Capitolo 6: Il valzer del dolore

" Spesso il piacere è un ospite passeggero, ma il dolore ci stringe in un crudele abbraccio "

-John KeatsDonna scese dalla carrozza con passo lento, stringendo contro il petto Winkle che sonnecchiava di già. Il vecchio Thomson si diresse verso la stalla seguitato da Lilith, più silenziosa e taciturna del solito. Volente o nolente, le chiacchiere sudice di Marchen erano giunte anche a lei e al dottor Paul che, fingendo freddezza, aveva storto il muso di fronte tanta bramosia di potere. Le rivelazioni di Marchen fecero più male di mille coltellate nel costato e Donna non poteva crederci. Non doveva e mai l'avrebbe fatto. Anche il solo pensare che un giorno non troppo distante Frederick, l'uomo che tanto aveva amato e odiato in tutte le sue forme e vizi, avrebbe legato a sé quella creatura solo per una questione di potere e fama, le infiammò la bocca dello stomaco. La testa le doleva da morire così come il cuore. Donna si sentiva pesante, fiacca e emotivamente instabile; aveva del tutto perso quell'ultimo briciolo di fiducia destinato al Conte.
Guardò il viso perlaceo di Winkle e rallentò tutto di un tratto il suo avanzare. L'unica soluzione per salvarla era truce e violenta, scontata e di una crudeltà unica. Eppure...
«Donna!» la chiamò smorzatamente il vecchio contadino, correndo tra un affanno e l'altro. «Ci sono visite per il Conte!»
Donna bloccò il respiro tra diaframma e gola. Lilith si parò immediatamente al suo fianco, rivolgendole uno sguardo ricolmo di terrore.
«Non saranno mica...»
«Non muoverti dalla stalla,» le sussurrò Donna, coprendo con la mantella cremisi il corpo inerte della bambina, «mi hai capito Lily?»
«Cosa vogliono?» la voce della più giovane tremò quasi fosse sul punto di spezzarsi.
Donna non seppe rispondere. Cercava di mantenere il suo solito portamento orgoglioso e freddo, ma il solo pensare che gli Alti avessero scoperto il piano del Conte la mandò nel panico più assoluto.
Sarebbero morti tutti, uno ad uno.
«Se non torno a prenderti prima dell'alba, scappa via» le mormorò Donna, lasciandole in custodia Winkle. «Non entrare per nessun motivo, d'accordo Lily?»
Lilith abbassò lo sguardo, tremando come una foglia al vento. Donna l'abbracciò, stringendola e baciandole la capigliatura spigliata, consolandola con parole dolci sussurrate in un orecchio. Si congedò con uno sguardo, avviandosi verso l'entrata della residenza. Ad ogni passo il cuore aumentava la sua sfrenata corsa nel petto, spronato dall'ansia di non uscirne viva. All'esterno non si udiva nulla, se non il distinto nitrito dei cavalli. Una carrozza dalle grandi ruote nere giaceva dinnanzi la scalinata del porticato, due stalloni dalle criniere sottili e bianche sbuffavano e scalciavano.
Donna con sorpresa entrò, trovando Morgana accanto all'entrata, bianca da capo a piedi.
Bastò un'occhiata fugace e, gli animi di entrambe, si calmarono per qualche istante.
«Sono venuti Charles e Rosaline, Donna...» mormorò in un sibilo di voce. «Non so cosa vogliano, soprattutto Charles. Dov'è Lilith con la bambina?»
«Nella stalla. Raggiungile, mi occuperò io del resto».
Morgana la guardò di sbieco, scandendo un sonoro sospiro. «Non farlo, Donna».
«Non ricominciare con le tue moine e va fuori!»
«Donna, lo dico per te!»
«Lo so» ammise e un guizzo di tristezza si riflesse nelle iridi blu. «Ma per una volta dammi ascolto. Ti prego Morgana».
Morgana stette sulle sue per i primi secondi. Lo sguardo supplichevole di Donna l'angustiò ancor di più, ma cercò di non badarci. La fissò ancora per qualche istante e rilassate le spalle tese, lasciò la residenza incamminandosi nel buio notturno.
