L'incubo si ripete
I gemelli Potter avanzavano con decisione lungo il prato erboso che si arrampicava sulla collina, sulla cui sommità sorgeva una vecchia catapecchia dai muri scrostati e le finestre inchiodate. La sua sagoma scura e contorta metteva letteralmente i brividi. Susan non riusciva a capire come i suoi amici non ne fossero minimamente intimoriti. Ron e Hermione camminavano al suo fianco, rivolgendosi di tanto in tanto qualche parola.
–Ci ha seguiti qualcuno? – chiese Harry non appena arrivarono sulla sommità della collina.
–No – rispose Hermione gettandosi una rapida occhiata alle spalle.
–Bene – si rivolse a Susan. – So che ciò che potresti vedere potrebbe sconvolgerti, ma ti posso assicurare che non c'è nulla da temere. Sirius è una delle persone migliori che conosco. Ma devi promettere che non rivelerai a nessuno ciò che accadrà oggi. Puoi farlo?
La ragazza si sentì stringere lo stomaco in una morsa. Sapeva che ciò che stavano facendo andava ben oltre il regolamento scolastico. Avevano rubato dalle cucine del castello e si erano allontanati dai compagni in gita a Hogsmeade, raggiungendo una parte del villaggio il cui accesso era precluso a tutti gli studenti. E ora si sarebbero incontrati con l'uomo più ricercato d'Inghilterra. Fantastico.
–Mi fido di voi – rispose timidamente.
–Stai tranquilla – la rassicurò Jane prendendola sottobraccio. – Harry, facci strada.
Il ragazzo aprì una piccola porta sconnessa. Gli altri lo seguirono ansiosi all'interno della catapecchia. L'interno era sudicio e ricoperto di ragnatele. Deboli filamenti di luce penetravano dalle imposte chiuse malamente, illuminando simili a squarci incandescenti le stanze avvolte dalla penombra. Un terribile odore di polvere e stantio penetrava fin dentro le narici. Dava quasi la nausea. Ma la cosa più inquietante erano i mobili, rovesciati e squarciati. Susan non osò immaginare quale mostruosa creatura fosse stata in grado di compiere quello scempio. Rabbrividendo, la ragazza estrasse la bacchetta dalla borsa, pronta a fronteggiare qualsiasi cosa la stesse aspettando nascosta negli anfratti di quel posto orrendo.
Il quintetto aveva preso ad arrampicarsi su una stretta rampa di scale di legno, i loro passi che scricchiolavano pericolosamente sulle assi consumate dai tarli.
Speriamo che non crollino sotto il nostro peso, pensò Susan con orrore, cercando di arrivare in cima il prima possibile.
Uno zampettare convulso da qualche parte nel soggiorno sottostante la fece sobbalzare per la paura: sicuramente quel posto pullulava di topi, di cui la ragazza aveva una paura ingovernabile.
Finalmente, i ragazzi raggiunsero il pianerottolo, entrando in quella che un tempo doveva essere una camera da letto. Sul pavimento polveroso era accovacciato un grosso cane nero dal pelo ispido, il lungo muso a punta appoggiato sulle zampe anteriori. Non appena li vide entrare, il segugio drizzò la testa e corse loro incontro abbaiando. Non li aveva ancora raggiunti quando, in meno di un attimo, il suo corpo prese ad allungarsi a vista d'occhio, trasformandosi completamente: al suo posto comparve un uomo sui quarant'anni dalla lunga chioma scura e arruffata. I suoi occhi neri fiammeggiavano di un ardore selvaggio e il suo portamento fluido ed elegante aveva qualcosa di profondamente nobile, nonostante il suo corpo fosse segnato da dodici interminabili anni di prigionia.
–Sirius! – gridarono i ragazzi correndo ad abbracciarlo tutti insieme.
Susan rimase a osservarli in disparte, non senza trattenere un moto di tenerezza: i suoi timori erano scomparsi come la neve al primo sole. In fondo, i gemelli avevano ragione su Sirius. Nonostante l'aspetto inquietante, era davvero una brava persona.
