~4. Ꭵᒪ ᖇᗴ~

Più tardi Vladimir si era recato dal Re, molto in ritardo rispetto all'orario prefissato. Quando aveva deciso di seguire quella strana ragazza, sapeva che avrebbe dovuto affrontare il disappunto del sovrano, ma essendo uno dei vampiri più antichi e più potenti, era consapevole che non sarebbe stato un grosso problema, se non quello di dover affrontare la rabbia momentanea. Ma non sarebbe andato oltre. Lo osservava passeggiare avanti e indietro nel salotto della sua casa a Roma. Per qualche ragione era un incontro privato, nel suo appartamento piuttosto che nel maniero abbandonato che aveva trasformato nella sua reggia.

Sapeva che il Re non era infuriato solo per il ritardo, ma anche per non aver ricevuto risposta alle tante chiamate che gli aveva fatto.

Mentre seguiva Luna, ad un certo punto aveva impostato il silenzioso del suo telefono, per non continuare a sentire la suoneria e per non attirare l'attenzione su di se. Era rimasto ad una distanza di sicurezza, tanta da non farsi vedere ma da non perderla di vista.

Aveva assistito al momento in cui era stata derubata, osservando le sue reazioni ma senza intervenire. Se lo avesse fatto, lei si sarebbe accorta di lui, e avrebbe dovuto parlarci, ma la cosa non era nei suoi piani. L'aveva seguita fino a casa sua, scoprendo il posto in cui abitava. Almeno sapeva dove avrebbe potuto trovarla per qualsiasi evenienza. Era rimasto per un po' di tempo in strada, sotto la sua finestra, tanto da riuscire ad ascoltare la conversazione con la sorella. E dopo aver ottenuto informazioni sufficienti, se ne era andato, recandosi all'incontro col suo Re.

«Sei in ritardo!»

Aveva sbraitato quando gli aveva aperto la porta. Vladimir era entrato e il Re aveva richiuso la porta sbattendola.

«Ho avuto un imprevisto.»

Non era certo di voler raccontare dell'accaduto, soprattutto, voleva mantenere segreto il motivo del suo ritardo. Se avesse raccontato della ragazza con quel sangue particolare, il Re l'avrebbe voluta, e non era ancora certo che fosse una buona idea. Non prima di aver scoperto chi lei fosse in realtà. Non gli era chiaro quale fosse il vero motivo per cui gli interessasse.

Oltre ad avere un sangue interessante, lei era molto bella, e non avrebbe nascosto a se stesso di esserne intrigato. Anche se inutilmente; sapeva che non avrebbe mai potuto avere niente a che fare con quella ragazza. Ma qualcosa avrebbe dovuto fare, per qualche assurda ragione, non riusciva a togliersela dalla testa, nemmeno in quel momento. Guardava il suo Re, ma tutto quello a cui riusciva a pensare era la ragazza.

Non sapeva in che modo era riuscito a resistere alla brama di sangue che lo chiamava, eppure lo aveva fatto, aveva lottato contro l'impulso di ucciderla e berne tutto il sangue, soprattutto nel momento in cui lo aveva assaggiato.

«Vorrei capire che genere di imprevisto ti ha causato un ritardo di due ore, Vladimir!»

Già, cosa avrebbe detto? Niente, si sarebbe limitato ad alzare le spalle.

«Certo, le tue solite caccie notturne. Mi chiedo fin dove ti sei spinto questa volta, e quante persone hai fatto fuori. Cerca di fare attenzione e di non destare sospetti.»

Per sua fortuna il Re aveva tratto una conclusione a caso, basandosi sul suo stile di vita. In realtà aveva cacciato la notte precedente, ma non come al suo solito; si era limitato a dissanguare un uomo, di cui nessuno avrebbe sentito la mancanza, ne era certo. Non aveva nemmeno avuto l'intenzione di nutrirsi, ma quelle circostanze erano diverse, e la sua vittima se lo meritava.

Era capitato per caso in periferia, incuriosito da un nuovo pub che aveva aperto di recente, voleva vedere se avrebbe potuto usarlo come zona di caccia. Di solito le sue vittime le conosceva nei locali, le convinceva ad appartarsi, e poi dava il via alle danze. Non quella sera, era solo in avanscoperta, e tutto quello che voleva fare si limitava al semplice svago.

Ma aveva sentito dei rumori provenire dall'esterno, con tutta la musica martellante che suonava, e a quel punto era uscito. Il retro del locale dava su una via sperduta, su cui non si affacciava nessuna abitazione, e proprio lì un uomo stava trattenendo una ragazza, che avrà avuto massimo diciassette anni. Mentre quell'uomo sembrava essere molto più grande, quasi sulla cinquantina. Era ubriaco, e stringeva le braccia della poverina talmente tanto forte da farla piangere.