Donna procedette verso il salone principale, mani ai fianchi e viso alto in segno di superiorità. Piantò tre volte le nocche sul freddo del legno, attendendo in silenzio. Entrò subito dopo, chinando immediatamente il capo: Charles se ne stava seduto su di una poltrona, sguardo tagliente e gambe accavallate; nei suoi occhi brillò una scintilla di eccitazione nel vedere Donna entrare. Rosaline sostava pacata accanto a Frederick, in piedi e con le mani giunte contro il ventre, chiusa in un silenzio difficile da gestire.
Il Conte fissò la sua amante a lungo, maledicendola con una sola occhiata.
«Donna O'Grey!» esultò Charles, tornando composto. «Quale onore rivedervi!»
«Charles...» mormorò disgustata, rilassando di poco le spalle per smorzare la tensione.
Charles era un'immortale sudicio, scaltro e maligno, come i suoi compagni del resto. Anni addietro ebbe la "fortuna" cieca di conoscerlo in privato, e il vampiro mostrò da subito il suo interesse per la giovane serva di sangue del Conte. Al solo ricordo di quelle putride avance e delle sue mani premute contro il basso ventre, Donna soppresse un conato di disgusto che le solleticò la gola.
«Sempre più bella, sempre più... divina» esordì ancora l'alto dignitario, avvicinandosi con un solo scatto alla giovane inerte. «Le vostre mani sono sprecate per dei lavori come la cura di questa... topaia» continuò Charles in un sorriso diabolico, baciandole le nocche delle mani lisce.
Un fulmine di collera avvelenò gli occhi vermigli del Conte.
«Qual è il motivo della vostra visita, Charles?» tagliò corto Frederick, mantenendo il suo solito portamento emotivo vitreo. Riuscì a mascherare la rabbia che gli scatenò quel gesto così sfrontato nei confronti di Donna, ricordando a sé stesso quanto grave fosse la situazione venutasi a creare. Donna non lasciò trasparire nulla, fissando il vuoto con gli occhi socchiusi.
«Il motivo? Beh, amico mio, se la mettiamo su questo punto...» iniziò il privilegiato, voltandosi. «Questa notte abbiamo subito una perdita».
Frederick lo fissò di sbieco.
«Byron, il quinto Sicario, è stato ucciso dai Cacciatori».
«Cosa vi suggerisce che sia morto?»
Charles sorrise, passeggiando nel salotto con le mani premute dietro il bacino. «Il rapporto di Anamarié. Entrambi erano sulle tracce di Anastazia Wood da ieri sera».
«Un'imboscata...» sussurrò Rosaline tra sé e sé, seguendo con lo sguardo le azioni di Charles. Il vampiro si fermò dinnanzi al camino, caldo e ricolmo di legna bruciata, fissando le lingue cremisi per qualche istante.
«La donna non è morta e non sappiamo dove si trovi. Fatto sta che i Wood hanno teso una trappola al tuo sottoposto, sicuramente per cavare dalla sua bocca qualche informazione in più sulla bambina».
Donna, udite quelle rivelazioni, deglutì rumorosamente.
«La vendetta di quella madre non è affar mio».
«Dovrebbe, Conte» lo interruppe Charles, meditabondo. «Dovrebbe eccome. Se sono riusciti a tenere a bada uno spirito forte come quello di Byron, suppongo che non ci metteranno nulla ad addestrare nuovi Cacciatori per muovere un piede di guerra sul nostro fronte. E' solo la verità, bisogna accettarla o sbaglio?»
«Voi credete che siano in grado di appiccare una faida che non sta né in cielo e né in terra per una perdita?»
«Due perdite, Frederick, due. La morte di Amadeus Van Winkle deve aver scaldato di molto i loro animi».
«Questo è stato causato dalla morte di Lady Evanelié, non vedo come possa toccarmi» ringhiò il Conte, e il petto avvolto da una camicia di seta si gonfiò di rabbia. «Io non prenderò parte a questa guerra, semmai ci sarà».