–Ragazzi, quanto tempo! – esclamò il mago prorompendo una risata simile a un latrato. – Come state? Non posso lasciarvi soli un attimo, accidenti! – poi il suo sguardo cadde verso Susan, che si ritrasse prontamente nell'ombra. – E chi è questa damigella? – chiese incuriosito.
–Oh, lei è Susan Pevensie, una nostra carissima amica – rispose Jane invitando l'altra ad avvicinarsi. – Ѐ la ragazza di cui ti ho parlato nella lettera.
–Oh – Sirius si fece serio, lanciandole un'occhiata comprensiva. – Credo che sia il caso di parlarne, allora. Siete venuti per questo, no? E poi non abbiamo molto tempo...
Si sedettero in cerchio sul pavimento, stringendosi attorno al mago.
–Tieni – disse Harry porgendogli la bisaccia che portava al collo. – Visto che hai deciso di stabilirti qui per i prossimi giorni, volevamo assicurarci che comunque avessi un minimo di comodità.
–Che cos'è?
–Cibo. Lo abbiamo preso dalle cucine questa mattina. E anche un paio di coperte per la notte. Dobby ci ha coperto le spalle.
A quelle parole, Susan sorrise tra sé e sé. Dobby era un elfo domestico che lavorava nelle cucine di Hogwarts. Era molto amico di Harry, che due anni prima lo aveva liberato dai Malfoy. Infatti, nel mondo magico gli elfi domestici erano considerati dei veri e propri servi. Dobby era a dir poco un ribelle, se non l'unico della sua specie a percepire un vero e proprio stipendio da Silente in persona. L'unica che sembrava aver preso a cuore la sua causa era proprio Hermione, che all'inizio di quell'anno aveva fondato il C.R.E.P.A., una piccola associazione volta alla liberazione degli elfi domestici. Al momento, gli unici membri erano loro cinque, di cui Susan era l'unica a essersi iscritta volontariamente. Non capiva perché i suoi simili trovassero ridicola tutta quella faccenda. Per non parlare degli elfi domestici, che sembravano temere la libertà più di ogni altra cosa.
–Pollo e crostate alla crema! – esclamò Sirius deliziato mentre apriva la bisaccia. – Grazie, ragazzi! Anche se qualcuno ha già pensato alla mia sistemazione...
–Silente sa che sei qui? – chiese Harry.
–Oh, ma certo! Anzi, è stato lui a predisporre tutto quando ha saputo che sarei rimasto per qualche giorno. Mi ha fatto sistemare una stanza qui accanto e manda Hagrid tre volte al giorno a portarmi qualcosa da mangiare – rispose il padrino soddisfatto.
–Credo sia impossibile nascondere qualcosa a Silente – osservò Jane sorridendo.
–Ma veniamo a noi – proseguì Sirius rivolgendosi alla ragazza. – Dunque avete deciso di indagare sulle sparizioni senza chiedere la consulenza del Ministero?
–Diciamo che è una cosa che ci sta molto a cuore, dal momento che quattro anni fa siamo stati rapiti da Alhena – rispose lei.
–Cosa? – a quelle parole, Sirius sbiancò. – Non me l'avete mai detto!
–Allora non sapevamo neanche di essere fratelli, io e Harry. Ce la siamo cavata per pura fortuna. Era l'epoca delle sparizioni di figli di Babbani, proprio come adesso. Anche il fratellino di Susan è scomparso in quel periodo.
–Sì, mi ricordo – mormorò il mago. – Ho seguito tutta la vicenda da Azkaban. Dopo diversi mesi di inutili ricerche, gli Auror misero dentro una vecchia squilibrata, che tra l'altro non era neanche una Mangiamorte. Ma non avrei mai creduto che la colpevole fosse proprio mia cugina. Bellatrix non ha mai fatto parola di una cosa del genere. E poi, io ero convinto che fosse partita per l'Albania.
–Ti ripeto, somiglia moltissimo alla donna che abbiamo visto nel Pensatoio di Silente. Bellatrix Lestrange si chiama, se ricordo bene – disse Jane.
