-Capitolo 25

-Damian manca ancora molto?-
-Se la smettessi di agitarti, magari saremmo già arrivati a quest'ora-.

Appena avevamo varcato la soglia di casa, dopo essermi messa anche dei vestiti, Damian mi aveva bendato gli occhi e presa in braccio e non si era ancora deciso a mollarmi giù.
-Puoi almeno farmi camminare? Sai...per quanto ne so, ho ancora la capacità di farlo.-
Non ne ebbi l'occasione di ripeterlo una seconda volta, siccome Damian mi mollò senza preavviso e caddi, annaspando alla ricerca d'aria.
Il respiro mi si bloccò nei polmoni, appena entrai in contatto con qualcosa di gelido.
Colta di sorpresa, non sapendo minimamente dove fossi, non ebbi la prontezza di nuotare e di risalire in superficie, rischiando quasi di annegare, se due braccia non mi avessero tirata su di colpo.
Neanche il tempo di riprendermi dallo stato di shock, che gli urlai contro inferocita.
-Se stai cercando di uccidermi, almeno toglimi sta cazzo di benda dagli occhi, così posso vederti e...-
Non mi lasciò finire di parlare, che appoggiò le sue labbra sulle mie. Cercai di resistere alla tentazione di ricambiare il suo bacio, ma non ci riuscii.
Chi l'avrebbe mai detto che io, la ragazza apatica, sarebbe riuscita ad innamorarsi così tanto di qualcuno, da riuscire addirittura a dimenticare la propria rabbia.
Mi venne da sorridere e questo lo rese perplesso e confuso, ma ero sicura che anche sulle sue labbra aleggiava l'ombra di un sorriso.
-Alla fine sei riuscito a rovinarmi, mi hai fatto innamorare di te.-
Fra noi regnò un lungo silenzio, fino a quando non aggiunsi, riflettendoci su a lungo.
-Sei l'unico, però, che è riuscito a salvarmi dalle mie ombre e a rendermi migliore.-
Nonostante non aveva ancora parlato, mi baciò con un'intensità unica, mai provata prima.

Ogni molecola del mio corpo era intorpidita da quella bellissima sensazione che mi faceva sentire ricambiata  ed amata.
Accettata in ogni mio più grande difetto e trattata come il cristallo più fragile al mondo.
Anche se cercavo di apparire forte ed insensibile, non ero affatto così. Quella era solo una delle mie tante maschere che in pochi notavano veramente.
Tranne lui...Damian era riuscito a differenziarsi da tutti.
Nessuno aveva mai osato così tanto con me.
Appena la gente vedeva quanto fossi restia e rispondevo male per qualunque cosa, non ci pensava neanche due volte a sparire. Invece lui era rimasto, sempre, non si era mai arreso, perché probabilmente sapeva che quella non era il mio vero modo di essere.

Mi staccai di colpo, per fargli una piccola richiesta.
-Non credi che sia l'ora di togliermi questa benda dagli occhi?-
-Ma mi piace vederti così innocua...-
Non finì neanche la frase, che gli tirai un pugno, ma, siccome mi era impossibile potere vedere, presumevo di averglielo tirato nella pancia.
Sorrisi vittoriosa.
-Riesco benissimo a difendermi anche in questo stato-.
Damian si alzò di colpo con l'intento di farmi ricadere in acqua, ma mi aggrappai all'ultimo alla sua maglia, facendoci cadere entrambi.