«Lascerai i tuoi pargoli morire così? Lascerai che le tue donne muoiano per un tuo capriccio?» sentenziò Charles, volgendo la sua attenzione sul corpo di Donna. «Quale egoismo...» mormorò in un rantolo carico di falso dolore, avvicinandosi all'umana.
Donna fu tentata più e più volte di lasciare la stanza senza proferire parola, ma il viso di Charles che ormai sfiorava il suo la immobilizzò del tutto. Con le narici dilatate e il respiro flebile, Donna non riuscì a non staccare lo sguardo dalle pupille buie dell'Alto. Sentiva la sua presenza minacciosa vicina, troppo vicina alla sua incolumità, tanto che ebbe voglia di urlare. Ma non lo fece, nemmeno quando il vampiro con uno scatto le fu dietro, passando attorno ai suoi seni un braccio. Donna sbarrò gli occhi, cercando di scacciare dai meandri della sua mente la notte in cui Charles la violentò. Erano passati sette anni. Aveva impiegato sette anni della sua vita per dimenticare tutta quella brutalità. I lividi, i morsi, la violenza carnale che aveva subito il suo corpo, lo shock e il ripudio erano tornati a farle visita.
La mano di Frederick tremò appena e Rosaline volse la testa verso il fuoco che ardeva lento.
L'urlo smorzato di Donna si ripercosse tra le mura alte del salotto, mentre i denti di Charles le stracciavano la pelle del collo con un unico morso, bevendo avidamente il suo nettare preferito. Donna gli istigava gli istinti più malsani, disturbanti e malati, smuovendogli l'eccitazione.
Bevve a piccoli sorsi tenendo le unghia conficcate del petto della donna, rantolante e sull'orlo di una crisi di pianto, osservando divertito la rabbia del Conte crescere pian piano.
Charles la lasciò dopo alcuni minuti, soddisfatto e appagato dal suo piccolo extra quotidiano. Donna sentì le forze venirle a mancare e le sue gambe cedettero come fuscelli al vento. L'Alto dignitario leccò via il sangue rimasto sulle labbra pallide, osservando con disprezzo la serva che, ora, giaceva esausta ai suoi piedi.
Donna coprì i seni scoperti con un braccio, le unghie di Charles le avevano deturpato l'armonia della pelle candida, stracciando e tirando via tessuto e pelle. Si morse la lingua e appoggiò la testa sul freddo del marmo pur di non piangere.
Frederick era in piedi con gli occhi sgranati e l'odore del sangue di Donna ad un soffio dall'anima.
Charles sorrise nuovamente, aggiustando con una scrollata di spalle le sue vesti.
«Se davvero è questa la vostra decisione... beh, almeno lasciate che sia io ad uccidere Donna, credo di non desiderare altro».
«Andatevene».
Il Sicario e il membro degli Alti si scambiarono occhiate ricolme di veleno.
«Rosaline».
Il richiamo di Charles la disturbò.
Non si mosse di un millimetro, torcendo ancor di più il collo pur di evitarlo.
Charles rise di gusto, avviandosi verso l'entrata del salone.
«Bene bene... l'ennesima cagna del Conte, non c'è da stupirsi» esordì tra un risolino e l'altro, voltandosi un'ultima volta. «A presto, Conte. Vi auguro una buona e felice nottata».
Uscì dalla stanza scadendo nell'ennesima risata e Donna scandì il primo sofferto singhiozzo. Si sentiva nuda, sporca e laida; la ferita riaperta nella mente doleva più dei graffi che le scoprivano il petto. Rosaline fu subito al suo fianco e, preso il suo viso tra le mani, le asciugò le lacrime con i polpastrelli. Il viso di Donna si distorse in una smorfia di dolore e altre gocce infuocate le varcarono le gote. Rosaline soppresse l'indicibile voglia di dissetarsi, distratta da quella sofferenza così reale.
Frederick non mosse un muscolo.
La sua rabbia gli suggerì in un unico bisbiglio di rincorrere e fare a pezzi quel porco, ma si trattenne.
