Cap. 13 - Unico colpo sprecato.

Uscì dalla cucina con i primi piatti di curry portandoli in modo eccellente sui palmi di entrambe le mani, così come faceva spesso, servendone uno a ciascun ospite, tornando ogni volta a prendere gli altri, poi si sedette al tavolo e iniziò a mangiare.

In seguito il pranzo si svolse tra varie chiacchere e pettegolezzi, mentre lo sguardo di Kayoko fissò su Ren, così come lo stesso di Akechi sempre su di lui e quello di Yusuke su Goro.

Per smorzare la situazione, Goro si alzò e cominciò a sparecchiare la tavola evitando Ren, i suoi occhi grigi, la poesia sul suo volto e labbra, il suo corpo focoso e desideroso di carezze e la voglia di averlo accanto. Un incontro le iridi grigie, le mani, quella infinita rivalità tra loro.

Goro Akechi non ne aveva mai abbastanza di Ren, era la sua droga.

Mentre camminava, velocemente notò che la pistola era rimasta sul mobile tra la finestra e il divano nel salotto e ghignò, pensando a come in poco tempo la sua vendetta scomparve non del tutto. Era ancora carica di un solo colpo, lasciata lì il giorno in cui vi entrò in casa la prima volta.

Si diresse verso essa, la raccolse e uscì dalla porta d'ingresso per raggiungere il bar e rintanarsi nella sua stanza, e poggiarla poi sul comò. Un respiro strozzato, il detective si privò della camicia e della cravatta, stendendosi sul letto e fissando il soffitto sopra di lui con occhi rossastri lucidi di lacrime, confuso su cosa davvero volesse da Joker, amore, vendetta o solo amore.

Alzò il braccio in alto, volendo raggiungere qualcosa sulla sua testa, ma non riuscì a prenderlo.

Intanto Ren, guidato dallo stesso senso di vuoto, uscì anche lui di casa, lo seguì fino alla sua stanza nel bar e si fermò sull'uscio della porta, sussurrando il suo nome, «Goro...».

Il castano appena lo udì, ma non gli rispose, perciò Ren decise di fare un altro passo verso l'interno della stanza, pronunciando il suo nome e cognome per esteso, «Goro Akechi...».

Goro emise un sospiro, «Dimmi, Amamiya... se hai da dire, ovviamente. Io ti sto avvertendo, ciò che sta succedendo tra te e Kitagawa sta andando troppo di fretta, ti vedi intorno? Renditi conto di ciò che ti do io e non lui...», disse, mentre con malizia infilò i guanti neri di velluto nelle dita di ambe le mani rimanendo steso sul letto.

Ren perse un battito del suo cuore, quei guanti neri avevano un significato importante per lui: quando il detective lasciò la lotta prima di abbandonare i Ladri, lasciò quei guanti nelle sue mani, con la convinzione di non rivederlo più e il pianto di averlo perso per sempre.

«La morte...», sussurrò il corvino, osservando le sue mani nude con interesse; le mani che fecero visita tra i suoi denti momenti prima nella cucina si stavano coprendo dal peccato.

Il detective si alzò dal letto e lo raggiunse, fermandosi dietro la sua schiena, poi lentamente gli posò quelle mani guantate di nero sul grembiule, rimuovendolo, per poi viaggiare sotto la sua maglia bianca.

Goro soffocò il respiro nelle orecchie di Ren, col mento sulla sua spalla destra, poi chiuse gli occhi e baciò la zona dolcemente. Ren sussultò e lo aiutò a privarsi dell'indumento, in modo che la sua schiena nuda batté contro il petto altrettanto nudo del detective.

«Non posso cedere, tu m'inganni...», bisbigliò leggermente.

«No? Non vorresti per una volta nella tua vita fare qualcosa contro le regole? Immagina Kayoko, Yusuke... ho capito che anche quella donna ha occhi per te, sei famoso Joker, ti vogliono tutti e tutte. Al posto tuo ne sarei felicissimo», lo provocò Goro, fischiando tali frasi nel suo orecchio, avvicinandosi in modo che i ciuffi dei suoi lunghi capelli toccassero la sua pelle.

Ren issò, irrigidendo il corpo sotto il tocco del detective, «Troppo per me, se mi tocchi così!».

Il detective subito lasciò la presa e si rivestì della camicia senza abbottonarla e voltò le spalle a Ren, mostrando come fosse irritato dai suoi comportamenti.

«Quel che vuoi, Amamiya. Vuol dire che tra noi è tutto parte di un grave errore. Dopotutto non dovevo ucciderti? Aspetto solo il momento giusto e non potrò farlo nel letto», disse, mentre il volto di Ren si dipinse di rosso, perché Goro stava dicendo la verità.

«Yusuke non è ancora il mio ex, non ascolti», Ren decise di difendersi e lo provocò.

«... ancora?», Goro scoppiò a ridere, «Allora non ne sei sicuro, visto che ti contraddici da solo».

Ren si allontanò, avvicinandosi alla finestra e sedendosi appena sul cornicione, con le braccia conserte e nascondendo quanto il suo imbarazzo gli stesse facendo perdere il controllo.

«Quindi pensi che io menta? Fai bene. Non sono sicuro di nulla adesso riguardo te, giochi tra il più e il meno, dici di volermi, poi dici di no. Io cedo, pensando tu lo faccia seriamente... poi mi dici che questo è proprio ciò che vuoi tu io faccia, eh?».

Gli disse con serietà e l'altro lo avvertì come se fosse una doccia fredda, «Perfetto, allora prendo la pistola e ti perforo il cranio, ancora, così sono molto più che soddisfatto», replicò Goro, che si accinse a prendere la pistola per puntarla in direzione della fronte di Ren, ma lui non reagì.

«Uccidimi, Goro», disse, provocandolo di nuovo.

Akechi lo guardò intensamente, quegli occhi grigi che imploravano pietà, mostrando la paura dentro di essi. Cominciò a tremare e le dita della mano stavano per lasciare la presa dell'arma. Ren ridacchiò, «Hai confermato la mia tesi, sei debole dentro e hai bisogno di molto affetto. Non mi uccideresti mai...».

Goro gettò la pistola a terra che sparò il suo unico colpo contro la parete, sprecandosi. Una lacrima scivolò giù per il suo viso, «Lo avrei fatto, ma sarebbe stato troppo facile» sibilò.

Si avvicinò a Ren e gli sfiorò le guance con i palmi delle mani, poi con delicatezza lo baciò sulle labbra nascondendo un ghigno, facendolo arrossire sul viso.

«Il solito Goro Akechi... non cambi mai», sibilò Ren.

«Stiamo facendo il tuo gioco o il mio, adesso?», rispose Goro con una domanda.

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