Gianni l'Ombroso


Una fitta nebbia avvolgeva il paesaggio circostante, rendendo pressoché impossibile capire che cosa ci fosse tutto intorno.

«Ora capisco perché si chiamano Colline Nebbiose. Con questa nebbia non si vede nulla!» esclamò Giovanni facendo attenzione a dove metteva i piedi.

I componenti del gruppo camminavano l'uno dietro l'altro per evitare di perdersi di vista.

Dopo qualche minuto arrivarono dinanzi a un ponte e Giulio, nonostante fosse in fondo alla fila, riuscì a scorgere una bassa figura.

«Quello è Gianni l'Ombroso» disse Alessandro. «Vive in questa zona da parecchi anni ormai. Senza il suo permesso non possiamo oltrepassare il ponte».

«Perché si è stabilito in questo orribile posto? E perché si chiama l'Ombroso?» chiese curiosa Sonia.

«Si dice che si sia allontanato dalla sua città natale per cercare un calice di una particolare forgia. Secondo la leggenda questo calice sarebbe in grado di produrre qualsiasi cosa uno desideri e si troverebbe proprio in questo territorio. Nessuno, però, lo ha mai trovato. Gianni viene detto l'Ombroso perché vive in questo luogo avvolto dalla nebbia e ciò contribuisce a conferirgli un'aura di mistero».

«Se nessuno lo ha mai trovato, perché lui non demorde nella ricerca?».

«È solo una leggenda che lui crede sia vera» si intromise Bossolo.

«Non è una leggenda. È tutto vero» disse quello che doveva essere Gianni l'Ombroso.

«Come fai ad esserne sicuro?» domandò Giulio.

«Perché ho trovato delle prove che possono confermarlo».

«Hai trovato il calice?» esclamò stupito Asdrubaleo.

«Non ancora, ma sono a buon punto. Presto sarà nelle mie mani».

«Calici a parte, noi dovremmo proseguire. Possiamo oltrepassare il ponte?» chiese frettolosamente Coco che proprio non amava quel luogo umido e tetro. Era abituato a vivere in una zona calda e luminosa, dove il sole rischiarava ogni cosa.

«Mmm... Per il vostro bene sarebbe meglio rimanere al di qua di esso. Orribili creature si trovano al di là».

Brandir si fece avanti e proferì tali parole: «Ne siamo consapevoli. Tuttavia questa è la nostra strada. Dobbiamo proseguire».

«Noi non ne siamo consapevoli» farfugliò Sonia.

«Concordo» concluse il folletto.

«Per tutte le fucine! Non ditemi che avete paura! Non vi lascerete impressionare da un po' di nebbia e dalle storie di quest'uomo, spero» sbuffò il nano.

«Chi? Noi? Assolutamente no! Per chi ci hai preso?» esclamò la ragazza cercando di mascherare la paura.

«Bene, se proprio volete proseguire, datemi una freccia nera» sorrise Gianni.

«Perché proprio una freccia nera?» domandò Federico.

«Questo non ti riguarda. Elfo, dammi una freccia o non passerete».

Brandir, cercando di mantenere la calma e di non colpire Gianni l'Ombroso per il suo tono arrogante, obbedì e gli consegnò l'oggetto richiesto.

A questo punto poterono passare.

«Fate attenzione... Il male è vicino, più vicino di quanto crediate» avvertì il basso uomo osservando, in particolare, i quattro giovani che collegarono le sue parole con la presenza delle terribili creature in quel luogo.

Man mano che avanzavano la nebbia diventava sempre più fitta. Si sentivano lugubri lamenti provenire dalla zona circostante, cosa che aumentava il timore già insito nel cuore dei ragazzi.

«Fate attenzione. Siamo vicino a degli acquitrini» li informò Alessandro.

La conformazione del terreno, difatti, era cambiata: era diventata molto più molle rispetto a prima. Dovevano essere in prossimità anche delle paludi.

Camminarono ancora più lentamente in rigoroso silenzio.

Tutto era stranamente tranquillo. Non si udiva più alcun suono.

«C'è qualcosa che non va» disse ad un tratto l'elfo.

«Già, c'è troppa quiete» notò Federico.