–Per questo ho deciso di portare qualcosa che potrebbe aiutarci – intervenne Sirius estraendo un grosso volume dal mantello. – In questi mesi, ho avuto modo di tornare dalle mie parti. Per fortuna, il vecchio album di famiglia non è andato perduto, nonostante i miei genitori e mio fratello siano morti da parecchi anni.
I ragazzi gli si strinsero attorno ancora di più, ansiosi di arrivare finalmente a capo del mistero. Sirius pose il vecchio volume al centro del pavimento, prendendo a sfogliarlo lentamente. – Ecco, lei è Alhena – disse a un certo punto, indicando una foto in bianco e nero sbiadita dal tempo.
Quattro ragazze vestite di nero fissavano l'obiettivo con un'espressione torva scolpita sui lineamenti diafani, perfetti. I loro abiti e le loro acconciature facevano difficilmente credere che lo scatto fosse stato realizzato neanche trent'anni prima. Alhena era la più alta, il corpo esile e flessuoso fasciato da un lungo abito di velluto nero che le arrivava fino ai piedi. I lunghi capelli corvini e lisci erano sciolti sulle spalle, scivolando ai lati dell'ovale perfetto del viso, su cui si spalancavano due grandi occhi scuri, pervasi da una luce fiammeggiante. Era di una bellezza selvaggia, di quelle che lasciavano sconcerto e turbamento negli occhi di coloro che avevano la sfortuna di incrociare il suo sguardo, uomini o donne che fossero. In quella foto dimostrava sì e no vent'anni, eppure il male sembrava già profondamente radicato in quel corpo apparentemente così esile e fragile.
–Ѐ lei – sussurrò Jane a mezza voce. Aveva i brividi.
Al suo fianco, Harry annuì lentamente.
Sirius si passò una mano sulla fronte, scostandosi una ciocca di capelli scuri che gli era scivolata davanti al volto. – Dunque la sua follia è arrivata a questo – sussurrò.
–Spiegati meglio.
–Alhena è la maggiore delle figlie di mio zio Cygnus, il fratello di mio padre – prese a raccontare l'altro. – A trent'anni sposò Druella Rosier, discendente di una delle più antiche e aristocratiche famiglie di maghi d'Inghilterra. Lei aveva appena quindici anni, ma il suo matrimonio con mio zio era stato stabilito dalle nostre famiglie sin dalla sua nascita. Sapete, la priorità delle famiglie purosangue è quella di mantenere il sangue puro. Ecco perché si sposano tutti tra di loro, molte volte tra gli stessi consanguinei. Non bisogna perciò stupirsi di certi risultati – fece una smorfia. – Nonostante zia Druella fosse di costituzione minuta ed esile, in realtà era una donna estremamente fredda e crudele, temprata dalla spietata morale delle antiche tradizioni, con cui allevò con durezza tutte e quattro le figlie. E in casa Black la disciplina e il senso del dovere non dovevano mai mancare. La famiglia era sacra e nulla, dico nulla, andava anteposto a essa. Il padre e la madre erano come due sovrani e i figli erano votati al massimo dell'obbedienza, anche a costo della vita. La nostra educazione prevedeva una rigidissima etichetta e un codice comportamentale che non doveva essere mai infranto in alcun modo. Noi avevamo un onore da proteggere a qualunque costo e un nome da far rispettare e temere da tutti. Per tutta la vita non hanno fatto altro che ripeterci che noi siamo gli ultimi discendenti di una stirpe nobilissima, minacciata e perseguitata da un mondo corrotto popolato da traditori del proprio sangue. Per questo in casa Black non era considerato un crimine uccidere i Babbani. Il sangue e la violenza facevano parte della quotidianità. Quando uno dei nostri elfi domestici diventava troppo vecchio per portare i vassoi da tè, zia Druilla lo faceva decapitare in giardino e ne appendeva la testa in corridoio. Ogni mancanza nel nostro comportamento era pagata con punizioni durissime.
