All'interno del Monte Cherubino


La locanda era gremita di gente. I camerieri erano indaffarati a portare le varie ordinazioni ai clienti e a cercare di non inciampare e ostacolarsi tra di loro.

Il gruppo era riunito per la cena in una piccola saletta vicino alla cucina.

Coco era intento ad elencare le qualità di molte pietre mai sentite nominare, Asdrubaleo era impegnato a provare contro Sonia gli oggetti che aveva comprato nel negozio degli scherzi. La giovane tentava di mantenere la calma per evitare di strangolare il folletto.

Brandir e gli altri guardavano allegri il divertente siparietto.

Bossolo, contagiato dall'allegria generale o forse dall'aver bevuto troppo, cominciò ad intonare una canzone in lingua nanica.

Tutti si voltarono divertiti verso di lui. Il nano, sempre più euforico, salì sul tavolo cantando ancora più forte.

Poi inciampò e cadde ruzzoloni per terra provocando una risata generale.

«Per tutte le fuc-fucine! Non ci si comporta così: ridere di un na-nano! Fi-fi-finitela o assaggerete la mia ascia!».

Le risate si fecero ancora più forti. Bossolo, indispettito, tentò di alzare la sua arma, ma non ci riuscì. Allora, barcollando, si avvicinò ad un uomo che continuava a sghignazzare.

«Ridi, ridi. O-ora vedrai que-quello che ti succede-de-rà!».

Per tutta risposta l'uomo gli rise in faccia.

Alessandro, per evitare che si scatenasse un putiferio, prese il nano e lo portò nella stanza superiore, mettendolo a letto.

«Ahahah, non ci possono credere! Non pensavo che avrei mai visto Bossolo in questo stato! Ahahah!» rise Giovanni.

«Fa proprio scassare» continuò Giulio.

«Si, è stata una scena epica!» concordò Federico.

«Ho male alla pancia per aver riso così tanto» concluse Sonia.

Asdrubaleo salì sul tavolo e, innalzando il bicchiere, esclamò: «A Bossolo, per questa divertente serata!».

«A Bossolo!» gridarono tutti i presenti.

A prima vista poteva sembrare una serata normale, allegra, ma un occhio attento avrebbe potuto notare che, forse, non era così.

Il giorno seguente, mentre il nano era rimasto alla locanda a smaltire la sbornia, gli altri membri della compagnia si erano recati in biblioteca.

«Io e Asdrubaleo andiamo a fare rifornimenti di provviste, ci vediamo dopo!» disse Brandir, uscendo dalla grande sala contenente una grande quantità di libri insieme al folletto.

I quattro ragazzi si guardarono e poi si avvicinarono ad Alessandro e Coco.

«Galdor...» bisbigliò Federico.

L'uomo e lo gnomo, a quel nome, rimasero stupiti e turbati. Non riuscirono a dire nulla. Fecero, però, un cenno ai giovani di continuare.

La sera giunse in fretta. Tutto era pronto per la partenza. Brandir fece sapere di aver ingaggiato una guida che li avrebbe condotti fino al Monte Cherubino.

Difatti all'alba, un uomo tarchiato di mezza età, si presentò, come stabilito, davanti alla locanda dove il gruppo alloggiava.

In poco tempo si lasciarono la città alle spalle e proseguirono lungo un impervio sentiero di montagna.

Più si avvicinavano al Monte Cherubino, maggiore era la preoccupazione. L'aria diventava sempre più pesante e l'aura cupa che aleggiava si diffondeva da tutte le parti.

Una strana sensazione, mista di paura ed eccitazione, colse tutti i membri della compagnia.

Presto il pugnale di Caio il Grande sarebbe stato nelle loro mani e tutto sarebbe finito.

«Siamo arrivati. Questa è l'entrata» disse la guida.

«Grazie per averci accompagnato, ci sei stato di grande aiuto» affermò Brandir.

«Ma come? Non prosegue con noi?» domandò preoccupato Giovanni.

