Capitolo 37.
È passata una settimana. Una terribile settimana da quel maledetto giorno in cui ho litigato con Jason. Da quella volta non ci siamo più sentiti e le cose non sono andate meglio con Ethan. L'ultima cosa che mi ha detto è stata: "non possiamo essere amici se lo sei anche di Jason. Devi fare una scelta".
Il problema è che io non voglio scegliere. Non ho una preferenza, voglio bene ad entrambi e non capisco quale sia il problema di essere loro amica.
Nel frattempo Margot è tornata a scuola e non mi fa mai sentire la sua assenza. Mi sta aiutando molto in questi giorni anche se continua a stressarmi con il fatto che devo essere io a parlare con Jason e chiedergli scusa.
Secondo lei ho sbagliato e lui si aspetta qualcosa da me.
Potrei pure farlo ma il problema è che io non riesco a parlare in certe situazioni. È come se avessi un blocco che non mi faccia formulare una frase di senso compiuto. Ci ho provato tante volte ma è sempre andata a finire male: scoppio a piangere, oppure balbetto o, ancora peggio, infiniti minuti di silenzio imbarazzanti.
«Flam se non ci vai da sola, oggi pomeriggio ti ci porto io da lui»
«E se non vorrà ascoltarmi?» chiedo mordendomi un labbro.
«Almeno ci hai provato» dice, sempre sicura di se.
«Ok, oggi ci provo» mi convinco e nel pomeriggio andrò da lui, gli chiederò scusa per il mio comportamento.
«Oh bravissima» mi abbraccia.
Mentre ci avviamo verso l'aula di inglese, il mio sguardo incrocia quello di Jason. Restiamo a fissarci per un attimo, non so se salutarlo o restare indifferente. Capisco dalla sua espressione che anche lui è imbarazzato ma, alla fine, distoglie lo sguardo e prosegue per la sua strada. Un filo di malinconia mi assale, faccio un lungo respiro e cerco di continuare a camminare per la mia strada.
«Hai visto?» spero che Margot abbia visto la scena così almeno si renderà conto che non è un'ottima idea andare da lui oggi.
«Cosa?» chiede perplessa.
«Jason» dico con un filo di voce.
«No, dove?» inizia a guardarsi in torno e a cercarlo tra la folla. L'afferro per un braccio e la faccio tornare composta.
«È passato prima, ora suppongo che sia andato a fare matematica»
«Ti ha vista? Vi siete salutati? Che espressione aveva? Uffa perche mi perdo le scene più belle» sbuffa e io alzo gli occhi al cielo. Quando inizia a fare tutte queste domande, mi ricorda mia madre.
«Ci siamo fissati e poi lui ha girato lo sguardo. Ora capisci che non è il caso andare da lui oggi?» passo una mano tra i capelli e inizio ad agitarmi.
«Vieni con me» mi afferra per un braccio e inizia a camminare veloce tra la folla nella direzione opposta a quella su cui stavamo.
«Margie fermati. Dobbiamo andare a fare inglese» cerco di liberarmi ma mi fermo immediatamente quando mi accorgo che la gente ci sta fissando.
«Margot fermati!» imploro. «Margot Allen sei pregata di lasciarmi»
«Al diavolo inglese, so dov'è Jason»
Alzo gli occhi al cielo: «Nell'aula di matematica. Dai andiamo che il professore ci aggiornerà sulla vacanza di Londra»
«Oh mio dio quanto parli, mi ero dimenticata di questo tuo difetto» immagino già la sua espressione scocciata ma allo stesso tempo divertita. Non so perché stiamo sul cortile della scuola e ci stiamo dirigendo verso il retro della palestra.
«Sono convinta che sia lì dietro» indica un muro dietro il quale ci sono delle scale. «Vai da lui, io ti aspetto qui»
«Ma sei matta?» passo una mano tra i capelli e incrocio le braccia sul petto.
Margot mi mette una mano davanti alla bocca, non vuole che io replichi le sue decisioni e penso che ora stia esagerando.
«Ti ho detto che ci parlerò nel pomeriggio» sbuffo.
«Vai ora da lui» insiste.
Alzo nuovamente gli occhi al cielo e eseguo i suoi ordini. Quando arrivo nel posto indicato da Margot, mi si stringe il cuore: c'è Jason, seduto su uno di quei gradini umidi. Percepisco dei singhiozzi, probabilmente sta piangendo e sta anche fumando una sigaretta. Non sapevo che fumasse.
«Da quando fumi?» dico senza pensarci.
Bel modo di iniziare una conversazione, complimenti Flam. Dovevi chiedergli scusa non chiedergli da quando fuma!
Si gira a guardarmi e inizio ad agitarmi. Non l'avevo mai visto così.
«Non sono affari tuoi» risponde.
«Devo parlarti» dico. Le gambe iniziano a tremarmi e non sono sicura che mi reggeranno per molto.
«Non ora, vattene»
«Per favore..» mi avvicino a lui, sperando che acconsente ad ascoltarmi.
«Senti, forse non ti è chiaro: non voglio ne vederti ne sentirti. Ora vattene». Queste parole sono una pugnalata nel cuore anche se qualcosa dentro di me dice che non è la verità.
Mi allontano da lui senza ribattere. Raggiungo Margie con gli occhi pieni di lacrime. «Non vuole più vedermi e sentirmi»
«Sciocchezza» ribatte. «Flam ascoltami, oggi pomeriggio devi andare da lui. Lo conosco fin troppo bene, ti ha detto quelle cose ma non le pensa veramente e ora starà già pentendosene. È troppo orgoglioso per rendere la vita facile alle persone, soprattutto se si tratta di ragazze. Lo conosco bene e, fidati, è pazzo di te»
«Non ce la faccio e poi non vorrà ascoltarmi»
«Ti fidi di me?» chiede.
L'abbraccio: «Si» le sussurro.
«Dai ora andiamo che la prossima ora ci aspetta storia»
«Potevamo benissimo non saltarci Inglese» mi lamento.
«Recupereremo da Dakota» fa spallucce e io scoppio a ridere. Non so come faccia ad essere così tranquilla su tutto e avere sempre le giuste soluzioni.
Mentre ci dirigiamo verso l'aula dell'ora successiva veniamo raggiunte da Dakota: «ragazze ma che diamine è successo? Dov'eravate finite?» ha il fiatone e sicuramente ci avrà rincorso e mi viene da ridere all'idea.
«Nulla, Margot ha avuto un'idea bizzarra» dico.
«Ti racconterò tutto dopo, ti dico solo che riguarda Jason» si scambiano delle occhiatine e già prevedo un pomeriggio tra loro due a sparlare e io a supplicare Jason di ascoltarmi.
«Flam, facci pace per favore. È diventato asociale e non ci si può più parlare» dice Dakota.
«Forse ho aspettato troppo e ora non vuole più scuse» inizia a salirmi questo dubbio, di fatto sono passati sette giorni e sono tanti.
«Intanto provaci» ribadisce Margot e annuisco.
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