La nostra vita era un inferno. Alcuni, come me e mia cugina Andromeda, non ce l'hanno fatta e si sono ribellati alla nostra famiglia, scatenando la peggiore delle condanne da parte loro. Non vi dico neanche che cosa ci farebbero se ci trovassero. Ѐ una cosa talmente orrenda che non mi va di parlarne. Altri, invece, come Alhena e Bellatrix, furono talmente traviate da tutto quell'eccesso di violenza e ideali senza alcun fondamento, che presto da vittime si trasformarono in carnefici, seguendo la strada che zia Druilla aveva preparato per loro. Entrambe due streghe eccezionali, tutte e due assegnate a Serpeverde non appena il Cappello Parlante sfiorò le loro teste, non ebbero però il rapporto sereno che lega solitamente due sorelle. L'educazione d'altri tempi che aveva ricevuto mia zia, infatti, prevedeva che nella prole sopravvivesse il più forte e non necessariamente doveva essere il primogenito. Per questo aveva trovato un modo estremamente sottile quanto perverso di mettere le figlie una contro l'altra, per vedere, alla fine, chi sarebbe stata l'unica degna discendente dei Black.
Alhena era nata per prima e per questo aveva tutti gli agi e le attenzioni di nostra madre. Per contro, però, doveva mostrarsi sempre all'altezza delle aspettative della famiglia, primeggiando in tutto, senza mai vacillare. Lei era l'esempio, la perfezione. Le altre venivano dopo. Compresa Bellatrix, di un anno più giovane. Oh, tra loro due c'era una guerra continua. Non c'era risultato raggiunto da Alhena che Bellatrix non eguagliasse immediatamente. Non c'era mai pace, tra le mura domestiche. Non appena Bellatrix compiva qualcosa degno di lode, subito mia zia lo sbandierava ai quattro venti in maniera esagerata, tormentando in particolar modo Alhena, che si trovava ogni volta costretta a superarla, se non voleva perdere la sua benevolenza. Perché lei sapeva bene cosa succedeva a far perdere la pazienza a sua madre. Non so quante volte, durante la sua infanzia, la zia la fece rinchiudere in cantina per giorni interi. Più di una volta, per cose da poco, le scagliò contro la Maledizione Cruciatus.
–Che cosa? – esclamò Jane sconvolta.
–Vi ripeto, per anni ci fecero credere che fosse una cosa normale – riprese Sirius. Il suo volto era segnato da rughe profonde, come se fosse improvvisamente invecchiato. Era evidente che ridestare quei terribili ricordi era per lui una fonte di dolore indescrivibile. – Fortunatamente, la spirale d'odio che logorava le due maggiori non sembrò avere effetti sulle sorelle più piccole, Andromeda e Narcissa. Evidentemente, zia Druilla le manteneva come pedine di riserva, in caso Alhena e Bellatrix avessero fallito. Questo allentamento di attenzioni fece sì che Andromeda, non senza il mio aiuto, fuggisse di casa e si sposasse con Theodore Tonks, un uomo privo di poteri magici ma dal grande cuore. Silente in persona si offrì di nasconderla nei primi tempi. Ebbero anche una figlia. Ora dovrebbe avere una ventina d'anni, più o meno. Narcissa, invece, non ebbe mai un carattere particolarmente avventato. Visse sempre all'ombra di Bellatrix, che venerava e temeva allo stesso tempo.
Una volta che Voi-Sapete-Chi salì al potere, le mia famiglia si schierò immediatamente al suo fianco. La loro folle idea di purificare il mondo da Babbani e Mezzosangue sembrava diventare finalmente realtà. Alhena e Bellatrix diventarono le Mangiamorte più devote e compirono crimini inenarrabili. Ma non pensavo che una di loro potesse proseguire un massacro sistematico di giovani innocenti dopo la caduta di Voi-Sapete-Chi.
–Perché? – chiese Jane. – Insomma, i presupposti per una cosa del genere ci sono tutti.
–Quando Voi-Sapete-Chi cadde, tra i suoi seguaci si scatenò il panico – spiegò Sirius. – Erano quasi tutti convinti che il loro padrone fosse spacciato e per questo si adoperarono per scagionarsi. I più si giustificarono dicendo di essere sotto la Maledizione Imperius mentre trucidavano Babbani a sangue freddo e molti di loro oggi lavorano al Ministero.
–I Malfoy – commentarono all'unisono Harry e Ron.