«No» fu la secca risposta di Bossolo.

La guida, dopo aver ricevuto una ricompensa per averli condotti fin lì, se ne andò dicendo: «Buona fortuna. Che il cielo vi assista!».

Uno ad uno i membri della compagnia entrarono all'interno del Monte Cherubino. Percorsero un lungo cunicolo al termine del quale trovarono tre biforcazioni.

«Fantastico! E ora in che direzione andiamo?» chiese indispettita Sonia.

Il nano e lo gnomo tastarono le pareti di ognuna delle tre vie e decisero di percorrere quella centrale, in quanto era la più umida. Secondo la logica, quindi, doveva essere la strada giusta per arrivare al Lago Nero.

Proseguendo notarono che delle piccole fiaccole erano state accese lungo il percorso e ciò non fece altro che dimostrare quanto temevano, ovvero che non erano soli: qualcuno abitava all'interno del monte.

«Occhio a dove mettete i piedi. Potrebbero esserci delle trappole» asserì Alessandro.

«È improbabile!» esclamarono all'unisono Coco e Bossolo.

I due si guardarono sorpresi e poi il nano disse sprezzante: «E che cosa può saperne uno gnomo dell'Arcobaleno?».

«Solo perché la mia razza vive all'aria aperta non significa che non conosca le caratteristiche del sottosuolo o delle montagne. Dove pensi che troviamo le pietre preziose? Sotto le foglie?».

«Le vostre conoscenze sono cento volte inferiori a quelle di noi nani e...».

«Finitela. Non è questo il momento di decidere chi delle vostre razze sia più esperta in questa materia. Con le vostre urla non passeremo di certo inosservati» li sgridò Alessandro.

«Uomo, io non prendo ordini da te. E se voglio urlare lo faccio fin che voglio. Non ho paura di chi possa arrivare: chiunque sia dovrà affrontare la mia ascia!».

«Smettila» lo gelò l'elfo.

Il nano mugugnò qualcosa, ma poi fece silenzio. Lo gnomo sorrise soddisfatto per i rimproveri che il compagno aveva ricevuto.

«Anche tu» lo guardò torvo Brandir, cosicché anche Coco ammutolì.

«Che gente!» esclamò Asdrubaleo divertito dalle facce cupe dei suoi due compagni.

Il gruppo proseguì lentamente, prestando attenzione al più piccolo particolare e al più piccolo rumore che potesse rivelare la presenza di un potenziale nemico.

Camminavano ormai da un paio d'ore e la strada sembrava non finire mai.

Arrivarono in un piccolo spiazzo e con loro grande sorpresa scoprirono che era un vicolo cieco: non una via sembrava esserci.

«Accidenti, abbiamo preso il sentiero sbagliato» sbuffò Sonia stanca di camminare. «Ora ci tocca fare il percorso all'indietro e scegliere un'altra strada, uff».

«No, questa è la strada giusta» esclamarono di nuovo all'unisono Coco e Bossolo.

«Una cosa sensata l'hai detta, gnomo, finalmente».

«Ne ho dette tante di cose sensate, a differenza tua...».

Prima che il nano potesse ribattere, Federico si fece avanti e disse: «Magari il modo per proseguire c'è... Ci potrebbe essere un passaggio segreto o qualcosa di simile».

«All'interno di una montagna?» domandò scettico Giulio.

«Perché no? In fondo di cose strane ne abbiamo viste parecchie, basta guardare loro» - e indicò i quattro abitanti della Terra dell'Infinito, escludendo Alessandro - «senza offesa».

Ad un cenno di Brandir tutti si misero a tastare il terreno, sperando di trovare una qualche apertura nascosta.

«Niente, non c'è niente!» quasi gridò Giovanni per l'amarezza di non aver trovato nulla.

Stavano per tornare indietro quando sentirono un tremolio proveniente dall'alto. All'improvviso il terreno sopra di loro si sgretolò e qualcosa, o meglio qualcuno, cadde.