Stavolta la forza dell'acqua mi aveva portato via la stoffa che mi copriva gli occhi, riuscendo così a risalire con più facilità in superficie. Appena lo feci, mi accorsi di essere nel solito posto di sempre, che era diventato ormai scenario di molti avvenimenti della mia vita, da quando ero arrivata qui.
-Perché mi hai portato in questo luogo?-
Gli domandai, appena sentii le sue braccia avvolgere il mio corpo.
-Lo so che ti aspettavi qualcosa di più romantico e magico, ma qui è dove ha avuto tutto inizio.
Sono accadute molte cose:alcune brutte, altre belle, ma è pur sempre il nostro luogo.-
Per un istante rimase in silenzio, appoggiando la fronte sulla mia spalla.
-Il luogo dove ho imparato a conoscerti e ad amarti. Penso di essermi legato veramente poche volte nella mia vita a qualcuno, ma, quando succede, non ti liberi più tanto facilmente di me.
Mi hai catturato corpo e mente, te adesso hai una parte di me, come io ne ho una di te.-
Mi voltò lentamente, per permettermi di vederlo in faccia.
Non l'avevo mai visto così serio, ma anche spaventato oserei dire.
-Qualunque cosa succeda, promettimi che cercherai sempre di perdonarmi.-
In quel momento quella richiesta mi era apparsa talmente strana, che pensai addirittura che mi stesse nascondendo qualcosa, ma non ebbi il tempo di metabolizzare la cosa, che ritornò a baciarmi.
Sempre con più passione, fino a ritrovare i nostri corpi, gelati dall'acqua, intrecciati, creando una perfetta armonia.
Le sue mani erano morbose di toccare ogni centimetro della mia pelle, soffermandosi in certe parti dove il mio corpo reagiva, fremendo al suo tocco leggero.
Un gemito uscì dalle mie labbra, quando sentii le sue labbra sul mio seno. Gli afferrai dolcemente i capelli, spingendolo sempre più vicino al mio corpo, desiderosa di sentire il suo calore su di me, per sapere che lui c'era e non se ne sarebbe andato.
Damian mi afferrò per i glutei e mi sollevò, facendomi uscire dall'acqua.
Una volta fuori andò a recuperare da uno zaino, di cui ero completamente ignara del suo contenuto, una coperta e la stese per terra.
Ci si mise sopra, fissandomi, aspettandosi probabilmente che andassi da lui.

Non lo feci, protesi le braccia verso di lui come una bambina, aspettando che venisse a prendermi. Damian, non aspettandoselo proprio, si mi se a ridere dolcemente del mio gesto, ma decise di assecondarmi.
Coricati finalmente sulla coperta, diede di nuovo inizio a quello che aveva interrotto, togliendomi i miei vestiti ormai ridotti ad un sottile straccio di stofa inzuppato.
Rimase per un lungo istante a fissarmi e, immaginando già quello che volesse dire, lo anticipai.
-Tranquillo, ne sono convinta. Se no in questo momento non mi troverei qui al freddo, coricata su un terriccio fangoso, ma nel mio bel letto caldo.-
-Tu sai sempre come rovinare i miei momenti dolci.-
Mi squadrò ancora, prima di farmi quel suo sorriso con quella giusta dose di perversione, avvicinandosi frettolosamente al mio volto.
-Allora non mi farò nessun tipo di problema...-
Se mi avessero detto un po' di tempo fa, che mi sarei innamorata e mi sarei ritrovata in un bosco in riva ad un lago a farlo, mi sarei messa a ridergli in faccia. Adesso eccoci qui con i nostri corpi vicini ma distanti anni e luce dalla realtà, i gemiti di lussuria a riempire la notte celeste e le nostre labbra sempre più insaziabili l'uno dell'altra e ad amarci come non mai.
Facendomi mille promesse non con le parole ma con il battito incessante e irrefrenabile dei nostri cuori.
Promettendoci quell'amore che era mancato per troppo tempo nelle nostre vite.

Ed era proprio quando farsi amare era difficile, che si aveva più bisogno di essere amati.

-Da adesso ci penso io a te.-
E non speravo di sentirmi altro, volevo fidarmi di quelle parole, perché ne avevo troppo bisogno da sempre.

