Capitolo 49.

"Welcome to Heathrow" è questa la prima scritta che leggo appena atterriamo.

Finalmente siamo a Londra e un briciolo di emozione attraversa il mio corpo. È il primo viaggio oltreoceano che faccio da sola, o per meglio dire, senza mia madre.

«Grazie a Dio» sento Jason sussurrare tra se e se. Io ho dormito più della metà del viaggio e non ho idea che abbia fatto Jason nel frattempo.

«Com'è andato il viaggio?» chiedo.

«Ho pregato tutto il tempo che non cadessimo» dice lui mentre slaccia la cintura e riprende il suo bagaglio a mano.

Scoppio a ridere per la sua risposta: «Come siamo tragici»

«Signorina Cooper è meglio che non scherza su queste cose o almeno fino a quando non avremmo rimesso piede a San Francisco» mi fa l'occhiolino e mi volta le spalle.

«Mr Parker, la prego di essere meno lamentoso e passarmi il mio bagaglio a mano per favore» sorrido.

Mi porge la mia valigia: «Madame, ecco a lei»

Finalmente scendiamo da quest'aereo e vengo subito invasa da un'arietta fredda che mi provoca un brivido su tutta la schiena.

«Fa freddo qui!» esclama Margot.

«Benvenuta in Inghilterra» le risponde Dakota. «10 gradi e meno 8 ore di fuso orario da San Francisco»

«Che bello!» ironizza Jason a bassa voce.

Gli do una pacca sulla spalla: «ehi, la smetti di essere così acido»

«Sono ancora teso e ho bisogno di un bacio» mi guarda e sfodera un sorriso disarmante.

«Vieni qui» dico appoggiando la mia mano sulla sua guancia e portandola vicino alle mie labbra. «Enjoy London!» esclamo e gli lascio un bacio.

Dopo un'ora di pullman siamo finalmente arrivati a Victoria, il punto di raccolta dove verranno a prenderci le famiglie che ci ospiteranno. Io sono in camera con Margie e Dakota e speriamo vivamente di trovarci bene con le persone con cui dovremmo conviverci.

«Spero abbiano un figlio giovane e bello» dice Margie e Dakota ed io non possiamo non ridere.

«Sei la solita» alzo gli occhi al cielo.

Finalmente arrivano a prenderci. Dalla macchina scende un ragazzo alto, occhi chiari e capelli biondi un po' mossi. Il classico ragazzo londinesi ben vestito e a mio parere lavora nel mondo degli affari. Non so bene come mai una persona del genere abbia potuto decidere di ospitare delle studentesse, di certo non lo fa per i soldi perché sicuramente non gli mancano!

«Parker, Allen e Anderson» il nostro professore ci chiama e noi torniamo con la testa al presente, distogliendo lo sguardo da quel ragazzo. «Lui è Paul» ci dice indicandolo «vi ospiterà in questi dieci giorni»

Margot mi da una gomitata e io metto una mano davanti alla bocca per evitare di ridere.

«Perfetto! Andiamo» dice Margot mentre carichiamo le valigie e saliamo in macchina.

Durante il viaggio Paul ci racconta in breve la sua vita. È nato in Scozia ma all'età di cinque anni si sono trasferiti qui a Londra. Lui ora sta studiando Marketing presso una delle più importanti Università dell'Inghilterra.

«Come mai ospiti degli studenti?» chiede Dakota.

«Lo faccio ormai da tre anni, da quando sono andato a vivere da solo. Mi piace fare nuove conoscenze e con il ricavato dei soldi posso aiutare i miei genitori a pagare l'Università» spiega. Non so se crederci, non sembra un ragazzo a cui mancano i soldi.

«Sei fidanzato?» chiede Margot.

Alzo gli occhi al cielo e le pesto il piede.

Dio mio, ti prego fa che non l'abbia chiesto veramente.

Paul scoppia a ridere e io invece vorrei sotterrarmi per la pessima figura fatta da Margie, la quale non si rende nemmeno conto. «No, sono stata lasciato dalla ma ragazza sei mesi fa» spiega.