Spostatisi in tempo per non venire travolti, sentirono un gran tonfo.

Si avvicinarono con cautela e scorsero la figura di un uomo.

«Forse mi sbaglio, ma quello non è un pirata?» domandò strabuzzando gli occhi Asdrubaleo.

Gli altri otto membri della compagnia lo osservarono con attenzione, soprattutto i quattro giovani.

L'uomo aveva folti capelli neri raccolti in tante piccole trecce. La barba era del medesimo colore e parte di essa era stata raccolta per formare due trecce legate da un perla. Portava un orecchino d'oro all'orecchio destro e le sue mani erano piene di preziosi anelli. Legata alla cintura vi era una spada dall'ottima forgiatura: l'impugnatura era finemente lavorata ed al centro era incastonato un rubino. Da una seconda cintura pendevano tre pugnali sontuosamente rifiniti, un quarto era attaccato allo stivale. Probabilmente le armi erano molte di più: chi ha mai visto un pirata con solo cinque mortali strumenti? Un cappello nero gli copriva la testa.

«Si, sembra proprio un pirata» concordò Alessandro.

«E che ci fa qui? Non mi sembra un posto adatto ad uno come lui» disse Giulio.

«Ma secondo voi è vivo? Non si muove» notò Sonia.

Il folletto, curioso per natura, si avvicinò all'uomo e vide che stringeva tra le mani un grande sacco. Allungò la mano per vedere di che cosa si trattasse, quando qualcuno gliela afferrò.

«È vivo» urlarono tutti.

«Giù le mani dal mio tesoro piccoletto» esclamò acidamente il pirata.

Quest'ultimo, dopo un po', si accorse di essere circondato.

«Beh, perché mi guardate così? Che volete da me?».

«Che cosa c'è la sopra?» chiese Brandir. «Hai visto forse un lago?».

Il bucaniere non rispose.

«Ti conviene parlare se non vuoi assaggiare la mia ascia» si intromise Bossolo.

«O le nostre spade» continuò Giulio.

Ancora silenzio.

Sonia estrasse la spada e menò un fendente contro il sacco dell'uomo: fuoriuscirono alcune perle.

«Brutta mocciosa, come hai osato?» strillò il pirata alzandosi all'improvviso e cercando di colpire la ragazza con la sua sciabola. L'elfo si mise in mezzo, parò il colpo e lo disarmò.

«Grazie» sussurrò la giovane.

Brandir le sorrise e poi tornò a concentrasi sull'uomo: «O rispondi alle mie domande, o vedi quello che ti succederà».

«V-va bene». Il pirata raccontò di com'era entrato nel Monte Cherubino, di trovarsi lì perché aveva avuto notizia della presenza di un immenso tesoro e di averlo trovato. Tuttavia non aveva visto nessun lago.

«Però, forse, potrebbe trovarsi nell'altro cunicolo. Io sono andato in quello di sinistra, perciò provate ad andare in quello di destra».

«Bene, grazie per le informazioni. Per il tuo bene mi auguro che tu non ci abbia mentito».

«No no, lo giuro sul mio onore».

«Qual è il tuo nome?» chiese Alessandro.

«Sono Edoardo il Temerario».

«Non mi sembra tanto un nome da pirata» bisbigliò Federico.

«Possiamo fidarci. Ho sentito parlare di lui. Pare che sia il capitano di una delle migliori ciurme della Terra dell'Infinito. Il suo nome completo è Edoardo Insegna» raccontò Alessandro.

«Esattamente. Ora che ti guardo meglio, il tuo volto mi sembra familiare...».

«Ti stai confondendo con qualcun altro» si affrettò a rispondere.

Accomiatatisi dal pirata, si arrampicarono sulla corda fissata dall'elfo con una freccia e arrivarono dove si trovava Edoardo il Temerario prima di precipitare.

L'ultimo a salire fu Alessandro.


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top