Anche quando i singhiozzi di Donna mutarono in un pianto disperato.***Rosaline si fermò a qualche centimetro dall'anta appena aperta, all'interno del salotto si udiva solo lo scricchiolio delle braci nel camino. Il dolce canticchiare sottovoce di una donna la rapì, istigando la curiosità. La flebile luce arancio rivelò la presenza di Lilith, intenta a volteggiare dinnanzi il fuoco che bruciava lento, alzando di poco la gonna e piroettando docilmente sul tappeto a piedi nudi. Teneva le braccia ritte davanti a sé, immaginando ci fosse qualcuno a sorreggerla in quel ballo immaginario, girando su sé stessa con gli occhi sbarrati dalla fantasia.
Rosaline l'osservò nell'ombra a lungo, avvicinando ancor di più il viso. Lilith continuò indisturbata il suo lento valzer, ridendo appena al solo immaginare un uomo sorreggerla per i fianchi. Adorava fantasticare sui balli di corte, le feste in maschera, i gentiluomini onesti armati di un sorriso da far innamorare chiunque. Amava chiudersi in quel mondo tutto suo, popolato solo da fantasticherie infantili e gioia incontrollata, andando a letto stanca ma soddisfatta.
Terminò il suo ballo illusorio con un inchino, riaprendo gli occhi.
Nelle iridi verdi guizzò un baleno di imbarazzo, e le guance si tinsero di rosso all'improvviso nell'incrociare lo sguardo divertito della vampira dinnanzi a lei. Lilith raccattò velocemente le scarpe strette e basse, stringendole al petto con forza. Avrebbe voluto dire qualcosa di sensato per giustificarsi o scappare via in preda a vampate di calore e fastidio, ma si contenne e parlò in monosillabi.
«Non sapevo foste ancora qui, Rosaline, chiedo venia...» rantolò la giovane, sgusciando lentamente verso un lato. Appena percepì il freddo del pavimento sotto la pianta del piede, alzò il destro con uno scatto poco elegante, e il disagio aumentò.
Rosaline la fissava sorridente, parando la mano velata di fronte le labbra con far elegante.
«Non devi preoccuparti Lilith, sono io a doverti le mie scuse».
Lilith arricciò il naso perplessa da quei toni formali che le aveva rivolto.
«S-scuse?»
«Ti ho osservata per un bel po', e devo dire che il tuo ballo mi ha incantata».
«Incantata?»
Lily dacci un taglio per l'amor del cielo!, s'impose fra sé e sé, cercando di coprire i piedi nudi col tessuto della gonna blu.
«Balli davvero bene, ma...» mormorò la vampira, avvicinandosi di qualche passo. «Sbagli postura».
«Beh mia signora, io non ho mai... danzato con un uomo, stavo solo... fantasticando, ecco...»
Rosaline tolse con un gesto fluido il copricapo in tessuto e paglia intrecciata, sorridendo.
«Vieni, ti faccio vedere».
Lilith rimase in silenzio, insicura sul da farsi. Rosaline era una donna affascinante, dalla mascella rotonda e le labbra sottili; le efelidi che le incorniciavano zigomi e guance finendo sulla punta del naso parevano stelle di un firmamento. Seppur fosse alta, troppo alta per i canoni di bellezza di quel tempo, Rosaline trasudava eleganza e leggiadria in qualsiasi cosa facesse. Lilith ne fu, in un certo senso, attratta e ripudiata allo stesso tempo: sentì un vortice di emozioni contrastanti esploderle nel petto, ma la voglia di sfiorare anche solo col respiro quelle lingue di fuoco che erano i suoi capelli, l'abbracciò per qualche istante.
«Lilith?» la voce della vampira risuonò di un'ottava più alta, risvegliando la giovane dallo stato comatoso in cui vegetava la sua mente.
«Ah, certo! Lasciate che...»
«Non ce n'è bisogno» la interruppe Rosaline, ridendo. «Quelle scarpe non sono adatte per un tipo di ballo come il valzer, sono troppo alte e sicuramente scomode».
«Devo lasciare i piedi... nudi?»
Rosaline sorrise e i canini bianchi scintillarono divertiti. «Così pare».
