Gitarella bella in montagna

23 maggio 2020

Oggi, in famiglia, abbiamo deciso di abbandonare temporaneamente l'ambiente soporifero di casa, per andare a riciclare un po' di ossigeno su in montagna. La destinazione scelta era una delle solite, Ceresole Reale. Non mi dispiace, è un posto decisamente piacevole. L'ideale per respirare aria fresca e contemplare architetture naturali ancora intatte.

Sto ancora cercando di impormi un regime di sonno che il mio piccolo corpicino possa sostenere, quindi, anche per questa volta, le ore passate sotto le coperte non sono bastate a farmi sentire energica in mattinata. Dovevo ancora preparare tutto quanto, e non immaginate il trauma di dover scegliere i vestiti dopo mesi che non ci dovevamo porre questo problema. Ho optato per qualcosa di vivace, un lungo abito bianco con motivi floreali, per chiudere in bellezza (non che io sia uno spettacolo, anzi, ahimè...e le nottate croniche non mi hanno certamente migliorato la situazione, eheh) il mese di digiuno, sorprendentemente effimero, appena trascorso. Poi, avendo cura di mettere tutto ciò che mi potesse servire in borsa, compreso un selvaggio libro di zoologia, materia della quale ho infine rinunciato all'esonero* che avrei dovuto svolgere domani (sono senza speranza, ne avevamo appena fatto uno di botanica dal quale sono uscita distrutta ma stavolta più fiduciosa, e mi sono lasciata indietro lo studio di mostriciattoli vari dai nomi impronunciabili), sono corsa per il pasto iniziale della giornata, non potendomi permettere più di qualche sorso di tè e un bocconcino scarso...perché il pancino iniziava già a fare capricci. E li avrebbe fatti più intensamente una volta partiti in auto, quindi meglio evitare.

Un'ultima cosa: il pappagallo. Quella peste iniziava già a miagolare perché l'avremmo lasciato solo, dopo tre mesi che ci stava incollato e ci ordinava di pensare a sua maestà e magnificenza ogni volta che abbassavamo la testa per sbrigare i nostri impegni (e poi spariva per diverse ore, a fare chissà che in totale oscurità sugli armadi o dentro i cassetti, e se facessi ogni tipo di chiasso per farlo scendere non otterresti alcun tipo di risposta, a parte qualche sibilo minaccioso)...che famo, lo mettiamo in gabbia o lo lasciamo libero in corridoio, chiudendo le porte delle stanze perché non si dimentichi di mangiare (lo fa, ve lo garantisco; ve ne parlerò più in dettaglio in un altro capitolo)? Mia madre ha optato per la seconda, perché è un bimbo viziato e a stare chiuso in gabbia proprio non ce la fa.

Bene, tempo di mettersi in marcia. Ho giusto fatto in tempo a rispondere a un compagno sul gruppo WhatsApp e caricare una canzone edificante su Spotify, giacché fuori casa non ho internet e ho avuto la diabolica idea di scaricarmelo craccato (ergo senza modalità offline ma con la possibilità di scegliere e skippare)...dopodiché sono passata alla mia modesta raccolta degli ultimi brani scaricati sul cellu - tra cui alcuni degli U2, Coldplay, Blur e The Police, insieme a un'oscura traccia ambient del chitarrista e a un singolo di Sting; e beh, Debussy, perché ci vuole sempre - avendo sacrificato quasi tutto per far contenta la memoria del signorino (spoiler: non è mai contenta). Le cuffie non sono il massimo, non si sente il basso che è la cosa che più dà volume alle canzoni - e ciononostante i poveri bassisti sono continuamente ignorati (rip) -, ma meglio di niente.

A metà percorso l'aria si faceva progressivamente più fresca, pur denotando il tipico calore pre-estivo, e intanto il mio stomaco diventava, tutt'altro che progressivamente, più spietatamente acido (colpa anche dello sguardo puntato sul telefono, a cancellare foto inutili e sistemare cartelle perché non avrei avuto un altro momento per farlo). Una mossa errata e sboccavo.
Fortunatamente non è successo, ma intanto, una volta usciti, faticavo ancora a mangiare. Ci siamo appostati in un parcheggio vicino al lago, e potevamo vedere la quantità di persone che come noi hanno scelto di trascorrere la loro domenica in questo piccolo (gran) paradiso. Fa impressione vederle smanicate, quando l'emergenza è cominciata si tremava dal freddo. Ah e del distanziamento neanche l'ombra (no va beh tra una famiglia e l'altra più o meno c'era, ma comunque)...