–Altri, invece, continuarono a coltivare la speranza del suo prossimo ritorno. Erano in pochi, dal momento che i seguaci di Voi-Sapete-Chi lo facevano più per paura che per sincera devozione. Ma tra questi c'erano dei folli che nutrivano un attaccamento nei suoi confronti che nemmeno immaginate. Qualcosa di ossessivo, disperato. Tra questi c'erano le mie cugine. E qui accadde qualcosa di veramente strano – a quel punto, Sirius tacque per qualche attimo, un'espressione pensosa che gli adombrava il volto; poi proseguì: – Circa un anno prima della caduta di Voi-Sapete-Chi, le mie cugine sparirono nel nulla. Alhena, che, a differenza delle sorelle, non si era mai sposata, né sembrava intenzionata a mettere su famiglia, così dedita com'era al suo signore, abbandonò la sua casa senza preavviso e nessuno ne ha più saputo nulla da allora. Bellatrix la seguì circa due mesi dopo e per quasi un anno se ne sono perse le tracce. Al suo ritorno, poco tempo prima della caduta di Voi-Sapete-Chi, ci disse che era andata in missione per suo conto e che aveva incontrato Alhena in Albania.
Il resto della storia lo sapete. Bellatrix fu arrestata e condannata alla prigione a vita per le torture ai coniugi Paciock. Alhena, be', di lei nessuno ha più saputo nulla. Nemmeno i suoi compagni Mangiamorte, con cui dividevo la cella, me ne hanno mai parlato. La odiavano. Era la serva più fedele di Voi-Sapete-Chi, tutti invidiavano la sua posizione. Ma, conoscendo la sua astuzia e lungimiranza, sono sicuro che, ovunque essa sia, ha un piano ben preciso. Qualcosa che potrebbe aiutare il suo signore a tornare. Vista la situazione, forse lei era già a conoscenza che sarebbe caduto. Del resto, le voci non dicono che Voi-Sapete-Chi si sia rifugiato proprio in Albania? Ѐ evidente che lei lo stava già aspettando. E sicuramente ora lo sta nascondendo e se ne sta prendendo cura, preparando la prossima mossa. Per questo dico che mi sembra assurdo che ci sia lei dietro questi omicidi, sia in questo che nell'altro caso. Non è un tipo che si abbassa al livello di un criminale qualunque, per quanto spietata e squilibrata. Forse Bellatrix avrebbe fatto una cosa del genere, ma sono sicuro al cento per cento che si trova ermeticamente sigillata dietro tonnellate e tonnellate di pietra e acciaio, nel cuore del Mare del Nord, dove non può far del male a nessuno.
–Eppure, a quanto pare, è stata proprio Alhena l'autrice delle prime sparizioni – intervenne Jane. – In queste ultime, però, sembra che ci sia dietro un'altra persona.
–Sì, sono riuscito a sgraffignare qualche giornale, negli ultimi tempi – rispose Sirius. – Una donna vestita di bianco. Strano.
–Forse, dovendo occuparsi di Voldemort, ha deciso di farsi aiutare da qualcuno – ipotizzò Harry.
–Mi sembra alquanto improbabile. Alhena non ha mai voluto gente tra i piedi, ha sempre preferito agire da sola. Sapeva che gli altri Mangiamorte erano molto inclini al tradimento.
–A meno che non abbia qualcosa di più importante a cui pensare – disse Hermione. – Voglio dire, se si sta occupando di Voldemort e, di conseguenza, anche a dare la caccia a Harry, non pensate che possa essere stata lei a mettere il suo nome nel Calice di Fuoco?
Improvvisamente calò il silenzio, tutti gli sguardi puntati su di lei.
–E come avrebbe fatto a entrare nel castello, scusa? – domandò Ron perplesso.
–Crouch! – esclamò Jane. – Controllava Crouch tramite la Maledizione Imperius. Ci posso scommettere che è stato lui a mettere il nome nel Calice. Peccato che sia andato fuori di testa e per di più l'abbiamo visto tutti.
–Ma come faceva a controllarlo? Sicuramente deve trovarsi nei dintorni, per riuscirci – osservò Susan.
