tu stia parlando. Sono in perfetta forma...».

Dan continuava a fissarmi ed io non riuscii a resistere. Gli raccontai una mezza verità. Per evitare inutili gelosie dissi che mi ero voltata perché avevo sentito un rumore.

Cambiai discorso per evitare di dare altre spiegazioni e gli domandai annusando l'aria: «Ma questo profumino... da dove proviene?».

«Mia piccola detective, non sei curiosa di scoprirlo da sola?».

«Non sono un cane poliziotto, caro!».

«Ne sei sicura? Non sei la mia cucciolotta?».

«Ma non ero la tua gattina? Miao...».

Continuando a scherzare ci sedemmo a tavola. Dopo una cenetta deliziosa decidemmo che per concludere la serata avremmo guardato il nostro film preferito. Quanto mi piaceva rannicchiarmi tra le sue braccia e poggiare la mia testa sul suo petto mentre il sonno piano piano prendeva il sopravvento.

Appena iniziato il film squillò il telefono. Strano, a quell'ora non mi aspettavo nessuna chiamata. I miei genitori avevano già telefonato qualche giorno prima. Preoccupata andai a rispondere: «Agente Winter deve venire al dipartimento di polizia! Si richiede la sua presenza, immediatamente».

Detto questo l'agente terminò la chiamata senza nemmeno aspettare una mia risposta.

«Dan, purtroppo...».

Non mi fece finire di parlare: «Ho capito mia piccola detective. Il dovere ti chiama. Mi dovrò abituare a questo tipo di vita».

«Su, non dire così. Dispiace anche a me di non aver terminato la serata come volevamo. Ti prometto che appena concluderò il caso ci faremo una vacanza insieme».

«Va bene, ma ora sbrigati a cambiarti che ti accompagno. A quest'ora gli autobus non passano più».

«Te l'ho mai detto che sei fantastico?» gli sussurrai e lo baciai dolcemente. Poi corsi nella mia camera a cambiarmi.

Grazie al passaggio di Dan arrivai presto a destinazione. Scesi dalla macchina e alcuni agenti mi vennero in contro. Dissero che aspettavano Roxanne e che avrebbero fatto il punto della situazione al suo arrivo. Dopo un quarto d'ora abbondante arrivò il mio capo e gli agenti ci raccontarono che delle persone stavano passeggiando sulla spiaggia quando avevano visto un uomo immobile steso a terra. Siccome non rispondeva avevano tentato di rianimarlo, ma era già morto.

Purtroppo non potevamo fare niente finché la scientifica non avesse finito.

Visto il caso precedente consigliai di prelevare il cadavere. Gli agenti dissero che le analisi sarebbero durate tutta la notte e aggiunsero con ironia che i morti non camminavano. A quanto pare non sapevano che quello di Matthew Turner aveva fatto una gran bella passeggiata!

Roxanne disse di rientrare in attesa di notizie. Senza pormi troppi problemi chiesi agli agenti di riaccompagnarmi a casa.

Trovai Dan che dormiva beatamente sul divano con la televisione ancora accesa. La spensi e lo coprii con un piumino. Ero stanca e il giorno dopo sarebbe stato molto impegnativo. Decisi di andare subito a dormire.

Chi era la vittima questa volta? Era stato un omicidio oppure si trattava di suicidio o di un semplice malore? Intuivo che quel cadavere aveva un collegamento con il caso su cui stavo lavorando.

Solo il tempo avrebbe risposto a tutte le mie domande.


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