31. L'inizio della fine

Non avevo idea di quali fossero le condizioni della Regina Urania, non mi è stato possibile ascoltarle. Lei e Vladimir si sono allontanati e hanno parlato per parecchio tempo in disparte, mentre io attendevo con Iris. Non potevo fare altro che aspettare, e ogni tanto scrutavo il volto della Fata accanto a me. Stava in silenzio anche lei, che era una cosa molto strana dal momento che solitamente non faceva altro che parlare, o mostrare la sua euforia per qualsiasi cosa accadesse. Invece se ne stava lì, ferma e concentrata, senza distogliere un secondo lo sguardo da loro. La sua espressione mi rimarrà impressa per tutta la vita. Lei sapeva, ne ero certa, aveva uno sguardo così soddisfatto, come se aspettasse quel momento da secoli e finalmente vedeva realizzarsi le sue aspettative.

Invece Vladimir non lo era affatto. C'erano momenti in cui potevo vedere la sua rabbia, ma non riuscivo a sentirlo, anche se a giudicare da come si muoveva e da come muoveva le labbra stava urlando. Ma io non sentivo nemmeno un sibilo di vento.

«Sono protetti da un incantesimo, non puoi sentirli.»

«Tu si, immagino.»

«Certo, ma non ne avrei bisogno, conosco già le condizioni che gli sta proponendo Urania.»

Come sospettavo.

Eravamo stati raggirati e portati all'angolo. Nella grande scacchiera della vita avevamo appena preso un grandissimo scacco matto. E non potevamo fare altro se non soccombere.

Io osservavo la scena con attenzione, ma anche quando cercavo di leggere il labiale, non ci riuscivo. Non stavano sicuramente parlando la mia lingua. Cosa doveva esserci per volere un tale livello di segretezza?

Mi sentivo impotente.

Quando finalmente tornarono, Vladimir non mi guardava nemmeno. Ma era estremamente arrabbiato. Aveva la mascella contratta, le sopracciglia corrucciate e uno sguardo che avrebbe lanciato fulmini a chiunque. Se ne stava in piedi a fissare il punto in cui prima si era aperto il portale.

Timorosa, allungai una mano per stringere la sua, e per fortuna, lui strinse la mia. Quando mi guardò la sua espressione si addolcì, per rattristarsi subito dopo. Che cosa era accaduto?

«Siamo d'accordo allora. Io apro per voi il portale direttamente a Roma, e tu ucciderai Marcus, mentre noi recuperiamo il Sigillum Mortis.»

Vladimir annuì solo con il capo. Non disse altro e non guardò nemmeno Urania in volto mentre gli parlava.

«Tutto quello che ci siamo detti, i nostri accordi, non deve saperli nessuno, nemmeno Luna. Io saprò se le dirai qualcosa, lo sai.»

Vladimir continuò a non rispondere. Ma Urania sorrideva, il che voleva dire che lui aveva comunque acconsentito. Non mi piaceva affatto.

«Ricordati che nel momento in cui passerete attraverso il portale sarete fuori dalla nostra protezione, e molto probabilmente Marcus saprà dove vi trovate. Non credo che non si sia conservato una streghetta da sfruttare a suo piacimento come una schiava, per evenienze del genere. Stai molto attento. Non sarà facile.»

«Preoccupati solo di eliminare il Sigillum Mortis dalle mani di quegli schifosi e io farò il resto. Hai puntato sul cavallo vincente e lo sai benissimo.»

«Certo che lo so. Noi Fate non facciamo accordi se non sappiamo che l'esito sarà sicuramente positivo.»

Bellissima frase, devo ammetterlo. Alle Fate piace giocare solo se vincono, molto, molto coraggiose. Scossi la testa.

Quando Urania aprì il portale io e Vladimir passammo attraverso, e si richiuse subito dietro di noi. Nessuna possibilità di parlare ancora con la Regina. Niente.

Non sapevo dove ci trovavamo, sicuramente in un vicoletto di Roma. Vladimir mi afferrò la mano e iniziò a camminare molto velocemente.

«Stammi vicino, da adesso in poi potrebbero trovarci il qualsiasi momento.»

Mi tirava, mi faceva quasi male, ma non dicevo nulla. Vedevo chiaramente l'urgenza nel suo modo di camminare. Ero un peso, se non ci fossi stata si sarebbe mosso molto più velocemente.

«Che...»

«Non chiedermi niente Luna, hai sentito Urania. Non posso dirti proprio niente. Quindi ti prego non tornare sull'argomento e limitati a fare quello che ti dico.»

Poi si fermò bruscamente. Rimase immobile un solo istante prima di girarsi verso di me, prendermi il volto tra le mani e baciarmi. In quel bacio c'era racchiuso tutto il suo bisogno, tutta la sua disperazione. Che cosa era accaduto da provocare in lui una reazione simile?