Superato l'ennesimo momento di pura incredulità, Lilith abbandonò le scarpe ad un lato del divano, seguendo con lo sguardo la vampira posizionarsi sul tappeto. Rosaline sfilò la mantella di lana che le copriva le spalle, lasciando trasparire una camicia merlettata dal collo alto e fino, impreziosito sul centro con un cammeo in avorio e quarzo.
«Innanzitutto devi sapere che la postura del bacino e della schiena è fondamentale» cominciò la vampira, torcendo leggermente il collo alla sua destra e drizzando le spalle arcuate. «Talloni piantati a terra e viso alto».
Lilith, nella sua insicurezza, imitò i gesti aggraziati della sua improbabile insegnante di valzer.
«Esatto, proprio così» si complimentò Rosaline, avvicinandosi di qualche passo.
Erano vicine, troppo vicine. Se Lilith avesse alzato il capo nella direzione di Rosaline, avrebbe sicuramente sfiorato il suo mento. La vampira intersecò con dolcezza il braccio destro dietro la schiena della giovane, posando una mano tra il velluto della gonna e il rigido bustier.
Lilith rabbrividì visibilmente, catturata da quel tocco così flebile e dolce.
«Mano stretta sul mio braccio» disse ancora, lasciando che le dita tremanti d'emozione della più piccola le avvolgessero con delicatezza le maniche a sbuffo. Rosaline fece poi adagiare il palmo esiguo della fanciulla sul suo, stringendolo appena.
Lilith si domandò così tante volte cosa si provasse a sfiorare la pelle di un'immortale. Le dita di Rosaline erano fine, appena percettibili come il suo tocco freddo; la sue membra sapevano di buono e vaniglia, un profumo così smielato che le si ficcò nelle narici strette con violenza. I loro corpi erano distanti l'uno dall'altro almeno di un paio di centimetri, ma Rosaline percepì mestamente il battito del cuore ormai impazzito di Lilith.
«Segui i mie passi, ora».
L'umana annuì debolmente, tenendo sempre lo sguardo fisso alla sua sinistra.
«Il mio piede sinistro in avanti, laterale del destro, chiusura» mormorò Rosaline, ad un soffio dal suo viso. Lilith sorrise appena, abbassando di tanto in tanto lo sguardo sulle sue azioni, soffocata dall'ansia di commettere qualche errore. Provarono la sequenza altre quattro volte, e i loro corpi si avvicinarono ancora, più del previsto. Lilith riusciva a percepire la forma del seno di Rosaline, tondo e morbido, a qualche centimetro dal suo naso.
Arrossì violentemente, girando meccanicamente il capo verso l'entrata.
«Ora... immagina».
«Immagina?» la voce di Lilith parve un sibilo di vento per quanto fosse bassa.
«Un ritmo. Una canzone... un'orchestra. Prima i violini, lenti e aggraziati, bassi, forse un po' troppo rauchi...»
Nella mente della più giovane si fece largo un'ampia sala da ballo impreziosita da tendaggi color oro e alti dignitari in maschera. Il soffitto alto e affrescato vegliava sull'inizio di quella danza dolce, il suo corpo era coperto da un morbido vestito di tulle e seta, ingemmato da pajette e veli ramati. Cercò di immaginare un uomo davanti a sé, stretto tra panciotto e calzoni dal tessuto raffinato... ma non ci riuscì. Davanti a lei riapparve Rosaline, vestita dalla sua camicia merlettata e i capelli lunghi afflosciati sulle spalle come lame infuocate.
Senza nemmeno rendersene conto, le due avevano di già cominciato a danzare sul tappeto ispido.
«Ora le viole. I violoncelli che crescono, tuonano!» esclamò in un sussurro Rosaline, istigando la fantasia dell'angelo che teneva stretto tra le braccia. «Un'arpa... il tocco appena accennato sulle corde tese, ma distinto e melodico...»
Lilith sorrise radiosa, chiudendo gli occhi. Il ritmo avanzò inesorabile, i piedi nudi di lei sfiorarono il freddo del pavimento in marmo, ma quel fastidio non la distolse dal suo ballo. Brividi glaciali le correvano lungo la spina dorsale, la incitavano, più della stretta calorosa della vampira attorno al bacino.
