La creatura del lago
Il sole illuminava le pendici del Monte Cherubino.
All'esterno tutto pareva tranquillo, ma nel cuore della montagna qualcosa stava cambiando.
Il gruppo procedeva con calma, ma con un'ansia maggiore rispetto a prima. La meta era ormai vicina e presto avrebbero trovato ciò che stavano cercando da tanto tempo.
Come aveva suggerito il pirata, avevano svoltato nel cunicolo di destra.
Mano a mano che proseguivano, l'umidità aumentava, segno che si avvicinavano sempre di più al Lago Nero.
Poco lontano vi era una grande apertura. Raggiuntala, si trovarono dinanzi a una scala che portava a un piccolo spiazzo affacciato sul lago. Quest'ultimo era nerissimo, sembrava una grande pozza di inchiostro.
Un'aura cupa e misteriosa aleggiava nell'aria, aura che aveva fatto perdere l'allegria ai nove venuti, prima felici per aver raggiunto la meta dopo tanto tempo.
«E ora?» chiese Asdrubaleo.
I membri della compagnia si guardarono intorno sperando di notare qualcosa che potesse loro suggerire la presenza in superficie del pugnale di Caio il Grande. Però videro solo altre quattro aperture provenienti da cunicoli diversi. Per il resto vi era solo acqua, acqua nera che impediva di vedere il fondale e di comprendere la reale profondità del lago.
«Credo proprio che il pugnale sia nel fondo del lago» sospirò amareggiato Federico.
«Già. E ora come facciamo a trovarlo?» domandò stanco Giovanni.
«Dobbiamo immergerci» rispose risoluto Brandir.
Tutti lo guardarono sconvolti.
«Per tutte le fucine! Non si è mai visto un nano nuotare, e questo non sarà certo il giorno in cui ciò cambierà!».
«Io lì non ci entro, nemmeno per un milione di pepite» esclamò Coco.
«Nemmeno io» concordò il folletto.
«Calma calma. Ricordate cosa ha detto il Grande Mago? Che solo persone provenienti dalla Terra possono recuperare il pugnale di Caio il Grande, per cui...» cominciò a dire l'elfo.
«Non se ne parla proprio» lo interruppe Sonia.
«Noi lì dentro non ci entriamo! E poi non siamo dei pesci, come facciamo a respirare sott'acqua?» continuò Giovanni.
«Per questo non c'è problema» riprese la parola Brandir. «Mentre voi eravate impegnati a visitare Biancofiore, io sono andato in biblioteca a fare delle ricerche prevedendo che potesse esserci un simile problema. Sono riuscito a trovare un libro che, purtroppo, parlava in maniera sommaria del Lago Nero e dei laghi in generale. Tuttavia ho trovato qualcosa di interessante: esiste un'erba che permette di respirare sott'acqua per circa venti minuti. Questa particolare erba è molto difficile da reperire, ma per fortuna, l'uomo che ci ha condotti all'entrata del Monte Cherubino era un mercante e ne aveva un po'. Così l'ho comprata ed eccola qua».
L'elfo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni alcuni fili di erba verde scuro e la porse ai giovani.
«Io non voglio. Non mi piace questo lago, quest'erba e tutta questa situazione» brontolò Sonia.
«Se potessi recuperare io il pugnale, lo farei. Ma purtroppo non posso».
«Ma perché tutte le cose peggiori capitano sempre a noi?» disse rammaricato Federico.
«Quando rivedremo quel maledetto mago giuro che lo strozzo con le mie mani!» esclamò con un sorriso lugubre Giulio.
«Ti darò una mano anch'io!» affermò convinto Giovanni.
«Contate anche su di noi» si unirono Sonia e Federico.
«Ragazzi! Capisco che questa situazione non vi piaccia, ma siete gli unici a poter recuperare il pugnale. Noi vi copriremo le spalle. Non permetterò a nessuno di farvi del male. Fidatevi di me» disse con un sorriso sincero Alessandro.
I quattro giovani lo guardarono come rassicurati e si decisero a prendere i fili d'erba. Li stavano per ingerire, quando udirono un gorgoglio provenire dal lago.
Sentirono un lugubre sibilo e poi tornò il silenzio.
«State all'erta» sussurrò Bossolo estraendo l'ascia.
Una cupa risata risuonò lungo le pareti della montagna. Il gorgoglio riprese e dal lago spuntò una creatura mostruosa dal volto umano e dal corpo di serpente.
«Attenti, quello è un dracontopode!» gridò allarmato Brandir.
«Un che?» chiese allarmato Coco vedendo il volto preoccupato dell'elfo.
«È una creatura che appartiene al terzo ordine dei serpenti e...».
«Terzo ordine, vuol dire che non è poi così temibile!» affermò sicuro di sé Bossolo.
«Non farti ingannare. Il suo morso è debole ed il suo veleno non è mortale, anche se può provocare piaghe e gonfiori. Tuttavia la sua stretta è micidiale. Se cattura una preda puoi stare certo che la stritolerà tanto forte da romperle tutte le ossa».
«Sssai molte cossse di me, elfo» sibilò il dracontopode.
«S-sa parlare!» urlò stupito Asdrubaleo.