Con riluttanza si allontanò dalle mie labbra, poggiando la sua fronte contro la mia, ad occhi chiusi. Rimase così alcuni istanti prima di allontanarsi leggermente. Tenendomi il volto ancora tra le mani iniziò a parlarmi, con gli occhi lucidi. Mi si strinse il cuore nel vederlo così.

«Luna, scusa se ti sono sembrato brusco. Non voglio tornare come prima, non ti sto imponendo nulla. Ma ti chiedo di fidarti di me. In questo momento tutto deve filare liscio, non posso dirti niente, ma ti chiedo di fidarti e di fare qualsiasi cosa ti dirò senza discutere o chiedermi il perché.»

Annuii in silenzio, senza aggiungere altro. In fin dei conti lui si era fidato di me quando gli avevo chiesto di seguirmi ad Avalon, io potevo fidarmi di lui. Ero cerca che sapesse esattamente quello che stava facendo.

Mi stampò un bacio in fronte, afferrò di nuovo la mia mano e riprese a camminare. Il mio cuore batteva all'impazzata per la paura. Ma la spinsi via, così come avevo imparato a dissolvere le ombre dentro di me.

In qualsiasi momento poteva spuntare un vampiro e attaccarci. Anche se ero certa non lo avrebbero fatto in mezzo alla gente. E infatti Vladimir si stava dirigendo nel posto più affollato che riusciva a trovare camminando nei vicoletti. Una piazza molto affollata. Con macchine che sfrecciavano intorno. Si fermò, guardandosi intorno. Stava ascoltando.

«Aurora...»

Avevo visto mia sorella. Stava camminando da sola, intenta ad andare chissà dove. Vladimir mi tirò via, e sparimmo in un altro vicoletto.

«Non deve vederti. Non sappiamo se è stata soggiogata da Marcus.»

Aveva ragione. Non ci avevo pensato. Dal nostro nascondiglio la guardai allontanarsi. Non mi aveva sentita per fortuna.

«Devo capire dove si trova adesso Marcus. Se qui o nella sua Reggia nascosta.»

«Quella in cui mi ha portata?»

«Si, quella.»

«Come facciamo a scoprirlo?»

«Devo rapire un vampiro e soggiogarlo.»

Semplice.

«Non hai pensato che è esattamente quello che si aspetta Marcus? Potrebbe aver sparso la voce che si trova in un punto, mandartici e tenderti una trappola.»

Mi guardò.

«In questo caso potrebbe trovarsi ovunque.»

«E cercarlo a Roma è come cercare un ago in un pagliaio. Dobbiamo fare in modo che ci trovi Vlad, è l'unico modo.»

Rimase per qualche secondo a guardarmi. Sapeva che avevo ragione.

«Bene. Andiamo a casa tua. La mia sarà sicuramente controllata. Anche la tua, ma quanto meno non saremo da soli.»

«Non metteremo in pericolo la mia famiglia?»

«No. Quando arriveranno noi ci consegneremo. Sono certo che ci porteranno da Marcus.»

«E se ci uccideranno?»

«Non possono ricordi? Io non posso morire, e se davvero Marcus ha fatto un accordo con quelli dell'Ordo Daemonorium, non ti toccheranno. Non possono ucciderti se gli serve il tuo sangue. Abbiamo un vantaggio su di loro: non sanno che le Fate si stanno occupando dell'Ordo. Non se ne accorgeranno nemmeno. I discendenti dei demoni spariranno semplicemente, e con loro il Sigillum Mortis.»

Rimasi in silenzio. Sembrava un piano perfetto, ma io avevo una brutta sensazione. Avevo paura che qualcosa andasse storto.

«Tu non sai proprio come usare i tuoi poteri, immagino.»

«Aila mi ha dato questa.»

Sollevai la pietra da sotto la felpa e gliela mostrai.

Lui la toccò, ritraendo subito la mano.

«E' un talismano. Canalizza i poteri, è quello che usano le streghe per fare gli incantesimi.»

«Aila mi ha detto di usarlo.»

«Probabilmente pensa che ti aiuterà. Puoi usarlo per cercare di canalizzare i tuoi poteri. Ma devi ricordarti che potresti farlo da sola, senza il bisogno di usare quella. Ma è potente, quindi sicuramente ti aiuterà.»

Vladimir afferrò di nuovo la mia mano, e insieme uscimmo dal vicoletto. Stavamo andando nella stessa direzione in cui era andata mia sorella. Voleva raggiungerla. Ci stavamo esponendo, in attesa che ci trovassero.

Quando vidi mia sorella, intenta a guardare una bancarella, volevo piangere. Ma feci un respiro profondo e mi avvicinai, mentre Vladimir spostava la sua mano in modo che sembrasse la stretta di due innamorati. Quando le fui dietro, picchiettai sulla sua spalla con un dito. La farsa stava per avere inizio.

