Un incontro inaspettato
Biancofiore era una ridente cittadina situata alle pendici del Monte Cherubino.
Un prato ricoperto di fiori profumati si trovava dinanzi alle bianche mura che proteggevano la città.
Quella lieta vista rasserenò i ragazzi che, dopo i pericoli delle cupe Colline Nebbiose, finalmente potevano tirare un sospiro di sollievo. Difatti, dopo che Gianni l'Ombroso aveva sconfitto il mutante, il gruppo si era imbattuto in altre inquietanti creature dalle quali erano riusciti a sfuggire sfruttando la nebbia ed il calar della sera.
Stavano scendendo il sentiero che li avrebbe condotti alle porte della città, quando un gruppo di goblin fece la sua comparsa.
I goblin, piccole creature dalla pelle marroncino-rossastra, non erano famosi per la loro forza fisica, quanto per la compattezza del loro gruppo. Spesso cavalcavano mostruosi pipistrelli e, durante la notte, rapivano donne e bambini sostituendo questi ultimi con i propri osceni figli. Solitamente vivevano in grotte sotterranee e, infatti, i cinque membri della compagnia appartenenti alla Terra dell'Infinito, rimasero stupiti nel vederli in superficie alla luce del sole.
I goblin partirono all'attacco. Con le sue nere frecce Brandir riuscì ad abbatterne un certo numero, ma, dal momento che persistevano e si avvicinavano sempre di più, fu costretto a riporre l'arco e ad estrarre la spada. Bossolo ruotava l'ascia su se stessa e trafiggeva tutti i nemici che gli capitavano a tiro. Coco e Asdrubaleo sfruttavano la loro bassa statura per insinuarsi tra le fila degli avversari e coglierli alla sprovvista. Alessandro, come al solito – fatta eccezione che nei confronti delle creature delle Colline Nebbiose – si limitò a schivare i colpi dei nemici.
Mentre combatteva, Giulio si ritrovò a pensare che i goblin fossero più forti del previsto. Notò, poi, con sorpresa che, nonostante la loro bassa statura, la loro ombra era lunga il triplo. Mentre rifletteva su ciò, vide uno di essi lanciarsi contro il nano e immediatamente scagliò la sua spada trafiggendolo.
Bossolo si voltò e disse: «Per tutte le fucine! Stavo per essere ucciso da un ignobile e codardo goblin! Grazie per il tuo aiuto, ti sono debitore».
«Non ce n'è bisogno!».
Intanto Giovanni, Federico e Sonia misero al tappeto gli ultimi nemici.
«Ottimo lavoro!» si complimentò con loro il nano. «Avete fatto notevoli progressi».
Sconfitti i nemici e giunti finalmente alle porte della città Federico si accorse di aver perso l'orologio. Anche se nella Terra dell'Infinito il tempo scorreva in maniera diversa dal suo mondo, aveva preferito non toglierselo.
«Deve essermi caduto durante lo scontro. Torno indietro a vedere se lo trovo».
«Lascia perdere, è improbabile che tu riesca a...» tentò di dire l'elfo.
«Vado a vedere. Se non lo trovo entro cinque minuti, prometto di lasciar stare e di tornare qui».
«Veniamo con te!» affermò Giovanni indicando se stesso e Sonia e Giulio. «Così se dovesse spuntare qualche altro nemico non sarai solo».
Alla fine riuscirono a convincere i loro compagni e poterono tornare indietro.
«Capisco che vogliano proteggerci, ma fare tutte quelle storie solo perché...» si interruppe Sonia osservando scioccata quanto le si parava di fronte. I suoi amici rimasero altrettanto basiti.
«Allora, l'avete trovato?» chiese Coco vedendo di ritorno i quattro giovani.
«Si, eccolo qui» rispose Federico.
«Tutto bene?» domandò Brandir notando il volto strano dei ragazzi.
«Si, è tutto apposto. Solo, abbiamo trovato un po' disgustoso dover cercare l'orologio tra i corpi inerti dei goblin. Tutto qui» rispose Giovanni.