Quella mattina mi svegliai a causa di un fastidio persistente sul mio braccio, gli diedi un'occhiata e quasi mi venne un colpo: un ragno peloso e nero si trovava lì, che camminava tranquillamente sulle sue otto zampette e mi fissava con quella moltitudine di occhi.
-Damian...-
Lo chiamai incessantemente, tirandogli  centinaia di colpi sul braccio ma niente.
Allora mi limitai a guardarlo male, ma, all'improvviso, mi venne un'idea.
Una volta, Alexandra mi confessò del terribile terrore che Damian provava verso i ragni.
Allora mi limitai a buttarglielo addosso sul viso e ad andarmene.
Uno...due...tre.

Come sospettavo, un urlo echeggiò in poco tempo nel bosco, disturbando la quiete del mattino.
Ritornai da lui e potei notare che del ragno non c'è n'era più traccia, in compenso stavo ammirando Damian correre come un forsennato dappertutto.
Appena mi notò, corse da me.
- Adesso c'è ne andiamo subito
e ,guai a te, se ritorniamo qui a dormire per tutta la sera.-
-Come se l'idea fosse stata mia...-

Nel viaggio per ritornare a casa, il mio umore peggiorò sempre più, ricordando la mia litigata con Alexandra.
Damian, notando che non lo stavo più ascoltando, si accorse subito che qualcosa non andava.
Senza lasciargli il tempo di domandarmelo, gli spiegai il motivo e il mio disperato tentativo di cercare qualcosa per farmi perdonare.
In fondo lui ci abitava insieme, avrebbe saputo darmi una mano.
Ci pensò un po' su,  per poi vedergli il sorriso comparire sul volto. Aveva sicuramente in mente un'idea.
-Dopo la scuola vieni da me, intanto Alex non c'è oggi a casa, perciò puoi venire tranquillamente-.
Aggiunse di fretta, appena vide il mio corpo irrigidirsi.
Gli sorrisi dolcemente e, per ringraziarlo, ricambiai con un semplice bacio.
-Adesso devo andare a prepararmi o farò tardi.
Dovresti seguire il mio esempio.-
Gli feci notare, soprattutto dopo tutte le assenze che aveva fatto.
Lui si limitò a tirarmi uno schiaffo sul sedere che, sinceramente, non mi aspettavo.
-Ti conviene andare, prima che trovi un modo per farti pentire di quello che hai detto.-
Non rimasi neanche un secondo di più, sapendo che lo avrebbe fatto senza problemi.

Arrivata a scuola, mi venne un magone.
Ed eccomi di nuovo qui a sprecare sei ore della mia vita, ad ascoltare cose che potrei imparare anche da sola a casa.
Mi stiracchiai, sentendo le ossa ancora intorpidite dalla sera precedente ma, essendo una persona maldestra, tirai una testata a qualcosa.
O forse sarebbe meglio dire a qualcuno...