Un grido riecheggiò nell'aria. Era il grido di Coco. Qualcosa lo aveva afferrato e ora lo stava trascinando lontano dai suoi compagni.

«Aiuto! Aiutatemi!» strillò lo gnomo.

«Di là!» indicò l'elfo sguainando la spada. Con tutta quella nebbia era impossibile per lui fare uso del suo arco, o meglio, sfruttando il suo udito avrebbe potuto individuare la creatura, ma usandolo avrebbe rischiato di ferire il piccolo amico.

Nonostante la scarsa visibilità riuscirono a raggiungere Coco, stretto nella morsa di una grande chela. Da quel poco che riuscirono a vedere, la creatura che teneva prigioniero il loro compagno aveva due grandi chele al posto delle mani, ampie fauci e tre possenti zanne. Dei tentacoli spuntavano al posto delle gambe.

«Fate attenzione! È un mutante!» gridò Bossolo.

Il nano schivò l'attacco del mostro e riuscì a tagliargli la chela, liberando lo gnomo. Un lungo lamento perforò loro i timpani. Ma il mutante, nonostante il dolore per la perdita di un arto, si riprese e attaccò nuovamente. Con i suoi tentacoli riuscì ad afferrare Federico e Giovanni. Questi cercarono disperatamente un appiglio, ma furono trascinati sempre di più verso le fauci di quell'orrenda creatura.

Brandir e Alessandro cercarono di impedirlo, attaccandolo e tagliandogli i tentacoli.

Bossolo e Giulio intanto erano impegnati a recidere l'ultima chela, mentre Sonia, Coco ed Asdrubaleo tentavano di approfittare della situazione per liberare i loro compagni. Ma il mutante ruotò su se stesso, colpendo tutti i suoi aggressori, togliendoseli di torno.

Alzò i tentacoli e avvicinò alle fauci i corpi doloranti di Giovanni e Federico. Stava per divorarli, quando una freccia nera lo colpì in fronte. L'orrenda creatura cadde a terra priva di vita.

«Ragazzi!!» corse da loro Sonia abbracciandoli.

«Piano, siamo stati sballottati di qua e di là da quel mostro e... Grazie Brandir per averci salvati!» sorrise Federico.

«Non sono stato io» commentò l'elfo.

«Ma allora chi è stato?»

«Io». Tutti si voltarono nella direzione in cui proveniva la voce.

Una bassa figura si avvicinò loro, rendendo chiaro chi fosse.

«Gianni l'Ombroso!» esclamò sorpreso Giulio.

«Chi l'avrebbe mai detto che saresti accorso in nostro aiuto» disse sorpreso il folletto.

«Non era mia intenzione infatti. Stavo proseguendo nelle mie ricerche, quando ho sentito delle grida. Ho subito pensato che foste voi e che il mutante vi avesse attaccato. E non mi sbagliavo».

«Comunque grazie, anche se non sei venuto per noi ci hai salvato la vita» affermò riconoscente Giovanni.

«In realtà sono io che vi ringrazio. Era da tempo che cercavo di uccidere questa creatura. Mi disturbava sempre durante le mie ricerche, ma ora, finalmente, mi lascerà in pace».

Si avvicinò al mostro ed estrasse la freccia nera. Raccolse il sangue verdognolo che fuoriusciva dalla ferita mortale da lui infertagli e si accomiatò da coloro che aveva salvato.

«Che strano tipo» bisbigliò Asdrubaleo.

«Già, uno strano tipo che, nonostante la nebbia, è riuscito ad abbattere in un solo colpo questo mutante» commentò ironicamente Alessandro.

«Basta con le chiacchiere. Dobbiamo proseguire. Prima usciamo da questo posto, meglio sarà per tutti» disse Brandir riprendendo il cammino.

«Ehi tu... Grazie per avermi aiutato» affermò Coco rivolgendosi a Bossolo.

Quest'ultimo mugugnò qualcosa e seguì l'elfo.

«Siamo stati fortunati. Ancora un po' e ci rimettevamo le penne!» esclamò Giovanni.

«Dobbiamo diventare più forti. Ora, però, muoviamoci altrimenti rischiamo di perderci» concluse Giulio incamminandosi, seguito a ruota dagli altri.

Dall'alto di una collina, Gianni l'Ombroso li osservò allontanarsi.


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