Di solito si faceva gli affari suoi, ma quando aveva sentito il rumore dello schiaffo e della zip dei jeans di lei che veniva quasi strappata, era intervenuto. Se c'era una cosa che non sopportava, era lo stupro. Non l'aveva mai tollerato, in nessun momento della sua esistenza. Così si era avvicinato, e quel depravato con l'alito che sapeva d'alcool, gli aveva intimato di andarsene. In quel momento lo aveva afferrato per il collo, mentre la ragazza si tirava su, si richiudeva i jeans e fuggiva.

Non aveva cacciato come al solito. Non lo avrebbe inseguito, non gli andava. Non quella sera. Così senza pensarci due volte, gli tappò la bocca e affondò i suoi canini nel collo di quell'essere ripugnante. Una volta finito bruciò il corpo, gettandolo in un cassonetto. Non gli interessava se lo avrebbero ritrovato, non aveva lasciato nessun segno che indicasse il dissanguamento. Avrebbero indagato su un omicidio, senza mai trovare il colpevole.

«Di che si tratta, perché mi hai fatto venire?»

Tra tutti i vampiri era l'unico che osava rivolgersi così al suo Re, ma era anche l'unico che non veniva ucciso per un oltraggio del genere. L'altro gli fece cenno di accomodarsi sul divano, sul tavolino basso c'erano due bicchieri e una bottiglia di vetro contenente sangue. Sempre più spesso i vampiri ricorrevano alle sacche di sangue, ma non il Re. Ogni bottiglia della sua cantina personale era una persona che qualcuno aveva dissanguato al posto suo. Il sovrano non cacciava, c'erano altri che lo facevano per lui. E poi amava mantenere un certo stile, sorseggiando il sangue in bicchieri di cristallo costosissimi, decorati e ricamati. Era come mantenere vivo il ricordo di quando prendevano parte alla vita aristocratica del passato, tessendo la trama del potere a proprio vantaggio.

Il Re prese la bottiglia e riempì i due bicchieri sul tavolino, porgendone uno a Vladimir.

«Questo come si chiama?»

Il Re li faceva imbottigliare come se fossero vini pregiati, dando ad ogni scorta il nome della vittima. Prese la bottiglia, la rigirò e guardò il cartellino con su scritto "Beatrice".

«Non è fantastico? Un sangue con un nome del genere dovrebbe essere interessante.»

«In che modo hai rinunciato alla caccia ancora non lo capisco. Cosa siamo senza?»

«Vladimir, dobbiamo evolverci. Anche gli umani comprano la carne al supermercato invece di andare ancora in giro con arco e frecce, scovando le prede. Allevano gli animali, li macellano, e li vendono. Semplice.»

«Debole. Vuoi far finta di essere umano? Perché non lo sei.»

«Non dire idiozie Vladimir. Perché dovrei sforzarmi quando qualcun altro può farlo per me?»

Avvicinò il calice alla bocca, sorseggiando il sangue come se fosse davvero vino. Poi continuò a parlare.

«Inoltre, in questo modo possiamo evitare di uccidere persone. Hai idea di quanti vampiri ci sono? Se ognuno di noi seguisse il tuo stile di vita, la razza umana sarebbe spacciata. Ed è nei miei interessi che questo non accada. Invece avere un proprio "allevamento" da cui attingere un po' per volta, ci evita di causare una moria di massa. Oltre al fatto che possiamo scegliere il gruppo sanguigno. Questo è zero negativo, il mio preferito.»

Erano tanti i vampiri che seguivano lo stile di vita del Re, molti lo volevano imitare, assicurandosi in qualche modo il suo favore. A lui non serviva fingere per averlo. Era comunque il preferito del Re, il suo comandante, la più alta carica subito dopo di lui. In fin dei conti erano i due vampiri più antichi in circolazione.

«Mi chiedo se ti ricordi ancora la sensazione di affondare i canini nella carne e di sentire il sangue ancora caldo nella bocca. Il rumore che fa un battito che rallenta e che spinge il sangue fuori dalla vena mentre ti nutri.»

«Si che lo ricordo, ma ci ho rinunciato. Preferisco preservare la razza umana. Se si estinguono noi vampiri siamo spacciati, non credi?»

Il Re gli fece cenno di bere, e Vladimir portò il bicchiere alle labbra. Il sangue imbottigliato aveva un sapore diverso, e lui era certo che non si sarebbe mai abituato. Non era nella sua indole, e il sapore non era nemmeno decente. Preferiva continuare ad uccidere e bere direttamente da una vena. Anche perché vedere il terrore negli occhi di un essere umano che stava morendo era qualcosa che lo elettrizzava, e il sangue diventava più gustoso.

«Perché mi hai fatto venire. Sembrava urgente, non credo tu voglia solo parlarmi del tuo stile di vita.»

Il Re scolò il suo bicchiere, e poi lo lasciò sul tavolo, sistemandosi meglio sullo schienale del divano, in modo che potesse vedere Vladimir in volto, spostando il peso di lato.

«No infatti, cercare di convincerti sarebbe inutile. In realtà c'è una questione importante di cui vorrei parlarti. Sta succedendo qualcosa, e io voglio vederci chiaro.»