Mi girai di scatto, accorgendomi della gaffe che avevo appena fatto.
Aspettandomi di trovare un mio coetaneo, ero subito pronta a scusarmi, ma, invece, mi trovai di fronte ad un uomo su una trentina d'anni.
Aveva un po' di peluria sul mento, molto probabilmente non aveva avuto tempo stamattina nel farsela e i suoi occhi e capelli erano del colore del cioccolato.
Nonostante ciò era di una bellezza semplice, non esagerata ed era questo ad attrarre le donne della sua età, anche se un bell'uomo non si rifiutava mai.
-Ragazzina hai intenzione di scusarti?-
Disse l'uomo sfacciato.
Chi si crede di essere?
Una parte di me stava cercando di stare calma, ma vinse ovviamente la mia parte scontrosa, soprattutto avendo usato un tono così insolente.
-Perché c'è qualcuno che mi obbliga a farlo?-
Mi girai anche attorno, per irritarlo maggiormente, ma lui rise di gusto.
Cos'aveva la gente da queste parti? Possibile che nessuno si arrabbi mai?
-Hai fegato ragazzina, mi piaci. Non sono così stupito che Damian provi qualcosa per te.-
Come fa a conoscerlo?
L'irritazione fu subito sostituita da emozioni contrastanti.
Non mi devo assolutamente fidare.
L'uomo, non accorgendosi minimamente del mio cambio d'umore, si presentò, afferrandomi la mano.
-Io sono Andrew, da oggi lavorerò qui. Spero che mi metteranno in classe con un alunna come te.
Ti va di farmi fare il giro della scuola?-
Non aspettando una mia risposta, mi appoggiò un braccio sulle spalle e mi condusse con lui.
Sembrava conoscere il posto meglio di me.
Siccome ormai ero costretta a rimanere con questo individuo, tanto vale che indagassi su di lui.
-Come conosce Damian, se è nuovo di qui?-
Lui mi guardò, non aspettandosi una domanda del genere.
Forse non si sarà nemmeno accorto di quella frase detta...
Andrew sbuffò, picchiandosi una mano sulla fronte, per poi ritornare a guardarmi serio.
-Siccome ormai ho già detto qualcosa di troppo, tanto vale smettere di fungere.
Che ne dici Crystal?-
Un sussulto di sorpresa uscì dalle mie labbra.
Io non gli avevo ancora detto come mi chiamavo.
Mi venne incontro, appoggiandosi con un braccio sul muro e il mio corpo venne subito bloccato senza possibilità di fuga.
Si avvicinò al mio orecchio, sussurando.
-Stai attenta con chi farai amicizia e darai fiducia, qui tutti fingono di essere quel che non sono veramente.-
Una rabbia cieca mi colse alla sprovvista, prendendo possesso del mio corpo perché, proprio lui che era uno sconosciuto, veniva a dirmi queste cose.
-Certo che se mi viene detto proprio da te, che hai saputo cose che nessun'altro sapeva, non mi dovrei fidare per niente di te.-
Come la relazione tra me e Damian...
Andrew mi guardò con un ghigno terrificante sul volto, ma si limitò a dire.
-Faresti bene a farlo, se non vuoi finire ferita.-
Si guardò alle spalle e, appena notò Damian, se ne andò,  non prima di scambiarsi un'occhiata d'intesa con lui.
La sua attenzione, però, la riservò subito a me.
-Cosa voleva da te?-
-Niente d'importante,  ma sembra sapere più cose del dovuto.-
-La stessa impressione che ha dato anche a me.-
Mi abbracciò e mi diede un bacio sulla guancia, per poi dirmi.
-Certo che non posso lasciarti un attimo da sola, che subito ti vedo nei guai.-
Nonostante ero preoccupata, riuscì comunque a farmi sorridere con quelle semplici parole.
-Significa che dovresti starmi più vicino allora.-
-Tranquilla, che non ti lascerò più sola. Sarai al sicuro con me.-
E c'è ne andammo ognuno nella propria classe con la promessa di rivederci nel pomeriggio.

