Verità
Un lago nero. Una mostruosa creatura esanime. Un pugnale splendente.
Finalmente ciò che avevano cercato per lungo tempo era nelle loro mani. La missione era quasi completata: dovevano solo tornare dal Grande Mago e poi tutto sarebbe finito.
«Complimenti Giulio» lo elogiò Bossolo non solo per aver trovato il pugnale, ma anche per aver combattuto valorosamente contro un nemico forte come il dracontopode.
«Ce l'abbiamo fatta! Ora possiamo tornare indietro: Gregorio il Giusto sarà fiero di noi!» sorrise soddisfatto Brandir.
«Non così in fretta» affermò tranquillo Giovanni.
L'elfo lo guardò stranito, poi notò che tutti i quattro giovani si erano fatti seri in volto e si erano avvicinati ad Alessandro e Coco.
Quello che era stato solo un sospetto, ora si tramutò in certezza: loro sapevano.
«Non sorridi più Brandir?» ghignò Alessandro.
Bossolo, che piano piano stava comprendendo ciò che stava accadendo, esclamò arrabbiato rivolgendosi all'uomo e allo gnomo: «Sporchi traditori!».
«Noi non siamo traditori perché non siamo mai stati dalla vostra parte. Ci siamo infiltrati nelle vostre fila per scoprire quello che tramavate, per aiutare i nostri famigliari e i nostri amici fatti da voi prigionieri o incantati dalle vostre oscure lusinghe. Non abbiamo mai creato problemi fino ad ora solo per entrare nelle vostre grazie e in quelle del Grande Mago, o meglio di Enoren. Così facendo siamo riusciti a partire con voi per recuperare l'oggetto che il vostro sovrano tanto agogna e ora esso e in nostro possesso. Credetemi, faremo di tutto per impedire al Sovrano delle Tenebre e a voi luridi suoi servitori di dominare sulla Terra dell'Infinito» disse Coco.
«Pensavate che non ci saremmo accorti del vostro inganno?» domandò Giovanni con un sorriso di scherno.
«Sin da quando siamo giunti nel vostro mondo abbiamo avuto la strana sensazione che qualcosa non tornasse. E ne abbiamo, recentemente, avuto la conferma. Molti lungo il cammino ci avevano velatamente avvertito: dalla fata Lucia a Gianni l'Ombroso» continuò Sonia guardando seria e con un velo di tristezza l'elfo.
«Quando siamo tornati indietro sul campo di battaglia a recuperare il mio orologio, non abbiamo trovato i corpi inerti dei goblin, ma quelli di uomini. Ci siamo chiesti che cosa significasse tutto ciò. A Biancofiore abbiamo incontrato un elfo che sicuramente conoscerai Brandir. Si chiama Galdor» - a quel nome l'elfo sussultò - «Ci ha raccontato tutto: il villaggio di Lucedorata è caduta sotto il controllo del Sovrano delle Tenebre. Conoscendo la profezia, Enoren ha aspettato il nostro arrivo e, fingendosi Gregorio il Giusto, al quale aveva precedentemente sottratto la vita e si era impossessato del suo corpo, ci ha accolto e ci ha affidato la missione di recuperare il pugnale di Caio il Grande con il solo scopo di recuperare la parte di sé imprigionata in questo oggetto e poi, una volta fatto ciò, distruggerlo. I puntini luminosi che Giovanni ha visto durante la notte erano quelli dei o del Darkoth che ci seguiva. I mostri contro cui abbiamo combattuto erano uomini che a noi sembravano orchi, mezz'orchi o goblin a causa di una illusione provocata dal Sovrano delle Tenebre. Ho, finalmente, compreso perché Alessandro si limitava a schivare i colpi dei suoi avversari. Quando Gianni l'Ombroso ha chiesto una freccia nera non sono riuscito a comprenderne il motivo, ma ora lo so: gli elfi usano frecce chiare a differenza di quelli oscuri. Tu, Brandir, sei un elfo oscuro. Questo spiega il perché ti compaiano delle strisce scure sotto gli occhi quando sei arrabbiato e perché le tue iridi siano, in realtà, nere. Tu, Bossolo, fisicamente non sei diverso dagli altri tuoi simili, ma la tua particolare aggressività denota il fatto che tu sia un nano oscuro» disse atono Federico.
«Non mi è mai piaciuto il Grande Mago, e ho avuto ragione a non fidarmi di lui. Mi sono chiesto come abbiate potuto mentirci così a lungo e fingere così tanto. Vi siete meritati tutto il mio disprezzo per averci costretto a togliere la vita a degli innocenti che volevano solo aiutarci. Tuttavia non posso non ringraziarvi per averci insegnato a combattere e averci salvato dalle creature delle Colline Nebbiose» continuò Giulio.
«Abbiamo finalmente compreso le parole di Lucia: qualcosa o meglio qualcuno ha alterato il corso delle cose. Il nemico è vicino, più di quanto immaginiate. Ciò che sembra, non è. Non dimenticatelo. Prestate attenzione e guardate al di là delle persone. Galdor ci ha detto che non tutti voi eravate al servizio di Enoren. E così abbiamo scoperto la vera identità di Alessandro, figlio del re Filippo il Saggio, e di Coco» concluse Giovanni.