E niente, è passato un po' di tempo perché ci sistemassimo e finissimo di mangiare, il pranzo tra l'altro consisteva in montanare che erano fritte da far venire la nausea. A questo punto, era ora di fare un giro intorno al lago, raggiungendo poi dei conoscenti che erano lì già dal mattino. Io stringevo la felpa intorno al ventre, la musica alle orecchie, sperando che camminando e contemplando il paesaggio che si presentava alla mia sinistra - con la sua acqua verdognola, le timide ma rumorose cascate e tracce sparse di neve, incastrate nelle imponenti strutture montuose irradiate dal sole - il malore potesse affievolirsi. Camminavamo lungo la staccionata, fermandoci ogni tanto per le foto (non io, non mi sentivo in vena di scattarne). Una volta ricongiunti con gli amici di famiglia, siamo scesi giù in riva fermandoci a parlare per un po'. Alla fine mi sono convinta ad alzarmi, avvicinandomi alle acque vellutate del lago. Mi infondevano una calma squisita, mentre intonavo il verso catartico della canzone che intanto passava alle cuffie. "Come on come on come on, get through it..." Immediatamente mi sentivo come se avessi rilasciato tutta la sensazione di pesantezza che mi ero tenuta dentro dal mattino. Si sarà vanificata nell'aria azzurrina, oppure lasciata trasportare dalle ondicelle del lago, depositandosi morente nel fondo fangoso. Mi piace pensare che sia stato così...la seconda opzione intendo.

Dunque, siamo poi tornati indietro, per conto nostro, per proseguire verso la diga e imboccare un sentiero boschivo, giungendo poi a una casetta abbandonata vicino alla quale cresceva della menta profumata. Questo non prima di esserci fermati per una piccola merenda in macchina (e una fugace lettura dal libro di zoologia), tra l'altro aspettando che tutti arrivassero a destinazione (mio fratello interrompeva il passo continuamente, da bravo entusiasta della fotografia qual è).
Lì sì che non c'era proprio nessuno: immaginate il placido silenzio, la sola cosa che vi invade è il verde che penetra fino in cima, creando una specie di cattedrale che vi sovrasta e vi tiene al sicuro da ogni preoccupazione. Okay, forse no, perché il silenzio è un ottimo catalizzatore dei pensieri interiori, piacevoli o spiacevoli che siano. Al contempo però, quel tipo di silenzio li ammorbidisce, li sbiadisce quasi, impedendo loro di corrompere la serenità dell'animo.
Mio fratello nel frattempo aveva fatto un altro percorso, e dovevamo chiamarlo più volte al telefono per avvisarlo che ce ne dovevamo andare, giacché non potevamo correre il rischio di tornare al buio con una luce dell'auto bruciata. Mio padre è stato il primo a tornare, col suo passo rapido, e ho fatto cenno a mia madre di fare altrettanto, perché sarei andata io a incontrare quel pirla (ma no dai, era così gaio nel suo piccolo mondo a fare foto che sperava di scattare da mesi); lei era comunque esausta, ma insisteva a non volermi abbandonare come se fossi ancora un'infante bisognosa di protezione.
Fortunatamente non si era allontanato di tanto, e così ci siamo incamminati io e lui, con mamma che ormai non si intravedeva più perché lui si fermava a scattare altre foto; io ne approfittavo per farne alcune dal mio telefonino, inquadrando spesso il mio bro e i suoi riccioli mentre si concentrava nelle sue operazioni delicate. La luce di quell'ora era certamente favorevole per alcuni scatti suggestivi. Erano quasi le otto.

E così termina la nostra piccola fuga naturale, sperando che possa aprire la porta a tante altre.

Uscire è stata una decisione perfetta.

*per chi non sa cosa sia, un esonero è una parte di esame riguardante una porzione degli argomenti previsti di una materia universitaria, che si può dare anticipatamente in modo da non fare tutto insieme alla sessione ufficiale.

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