Entrando nella mia classe, mi accorsi subito di una presenza fastidiosa. Anzi due:Andrew e Sky.
Tutti e due nella stessa identica classe...non poteva andare meglio di così.
Mi andai a sedere nel mio posto, lanciando lo zaino con aria scocciata. Solitamente vicino a me ci sarebbe stata Alexandra, ma lei aveva deciso di fare cambio di posto con qualcun'altro, piuttosto che starmi vicina.
E adesso al mio fianco avevo Sky con il suo profumo dolciastro e i brillantini attaccati ogni dove.
Provò a muoversi, per avvicinarsi di più alla mia sedia ma, prima che potesse farlo, le dissi. 
-Non osare fare quello che hai in mente. Rischi di perdere i brillantini e farmeli cadere addosso, per poi sembrare uscita dalla casa di Barbie.-
Sky mi guardò indignata ma non offesa.
-Almeno così non sembri uscita da un bidone dell'immondizia...-
In effetti, dopo essere stata con Damian al lago, non avevo avuto ancora il tempi di fare la doccia, perciò puzzavo di acqua stagnante.
Feci per ribattere, ma Andrew ci interruppe.
-Ragazze se avete finito di fare amicizia, avrei una lezione da portare avanti.-
Non gli risposi neanche, feci un semplice gesto della mano, accasciandomi sulla sedia.
Non finirà più questa interminabile giornata.
Finalmente le prime quattro ore erano finite e adesso potevo riunirmi in mensa con i miei amici o almeno di quelli rimasti.
Appena entrai, mi accorsi che al nostro tavolo c'erano Sky, Alexandra, Cam, Axel con la ragazza tatuata e Damian.
C'eravamo tutti come ai vecchi tempi, anzi c'erano anche persone di troppo.
Cam e Sky stavano chiacchierando come se si conoscessero da una vita, ma, all'improvviso, mi venne in mente una domanda.
Lui sapeva chi fosse realmente Sky?
Cercai di sorvolare, non volendo pensarci a quella sgradevole verità.
Poi vidi Axel parlare dolcemente con la sua ragazza e fra loro sembrava andare bene.
Se l'era veramente dimenticata Alexandra.
Ed infine vidi lei che discuteva, ridendo con il fratello.
Era da tanto che non li vedevo stare insieme così, meglio che per oggi vada sedermi altrove.
Mi passò affianco Andrew che, sfruttando quell'occasione, disse.
-Loro starebbero benissimo anche senza di te, se no si sarebbero accorti già che ti trovi a due passi da qui.-
Purtroppo era il mio stesso pensiero che mi stava affliggendo.
Erano così tranquilli senza di me.
Senza accorgermene, mi ero messa a seguirlo e  stavamo andando a sederci nel giardino della scuola.
Non dovevo assolutamente fidarmi di lui, però volevo ricevere delle risposte.
Ci stavamo per sedere, quando sentii afferrarmi il polso: era Damian.
-Che ci fai qui con lui?-
Sì voltò verso Andrew, afferrandolo per la maglia.
-Devi stare lontana da lei.
Non mi porterai via anche la cosa più bella della mia vita.-
Gli disse, digrignando i denti.
Non sapevo minimamente di cosa stessero parlando, ma una cosa era certa: si conoscevano.
Feci scorrere lo sguardo tra i due ragazzi, fino a quando Damian non mi portò via.
Io volevo rimanere.
Dovevo sapere perché si conoscevano.
-Fermati!-
Lui mi guardò come se lo avessi ferito, perché all'improvviso mi mollò.
-Voglio solo sapere di più, perché ho questa sensazione che vi conosciate.-
-Ti spiegherò più avanti, magari appena torniamo a casa.
Ma non ora. Ti prego, non ritornare più da lui.-
Me lo disse quasi supplicandomi e non potevo di certo dirgli di no.
Gli presi la testa e appoggiai la mia fronte alla sua.
-Non ti devi preoccupare, non mi allontanerò da te.-
Potevo avvertire il suo sollievo da come si rilassò all'improvviso, pronunciando solo quella frase.
-Ho bisogno di te.-
Mi rispose con queste lievi parole, ma che pesavano come la forza di un macigno, per poi andarsene.
Anche l'ora di psicologia passò velocemente, siccome ero troppo presa dai miei pensieri.
Adesso mancava da superare l'ultima ora: educazione fisica.
Sollitamente amavo questa materia, perché mi dava modo di sfogare la mia rabbia repressa, ma oggi non ne avevo assolutamente le forze.
Così mi trovai un angolo in cui stare, un modo per non essere vista dal professore e osservai gli altri a faticare e sudare al posto mio. Il mio sguardo rimase però fisso su Alexandra.
Rideva. Non faceva altro quella ragazza, soprattutto quando era triste e mi sembrava uno di quei momenti.
Ci stavamo soffrendo entrambe, perché farci questo?
Ah si, l'orgoglio. Brutta bestia.
Avrei desiderato andare lì e pregarla di perdonarmi, ma c'era qualcosa che mi imponeva di non farlo. Mi toccava semplicemente aspettare e lasciare fare al tempo.
Mi distolsi dai miei pensieri, non appena vidi Alex prendere una storta e cadere.
Mi alzai velocemente, pronta ad andare da lei e aiutarla, ma qualcuno fu più svelto di me.
Cam la prese in braccio di fronte agli occhi di tutti e la portò in infermeria, come nulla fosse successo e la partita riprese.
Poteva essere semplicemente un gesto d'aiuto, ma nei loro sguardi avevo scorto dell'altro.
Uscii, senza farmi vedere e trovai mio fratello seduto su una sedia, fuori ad aspettarla.
-OK, dimmi cosa c'è fra voi.-
Cam fece un balzo di sorpresa, non avendomi sentita arrivare.
Non mi urlò contro, come avrebbe fatto di solito, ma si limitò a rispondermi.
-Stiamo insieme, non te l'ha detto?-
Anche se me lo aspettavo, rimasi un secondo boccheggiando.
Lui mi guardò stupito.
-Strano, che non te l'abbia detto...-
-Abbiamo litigato.-
Tagliai corto, non permettendogli di andare oltre.
-Ah ecco, perché non parla più 24 ore su 24 ore di te.-
"Bravo, continua a girare il dito nella piaga."
-Bene, è stato un piacere parlare con te. Ci rivediamo a casa.-

