Allenamento
Il sole era alto nel cielo e con i suoi raggi illuminava un'apparente serena giornata. Tutto era limpido e le trame del perfido Enoren sembravano non aver ancora raggiunto quel piccolo angolo di paradiso.
Forse il Grande Mago aveva esagerato nel descrivere la sua potenza e i pericoli che da esso derivavano.
Intanto, lungo uno stretto sentiero, si udì qualcuno urlare.
«Non ne posso più, possiamo fermarci a riposare per qualche minuto? È da stamattina che non facciamo altro che camminare e allenarci a combattere» esclamò esausta Sonia.
«Su con la vita, giovane amica! La strada è ancora lunga, prima che alla meta si giunga!» cantilenò Asdrubaleo.
«Non sei divertente. E poi finiscila di parlare in rima, è davvero stressante».
«Non ci posso fare niente, parlare in rima è un vezzo della mia gente».
«Della tua famiglia vorrai dire. A parte voi, non conosco nessun altro folletto che parli in questo modo» precisò Coco.
«Avanti smettetela! Con tutto questo vociare ci sentiranno tutti. Volete forse attirare orde di orchi o mannari?» domandò ironicamente Alessandro.
«Che vengano pure, assaggeranno la mia ascia!» affermò Bossolo con sguardo combattivo.
Brandir sospirò e decise di fare una breve sosta per far riposare tutti quanti.
Trovarono una piccola grotta e decisero di sistemarsi al suo interno e di consumare un pasto veloce.
I giovani ne approfittarono per recuperare le energie e per conoscere un po' meglio i loro compagni d'avventura.
«Senti un po' Coco, come sono gli gnomi dell'Arcobaleno? Insomma, qual è la differenza tra voi e gli gnomi della Roccia?» chiese Federico, incuriosito dal piccolo compagno di missione.
«Non ci sono particolari differenze tra di noi. Generalmente i nostri cugini sono più curiosi e loquaci. Pur vivendo sottoterra amano andare in superficie e interagire con le altre razze, in particolar modo con i nani ed i folletti. Noi invece viviamo sulla terra e custodiamo una pentola piena di pepite e monete d'oro in attesa di consegnarla a colui che troverà la fine dell'arcobaleno. Proprio per questo motivo siamo più schivi ed evitiamo di mescolarci o di entrare in contatto con le altre razze. Nessuno, a parte noi, conosce il luogo in cui si trova l'arcobaleno e così deve essere. Solo chi lo troverà con le proprie forze sarà degno di ricevere il dono dagli gnomi del nostro clan» rispose Coco.
«Quindi esiste davvero una pentola con le monete d'oro!» esclamò sorpreso Giovanni.
Bossolo grugnì qualcosa e guardò Coco con disapprovazione.
«Invece noi folletti abbiamo nelle corolle dei fiori, sotto gli ombrelli picchiettati di bianco dei funghi, tra le rocce muscose, fra i rami degli alberi i nostri letti. Se ben trattati siamo allegri e benevoli, altrimenti siamo ben poco servizievoli. Chi ci offende, brutti e simpatici scherzi si prende!» cantilenò Asdrubaleo.
«Non mi sembra che qualcuno te l'abbia chiesto» disse Sonia.
«Ehm, non hai sentito quello che ha detto? Se qualcuno li tratta male subisce la loro vendetta» bisbigliò Federico.
«Non avrai paura di un esserino così piccolo, spero? Cosa vuoi che riesca a fare?».
«Non sottovalutarlo. Magari è più micidiale di qualsiasi altra creatura».
Nel frattempo era calata la notte e pertanto decisero di fermarsi in quella grotta e di riprendere il cammino il giorno successivo.
Ognuno di loro, a turno, avrebbe fatto la guardia così, in caso di pericolo, non sarebbero stati colti di sorpresa.
Brandir si offerse di fare la guardia per primo.
Giunse poi il turno di Giovanni. Tutto era tranquillo, non si udiva alcun rumore ad eccezione di quello prodotto dalle foglie mosse dal vento.
