Capitolo 39.

«Jason riesci a sentirmi?» appoggio delicatamente la mia mano sulla sua guancia, cercando di non spostare tutti quei sondini che gli hanno attaccato. Vederlo così mi si stringe il cuore e il fatto che non sono riuscita a chiedergli scusa mi fa rabbia.

«Jason, ti prego» iniziano a scendermi delle lacrime e afferro la sua mano quando capisco che non riesce a sentirmi. Vorrei dirgli così tante cose ma so che è inutile farlo adesso, l'unica risposta che riceverei sarebbe il suo continuo della macchina dell'elettrocardiogramma.

Per fortuna lui non è in coma, i medici hanno detto che poteva andargli peggio e che per sua fortuna ha riportato poche lesioni alla testa. Lo terranno qui per un po, fino a quando non avrà tutti i valori stabili e si sarà ripreso dalla commozione celebrale. Suppongo che ora non riesce a sentirmi perché sta sotto effetto di medicinali.

«Signorina, mi scusi, ma ora il paziente dovrebbe riposare» un'infermiera irrompe il silenzio nella stanza e vorrei scoppiare a ridere per quello che ha detto.

Reggere la mano di una persona e fissarla equivale a farla stancare? Non capisco.

«Mi dia un minuto per salutarlo, per favore» cerco di farle capire che deve uscire dalla stanza e per sua fortuna lo capisce.

«Cerca di guarire presto, ho bisogno di te. Ti voglio bene» mi avvicino al suo viso fino a far sfiorare i nostri nasi, il mio respiro inizia a confondersi con il suo e il mio cuore inizia ad impazzire.

Flaminia che diamine stai facendo? Il mio subconscio mi fa tornare con i piedi per terra, gli lascio un rapido bacio sulla guancia ed esco dalla stanza.

«Dobbiamo trovare qualcuno che gli fa da assistente la notte..» mentre torno alla sala d'attesa sento i genitori di Jason che parlano del problema di restare in ospedale la notte.

«Dobbiamo sacrificarci uno di noi due» interviene il padre.

«Amore sai benissimo che il nostro lavoro non ce lo permette..»

«Resto io» mi propongo. Di scatto i loro occhi sono puntati su di me. Entrambi hanno un'espressione sorpresa: non si erano accorti della mia presenza e la mia decisione li ha lasciati perplessi.

«Gentile da parte tua ma hai scuola e poi fare la notte in ospedale è stancante» mi sorride la signora Parker.

«No davvero, voglio restare qui. Mi prenderò cura di lui» insisto.

«Non lo so» si passa una mano sui capelli. «Ci metti in difficoltà così»

«Voglio aiutarvi e restare qui mi renderebbe felice»

«Amore facciamola restare se vuole» dice Chad a sua moglie.

«Magari devo parlarne con tua mamma» dice Diana.

«Non preoccuparti, le dirò tutto io. Lei capirà» restare con Jason è la cosa che mi rende più felice in questo momento.

«Grazie, sei così gentile» mi abbraccia Diana e ricambio il gesto. «Ora ti lascio il nostro numero di telefono, così per qualsiasi cosa ci chiami»

«Non esitare a chiamarci a qualsiasi ora, ricordatelo» mi dice Chad e io non posso fare a meno di sorridere.

«Certo, vi terrò aggiornati e grazie per la fiducia» i genitori di Jason sono delle persone fantastiche. Altre persone non avrebbero riposto tutta questa fiducia su una ragazza che hanno visto circa due volte.

Dopo averli salutati decido di avvertire la mamma. Non ho alcuna intenzione di tornare a casa, resterò qui e attenderò con ansia che Jason riprendi coscienza.

«Ciao mamma, volevo dirti che sono all'ospedale e..»

«Com'è all'ospedale? Cos'è successo?» ovviamente non mi fa mai terminare di parlare che subito entra nel panico e pensa al peggio.

«Se magari mi facessi finire» esorto cercando di mantenere la calma.

«Si hai ragione» dice e alzo gli occhi al cielo.

«Jason ha avuto un'incidente. Sono venuta qui con i suoi genitori e ho deciso di passarci la notte perché loro non possono» cerco di spiegare.

«Come sarebbe a dire che passi la notte lì?» dal tono di voce capisco che non è d'accordo con la mia idea.

«Per favore mamma, voglio stare qui» la supplico.