–Escludo possa trovarsi qui a Hogsmeade, non con Voldemort al seguito e magari qualche prigioniero da nascondere – disse Harry.
–Dimentichi che quattro anni fa Voldemort non ha avuto problemi a intrufolarsi a Hogwarts senza che nessuno se ne accorgesse – intervenne Jane in tono polemico.
–Questa volta è diverso. Raptor era un professore, mentre Alhena è ricercata.
–Potrebbe usare la Pozione Polisucco.
–Per tutto questo tempo?
–Perché no?
–E da chi sarebbe camuffata, scusa? No, è troppo complicato.
–Sirius, a te non viene in mente niente? – azzardò Hermione.
–Mmmm...
–Dove vi ha portati Alhena quando vi ha rapiti? – chiese Susan rivolta ai gemelli.
–Sembrava un vecchio chalet abbandonato. Comunque, quando gli Auror sono intervenuti, non hanno trovato nessuno. Per precauzione, hanno distrutto la casa, per evitare che tornasse – rispose Harry.
–Complimenti per l'ennesima trovata del Ministero della Magia! – esclamò Sirius in tono sarcastico.
–Dove viveva, quando era ancora in Inghilterra? – chiese Hermione.
–Una volta maggiorenne, mio zio le regalò la tenuta di campagna nei dintorni di Cambridge – rispose il mago. – Si trovava in una zona di campagna e si poteva raggiungere solo pronunciando una parola d'ordine precisa. Era per scongiurare le visite indesiderate – girò diverse pagine dell'album fotografico, fino a fermarsi a una grande stampa in bianco e nero nascosta nelle ultime pagine. Raffigurava una pianta dell'Inghilterra, in cui erano segnate con piccoli cartigli le varie residenze dei Black sparse per il paese. – Ecco, dovrebbe essere questa – disse indicando la didascalia più vicina a Cambridge. – Ma è lontano, molto lontano da qui.
–Sempre più vicino dell'Albania – commentò Harry.
–Ehi, mi è venuta un'idea! – esclamò Hermione. – Se solo sapessimo dove abitava il signor Crouch...
–Ah, lo conoscevo bene, il signor Crouch, dal momento che è stato lui a sbattermi in galera! – intervenne Sirius in tono amaro. – E, ora che mi ci fate pensare, non abitava molto lontano da Cambridge.
–L'abbiamo in pugno! – esclamò Hermione lanciando un'occhiata d'intesa a Jane. – Alhena si trova lì.
–Non ne siamo sicuri, però – osservò Ron.
–Però è molto probabile – disse Sirius. – Se assomiglia alle altre tenute dei Black, è perfetta per i suoi scopi. Ѐ protetta benissimo, ha degli ambienti vastissimi e confortevoli, senza contare dei sotterranei nascosti e insonorizzati, perfetti per imprigionare qualcuno. Temo che siamo sulla pista giusta. Alhena è tornata a casa e non oso pensare a che cosa stia tramando. Dobbiamo assolutamente fermarla!
–Bisogna avvertire Silente! – esclamò Harry. – Prima che faccia altre vittime.
–Prima della terza prova – sottolineò Sirius. – Perché, se ha deciso di ucciderti, stai certo che aspetterà quella notte per agire. Dobbiamo essere tutti al tuo fianco, per allora. A meno che non riusciamo a catturarla prima.
–Torniamo al castello – sentenziò Jane levandosi in piedi. – Se ci muoviamo ora, avremo più possibilità di batterla sul tempo.
–Buona idea. Ma non tentate mosse avventate – si raccomandò Sirius.
Improvvisamente, i minuti avevano preso a correre come cavalli al galoppo. Dopo delle rapide raccomandazioni, i ragazzi si congedarono da Sirius, uscendo dalla Stamberga Strillante e precipitandosi alla volta del castello.
–Ve l'avevo detto che la Strega Suprema esisteva davvero – disse Jane in tono petulante mentre si slanciava lungo il sentierino sterrato che collegava Hogwarts a Hogsmeade.
–Ah, sta' zitta e corri! – la rimbeccò Hermione. – Se non fosse stato per me, a quest'ora staremmo ancora tutti a lambiccarci il cervello inutilmente.