«Cosssa posso fare per voi, miei cari amici?» proseguì il mostro ignorando le parole del folletto.
«Andartene e lasciarci in pace!» rispose caparbio Giulio.
«Ragazzo coraggiosssso o molto sssciocco».
«Perché dovresti fare qualcosa per noi?» domandò sospettoso Alessandro.
«Perché non dovrei, amici? Sssiete in nove ed io sssono sssolo. È da tanto che qualcuno non mi viene a trovare. È bello avere un po' di compagnia».
Tutti loro si guardarono titubanti finché Brandir disse: «Visto che vuoi fare qualcosa per noi, hai mai visto nel lago un pugnale?».
«Ma che fai, sei impazzito?» bisbigliò lo gnomo, raccogliendo il consenso degli altri.
«Non possiamo farli immergere con questa creatura, quindi se loro» – e indicò i quattro giovani - «non possono cercarlo, sarà lui a trovarlo».
«Mmm, buona idea» concordò Federico sempre sussurrando.
«Un pugnale? Oh, sssi l'ho visto. Sssi trova tra le rocce e le alghe, vicino alla tana dei pesssci martello, uno dei miei piatti preferiti. È racchiussso in un cofanetto. Vado a prenderlo» e così si immerse.
Tornò il silenzio per qualche breve secondo.
Tutti erano in ansia perchè non sapevano quello che li attendeva al ritorno della mostruosa creatura. Forse li avrebbe attaccati e avrebbe cercato di mangiarli.
Ad un tratto il dracontopode riapparve con uno scrigno in mano: «Qui c'è il pugnale, amici». Lo apri e mostrò il contenuto.
«E così quello è il pugnale di Caio il Grande» esclamarono meravigliati i quattro giovani.
Da lontano non riuscivano a vederlo bene, ma percepivano tutta la sua grandezza oltre a un'aura sinistra.
«Ssse fossi in voi non lo toccherei, amici. Quando ho provato a prenderlo ho avvertito un grande dolore».
I membri della compagnia si guardarono l'un l'altro sicuri, ormai, che quello fosse proprio l'oggetto che stavano cercando.
«Ce lo puoi dare?» disse Asdrubaleo con una sicurezza inaspettata.
«Certo, amici. Sssono andato a prenderlo proprio per voi. Ma prima... dovrete riuscire ad uccidermi!» strillò il mostro lanciandosi all'attacco.
La creatura si mosse con notevole rapidità.
«Presto, sulle scale!» gridò Alessandro.
«Mi abbandonate proprio ora, amici? Questo proprio non sssi fa, no no».
Il dracontopode con un movimento fulmineo riuscì a catturare Sonia.
«Uhm, che odorino. Sssono sssicuro che hai un ottimo sssapore».
«Sonia!!» urlarono preoccupati i suoi amici.
«Tranquilli, presssto raggiungerete la vostra amica, cosssì le farete compagnia, anzi mi farete compagnia».
Un grido risuonò nell'aria. Il folletto, senza farsi notare, aveva colpito con la sua spada la coda della mostruosa creatura. Gli occhi di quest'ultima guardarono infuriati il piccolo esserino.
Asdrubaleo cercò tutto il suo coraggio per non indietreggiare e per affrontare il nemico.
La ragazza guardò con gratitudine il piccolo amico ed esclamò: «Scappa! Non preoccuparti per me».
«Non sono preoccupato! Ma non voglio che tu finisca nella pancia di quel coso, sennò a chi farò i miei scherzi? Chi farò arrabbiare per il mio parlare in rima? Chi...». Il piccolo orecchie appuntite non riuscì a finire la frase che il dracontopode lo catturò e cominciò a stritolarlo.
Sonia morse la mano che la imprigionava con tutta la forza che aveva e, grazie all'aiuto delle frecce lanciate da Brandir, riuscì a liberarsi. A quel punto corse verso Asdrubaleo insieme a Bossolo, Federico e Alessandro.
Il dracontopode, infuriato per il dolore alla mano, reagì cercando di attaccare i suoi aggressori. Durante la colluttazione allentò la presa sul folletto cosicché la ragazza riuscì a liberare il suo piccolo amico che, miracolosamente, era ancora in vita e non era ferito gravemente.
«Maledetti» disse infuriato il mostro.
Alessandro e Bossolo, aiutati da Giovanni, Federico e Coco, piantarono le loro armi nella coda, tentando di immobilizzarlo.
Brandir impugnò l'arco per incoccare le frecce e colpire il nemico in punti vitali.
Durante questo combattimento, nessuno, ad eccezione di una persona, si era accorto che il serpente dal volto umano aveva fatto cadere lo scrigno con il pugnale.
Giulio si avvicinò, senza paura prese l'oggetto di Caio il Grande e si fiondò sicuro di sé contro il dracontopode.
Lo colpì al petto.
L'urlo della creatura fu assordante e terrificante. Essa si accartocciò su se stessa, sibilò più volte e poi cadde a terra priva di vita.
Tutti guardarono stupiti quanto era accaduto e poi notarono Giulio e ciò che teneva in mano: il pugnale di Caio il Grande.
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