Il giovane si soffermò, per la prima volta, ad osservare con attenzione l'ambiente circostante. Era molto simile e allo stesso tempo diverso da quello che era abituato a vedere. Le stelle, anche se il cielo era coperto da alcune nuvole, erano ben visibili. Fu a quel punto che, volgendo lo sguardo alla sua sinistra, vide due puntini gialli nell'oscurità. Subito provò una profonda sensazione di inquietudine e di ribrezzo, sensazione che aveva già provato numerose volte da quando era giunto nella Terra dell'Infinito.
Stava per svegliare i suoi compagni, ma, non vedendo più i due puntini luminosi, si disse che li avrebbe avvertiti solo se fossero ricomparsi. Per quella sera non ricomparvero più.
L'alba era giunta da poco, quando si sentì un urlo.
Giulio, svegliatosi di soprassalto, subito estrasse la spada, aspettandosi di vedere orde di orchi tutto intorno.
«Che cosa è successo ai miei capelli? Chi ha osato spargerci questa lurida cosa appiccicosa?» esclamò furente Sonia.
«Accidenti a te, ci hai fatto prendere un colpo!» affermò Giulio notando come tutti i suoi compagni fossero in piedi con la spada e l'ascia impugnata.
«Il colpo l'ho preso io! Voi non avete la testa ricoperta da questa cosa» si lamentò la ragazza.
«Però ti dona» disse sghignazzando Giovanni.
«Non sei divertente. E voi due finitela di ridere o vi prendo a calci!» rispose la ragazza guardando furente Federico e Giulio, divertiti da quella scena.
Poi, rivolgendosi agli altri membri del gruppo, chiese: «Che cos'è questa sottospecie di sostanza appiccicosa?»
«Quella è erba vischiosa. Viene utilizzata, normalmente, come colla per oggetti delicati. Viene prodotta dai folletti...» spiegò Brandir guardando Asdrubaleo che si era messo a fischiettare.
«Tu, brutto piccolo mostriciattolo! Come hai osato?» sibilò Sonia.
«La boccetta di erba vischiosa mi è, accidentalmente, caduta di mano ed è finita sulla tua testa».
«Accidentalmente eh? Vuoi vedere che cosa accadrà, per sbaglio si intende, se non mi levi subito questa cosa dalla testa?».
«Non sono sciocco, non ho la testa di cocco».
«Non incominciare a parlare in rima. Se vuoi, riesci benissimo a parlare normalmente, proprio come hai fatto prima».
«Questa volta sei stata tu a parlare in rima!»
«So parlare anch'io in rima, abbi un po' più di stima! Non sei l'unico ad essere in grado di esprimersi in questo modo. Ora, avanti, toglimi dai capelli questa erba vischiosa».
Se inizialmente Asdrubaleo non aveva nessuna intenzione di rimediare al suo scherzo, divertito dalle parole di Sonia, decise di levarle la sostanza dalla testa.
«Credo proprio che diventerete ottimi amici» esclamò sorridente Coco.
«Questo è assolutamente impossibile!» ribatterono all'unisono la ragazza e il folletto provocando le risate dei compagni.
Dopo quel risveglio movimentato, il gruppo si rimise in marcia. Percorsero un lungo sentiero in aperta campagna. Si sentiva il rumore prodotto dalle campane delle mucche e, talvolta, l'abbaiare di un cane. Ai quattro giovani vennero in menti i momenti sereni trascorsi in montagna e provarono nostalgia per tutto ciò che si trovava nel loro mondo: i loro genitori, i parenti, gli amici, ma anche i luoghi cari in cui erano soliti vivere o andare in vacanza.
Gli altri loro compagni conversavano amabilmente, anche se poteva notarsi un certo distacco tra Bossolo e Coco. Ma era cosa risaputa che i nani e gli Gnomi dell'Arcobaleno non andassero d'accordo. Da quello che avevano capito, in passato, vi era stata una contesa tra le due razze per il controllo di una miniera ricca di pepite d'oro, miniera che, dopo un'aspra battaglia, era passata sotto il controllo degli gnomi. Per questo il figlio di Bornolo mostrava una certa diffidenza nei confronti di Coco. Il rapporto tra Brandir e Bossolo invece, sorprendentemente, era buono. Difatti, come aveva loro raccontato lo stesso Bossolo, elfi e nani si erano avvicinati ai tempi di Caio il Grande per poter affrontare uniti il Sovrano delle Tenebre. Dopo la sua sconfitta erano sorti nuovamente alcuni contrasti tra le due razze, ma si era sempre riusciti a risanare tutto in maniera diplomatica. E ora che Enoren era tornato, gli elfi e i nani erano più uniti che mai.