Asdrubaleo guardò tutti i suoi compagni. Lui non era al servizio del re di Lumbar, si era semplicemente trasferito con la sua famiglia vicino a Lucedorata. I folletti non facevano distinzioni tra uomini, orchi, elfi. Purché si trovassero a loro agio, niente era un problema. Fino a quel momento aveva considerato suoi amici tutti i membri di quello strano gruppo, ma ora era evidente che doveva scegliere.
Brandir e Bossolo emisero una sonora e crudele risata.
«Bene, avete scoperto la verità. Questo cambia qualcosa?» domandò con un ghigno malefico il nano.
«Con le buone o con le cattive il pugnale deve essere portato al Sovrano delle Tenebre. Decidete voi come preferite tornare...» proseguì l'elfo.
I quattro giovani, Alessandro e Coco estrassero le armi, dimostrando di non aver nessuna intenzione di seguirli spontaneamente.
«L'avete voluto voi» bisbigliò Brandir.
Quest'ultimo prese il flauto, suonò un'unica nota e, dopo pochi secondi, il luogo in cui si trovavano fu invaso da orchi. Alla loro guida vi era Andromalius.
«Accidenti, siamo circondati» sputò arrabbiato e allo stesso tempo preoccupato Giovanni.
«Non preoccupatevi. Siete diventati molto forti. Non tutto è perduto, fidatevi» cercò di rincuorarli il giovane principe.
«Per voi è la fine, invece» tuonò Bossolo lanciandosi all'attacco.
Era appena partito alla carica, quando si udì un rumore di passi provenire dal cunicolo. Sulla soglia comparvero Edoardo il Temerario e Galdor, alla testa della ciurma del pirata.
«Siamo arrivati giusto in tempo vedo» disse il primo.
Alessandro sorrise.
Egli, in quanto figlio di Filippo il Saggio, conosceva Edoardo Insegna. Quest'ultimo aveva alcuni debiti in sospeso con il sovrano, per cui aveva assicurato il suo appoggio in qualunque cosa: pertanto il principe, incontratolo inaspettatamente all'interno del Monte Cherubino, temendo che la situazione con i seguaci di Enoren potesse precipitare, gli aveva ordinato di tornare dai suoi uomini, di avvisare Galdor che, come stabilito in precedenza, si era appostato all'entrata del monte e di raggiungere tutti insieme il Lago Nero per, eventualmente, aiutarli. E aveva fatto bene, difatti l'aiuto di qualche combattente in più non era affatto sgradito.
«Maledetti» grugnì furioso il nano cominciando a roteare velocemente l'ascia.
Il combattimento iniziò.
Il luogo in cui si trovavano non era molto largo, pertanto finivano per schiacciarsi gli uni con gli altri.
Sonia riuscì ad abbattere tre orchi e ad avanzare verso l'uscita.
Brandir incoccò l'arco e tirò.
Fu un attimo: la nera freccia perforò la carne rendendo in fin di vita colui che aveva colpito.
Tutti si fermarono. La ragazza rimase immobile, sconvolta, osservando il corpicino trafitto di Asdrubaleo che si era lanciato per evitare che Sonia venisse colpita.
Il piccolo orecchie appuntite aveva scelto.
«N-non piangere» parlò flebilmente il folletto.
«Sei uno sciocco. Perché ti sei messo in mezzo? La freccia doveva colpire me» disse piena di lacrime la giovane.
«T-tu sei mia a-amica. Dovevo, volevo salvarti».
«Asdrubaleo...».
«N-non rimpiango di averlo fatto. L'unica cosa che a-avrei voluto, era vivere ancora un po' per poterti a-aiutare. E perché no, anche p-per farti degli s-scherzi».
«Tu vivrai ancora. E potrai farmi tutti gli scherzi che vorrai. Se vuoi, puoi rimettermi quella sostanza appiccicosa sulla testa, prometto che non mi arrabbierò. Però non lasciarmi, ti prego. I-io... Tu sei mio amico! Non voglio perderti!».
«S-sono felice di averti incontrato e di e-essere diventato tuo amico».
«Asdrubaleo...».
«N-non ti dimenticherò. Sconfiggete Enoren e riportate la felicità nella Terra dell'Infinito. P-per me...».
«No, tu non morirai! Noi ti salveremo e tornerai in forze come prima».
«Su con la vita, giovane amica! La strada, per te, è ancora lunga, prima che alla meta si giunga».
Il folletto chiuse gli occhi e sorrise. Con quel sorriso si spense la sua giovane vita.
«No... Asdrubaleo, Asdrubaleo!».
Sonia abbracciò, piangendo, il suo piccolo amico.
«Stolto» affermò tra i denti Brandir.
«Non meritava di morire» disse affranto Federico.
«Tutto questo è successo per colpa vostra. Solo per avere questo stupido pugnale! Lo volete? Lo volete? Bene, allora non vi dispiacerà fare una bella nuotata, visto che sto per rigettarlo nel lago» esclamò furibondo Giulio. «Cosa sono queste facce? Oh, giusto! Senza di noi voi non potete prendere il pugnale. Ma che bel guaio, eh? Se non volete che lo getti là dentro lasciateci uscire e non seguiteci».
Gli orchi guardarono l'elfo, non sapendo che cosa fare.
«Lasciateli andare».
«Ma...» tentò di dire Bossolo.
«Ho detto lasciateli andare».
Sonia, dopo aver raccolto il corpo inerte di Asdrubaleo, si avvicinò all'entrata del cunicolo, poi si voltò a guardare Brandir e disse: «Io ti ucciderò».
Poi scomparve insieme agli altri.
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