Anche Vladimir posò il bicchiere sul tavolo, il sangue che aveva bevuto dalla ragazza solo due ore prima, racchiudeva in un solo sorso l'energia che avrebbe potuto prendere dissanguando una persona, quindi era più che sazio. Ma non voleva darlo a vedere.

«Di cosa si tratta?»

Il sovrano sorrise, come se quello che stava per dire lo divertisse in qualche modo.»

«Ricordi Urania?»

Il solo sentire quel nome lo fece infuriare, strinse i pugni, senza preoccuparsi di nascondere cosa provava a riguardo. Sembrava che il Re si divertisse ogni volta che gli ricordava quegli eventi fastidiosi di millenni prima.

«Si, immaginavo. Come avresti potuto dimenticarla? In ogni caso, le mie guardie hanno avvistato delle fate che se ne vanno in giro come se niente fosse. Ma il nostro trattato dice chiaramente che non devono vagare libere come vogliono. Ma nessuna di loro ha fatto esplicita richiesta di poter oltrepassare il velo, quindi ne deduco che stiano nascondendo qualcosa. E voglio scoprirlo.»

Vladimir odiava le fate. Erano esseri anche più antichi dei vampiri, ma erano subdole e manipolatrici, tutto quello che facevano era solo per loro stesse, agivano solo per ottenere qualcosa, e spesso ci riuscivano. Erano poche le cose che a loro andavano storte, e gli si ritorcevano contro. E a quanto pare, la stessa esistenza dei vampiri era un effetto collaterale delle loro azioni, una cosa di cui di certo si erano pentite.

Il sapore del sangue delle fate, per quei pochi vampiri che ci erano riusciti, lui compreso, era qualcosa di indescrivibile. Dissanguarne una significava rubarle anche i poteri. E questo loro non lo avevano calcolato. A quel punto non erano più in grado di cambiare forma, rimanendo per sempre imprigionate nel corpo che avevano assunto, diventando semplici esseri mortali.

E lui ne aveva prese parecchie millenni prima. Motivo che aveva spinto la loro Regina a stringere un accordo con il Re, che le delegava per sempre oltre il velo, in una dimensione che loro stesse avevano creato. In quel modo si erano ritirate dal mondo, tornandoci di rado e solo con il consenso del sovrano. In cambio, tutti i vampiri che si erano nutriti di fate erano stati uccisi, tranne Vladimir. Ma il patto prevedeva che se Vladimir si fosse nutrito di nuovo di loro, sarebbe morto, senza possibilità di perdono.

E Urania avrebbe preteso la sua testa. Ne era certo. Quindi si chiese cosa si aspettasse il Re da lui, conoscendo i termini del loro trattato.

«Non capisco cosa ti aspetti che faccia.»

Il Re sorrise, era certo che a Vladimir tutta quella faccenda risultasse scomoda. Ma credeva anche che non avrebbe disobbedito ai suoi ordini.

«Non ti manca il sapore del loro sangue?»

«Tengo più alla mia testa sulle spalle, grazie.»

Vladimir si alzò dal divano, pronto ad andarsene, ma il Re continuò.

«Se io decido che la tua testa puoi tenerla, nessuno potrà staccartela. Sono loro che hanno sconfinato, se qualche fata perderà la sua immortalità per questo, sarà solo colpa loro. Sanno qual è il rischio.»

«Hai pensato di parlarne con Urania? Magari anche lei ne è all'oscuro.»

«Ci credi davvero? Le fate non fanno nulla senza che non ci sia lo zampino della loro Regina dietro. E il trattato mi da diritto di fare di quelle fate quello che voglio. Non mi lascerò sfuggire questa occasione.»

«Dovrà pensarci qualcun altro però, io non voglio entrarci.»

«Hai paura Vlad?»

Il tono del Re era sarcastico, cosa che costrinse Vladimir a voltarsi di nuovo nella sua direzione, prima di avviarsi all'uscita.

«Non dire cazzate, non voglio avere niente a che fare con loro, è molto semplice. È un capitolo chiuso. Non mi interessa quello che fanno e non voglio che diventi un mio problema. Con tutti i vampiri di cui disponi, penso tu possa fare a meno di me.»

«Mi chiedo, amico mio, se non trovi che la tua vita sia noiosa. Ti limiti a nutrirti, hai rinunciato alle trame e agli intrighi di potere. Tu cacci e basta. Che altro fai? Se non hai una causa in cui credere, per cui lottare, un obiettivo da raggiungere, che senso ha che continui ad esistere?»

Vladimir stava per uscire, ignorando il suo ultimo commento, ma si bloccò quando sentì il Re proseguire.

«Aspetta, c'è anche un'altra cosa, che forse ti interesserà di più.»

Si voltò di nuovo, ormai quasi di fronte alla porta dell'appartamento. Quando il Re fu certo di avere la sua attenzione, proseguì.

«Ho notizie anche dell'Ordo Daemonorium.»

Ecco, quella era una cosa che attirava la sua attenzione più delle fate.


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