In tutto questo, Susan restava in disparte, correndo a pochi metri di distanza dai suoi amici. Finalmente, la misteriosa rapitrice di suo fratello aveva un nome e un cognome. E, forse, presto sarebbe stata consegnata alla giustizia. A quel pensiero, il suo cuore mancò un paio di battiti. Finalmente avrebbe avuto la sua vendetta. Per anni era stato il suo pensiero fisso, la sua maledizione. Ma che cosa avrebbe fatto una volta che Alhena Black fosse stata catturata? Ci sarebbe stato un processo a cui avrebbe dovuto presenziare, insieme alle famiglie delle altre vittime. Si sarebbe trovata a pochi metri da lei, così vicina da poterla toccare, da poterle affondare le unghie in quelle guance di marmo, strapparle i capelli e sentirla urlare a pieni polmoni, così come aveva torturato quei poveri innocenti in tutti quegli anni, godendo del suo dolore, sorda alle sue implorazioni di pietà. E poi, l'avrebbero sbattuta ad Azkban. Forse un Dissennatore le avrebbe risucchiato via l'anima, come prescriveva il massimo della pena in quella prigione. Troppo poco, per una come lei. In quel momento, Susan comprese quanto i Babbani avessero ragione a bruciare vivi i mostri come quella donna, dopo che avevano terrorizzato la loro comunità con le loro sanguinarie stregonerie. La sola immagine di Alhena Black legata a un palo, con le prime fiamme che le lambivano l'abito nero, la riempì di un'eccitazione amara quanto intensa.
Un attimo dopo, Susan si fermò lì dov'era, impietrita dall'orrore. Era nauseata da se stessa, da quello che aveva potuto pensare in quei minuti interminabili. Aveva augurato morte e sofferenza a un altro essere vivente, per quanto malvagio. Se solo avesse potuto, gli avrebbe arrecato un danno due volte peggiore di quello che aveva provocato alla sua famiglia. E ne sarebbe stata contenta. Per un attimo, aveva pensato come Alhena Black. Quella donna era un demonio: anche il suo solo pensiero portava al male.
–Sue, sbrigati! – la chiamò Jane a una decina di metri di distanza.
Come se avesse preso la scossa, Susan scattò in avanti, gettandosi all'inseguimento degli amici. Dopo pochi minuti, giunsero in vista del castello. Ancora sudati e scarmigliati, i ragazzi superarono la Sala d'Ingresso e si arrampicarono su per la prima rampa di scale, andando quasi a sbattere contro la professoressa McGranitt. Al suo fianco c'era Peter, più pallido che mai. Aveva un'espressione indecifrabile dipinta nei suoi occhi azzurri.
–Signorina Pevensie, tu e tuo fratello dovete andare immediatamente dal Preside – disse la strega. Qualcosa nel suo sguardo e nel tono controllato della voce fece accapponare la pelle a tutti loro.
Susan prese a sudare freddo, avvertendo che il terreno le mancava sotto i piedi. Lo sapeva, lo leggeva nei loro sguardi, nelle labbra serrate che non riuscivano a trovare le parole giuste per rivelarle la terribile verità.
Poi Peter si fece coraggio.
–Hanno preso Lucy – disse con un tono innaturale, non suo.
Poi scoppiò in un pianto disperato.
*** Angolo Autrice ***
Be', con un capitolo del genere, l'albero genealogico della famiglia Black non poteva proprio mancare! xD Come state? Vi rubo ancora qualche riga, come ho già accennato sulla mia pagina Facebook è un periodo veramente turbolento ed è un miracolo se riesco a trovare cinque minuti per aggiornare!
Finalmente sappiamo chi c'è dietro le sparizioni, ma lo stesso Sirius non sa tutta la verità... E voi, avete già qualche supposizione a riguardo? In attesa di avere ulteriori sviluppi nel prossimo aggiornamento, volevo intanto ringraziare tutti voi che state seguendo questa storia: grazie, grazie, grazie! <3
Se avete voglia di lasciarmi un piccolo commento o una stellina, sappiate che mi farebbe davvero piacere!
Un abbraccio e buon inizio settimana,
F.
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