Aurora si voltò. E subito mi saltò al collo. Io la strinsi, godendo di quell'abbraccio per un solo istante, come se niente di tutto quello che era accaduto fino a quel momento fosse vero.

«Dove sei stata?»

«Siamo andati in vacanza...»

Era strano. Tutto molto strano.

«Ma tu puzzi! Andiamo a casa devi farti una doccia!»

Poi spostò lo sguardo verso Vladimir, lanciandogli un'occhiataccia indecifrabile.

«Hai portato via mia sorella senza dire niente a nessuno!»

Vladimir fece spallucce. Stavamo recitando alla perfezione. Forse aveva ragione lui, Aurora era stata soggiogata. Ben presto sarebbero venuti a prenderci.

«Mi dispiace. Ho il tuo perdono?»

Eccolo li, il ragazzo che avevo conosciuto prima di scoprire che fosse un vampiro, quando ancora faceva il bravo e innocuo bellissimo sconosciuto interessato solo al nostro benessere. Sorrisi. Se solo fosse stata quella la nostra vita. Una vita normalissima, in cui ci saremmo frequentati, saremmo andati a cena, al cinema, e poi dopo qualche anno a convivere. Con un bel matrimonio di quelli pomposi, che avrebbero fatto piangere mia madre perché la sua bambina era in realtà una donna.

Non avrei avuto niente di tutto quello. Potevamo morire. Ed eravamo una Nephilim e un vampiro millenario che stava per rivendicare il trono.

Lasciai che mia sorella ci trascinasse fino a casa.

Una volta arrivati salimmo, ma la casa era vuota. Non c'era nessuno, il primo campanello d'allarme.

«Dove sono tutti?»

«Pensi di essere l'unica ad essersi meritata una vacanza?»

Che scusa banale. Non erano affatto in vacanza.

«Vai a farti quella santissima doccia ti prego.»

La guardai. Stava cercando di dividerci. Rimase in silenzio mentre mi guardava. Quando vide che non ne avevo intenzione, alzò le spalle.

«Se ti piace puzzare fai pure, io vi lascio un momento, devo fare una telefonata.»

Si allontanò, uscendo in balcone. Ero certa che stesse chiamando Marcus.

«Ci siamo.»

Vladimir era estremamente concentrato. Quando mia sorella rientrò la afferrò per le spalle, costringendola a guardarlo. Sapevo che la stava soggiogando, mi dispiaceva per lei, ma non potevo oppormi, non potevo fermarmi in quel momento.

«Chi era al telefono?»

«Marcus.»

Ecco la verità venire a galla come un pugno nello stomaco. La sua voce era distante e inespressiva, come se fosse in uno stato di trance.

«Che cosa gli hai detto?»

«Che siete qui.»

«E cosa ti ha detto lui?»

«Di tenervi qui, loro stanno arrivando.»

«Loro chi?»

«Loro. Ha detto che loro stanno arrivando.»

«Accidenti...»

Vladimir abbassò la testa, mentre Aurora era ancora in quello stato di semi incoscienza. Poi tornò a guardarla.

«Dove si trova Marcus?»

«A casa sua.»

«Quale casa?»

«Casa sua.»

«Certo...vai a prendere la macchina, guida più lontano che puoi e non tornare qui fino a domani. Vai nella vostra casa di Civitavecchia, e dormi li sta notte. Domani tornerai qui e sarà come se non fosse accaduto nulla. Tu oggi non ci hai visti.»

Incredibilmente Aurora lo ascoltò. Senza nemmeno guardarmi, come se non esistessi, prese la sua borsa, le chiavi della macchina, e uscì di casa.

«Quindi?»

Stavo tremando, era tutto surreale, ma l'espressione preoccupata di Vladimir mi atterriva più di ogni altra cosa.

«Quindi Marcus era preparato. Non ha detto assolutamente nulla a tua sorella. Sai quante case ha? Devo pensare...»

Iniziò a camminare su e giù per la stanza, con una mano che gli accarezzava il mento, poi la fronte e le labbra, convulsamente. Non sapeva cosa fare, e se non lo sapeva lui, che speranze avevamo? Ma avevamo poco tempo. Stavano arrivando, chiunque stesse arrivando, e non sapevamo quanto fossero distanti.

«Vlad...»

Mi avvicinai timidamente, toccando il suo braccio. Cosa che lo strappò ai suoi pensieri. Mi guardò come se dentro di lui qualcosa lo lacerasse. Non capivo, era strano, lo vedevo più triste del solito.

«Abbiamo due opzioni. Aspettare che vengano a prenderci e stare al gioco, oppure iniziare a cercarlo in ognuna delle sua abitazioni. Ma ci metteremmo troppo e lui potrebbe spostarsi continuamente. Facciamogli credere invece di averci presi.»

Annuii. Era la cosa più sensata da fare.


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