«Direi che possiamo fare una breve sosta e, nel mentre, migliorare il vostro uso della spada» propose Brandir.
I presenti assentirono. Vennero subito formate delle coppie: Giovanni si sarebbe allenato con l'elfo, Giulio con Bossolo, Federico con Alessandro e Sonia con Asdrubaleo e Coco. Esse sarebbero poi cambiate nel corso degli allenamenti per preparare i quattro giovani a combattere con nemici di taglie e tecniche differenti.
Per i quattro ragazzi era molto difficile tenere testa ai loro compagni e difatti finivano sempre per essere disarmati o per trovarsi le spade alla gola.
Erano già passate due settimane e mezzo da quando erano partiti per portare a compimento la missione che il Grande Mago aveva loro affidato. Avevano percorso un bel tratto di strada, ma la meta era ancora molto lontana.
Gli allenamenti, invece, cominciavano a dare i loro frutti.
Giulio, che tra i suoi amici era indubbiamente il più forte, con un calcio poderoso fece perdere l'equilibrio al suo avversario riuscendo a disarmarlo con la spada per poi puntargliela alla gola.
«Questa volta sono stato io il migliore» disse compiaciuto il ragazzo.
«Per tutte le fucine! Sei stato bravo, ma non sei ancora al mio livello. Se ci fossimo affrontati in un vero e proprio scontro avrei vinto io» rispose indignato Bossolo.
«Non ne sarei così sicuro» lo riprese Giulio.
«Ok, ok, vediamo di non litigare! Ora è il mio turno: preparati Brandir, questa volta sarà più difficile battermi!» affermò sicuro di sé Giovanni.
Quest'ultimo si fece avanti e cominciò ad attaccare l'elfo che però era molto agile. Tuttavia lo era anche il ragazzo che, tra i suoi amici, era il più veloce. Non per niente ricopriva il ruolo dell'ala nella squadra di calcio in cui giocava. Riuscì a schivare numerosi colpi, ma, alla fine, fu Brandir ad avere la meglio. Tuttavia, quest'ultimo, si complimentò con Giovanni per i repentini miglioramenti.
A questo punto si affrontarono Alessandro e Federico. L'uomo del clan dei Fortibraccia aveva una forza notevole ed era anche molto veloce. Facendo questo genere di considerazioni, il giovane, che tra i suoi compagni era il più riflessivo, aspettò che fosse il suo avversario ad attaccare per primo. Combattendo contro di lui e osservando tutti gli altri mentre si allenavano aveva scoperto quello che, a suo parere, era il punto debole di ognuno.
Alessandro colpì a destra e, prontamente, Federico si spostò e lo colpì sul lato opposto. L'uomo, tuttavia, riuscì a rimediare al suo errore volgendo il combattimento a suo favore. Anch'egli fece i suoi complimenti al ragazzo che era riuscito a sorprenderlo.
Toccava, infine, a Sonia. Asdrubaleo e Coco erano molto piccoli e rapidi, per cui per la ragazza era molto difficile muoversi e riuscire a colpirli. Tuttavia, ella, era piuttosto scaltra - sicuramente più di Giovanni e Giulio – e riuscì ad escogitare uno stratagemma che, forse, l'avrebbe condotta alla vittoria. Dapprincipio si limitò a parare i colpi del folletto e dello gnomo ma poi, quando essi l'ebbero circondata, all'ultimo momento si scostò, cosicché Coco ed Asdrubaleo si colpirono vicendevolmente.
«Direi che ho vinto» disse sorridente Sonia.
Prima che Asdrubaleo potesse dire qualcosa, Coco la elogiò per la sua astuzia e le disse che sarebbe divenuta un'ottima combattente.
I quattro giovani si complimentarono tra di loro, anche se erano consapevoli di non essere ancora all'altezza dei loro compagni. Erano, tuttavia, sicuri che presto avrebbero raggiunto l'abilità dei loro maestri e, forse, li avrebbero anche superati.
Spesso però le aspettative non corrispondono alla realtà.
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