«Ho capito» risponde lei e dopo quella risposta in macchina scende il silenzio.

Gli ultimi minuti del viaggio sono stati imbarazzanti e una volta arrivate a casa scopriamo che non vivremo insieme a Paul ma nella villetta affianco.

«Ricordatevi sempre il numero civico: 157» indica il numero vicino alla porta. «Come potete vedere qui le villette a schiera sono tutte uguali quindi il numero è fondamentale»

Dakota, Margot ed io annuiamo e ci guardiamo intorno per osservare la zona: sembra tranquilla e molto accogliente, con uno stile proprio britannico.

«Io abito nella casa qui affianco, la 156. Per qualsiasi cosa potete citofonarmi» sorride e ci apre finalmente la nostra casa, nostra per qualche giorno.

«Io vado di là, ciao ragazze» saluta Paul.

«Ciao» rispondiamo noi tre in coro.

La casa è bella. È disposta su due piani, nel piano inferiore c'è la sala e la cucina e un ripostiglio sotto le scale che mi ricorda troppo la stanza di Harry Potter. Nel piano superiore, invece, ci sono due camere, una matrimoniale e una singola e un bagno.

«Io direi di spostare il lettino singolo nella stanza doppia e creare un mega lettone» propone Margot.

«Dovremmo chiederlo a Paul se possiamo» rispondo.

«Ma va!» esclama Margie e Dakota scoppia a ridere.

«Se si dovesse arrabbiare io alzo le mani» dico.

«Ci parlo io» mi fa l'occhiolino e corre verso la stanza singola. «Dai venite ad aiutarmi»

Appena arrivate già stiamo cambiando le disposizioni dell'arredamento ma se dovessi essere sincera non mi dispiace affatto. Sarà più divertente dormire tutte e tre insieme.

Dopo aver posizionato i letti mi ci distendo sopra, afferro il telefono e leggo le notifiche. Ci sono due messaggi: uno di mia madre che mi chiede se sono arrivata e le rispondo immediatamente dicendole che ci siamo già sistemate nella casa e l'altro è di Jason che chiede in che quartiere stiamo.

Digito il messaggio di risposta: *A pochi minuti a piedi dalla fermata metropolitana di Gloucester Road a South Kensington. Tu?*

Dopo qualche minuti sento il telefono vibrare e leggo il messaggio di Jason: *Fantastico! Noi siamo vicino alla fermata successiva: Earl's Court. Credo che stiamo tutti nel quartiere di South Kensington*

Non rispondo, blocco lo schermo e poggio il telefono sulla mensola.

Sono le 23:10, a San Francisco credo siano le 15:00, per questo motivo non ho per niente sonno.

«Ragazze, a che ora dobbiamo svegliarci domani?» chiedo.

«Alle 8:30 dobbiamo incontrarci tutti a Victoria station, dove stavamo ieri. Perciò credo che dovremmo svegliarci alle 7» dice Margot aprendo la sua agenda per vedere il programma.

«Oh mio dio, quando qui saranno le 7 a San Francisco sono solo le 23:00!» esclama Dakota.

«Aspetta ma chi ci porta fino al meeting point?» non abbiamo ancora un abbonamento per i mezzi pubblici e non sappiamo nemmeno come si fa a prendere un taxi qui.

«Paul, credo» dice Margot. «Domani mattina dovrebbero fornirci gli abbonamenti per muoverci autonomamente»

«Non potevano darceli oggi?» sbuffo.

«Ragazze ma ora il problema più grande è che dovremmo dormire» dice Dakota mettendosi a sedere.

«Si, questo è un problema da considerare» Margie ed io scoppiamo a ridere.

«Facciamo così!» esclama Margie. «Non so voi ma io ho fame, quindi andiamo in cucina a farci una bella tazza di latte, dopodiché ci mettiamo nel letto a vedere un film con le luci spente, così magari ci verrà sonno»

Dakota ed io ci riguardiamo e scoppiamo a ridere. «Ho i miei dubbi che dormiremo ma mi piace come idea» dico.

«Prevedo tante notti in bianco» dice Dakota mentre scendiamo in cucina.

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