Il  suono stridulo della campanella che, ogni buon alunno conosce, si propagò nei corridoi, comunicando che si poteva ritornare a casa.
Non vedevo l'ora.
Appena uscii e scorsi Damian, mi ricordai solo in quel momento che dovevo andare da lui, per trovare un modo per farmi perdona da Alex.
"E io che speravo di potere riposare almeno oggi..."
Andai verso di lui contro voglia e, sfortunatamente, lo notò, ma non si scoraggiò.
-Stanca? - Annuii impercettibilmente.
-Tranquilla, intanto comincio a spiegarti strada facendo, così puoi tornare dal tuo amato letto.-
Fece la faccia offesa, lasciandomi intendere che avevo preferito il mio materasso a lui.
-Però lui non sarà mai bravo quanto me a...-
E mi baciò, dandomi una dimostrazione pratica.
-Decisamente no, in questo preferisco decisamente te.-
Sorrise vittorioso, contento dalla mia affermazione.
-Adesso tralasciando gli scherzi, è arrivato il momento delle cose serie.-
E cominciò a raccontarmi parte del nostro passato, una parte della mia vita dimenticata, dal quale i miei familiari avevano cercato di portarmi via.

Prima dell'incidente, capitato alla famiglia Blackwood, Alexandra suonava sempre un violino nero.
La particolarità di questo strumento era una frase riportata su di esso: finché la mia musica ti raggiungerà, io sarò sempre con te. Questo legava molto le due amiche, perché era una loro piccola promessa, di cui solo loro ne erano a conoscenza.
Però, con la morte di Crystal, Alexandra decise di lanciare il violino nell'incendio, cosicché la sua musica la potesse raggiungere sempre, anche se lei non ci sarebbe più stata.

Damian, concludendo questo triste racconto di cui lei era ignara, le confessò.
-Vedendo questo suo gesto, ho recuperato lo strumento prima che bruciasse completamente.
È in cattive condizioni, ma si può facilmente fare aggiustare da un buon riparatore di violini-.
Con questo mi avrebbe sicuramente perdonata...
-Grazie Damian, cosa farei senza di te. Grazie, grazie.-
Mi buttai fra le sue braccia, soltanto che, cogliendolo di sorpresa, cademmo a terra.
-Sei sempre la solita, Crystal.-
Disse con finto tono arrabbiato, per poi scoppiare a ridere.
Era solo grazie a lui, se avevo ancora un motivo per cui sorridere e, soprattutto, per non perdere mai la speranza.
Non ero mai stata così viva in vita mia.

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