«Che si è fatto?»

«I medici hanno detto che è stato molto fortunato. Ha riportato una commozione celebrare e delle ferite sul corpo»

«Oh, mi dispiace!» sospira. «E va bene dai, resta» dice infine.

«Grazie mille, ti voglio bene» penso che ora io sia la ragazza più felice della terra.

Guardo l'orologio e sono le otto di sera. Mi hanno fatto attendere due ore nella sala d'attesa e io muoio dalla voglia di poter entrare nella stanza di Jason. L'ultimo medico con cui ho parlato mi ha detto che dovevo aspettare perché dovevano fargli dei controlli ma di certo non pensavo ci mettessero più di due ore.

«Vuoi un pezzo?» un ragazzo ricciolino e biondo mi sta offrendo un pezzo della sua pizza. Anche lui sta qui da tanto tempo e mi stupisco di come non ci siamo mai rivolti la parola. Forse siamo stati entrambi soprappensiero.

«No grazie» gli sorrido.

«Se devi passare la notte qui, ti conviene mangiare»

«Magari fra un po» sforzo un sorriso.

«Per chi sei qui?» mi chiede.

«Un amico. Ha avuto un incidente oggi»

«Sei qui dalle sei e se ci resti tutta la notte non dovrebbe essere un semplice amico» mi fa l'occhiolino e poi morde la sua pizza.

«Migliore amico» preciso. «È complicato. Abbiamo litigato più di una settimana fa e oggi stavo andando da lui per chiarire ma poi abbiamo ricevuto la notizia. Non lo so cosa siamo in realtà. Abbiamo un legame strano noi due»

«Sembri innamorata» dice e io lo guardo incuriosita. Perché lo pensa? E soprattutto perché sto raccontando di me e Jason ad uno sconosciuto?

«E tu perché sei qui?» chiedo per cambiare argomento.

«La mia ragazza è lì dentro» indica il reparto rianimazione.

«Oh capisco» abbasso lo sguardo.

«È in coma da cinque mesi ormai e io vengo qui ogni sera» dice e nei suoi occhi capisco che ci tiene tanto alla sua ragazza.

«Sono cinque mesi che passi la notte qui?» chiedo stupita.

«Si, non ne ho saltata una. Non posso starle lontano, ho bisogno di vederla e toccarla. Solo qui con lei riesco a dormire» spiega.

È incredibile quello si fa per amore. Forse lo farei anche io se fossi innamorata di qualcuno.

«State insieme da tanto?» chiedo.

«Tre anni» sorride.

«Devi essere proprio innamorato per restare nonostante tutto»

«Lo sono e in questi ultimi mesi ho capito quanto ci tengo a lei e che non posso vivere senza» abbassa lo sguardo. «Se sta lì dentro è colpa mia, dovevo finirci io e non lei e starle affianco ogni giorno è il minimo che possa fare oggi»

Lo guardo con un espressione interrogativa. Voglio sapere di più, voglio capire cosa significa quello che ha appena detto.

«Quella maledetta sera ho bevuto un bicchiere di troppo e mentre la riportavo a casa lei mi supplicava di rallentare ma io ridevo e acceleravo sempre di più perché mi sembrava divertente fino a quando non ci siamo schiantati contro un albero..»

«Oh...mi dispiace tantissimo» è l'unica cosa che riesco a dirgli. La sua espressione ora è triste e arrabbiata allo stesso tempo.

«Dovevo starci io in coma e non lei» continua a ripetere.

«Non dire così. Poteva andare peggio se ci pensi» dico. «A che ora fanno entrare di solito?» chiedo per cambiare argomento.

«Dopo le 20:30 quando vuoi» dice.

«Ok, grazie» sorrido. «Allora adesso vado a prendermi qualcosa alle macchinette e poi entro»

«Brava. Io adesso invece vado da lei» si alza e viene verso di me. «Mi ha fatto piacere parlare con te, io sono Matt» mi allunga il braccio.

Afferro la mano e dico: «Piacere Flaminia»

«A presto allora» mi sorride e va verso la stanza della sua ragazza.

Alle macchinette seleziono l'unica cosa che mi ispira: una sorta di biscotti col ripieno di cioccolata. Ne sono quattro decido di mangiarne due subito e due più tardi. Acquisto anche un succo e mi dirigo verso la stanza di Jason.

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