5. Accordo Finale: ... And Let Me Be Your Death!

Mi sono appena risvegliata. Non so quanto tempo sia passato ma mi sento ancora la testa un po' frastornata, come se avessi una forte emicrania alla parte destra del cervello. Dev'essere l'effetto del narcotico che mi hanno fatto inalare e che adesso sta svanendo. La vista inizia a farsi più chiara, meno offuscata rispetto a prima. Sento di avere la bocca bloccata da un foulard spesso e ruvido legato dietro alla nuca che mi stride sulla pelle debole delle labbra. Cerco di muovere un braccio ma non ci riesco. Mi accorgo che Lei mi ha fatto ammanettare. Un fascio di catene mi fa stare curva con le mani quasi incollate al pavimento. Penso di trovarmi in uno degli autobus che hanno traghettato i materiali di scena per il concerto.

Uno dei finestrini è mezzo aperto. C'è rumore di gente che parla:

"È stato uno spettacolo bellissimo! Amber è magica. Chissà quando avremo ancora l'occasione di vederla dal vivo..."

"Dai amore, lo so che hai sonno ma prendiamoci una piadina prima di ritornare in albergo. Daiii!!!"

"Si mamma, mi sono divertito! Mi porta a casa il papà di Micheal. Adesso metto giù. Ci vediamo dopo."

Lei è li con me, seduta ad un vecchio tavolo di metallo corroso dalla ruggine. Ha il capo chino. Sta facendo qualcosa. Rovista con le mani fra quelli che sembrano essere resti di cute umana. Sento il suono ferreo e tagliente di un paio di forbici. Le sue dita sono sporche di emoglobina rappresa e di altri liquidi corporei.

Mi rivolge la parola: "Li senti? Se ne tornano a casa... Il mio spettacolo è di sicuro piaciuto... O almeno quello che ricordano di aver visto."

Si ferma un attimo per spremere da un fegato non identificato tutta la bile che riesce ad estrarre. La fa scorrere in una piccola ampolla. Strizza fino a maciullarne la carne in brandelli semi-melmosi. Non ne rimane soddisfatta e ne getta gli scarti in un piccolo secchiello che tiene vicino alla gamba.

Si rivolge di nuovo a me: "Che c'è? Sei sorpresa di sentirmi parlare italiano? Io conosco molte lingue. Lo sai? È stato Hatzé-Mah-Ki a darmi questo talento, insieme a molti altri."

Mi fa cenno di guardare verso una statua antica che tiene su un piccolo altare. Ha l'aria di essere una qualche sorta di demone: pietra a cui è stata data la forma del male. È tenuto bene in alto. Sotto i suoi piedi foto di vecchi ammiratori con la gola tagliata.

"Eh sì! Lo ammetto. Non sono una brava fotografa. L'importante è catturarne l'anima e darla a Lui. Gli piace collezionarle. E a me piace offrirgliele".

Si pulisce le mani con un vecchio canovaccio lercio e si avvicina a me. Mi sento ancora stordita. Non so cosa mi abbiano dato. Non ho più forze. Posso solo tentare di seguirla, senza oppormi.

"Tu sai tutto di me... o forse credevi di saperlo. Io ho perso tutto nella vita. Persino me stessa. Ho avuto molta fortuna. Un successo oltre ogni confine... eppure siete riusciti a distruggermi. Voi! Adoratori di immagini che scorrono su uno schermo! Ingranaggi di un sistema che sceglie persone dal nulla per porle su un piedistallo al solo scopo di farle cadere! Voi desiderate avere idoli per il solo fine di distruggerli. Volete dei modelli e poi li frantumate sotto i colpi delle pietre!"

Vuoi sapere perché ho scelto te?... Per nessun motivo. Sei solo una come tante fra tutti gli altri là fuori. Non mi importa chi sei, come ti chiami, se mi ami o se credi di conoscermi. Non mi fai pietà. Non mi dai nessun sentimento. Sei solo una pecorella qualsiasi del gregge da offrire al mio Dio. Un Dio che non è il tuo. Un Dio che non sono io."

Due fila di lacrime mi tagliano di netto le gote del viso.

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