«Bene, allora che aspettiamo ad entrare in città?» saltellò allegro il folletto.
«Sei allegro più del solito» notò Coco.
«Si, questo posto mi piace molto! Quand'ero piccolo ci venivo spesso con la mia famiglia. Ricordo che c'era un fantastico negozio di scherzi dove c'erano oggetti assai interessanti. Voglio assolutamente farci un salto!».
«Ti ricordo che non siamo venuti qui per farci una vacanza» affermò contrariato Bossolo.
«Penso che un attimo di riposo e svago non faccia male a nessuno» asserì Alessandro.
L'elfo ed il nano lo guardarono. Un gelido silenzio calò sui presenti.
«Massì, un giorno o due di riposo non ci faranno male. In fondo dobbiamo recuperare le forze. Ci aspetta una dura prova all'interno del Monte Cherubino» concluse Brandir.
Il gruppo entrò all'interno della città.
Un fiume divideva in due parti Biancofiore. Numerosi ponti, tutti di colore bianco, collegavano le sponde le une con le altre.
Dopo aver trovato una locanda in cui pernottare, i quattro amici, accompagnati da Alessandro, Bossolo ed Asdrubaleo, decisero di fare un giro in città. Brandir e Coco si diressero, invece, nella biblioteca: il primo per svolgere delle ricerche, il secondo per cercare un libro su delle pietre preziose.
I sette membri della compagnia giunsero nella piazza del mercato. Dalle bancarelle provenivano le grida dei venditori che cercavano di attirare le persone per vendere i propri prodotti.
«Venghino, signori, venghino! Prezzi scontati. È la vostra ultima occasione!» gridava un mercante.
«Oggetti di alta fattura a prezzi bassi! Vasi, bicchieri, sedie provenienti dalla Rocca dei Re, venite, venite!!» urlava un altro.
«Allontaniamoci da qui, non si riesce a camminare senza essere spinti e... Ahi!! Fate più attenzione, accidenti!» sbraitò Giovanni, stufo delle continue spinte e gomitate della folla.
Con molta fatica, uscirono dalla piazza del mercato.
«Ce l'abbiamo fatta!».
«Si, ma ci siamo persi Alessandro ed Asdrubaleo» fece notare loro Federico.
«Se la caveranno. Un po' di folla non li fermerà di certo» alzò le spalle Bossolo.
«Che facciamo? Stiamo qui ad aspettarli?» domandò Sonia.
«Io propongo di proseguire. Per quanto ne sappiamo potrebbero essere finiti dall'altra parte della piazza. Non ha senso rimanere qua fermi ad attenderli» affermò Giulio.
Dal momento che tutti erano d'accordo, proseguirono.
«Vi spiace aspettarmi un momento? Lì c'è un negozio di asce e mazze e vorrei darci un'occhiata» disse il nano avviandosi verso il negozio senza aspettare la loro risposta.
Giulio stava per ribattere, quando un elfo dai lunghi capelli biondi passò accanto a loro.
Era molto alto, aveva gli occhi verdi e sulla spalla aveva una faretra contenente frecce, presumibilmente in legno di tiglio, di colore chiaro.
«Seguitemi» sussurrò.
I quattro ragazzi si guardarono incerti: Bossolo sarebbe ricomparso a breve e se non li avesse trovati si sarebbe sicuramente arrabbiato.
Poi Giulio si ricordò di un particolare che, nello stesso momento, venne in mente anche a Federico. Cosicché, all'unisono, esclamarono: «Le frecce non sono nere!».
I loro due amici compresero all'istante e, concordemente, decisero di seguire l'elfo.
«Finalmente, credevo non mi avreste seguito».
«Perché ci hai chiamato? Che cosa vuoi? Chi sei?» chiese Sonia.
«Calma calma. Ora vi dirò tutto. Sono Galdor, figlio di Galador e Galathil, consiglieri del re Thalion e della regina Lothìriel di Lungobosco. Sono qui per illuminarvi su ciò che sapete, o credete di sapere».
I quattro ragazzi gli fecero cenno di continuare.
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