«Così, così!» Rosaline rise di gusto, lasciando che fosse Lilith a guidare il tutto. Danzarono strette, l'una contro l'altra, sorridenti e solari. Lily non si sentì mai così libera e spensierata in vita sua. Le braccia di Rosaline la stringevano con tenacia, avevano entrambe stravolto i canoni fermi di quel valzer concedendosi l'onore di avvinghiare i propri sguardi.
Zaffiro e smeraldo.
La musica nella testa di Lilith era ormai divenuta un crescendo, armonioso e distinto, che sfociava inevitabilmente dalle labbra della ragazza. L'umana prese a canticchiare con gioia, prima con toni bassi e poi sprigionando le sue doti canore, volteggiando in punta di piedi.
Un'estate mai nata crebbe nelle iridi verdi di Lilith e Rosaline non poté far a meno che osservare tutta quella felicità contagiosa. Mai nella sua esistenza aveva incontrato un'indole così spensierata, dolce, così amabile da far venire voglia al suo cuore di tornare a battere. Eppure ora danzava con l'unica fanciulla che mai le avesse dato quella sensazione così pura e viva, tanto da aver voglia di amarla.
Amarla con un bacio, una carezza, un ballo.
Strinse il corpo minuto dell'umana a sé, i loro petti si sfioravano a ritmo di danza. Se le gonne avessero abbandonato le gambe, ginocchia e dita si sarebbero potute sfiorare, così come la loro intimità, i seni, i fianchi.
Rosaline si maledisse all'istante per quel pensiero così spinto nei confronti di Lilith. Di donne nella sua vita ce n'erano state, così come di uomini, ma solo in quell'istante concepì quanto desiderio e dolcezza covasse nei confronti della giovane serva. Le sue visite alla residenza erano sporadiche, ma ogni qualvolta giungeva un richiamo da parte del Conte, buttava giù l'idea di voler osservare Lilith in tutta la sua sbadatezza, gioia, felicità incontrollata.
Lasciò che quei pensieri le scivolassero via dal cuore come acqua sul vetro, frenando di poco il ritmo della danza. Il tutto si concluse con un'elegante piroetta della più piccola, che arrestò definitivamente quella magia più unica che rara.
Per qualche istante ci fu solo il gracchiare delle braci a far compagnia alle due.
Rosaline teneva ancora legata Lilith a sé, fissando le labbra a mo' di cuore pulsare di vita.
«Siete... un'ottima insegnante, Rosaline, davvero...»
«Onorata di ciò, Lilith».
Si fissarono a lungo, senza muovere un muscolo.
E accadde.
Rosaline premette con dolcezza le labbra contro quelle contratte della serva, stupita e imbarazzata da tale gesto. Le guance avvamparono all'istante e mille spilli si conficcarono contro la bocca di Lilith, nell'avvertire la lingua di Rosaline solleticarle il labbro inferiore. Seppur titubante, la serva lasciò che Rosaline assaggiasse la sua saliva, la forma del palato e la lenta danza umida continuò ancora per qualche secondo. Lilith non ebbe la forza necessaria per scostarsi, nemmeno quando la vampira lasciò scorrere il suo bacio lungo le gote, oltre la mascella contratta, inumidendo appena la pelle diafana del collo. Ebbe l'insaziabile istinto di digrignare le fauci, scavare con lentezza alla ricerca del gusto ferroso di Lilith, leccare via il suo sangue; amarla con le dita, le gambe, i sospiri.
Ma quella magia durò poco.
Con ancora l'essenza di Lilith sulla lingua, Rosaline si allontanò dalla stanza senza nemmeno voltarsi.
La più piccola rimase in piedi al centro di tutto, rossa in volto e col cuore impazzito per l'incredulità, incapace di interpretare il bacio che Rosaline le aveva appena concesso.
Lilith premette le dita timorose contro le labbra, sfiorando la punta della lingua con i polpastrelli.
E i suoi sogni riguardanti lo sposo perfetto svanirono all'istante.

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